Micobatteriosi nei pesci d’acquario

Traduzione di Mycobacterioris in Aquarium Fish Plants di Diana Walstad (versione maggio 2017).

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I protozoi come serbatoio di malattie

Microscopici protozoi nei detriti dell’acquario e nei biofilm sono potenziali serbatoi concentrati di micobatteri patogeni. I rotiferi, i parameci e le amebe si nutrono tutti di batteri, compresi i micobatteri. Tuttavia, a differenza dei batteri comuni che sono uccisi e digeriti dai protozoi, molti micobatteri sopravvivono all’ingestione.

Le amebe sono talvolta usate per studiare l’infettività dei micobatteri. (Sia le amebe sia i macrofagi – cellule del sangue del sistema immunitario – inghiottono e uccidono i batteri comuni, ma i micobatteri sono unici, nel senso che possono sopravvivere e moltiplicarsi all’interno di amebe e macrofagi).

Un ricercatore [1] ha studiato 26 differenti specie di micobatteri – isolate soprattutto in ambiente clinico – per la loro capacità di infettare l’ameba Acanthamoeba polyphaga. Tutti i 26 micobatteri sono sopravissuti e si sono moltiplicati nel protozoo.
Un altro ricercatore [8] ha trovato che M. avium, M. marinum e M. fortuitum – tutti isolati in pazienti umani ammalati – potevano tutti sopravvivere e moltiplicarsi nell’ameba A. castellanii.
Tuttavia, le amebe hanno rapidamenteo ucciso un isolato M. smegmatis, confermando la sua relativa scarsa virulenza.

M. avium è sopravvissuto per oltre tre anni in una coltura sperimentale di amebe, suggerendo che i protozoi possano fornire ai micobatteri un rifugio a lungo termine [30]. Le amebe infette producono cisti infette a loro volta. I micobatteri nelle cisti sono stati visti sopravvivere all’esposizione al cloro [1] e ai trattamenti antibiotici [8].

Colture di cibo vivo, quali parameci e rotiferi, possono diventare infette. Per esempio, un allevamento di pesci zebra, tentando di risalire alla causa di un’infezione di M. marinum, ha trovato il micobatterio nei rotiferi (Brachionus plicatilis) che erano usati per il nutrimento degli avannotti. Le colture di rotiferi provenienti dai venditori erano “pulite”; apparentemente le colture si sono infettate dopo essere entrate nell’allevamento [29].

Rotiferi micobatteri
Rotiferi come serbatoio di micobatteri. I rotiferi ingeriscono facilmente i micobatteri. Qui, M. marinum (marchiato con una proteina verde fluorescente) è visibile all’interno dei rotiferi. (Foto da Mason [29]).

Le prove suggeriscono che i micobatteri siano più infettivi dopo aver vissuto nei protozoi. Un ricercatore [8] ha provato questo facendo crescere un micobatterio (M. avium) nell’ameba A. castellanii. I micobatteri cresciuti nell’ameba per 2-3 giorni, si sono moltiplicati 5 volte più in fretta rispetto a quelli di controllo, su un terreno di coltura.
E quando sono stati testati su dei topi, i micobatteri cresciuti nelle amebe sono stati in grado di colonizzare l’intestino e crescere significativamente meglio nel fegato e nella milza dei topi, rispetto ai micobatteri di controllo.

I micobatteri che sono rilasciati da un protozoo infetto saranno più aggressivi di quelli che si nutrono innocentemente di rifiuti organici. Infatti un adagio di microbiologia afferma che la crescita batterica in un animale aumenta la sua aggressività.
In questo caso, l’animale non è un pesce, ma il protozoo.
Perciò, mentre molti batteri perdono virulenza senza un ospite animale, i micobatteri la mantengono. Che un acquario contenga o meno pesci, i micobatteri saranno impegnati ad infettare i protozoi, mantenendo e rinvigorendo la loro aggressività.

Ciò detto, i micobatteri non sembrano moltiplicarsi vigorosamente nelle amebe [8] e nelle lumache [28]. Nel discutere i suoi risultati, Cirillo [8] spiega che la migliorata virulenza dei micobatteri è un cambiamento fenotipico transitorio, ovvero un’alterazione temporanea dell’espressione genetica. Pertanto, non sarebbe dovuta ad una mutazione genetica, ovvero ad un cambiamento permanente, molto più preoccupante.