La nitrificazione in acquario è un processo chimico fondamentale per trasformare l’ammonio, sostanza pericolosa derivante dal metabolismo dei pesci, in altre sostanze meno dannose.
L’articolo che segue, di cui proponiamo la traduzione, mostra alcune recenti scoperte a riguardo.
Trattandosi di un articolo scientifico, il linguaggio sarà per forza di cose specialistico e poco divulgativo. Tuttavia è molto interessante poiché si tratta di uno studio sulla nitrificazione effettuato direttamente su veri acquari di abitazioni e negozi.
Nel dettaglio, si è osservato che i batteri responsabili dell’ossidazione dell’ammonio non sono quelli che erano comunemente considerati: specialmente negli acquari d’acqua dolce, dove la concentrazione di ammonio è bassa, grazie alla loro stabilità, l’ossidazione dell’ammonio è dovuta soprattutto agli Archeobatteri.
Negli acquari appena avviati, dove la concentrazione di ammonio è generalmente più elevata, la nitrificazione è dovuta ai batteri già noti in precedenza.
Pare quindi vi sia una sorta di avvicendamento tra batteri e archeobatteri nel corso della maturazione degli acquari.
Riesame della nitrificazione in acquario: i Thaumarchaeota sono i principali ossidatori dell’ammonio nei filtri biologici degli acquari d’acqua dolce.
Laura A. Sauder, Katja Engel, Jennifer C. Stearns¤, Andre P. Masella, Richard Pawliszyn, Josh D. Neufeld*
Dipartimento di Biologia, Università di Waterloo, Waterloo, Ontario, Canada.
Abstract
Gli archeobatteri ossidatori dell’ammonio (AOA) superano in numero i batteri ossidatori dell’ammonio (AOB) in molti ambienti terrestri e acquatici.
Sebbene la nitrificazione sia la funzione primaria dei filtri biologici negli acquari, pochissimi studi hanno indagato i microorganismi responsabili di questo processo negli acquari.
Questo studio ha impiegato la PCR real-time quantitativa (qPCR) per quantificare l’ammonio monoossigenasi (amoA) e i geni 16S rRNA dei Batteri e dei Thaumarchaeota nei filtri biologici degli acquari d’acqua dolce, oltre a valutare la varietà dei geni amoA degli AOA per mezzo di elettroforesi su gel in gradiente denaturante (DGGE) e librerie clone.
Gli AOA erano numericamente dominanti in 23 filtri biologici dei 27 analizzati e in 12 di questi filtri biologici gli AOA contribuivano per tutti i geni amoA rilevabili.
Geni amoA sia dei Thaumarchaeota, sia dei batteri, sono stati trovati nei campioni di acqua salata, con i geni di AOA più numerosi in 5 filtri su 8.
Geni amoA batterici erano abbondanti in entrambi i supplementi mentre amoA dei Thaumarchaeota e geni rRNA 16S non erano rilevabili.
Negli acquari d’acqua dolce, la proporzione dei geni amoA da AOA rispetto a quelli da AOB era inversamente correlata con la concentrazione di ammonio.
La DGGE dei geni amoA degli AOA ha rilevato una variabilità tra i vari campioni, mentre lo scaling multidimensionale (NMDS) ha evidenziato una separazione tra le impronte genetiche degli organismi di acqua dolce e acqua salata analizzati.
Le librerie di cloni compositi dei geni amoA degli AOA ha rilevato sia cluster distinti fra acqua dolce e salata sia cluster misti contenenti sequenze di geni amoA sia d’acqua dolce, sia di acqua salata.
Questi risultati fanno luce nei comuni filtri biologici per acquari domestici e suggeriscono che i filtri biologici possano rappresentare un prezioso microcosmo su biofilm per studi futuri sull’ecologia degli AOA.
