Chelanti in acquario

(Quasi) tutto quello che avresti voluto sapere sui chelanti in acquario, in un unico posto!

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Caratteristiche dei chelanti

I chelanti che abbiamo visto non sono tutti equivalenti. Si differenziano, infatti, principalmente per due fattori:

  1. la forza con cui si legano agli ioni metallici da chelare
  2. il pH a cui riescono a chelare efficacemente gli ioni

Entriamo un po’ nel dettaglio, sempre rimamendo limitati all’ambito acquariofilo.

La forza dei chelanti (log K)

Ogni chelante ha una forza specifica e misurabile, con cui lega sé stesso ad un dato elemento da chelare. Questa forza è misurata da una costante, detta costante di stabilità, spesso indicata come valore log K.
La costante di stabilità, inoltre, in qualche modo descrive la probabilità che si formi un composto. Ad esempio, è più probabile che il DTPA cheli il ferro (log K = 28) piuttosto che il magnesio (log K = 9.3).

Vediamo alcuni valori di queste costanti di stabilità.

Costanti di stabilità di chelanti

M = concentrazione ione metallico, L = concentrazione ligando.
Ca = calcio, Cu = rame, Fe = ferro, Mg = magnesio, Mn = manganese, Zn = zinco

Possiamo quindi avere una quantificazione numerica di quanto avevamo detto in precedenza. Ad esempio, avevamo visto che l’NTA era più debole dell’EDTA e infatti tutte le costanti di stabilità dell’NTA sono inferiori a quelle dell’EDTA.

Nota: la scala è logaritmica, dunque +1 equivale a 10 volte tanto, +2 a 100 volte tanto, -3 a un millesimo etc.
Per i più matematici, l’operazione per calcolare la differenza in forza di due chelanti è l’antilogaritmo: 10^(logK1 – logK2), con logK1 e logK2 pari alle due costanti di stabilità da confrontare.

Il chelante più forte che c’è! O no?

In prima battuta si potrebbe dire che tanto più forte è un chelante, tanto migliore sia la sua qualità. Questo non è sbagliato: in effetti, in certe condizioni, un chelante forte è assolutamente desiderabile.
Tuttavia bisogna tener conto anche del fatto che le piante debbano poter aprire il chelante per prelevarne l’elemento chelato e più il chelante è resistente, più fatica fa la pianta.

È quindi opportuno trovare una soluzione di compromesso per la forza del chelante, che deve essere sufficiente per farlo funzionare nelle condizioni d’uso ma non deve essere eccessiva, per consentire alle piante un prelievo poco dispendioso del chelato.

Apertura barattolo
Una chiusura robusta del barattolo consente una buona conservazione del prodotto… ma bisogna anche riuscire ad aprirlo per poterne mangiare il contenuto!

Il pH a cui resistono i chelanti

Il pH è un fattore che può influenzare enormemente la funzionalità dei chelanti, tanto che, in agricoltura, un criterio per scegliere il chelante da utilizzare è proprio quello del pH della soluzione o del terreno in cui verrà applicato.

Da notare che, purtroppo, ci sono vari criteri per determinare il pH di stabilità dei chelati, ragion per cui spesso accade di leggere sulle confezioni di concimi che sono stabili in intervalli di pH differenti. Infatti, alcune etichette indicano il chelato stabile ad un dato pH se il 95% rimane stabile, altre una percentuale più bassa.
Per esempio, è possibile leggere che il ferro EDTA può essere stabile fino a pH 6, 6.5 o anche 7 e oltre: dipende dal criterio adottato per definirlo “stabile”.

Per quanto riguarda gli oligoelementi quali rame, manganese e zinco, la maggior parte dei chelanti artificiali (EDTA, DTPA, NTA) regge in un intervallo del pH compreso, mediamente, tra 4 e 12, pertanto ben entro i normali pH presenti negli acquari.
Per quanto riguarda il calcio e il magnesio, invece, mediamente vengono chelati con buona efficacia fra pH 6 e 12 e fra pH 6.5 e 10 rispettivamente.

pH e ferro chelato

Discorso a parte merita il ferro, che ha un comportamento un po’ più complesso negli intervalli di pH comunemente presenti in acquario.

Infatti, con il ferro, all’aumentare del pH, i principali chelanti tendono a rilasciare il ferro e a sostituirlo con il calcio (Ca2+), ottenendo chelato di calcio e lasciando libero il ferro, che può precipitare, solitamente sotto forma di ossido di ferro o fosfato ferrico.
Nel dettaglio:

Stabilità chelati di ferro in base al pH

  • il ferro-NTA resiste bene fino a pH 4 e raramente viene dunque usato per chelare il ferro;
  • il ferro-EDTA resiste bene fino a pH 6.3-6.5, a partire da pH 6.8 EDTA inizia a lasciare il ferro per chelare il calcio, già a pH 7 meno del 50% del ferro è ancora chelato;
  • il ferro-HEDTA resiste bene fino a pH 7, a pH 7.8 il 50% circa di ferro è ancora chelato;
  • il ferro-DTPA resiste fino a pH 7.5, con il 50% circa di ferro ancora chelato a pH 8;
  • il ferro- EDDHA resiste bene fino a pH 9, con il 50% circa di ferro ancora chelato a pH 10.

Si può osservare, quindi, che nei pH normalmente presenti in acquari alcuni chelanti possono avere problemi con il ferro.

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Diego Zennaro
Ho acquari in giro per casa da sempre, mi piace sperimentare, confrontare e, soprattutto, diffondere quello che ho trovato. Cerco sempre di comprendere i motivi per cui si fanno le cose e spero di trasmettere questo anche negli articoletti che scrivo :) Nel frattempo, provo a far diventare rossa qualche pianta e a cercarne sempre di nuove o particolari. Prima o poi riuscirò pure a posizionarle in maniera graziosa. Ultimamente gli acquari di biotopo mi hanno un po' distratto da questa ricerca.