Capacità di scambio dei substrati

Come il substrato può aiutare la crescita delle piante.

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Capacità di scambio e piante in acquario

A cosa serve tutta questa discussione sulle capacità di scambio?

Quando un substrato ha un’elevata capacità di scambio verrebbe intuitivo pensare che questo leghi a sé i nutrienti e non li renda disponibili alle piante.
In realtà, le forze di attrazione fra substrato e nutrienti sono relativamente deboli, consentendo uno scambio fra i nutrienti presenti nell’acqua, i nutrienti presenti sulla superficie delle particelle di substrato e le radici delle piante.

Scambio ionico
In questo schema, ioni potassio (K) vengono scambiati dalla particella di substrato con ioni idrogeno (H). La radice della pianta può, poi, prelevare con facilità gli ioni potassio scambiandoli nuovamente con uno ione idrogeno, con minima spesa di energia.

Quando le radici delle piante si muovono nel substrato, o incontrano direttamente il nutriente e lo assorbono o devono attendere che in qualche maniera questo nutriente arrivi.
Un substrato con una buona capacità di scambio facilita questo lavoro: il substrato, infatti, ha legati a sé, debolmente, i vari nutrienti, che le piante possono assorbire – scambiandoli – con più facilità, rispetto ad andarli a recuperare dall’acqua.
Prelevare gli ioni degli elementi nutritivi dissolti nell’acqua richiede, invece, molta più energia da parte delle piante ed alcune di esse potrebbero non riuscire proprio a farlo.

Come gestire un fondo con capacità di scambio in acquario?

Molti fondi per acquario vantano capacità di scambio, ne sono esempi i fondi fertili con componente organica o argille o i cosiddetti fondi allofani (dicitura piuttosto impropria, poiché l’allofane può essere un componente di questi fondi ma non è praticamente mai l’unico), quali alcuni fondi ADA, Elos o Prodibio o il comune Akadama (terriccio per bonsai), giusto per citare alcuni esempi.

Allofane
Il minerale allofane.

Rilasci e assorbimenti iniziali

Questi fondi, appena inseriti in acquario, tendono ad assorbire nutrienti, abbassandone i livelli misurabili nell’acqua. È comune, ad esempio, osservare notevoli abbassamenti della durezza carbonatica (assorbimento di carbonati), dei fosfati o del ferro.
In base alla composizione specifica del fondo, potremmo registrare anche dei rilasci; non rari quelli di ferro e nitrati.
Ad esempio, i fondi ADA tendono a rilasciare ammonio o nitrati, inizialmente; viceversa, alcuni lotti di Akadama rilasciano ferro.

Sta di fatto che il fondo assorbe cationi ed anioni dalla colonna d’acqua, legandoli alle particelle che lo compongono. Se era già presente qualche elemento scambiato, può essere che per ordine di affinità questo venga “scalzato” da altri elementi, per cui abbiamo i rilasci misurati sopra, oltre agli assorbimenti.

Gestione della fertilizzazione

Nel primo periodo dopo l’allestimento la fertilizzazione dovrà essere effettuata con particolare attenzione, sia perché il fondo “attivo” altera i valori attesi in colonna in seguito ai suoi scambi, sia perché l’acquario è appena avviato, le piante appena inserite e i vari equilibri (chimici, biologici etc) devono ancora formarsi.
Sarà quindi necessario tenere dovuto conto di quanto viene inserito e osservare la risposta delle piante, oltre che ai risultati dei test (che in questi casi possono trarre in inganno).

Particella di terreno con CSC e CSA
Questo schema – del tutto ipotetico e utile solo per intuire – mostra come una particella di terreno possa scambiare anioni e cationi in base alle cariche esposte lungo il bordo. Solitamente la CSC è molto maggiore della CSA.

Ad esempio, molti fondi tendono ad azzerare i fosfati in acqua: se guardassimo solo ai test, dovremmo reinserirne parecchi e subito. Tuttavia i fosfati sono legati al substrato e le piante possono prelevarli. Talvolta può accadere che il fondo rilasci, quindi se in un acquario registriamo un aumento di fosfati, senza averli inseriti, e in precedenza avevamo misurato un assorbimento, molto probabilmente questi fosfati sono restituiti dal fondo.

È bene ricordare, inoltre, che questi fondi, pur avendo una sorta di capacità di accumulo di nutrienti, non vanno bombardati di nutrienti per saturarli in fretta: il rischio di rilasci improvvisi è alto e rischioso. Conviene procedere con una giusta fertilizzazione nel tempo, osservando le piante e i loro eventuali segni di carenze o problemi.

Infine, per quanto riguarda la durata, con il tempo e il raggiungimento di vari equilibri il fondo apparentemente smetterà di scambiare, quindi non misureremo più forti abbassamenti di carbonati, fosfati o rilasci di ammonio, giusto per nominare qualche fenomeno comune.
Questo non significa, però, che il terreno abbia perso la sua capacità di scambio, anzi: si è raggiunto un buon equilibrio tra elementi scambiati.

Discorso diverso per i cosiddetti fondi fertili che, col tempo, perdono fertilità poiché le piante assorbono i concimi in essi contenuti (ferro, potassio, oligoelementi…). Tuttavia la componente di questi fondi fertili dotata di capacità di scambio – se presente – mantiene le sue proprietà: eventualmente si può reintegrare la parte di concime usando stick, tabs, sfere fertilizzanti.


Crediti

Foto allofane: Di Rob Lavinsky, iRocks.com – CC-BY-SA-3.0, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15277038
Schema scambio cationico: Di Giancarlo Dessì (posted by –gian_d 11:13, 10 August 2007 (UTC)) – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2543621

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Diego Zennaro
Ho acquari in giro per casa da sempre, mi piace sperimentare, confrontare e, soprattutto, diffondere quello che ho trovato. Cerco sempre di comprendere i motivi per cui si fanno le cose e spero di trasmettere questo anche negli articoletti che scrivo :) Nel frattempo, provo a far diventare rossa qualche pianta e a cercarne sempre di nuove o particolari. Prima o poi riuscirò pure a posizionarle in maniera graziosa. Ultimamente gli acquari di biotopo mi hanno un po' distratto da questa ricerca.

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