Introduzione
L’ammonio è una sostanza di rifiuto derivante dal metabolismo di pesci ed altri organismi acquatici. La tossicità dell’ammonio può minacciare la salute dell’ecosistema acquatico ed è un problema piuttosto importante per gli ecosistemi relativamente chiusi, come gli impianti di acquacoltura o gli acquari domestici, nei quali l’ammonio può accumularsi rapidamente, in assenza di nitrificazione attiva, fino a raggiungere concentrazioni letali.
La forma non ionizzata dell’ammonio (NH3) è particolarmente tossica per i pesci; stess, malattie e morte possono essere associate a concentrazioni di ammonio sopra agli 0.1 mg/l negli acquari e negli impianti di acquacoltura [1,2].
Per convertire l’ammonio in nitrati, i filtri biologici degli acquari sono progettati per promuovere la crescita e l’attività di popolazioni nitrificanti, grazie all’alta superficie dei supporti biologici (come spugne, ceramiche o polimeri) e buon flusso d’acqua ricca di ossigeno.
Nonostante la loro importanza per la salute dei pesci e la stessa funzione di molti biofiltri industriali, compresi quelli per l’acquacoltura e il trattamento delle acque reflue, poco si sa dei microorganismi che catalizzano la nitrificazione in associazione ai materiali di supporto dei filtri biologici.
Prima della scoperta degli archeobatteri ossidatori dell’ammonio (AOA), appartenenti al phylum, di nuova proposta, dei Thaumarchaeota [3, 4], erano stati usati vari approcci molecolari per analizzare i batteri ossidatori dell’ammonio (AOB) e dei nitriti, sia in acqua dolce, sia negli acquari marini [5, 6].
In particolare, Hovanec e DeLong hanno usato sonde oligonucleotidiche per studiare estratti di DNA da batteri nitrificanti di acqua dolce e salata.
Sebbene batteri Nitrosomonas dei Betaproteobacteria venissero associati agli acquari d’acqua salata nei loro studi, non avevano rilevato questi batteri nella maggior parte dei campioni da filtri d’acqua dolce. Concludevano, infatti, che “le specie batteriche responsabili della nitrificazione in semplici sistemi d’acqua dolce rimangono ignote” [5].
Studi successivi hanno determinato che Nitrosomonas spp. potrebbe arricchire i filtri biologici d’acqua dolce [7], suggerendo un loro potenziale ruolo nell’ossidazione dell’ammonio in condizioni particolari.
Dalla scoperta degli AOA, due studi hanno analizzato la presenza e la varietà sia degli AOA sia degli AOB nei sistemi di filtraggio d’acqua salata [8, 9]. Foesel e colleghi hanno trovato che AOB del genere Nitrosomonas erano numericamente dominanti nel biofilm di un allevamento d’acqua salata. Urakawa e colleghi hanno scoperto la presenza di geni amoA da AOB e AOA in filtri biologici selezionati da un acquario pubblico in Giappone (acquari del Pesce Luna, acquari d’acqua fredda e acquario di costa), e suggerivano che la varietà di AOA e AOB diminuisse negli acquari d’acqua fredda.
Il Candidatus Nitrosopumilus maritimus SCM1, il primo rappresentante degli AOA isolato in coltura è stato ottenuto dalla sabbia di un acquario marino [10]. Nonostante questi primi studi iniziali, nessuna indagine ha per ora investigato la diffusione degli AOB e degli AOA nei filtri biologici degli acquari d’acqua dolce.
Basandoci sull’ubiquità e la grande abbondanza di AOA negli ambienti naturali, l’inabilità di Hovanec e DeLong (1996) di identificare AOB negli acquari d’acqua dolce e il ritrovamento del primo archeobatterio nel substrato di un acquario, abbiamo ipotizzato che gli AOA dominino nei filtri biologici degli acquari d’acqua dolce e abbiano un ruolo importante nella nitrificazione.
Oltre a determinare l’abbondanza di AOA e AOB negli acquari, gli obiettivi di questo studio erano di analizzare la varietà di geni amoA degli AOA negli acquari e ddeterminare come questi geni si raggruppavano con sequenze derivanti da fonti naturali e rappresentanti degli AOA coltivati.
