PMDD in acquario

Breve storia del metodo di fertilizzazione "dell'uomo povero".

0
4382

In questo articolo, dal taglio più storico che acquariofilo, andremo a vedere cosa sia il PMDD, spesso nominato quando si parla di fertilizzazione in acquario.
Può essere infatti interessante capire da dove venga il PMDD, per cosa sia stato originariamente progettato e cosa ne sia uscito poi fuori.
Vedremo, infine, cosa si può imparare da questa lezione di acquariofilia storica.

Andiamo a scavare nell’acquariofilia di oltre vent’anni fa!

Dove è cominciato tutto – Conlin e Sears

Tutto è nato dalla ricerca di un metodo per contrastare la presenza di alghe e cianobatteri negli acquari.
Kevin C. Conlin e Paul L. Sears, due ricercatori canadesi, hanno sperimentato che piante ben nutrite, con leggeri eccessi di nutrienti e scarsa presenza di fosforo riuscivano a surclassare le alghe.

Erano partiti dalla constatazione che, dopo aver speso molti soldi in luci, substrati, fertilizzanti e altri prodotti, gli acquariofili erano ricompensati da un rigoglioso tappeto di alghe, spesso molto resistenti e di difficile eradicazione.

Nella disperazione, molti acquariofili sperimentavano con varie forme di controllo delle alghe, inclusi alghicidi, lavaggi con candeggina, antibiotici (contro i cianobatteri), rimozione meccanica e l’introduzione di un assortimento di pesci ed invertebrati mangia-alghe. L’alimentazione veniva ridotta, il fotoperiodo diminuito e vari tipi di fertilizzanti venivano testati finché, prova e riprova, si raggiungeva una tregua.

All’epoca (l’articolo è stato pubblicato nel 1996), non c’erano molte informazioni scientifiche a disposizione degli acquariofili per tentare di capire quali parametri modificare per ottenere qualche risultato (spettro luminoso, macro- o micro-nutrienti, chimica dell’acqua…).
Una delle opzioni funzionanti, per acquariofili dalle tasche profonde (cit.), era il sistema Dupla, un protocollo dell’omonima azienda che comprendeva (e comprende tutt’ora) fertilizzanti liquidi e in pastiglie, biocondizionatore, substrato e altri prodotti. Tuttavia si trattava di un metodo costoso, di composizione ignota, poco istruttivo e aggiustabile secondo le esigenze.

Conlin e Sears hanno quindi cominciato a sperimentare con vari acquari, testando varie combinazioni di elementi e registrando tutte le osservazioni.

Dopo mesi di osservazioni, sono giunti alla seguente ipotesi:

quando la luce, l’anidride carbonica, l’azoto, il potassio, tutti i micronutrienti e gli elementi traccia sono presenti in leggero eccesso rispetto alla concentrazione di fosforo disponibile, certe piante negli acquari sono in grado di competere contro alghe e cianobatteri, privandoli di questo nutriente essenziale.

Non riescono a dare una spiegazione di questo fatto, se non alcune ipotesi; propongono inoltre di fare ulteriori prove, anche con acquari di controllo, per confermare o meno il funzionamento della limitazione del fosforo, anche perché non avevano a disposizione un metodo per misurare direttamente il fosforo negli acquari.

La gestione di Conlin e Sears

Danno comunque alcune raccomandazioni generali sulla gestione degli acquari. Ad esempio, per i valori propongono:

– 20-60 lumen/litro (0.5-1 watt/litro di fluorescenti), 12 ore al giorno
– 10-15 ppm di anidride carbonica
– 3-5 ppm di nitrati
– 0.1 ppm di ferro
– pH 6.5-7.0

mentre, come approccio generale per la fertilizzazione, consigliano la seguente procedura:

  1. Somministrazione giornaliera di un mix di microelementi con ferro e magnesio, basando il dosaggio sui risultati del test del ferro (all’epoca già disponibile). Oltre ai microelementi, andava somministrato nitrato di potassio per integrare circa 3 ppm di potassio.
  2. Una volta la settimana, controllo dei nitrati: se assenti, andavano integrati, altrimenti andava aggiunto del solfato di potassio.
  3. Se i nitrati non scendevano anche con l’aggiunta di solfato di potassio, c’era qualche altro fattore limitante, dunque andava aumentato l’apporto di altri elementi (microelementi, nitrato etc).

Con il tempo, si sarebbe trovata una certa regolarità nei dosaggi e dunque sarebbe stato possibile preparare un unico fertilizzante con tutti gli elementi nelle proporzioni richieste.
Suggerivano inoltre di effettuare cambi regolari d’acqua (25% ogni due settimane), poiché non erano in grado escludere l’assenza di eventuali accumuli di microelementi.

La ricetta originale del PMDD

In appendice all’articolo, c’è la famosa ricetta del fertilizzante, soprannominato Poor Man’s Dupla Drops (Gocce Dupla dell’uomo povero, il cui acronimo è appunto PMDD).
Tale ricetta era basata su una ricostruzione, con i singoli sali, di un fertilizzante Tropica (e non Dupla, come si potrebbe pensare).
Il fertilizzante da cui hanno preso ispirazione era il Master Grow, il vecchio nome del Tropica Plant Growth ora in commercio.

Appendice A – Ricetta del fertilizzante (Poor Man’s Dupla Drops)

– 9 grammi di microelementi chelati (7% ferro, 2% manganese, 1.3% boro, 0.4% zinco, 0.1% rame, 0.06% molibdeno, EDTA, DTPA)
– 14 grammi di solfato di potassio
– 6 grammi di nitrato di potassio
– 33 grammi di solfato di magnesio eptaidrato (sali di Epsom; da omettere se già presenti nel mix di microelementi)
– 300 ml di acqua distillata
– 0.5 ml di acido cloridrico (9M, opzionale)

Questa ricetta è l’ultima delle varie iterazioni tentate durante i vari esperimenti descritti nell’articolo.