I risultati di questo studio hanno rivelato che, sulla base dei geni amoA, gli AOA sono da ritenere i principali ossidatori dell’ammonio nella maggior parte degli acquari d’acqua dolce e salata.
Questi risultati sono il primo indizio del ruolo degli AOA negli acquari d’acqua dolce e suggeriscono un possibile adattamento degli AOA nella nicchia associata ai filtri biologici degli acquari.
Risultati
Campioni dagli acquari
Ventisette campioni da filtri biologici di acquari d’acqua dolce e otto da acquari d’acqua salata sono stati raccolti da dei negozi o da delle abitazioni (Tabella S1).
Tutti i filtri biologici campionati in questo studio derivavano da acquari singoli di abitazioni o uffici oppure da acquari da esposizione nei negozi, rappresentando, rispettivamente, le condizioni comuni alla maggior parte degli acquari privati o dei negozi.
In aggiunta ai filtri biologici, abbiamo incluso due attivatori batterici per acquari nell’analisi.
Gli acquari scelti avevano tutti un pH compreso fra 7.6 e 9.2 e avevano flora e fauna variabili. Gli acquari contenevano vari tipi di pesci, inclusi vari tropicali, pesci rossi, ciclidi sudamericani e africani. Tre acquari avevano ricevuto un trattamento con antibiotici nei sei mesi precedenti (SW4, SW5 e FW8) e molti avevano ricevuto dosi di attivatore batterico all’avvio (ad esempio: FW12, FW13, FW19, FW25).
La concentrazione di ammonio degli acquari era compresa fra non rilevabile fino ad approssimativamente 0.5 mg/l, con la maggior parte degli acquari con una concentrazione sotto i 100 μg/l. In 28 dei 32 acquari analizzati, i nitriti (NO2–) erano sotto la soglia di rilevabilità.
Come previsto, è stata osservata una significativa correlazione tra le concentrazioni di ammonio e nitriti (r=0.48, p<0.05; Tabella S2) e le concentrazioni di nitriti e nitrati (r=0.52, p<0.05, Tabella S2).
Le dimensioni degli acquari variavano fra 18 e oltre i 1500 litri (per i negozi) e il numero approssimativo di pesci variava fra zero (plantacquario; FW3) fino a 300 (FW11). Sebbene non sia una perfetta misura della biomassa, il numero approssimativo di pesci per gallone [1 gallone = 3.8 litri; NdT] era positivamente correlato con la concentrazione di ammonio (r=0.60, p<0.001; Tabella S2).
La durezza dell’acqua degli acquari d’acqua dolce era bassa fino a 25 ppm (in FW12, un acquario per riproduzioni con acqua tenera), tuttavia la durezza dell’acqua di 25 dei 27 acquari era maggiore di 150 ppm. La durezza non è stata determinata per gli acquari marini.
L’alcalinità (ovvero la durezza carbonatica) variava da non rilevabvile (es: FW24, FW17) fino a 300 ppm (es: SW1, FW3). Né la durezza né l’alcalinità erano significativamente correlate con altri parametri chimici (Tabelle S2 e S3).
La diffusione degli AOA e degli AOB
I risultati della PCR in tempo reale hanno dimostrato che i geni amoA dei Thaumarchaeota erano dominanti in 23 dei 27 campioni da filtri degli acquari d’acqua dolce (Fig. 1, Tabella S1). Per 12 dei filtri biologici, i geni amoA da Thaumarchaeota rappresentavano la totalità dei geni amoA, inclusi gli acquari FW13, FW15, FW16 e FW25, che avevano ricevuto un inoculo iniziale con attivatore batterico.
Negli acquari d’acqua salata sono stati rilevati geni amoA sia da AOA sia da AOB in tutti i campioni, con gli AOA dominanti in 5 campioni su 8.
In entrambi gli attivatori batterici, comunemente disponibili in commercio, i geni amoA degli AOB erano abbondanti mentre i geni amoA degli AOA e i geni 16S rRNA erano sotto la soglia di rilevabilità.
Geni 16S rRNA, sia batterici sia dei Thaumarchaeota, sono stati identificati in tutti gli estratti di DNA; tuttavia, per la maggior parte dei campioni, i geni 16S batterici superavano molto, in numero, quelli dei Thaumarchaeota (Fig. 1, Tabella S1).
In un filtro biologico (FW11), i numeri erano approssimativamente uguali.
Per tutti gli acquari, i numeri di copie del gene amoA batterico erano almeno tre ordini di grandezza inferiori ai numeri dei geni 16S rRNA (Tabella S1). In alcuni acquari (es: FW2, FW27, SW4), il numero di copie dei geni amoA e 16S rRNA erano circa uguali. In altri casi (es: FW11, FW12, SW8), il numero delle copie di geni amoA dei Thaumarchaeota era ordini di grandezza minore dei geni 16S rRNA dei Thaumarchaeota.
Abbiamo esaminato, inoltre, aspetti della chimica dell’acqua (Tabella S1) per valutare correlazioni che potessero fornire una spiegazione per la differente diffusione dei geni amoA.
L’analisi della regressione si è concentrata sui campioni di acqua dolce perché questi erano l’obiettivo principale dello studio e perché troppo pochi campioni di acqua salata erano disponibili per avere correlazioni statisticamente significative (i dati non sono mostrati).
Le correlazioni sono state calcolate anche includendo i campioni d’acqua salata, portando a risultati simili alle correlazioni trovate in acqua dolce (Tabelle S2 ed S3).
Per gli acquari d’acqua dolce, abbiamo osservato una significativa correlazione negativa tra la concentrazione di ammonio e la proporzione di geni amoA appartenenti agli AOA piuttosto che agli AOB (r=-0.85, p<0.001, R2=0.72; Fig. 2 e Tabella S3). Basse concentrazioni di ammonio erano tipicamente associate con grande abbondanza di geni amoA degli AOA, sebbene un campione (FW20) avesse una grande proporzione di geni amoA degli AOB, pur avendo una concentrazione di ammonio inferiore a 20 μg/l.
In tutti i casi, maggiori concentrazioni di ammonio erano associate a maggiore abbondanza di geni amoA degli AOB.
Nessun altro fattore legato alla chimica dell’acqua o all’allestimento dell’acquario (es: pH, durezza, alcalinità) ha portato a correlazioni significative con l’abbondanza di geni amoA (Tabella S2).
La concentrazione di ammonio nell’acquario FW27 fluttuava un po’, sia su base giornaliera, sia su base mensile (Fig. S1A). La grande proporzione (>85%) di AOA in questo filtro era coerente con quanto trovato con un campionamento nel corso di due anni (Fig. S1B). Insieme, questi risultati suggeriscono una uniformità temporale nelle condizioni ambientali e nelle comunità di AOA nei filtri d’acquario d’acqua dolce.
Varietà nei geni AOA
Per valutare la varietà delle popolazioni di Thaumarchaeota in possesso di geni amoA, tutti gli estratti di DNA dei filtri sono stati sottoposti a DGGE. Basandosi sulla separazione fisica della PCR, per eterogeneità delle sequenze e contenuto G+C [11], i pattern generati dagli amplicon dei geni amoA variavano, tra i campioni, da molto semplici con poche bande (es: FW8, FW20, SW4) a molto complessi con molte bande (es: FW10, FW15, SW1; Fig. 3).
I pattern DGGE hanno rilevato bande condivise tra filtri biolofici di acquari nello stesso posto (es: FW8 e FW9, FW25 e FW26, SW1 e SW2), indicando che la composizione specifica degli AOA probabilmente è influenzata dal luogo.
Nonostante queste similarità in base al luogo, non sono state osservati gruppi di impronte distinti sulla base della posizione e molte bande erano condivise fra molti campioni di varia provenienza (Fig. 3A e B, Tabella S1).
Basandosi su un’ispezione visiva delle impronte allineate, è stato osservato un possibile spostamento nel contenuto G+C fra le impronte da acquario d’acqua dolce e acquario d’acqua salata, con le bande d’acqua salata che si scioglievano a concentrazioni inferiori di denaturante (Fig. 3A e B).
Questa apparente differenza nel contenuto G+C è stata corroborata sia da sequenze dalle librerie clone sia dalle bande della DGGE.
Le sequenze di geni amoA dalle librerie clone avevano un contenuto medio di G+C del 45.4% contro il 43.8% dei cloni d’acqua salata.
Sequenze di bande da DGGE mostravano un pattern simile, con un contenuto medio di G+C, rispettivamente, del 45.5 e 44.0%.
Sebbene questa differenza sia relativamente piccola (1.5%), è statisticamente significativa (p<0.0001) per entrambi i cloni e le sequenze DGGE, come determinato da test-t indipendenti.
Lo scaling multidimensionale (NMDS), usando curve densitometriche generate dalle impronte della DGGE, ha mostrato che le impronte da acqua dolce e da acqua salata erano ampiamente separate in uno spazio bidimensionale.
Tuttavia, alcuni campioni da acqua dolce (es: FW1, FW12, FW15) erano intermedi ai gruppi d’acqua dolce e salata (Fig. 3C).
In aggiunta alla DGGE, abbiamo generato librerie clone di amplicon di geni amoA, rispettivamente di 261 sequenze da acqua dolce e 84 da acqua salata.
Lo scaling multidimensionale delle sequenze di geni amoA, tradotte e allineate (dalle bande della DGGE, librerie clone e sequenze di riferimento) ha mostrato quattro gruppi distinti, ognuno dei quali conteneva sia cloni sia sia sequenze di bande (Fig. 4).
Il primo gruppo (cluster 1, Fig. 4) conteneva sequenze di librerie clone di acqua dolce e salata approssimativamente nella stessa proporzione, così come sequenze di entrambi da DGGE.
Le bande della DGGE che sono finite in questo gruppo sono state generate da campioni le cui impronte cadevano sul confine del gruppo d’acqua dolce, vicino alle sequenze d’acqua salata (Fig. 3C).
Sia il secondo sia il terzo gruppo (cluster 2 e 3, Fig. 4) sono dominati da sequenze clone di acqua salata. Il gruppo 2 è un cluster distinto contenente sequenze di geni amoA da AOA provenienti da ambienti salini, inclusi Ca. N. maritimus e Candidatus Cenarchaeum symbiosum A [YP_575342; 12], così come un clone ottenuto da un filtro d’acqua salata [AB373235; 9].
La maggior parte delle sequenze di bande da acqua salata è finita in questo cluster, inclusi SW2-3, SW1-2, SW8-2 e SW6-2, sequenze che rappresentano una banda condivisa tra la maggioranza delle impronte d’acqua salata (Fig. 3A).
Il gruppo 3 aveva composizione variabile e conteneva sia sequenze d’acqua dolce sia d’acqua salata. Le sequenze di geni amoA di riferimento, per questo gruppo, erano provenivano da fosmidi del suolo 54d9 [AJ627422; 13] e dagli organismi Candidatus Nitrososphaera gargensis [ABY77595; 14] e Candidatus Nitrosocaldus yellowstonii [ABY83788; 15].
Il gruppo quattro è un distinto gruppo da acqua dolce; era il più grande dei gruppi e conteneva la maggioranza dei cloni da acqua dolce e delle sequenze di bande da DGGE generate in questo studio.
Questo gruppo conteneva tutte le sequenze generate da una particolare banda DGGE che era condivisa appossimativamente da metà delle impronte d’acqua dolce (es: FW2-4, 6-11, 13, 14, 17, 19, 27; Fig. 3B).
Oltre a questo, le sequenze di riferimento da una grande varietà di ambienti a bassa salinità finiscono in questo cluster, includendo fiumi, laghi, sedimenti, acque reflue, così come le sequenze del Candidatus Nitrosoarchaeum limnia [16].
Discussione
Questo studio ha generato dati che sfidano decenni di conoscenza comune riguardante il ciclo dell’azoto nei filtri degli acquari e risolve importanti questioni rimaste aperte dopo il non essere stati in grado di rilevare Nitrosomonas spp. negli acquari d’acqua dolce [5].
Dal campionamento di 27 acquari d’acqua dolce di abitazioni e negozi, i nostri risultati da qPCR hanno rilevato una popolazione dominante di AOA nella maggioranza degli acquari analizzati (Fig. 1).
Eppure, 12 degli acquari analizzati erano associati solamente con un segnale di geni amoA degli AOA, nonostante l’uso di 40 cicli per la PCR. Questi risultati sono importanti poiché forniscono la prima prova quantitativa che gli AOA possano agire da soli nel catalizzare l’ossidazione dell’ammonio.
Quantunque generalmente dominati dai geni amoA degli AOA, gli acquari d’acqua salata erano più variabili dal punto di vista delle diffusioni relative di AOA e AOB, con entrambi i gruppi rilevati in ogni filtro.
Basandosi sui numeri dei geni amoA, i risultati di questo studio suggeriscono che sia gli AOA sia gli AOB contribuiscano alla nitrificazione negli acquari marini e che gli AOA siano i principali attori nella nitrificazione negli acquari d’acqua dolce più stabili.
I risultati di questo studio rispondono anche alla domanda a lungo irrisolta riguardo la nitrificazione negli ambienti dei filtri biologici.
Ad esempio, la scoperta che l’abbondanza dei geni amoA batterici possa essere ordini di grandezza inferiore rispetto ai geni 16S rRNA (Tabella S1) fornisce una spiegazione del fatto che studi precedenti non siano stati in grado di rilevare Nitrosomonas spp. con sonde geniche [5], nonostante la capacità di rilevare Nitrosomonas spp. con PCR nella maggior parte dei campioni [7].
I metodi di ibridizzazione delle sonde hanno capacità di rilevazione limitata per geni che rappresentano meno dell’1% del totale [17], mentre l’alta sensibilità della PCR può consentire di rilevare anche una singola copia di un gene, se l’amplificazione non è inibita.
Le popolazioni relative di AOB negli acquari marini erano generalmente maggiori di quelle negli acquari d’acqua dolce (Fig. 1), ciò può spiegare la capacità di rilevare Nitrosomonas spp. sia con l’ibridizzazione delle sonde sia con l’amplificazione della PCR [5, 7, 8].
Per una varietà di geni nei batteri, inclusi sia i geni 16S rRNA e amoA, i numeri di copie dentro una cellula sono variabili e spesso maggiori di uno e, pertanto, non possono essere utilizzabili come una diretta misura della popolazione.
Al contrario, i genomi disponibili per alcuni rappresentanti degli AOA, inclusi Ca. N. maritimus [18] e Ca. C. symbiosum [12], suggeriscono che le cellule degli AOA contengano una sola copia ciascuno dei geni amoA e 16S rRNA.
È ignoto se tutti i Thaumarchaeota posseggano geni per l’ossidazione dell’ammonio. Tuttavia sono stati identificati geni 16S rRNA fino a 100 volte maggiori in numero rispetto ai geni amoA [19], suggerendo che alcune linee di Thaumarchaeota non ottengano energia ossidando l’ammonio.
Alcuni filtri esaminati in questo studio (es: FW2, FW27, SW4; Tabella S1) hanno portato ad un numero di copie del gene amoA approssimativamente uguale a quello del gene 16S rRNA, ciò implicando che tutti i Thaumarchaeota presenti in questo acquari posseggano geni amoA e presumibilmente ossidino l’ammonio.
È interessante osservare che altri acquari contenessero geni 16S rRNA in numero maggiore per ordini di grandezza rispetto ai geni amoA (es: FW11, FW12, SW8; Tabella S1), cosa che può implicare l’esistenza di linee di Thaumarchaeota che non ossidano l’ammonio.
La varietà di geni amoA degli AOA era variabile fra i vari filtri raccolti in questo studio (Fig. 3A e B), con pattern della DGGE variabili da semplici con poche bande fino a complessi con oltre 10 bande distinguibili. Oltre a questo, molte bande erano condivise fra vari filtri in posizioni diverse.
Lo scaling multidimensionale delle impronte da DGGE ha mostrato che le impronte erano ampiamente separate in uno spazio bidimensionale. Tuttavia le impronte di alcuni campioni d’acqua dolce erano intermedie ai gruppi principali d’acqua dolce e salata (Fig. 3C).
Le sequenze derivanti da queste impronte intermedie sono finite in un cluster di sequenze contententi approssimativamente uguali proporzioni di cloni di acqua dolce e salata (cluster 1, Fig. 4).
Un’ispezione visiva dei profili della DGGE (Fig. 3A e 3B) ha suggerito un possibile spostamento del contenuto di G+C del gene amoA tra i campioni d’acqua dolce e salata e questo è probabilmente un fattore chiave nella separazione osservata. Questo andamento è stato supportato dalle librerie di cloni, che indicavano che le sequenze di amoA degli AOA avevano un contenuto medio di G+C maggiore rispetto alle controparti di acqua salata.
Le implicazioni ecologiche di queste scoperte devono ancora essere determinate, ma pongono alcune ipotesi interessanti per ricerche future.
Lo scaling multidimensionale delle sequenze delle librerie clone del gene amoA dei Thaumarchaeota (Fig. 4) ha rivelato che le sequenze dei geni amoA si raggruppano in cluster distinti; ciò supporta la separazione osservata nell’analisi dei profili DGGE.
I cluster contenevano principalmente sequenze di acqua salata (come i cluster 2 e 3, Figura 4), mentre un cluster (cluster 1, Figura 4) conteneva approssimativamente uguali proporzioni di sequenze d’acqua dolce e salata.
Basandosi sullo scaling multidimensionale sia dei profili DGGE sia delle sequenze di gni, la salinità appare come un fattore importante nella differenziazione degli AOA. Nonostante tutto, questi risultati suggeriscono che almeno alcune sequenze sono simili nei vari ambienti, un’osservazione che può indicare allotolleranza di alcuni filotipi.
Nonostante un’incompleta separazione delle sequenze di geni amoA degli AOA, la maggior parte (>80%) delle sequenze di acqua dolce si è raggruppata con sequenze derivanti da un ventaglio di ambienti d’acqua dolce, compresi sedimenti lacustri, acque reflue, risaie, laghi e fiumi (Fig. 4).
Questo raggruppamento conferma le precedenti prove di un adattamento di nicchia degli AOA [es: 20, 21] e suggerisce che gli acquari possano fornire un prezioso microcosmo per indagare l’ecologia degli AOA acquatici.
Sebbene le copie di geni amoA dei Thaumarchaeota possano essere migliaia di volte più abbondanti dei geni amoA betaproteobatterici in alcuni ambienti marini [22] e terresti [23], la contribuzione relativa degli AOA e degli AOB nell’ossidazione dell’ammonio e i fattori che influiscono sulla loro attività sono difficili da confermare.
La concentrazione di ammonio può essere un fattore importante per l’ossidazione dell’ammonio da parte di batteri e Thaumarchaeota.
Studi recenti hanno portato prove che gli AOB siano gli organismi dominanti per quanto concerne l’ossidazione dell’ammonio in ambienti terrestri e acquatici ricchi di ammonio. Ad esempio, uno studio recente ha usato del diossido di carbonio marchiato e fornito ammonio nel terriccio per dimostrare che il carbonio marchiato è stato assimilato principalmente negli acidi nucleici dei nitrificatori batterici [24].
Foesel e colleghi (2008) hanno trovato che gli AOB tipo Nitrosomonas erano numericamente dominanti nei sistemi di filtrazione biologica di un allevamento marino che ricevevano alti contenuti di ammonio (da 340 a 1700 μg/l). Oltre a questo, la dominanza numerica e metabolica degli ossidatori di ammonio batterici in presenza di grandi concentrazioni ammonio è coerente con uno studio precedente [7] che indagava l’insediamento di batteri inoculati nei biofiltri degli acquari in cui veniva inserito ammonio (5-60 mg/l di NH3). In aggiunta, la maggior parte degli impianti fognari con elevate concentrazioni di ammonio in ingresso sono dominati da popolazioni di AOB [25, 26].
La predominanza di AOA in condizioni di scarsità di ammonio è ora ben confermata nei suoli stabili [27, 28, 29].
Tuttavia, il ruolo dell’ammonio nel regolare le popolazioni di ossidatori negli ambienti acquatici non è stata ancora ben studiata.
Che gli AOA siano meglio adattati ad ambienti a bassa concentrazione di ammonio è supportato dal presente studio con i filtri d’acquario, dove le concentrazioni di ammonio sono mantenute ad un livello basso e costante e certamente ben sotto 1 mg/l in tutti gli acquari osservati (Tabella S1, Fig. 3).
La maggior parte degli acquari d’acqua dolce con basse concentrazioni di ammonio (<100 μg/l) è associata con una proporzione più alta di AOA e una significativa correlazione inversa è stata identificata (Fig. 2 e Tabella S3).
Per le analisi statistiche, l’inclusione di campioni con concentrazioni di ammonio medio-alte sarebbe stata preferibile; tuttavia gli acquari stabili e ben tenuti hanno normalmente bassi livelli di ammonio per assicurare la salute dei pesci e, di conseguenza, non siamo stati in grado di individuare acquari con elevate concentrazioni di ammonio nei tempi previsti per questo studio.
I risultati di questo studio suggeriscono che la concentrazione di ammonio negli ambienti d’acqua dolce sia un importante parametro per determinare l’abbondanza relativa degli AOA e degli AOB. Questi risultati sono coerenti con gli altri studi che hanno individuato geni amoA degli AOA in ambienti dalle basse concentrazioni di ammonio e hanno dimostrato un’attività corrispondente [30, 31, 32]. Oltre a questo, la cinetica della crescita di Ca. N. maritimus str. SCM1 ha dimostrato una costante di mezza saturazione (Km) per l’ammonio sostanzialmente più bassa rispetto a rappresentanti degli AOB [33] e simile a quella degli acquari campionati nel presente studio.
Tuttavia, poiché Ca. N. maritimus è il solo rappresentante degli AOA di cui esistano studi di cinetica, rimane poco chiaro se tutti gli AOA siano adattati in maniera analoga a condizioni oligotropiche e dimostrino un’alta affinità per l’ammonio. Ad esempio, il recentemente isolato Nitrososphaera viennensis tollera concentrazioni di ammonio fino a 20 mM [34], che è considerevolmente più alta delle concentrazioni inibitorie di 2-3 mM che sono state osservate per Ca. N. maritimus e Ca. N. gargensis [14, 33].
Sebbene la concentrazione di ammonio rilevabile negli acquari stabili di acqua dolce sia tipicamente bassa, come conseguenza dell’ossidazione dell’ammonio, la preferenza di elevate concentrazioni di ammonio da parte degli AOB suggerisce un loro possibile ruolo all’avvio dell’acquario, quando le concentrazioni di ammonio possono raggiungere livelli pericolosi per i pesci. In aggiunta, la concentrazione di ammonio è stta positivamente e significativamente correlata con il numero di pesci per gallone di acqua dell’acquario (Tabelle S2 e S3), suggerendo che gli AOB possano essere importanti anche negli acquari sovrappopolati con concentrazioni cronicamente elevate di ammonio.
Questo studio ha identificato che gli AOA siano i principali microorganismi ossidatori dell’ammonio nei filtri degli acquari d’acqua dolce.
Le concentrazioni di ammonio erano significativamente ed inversaamente correlate col rapporto AOA:AOB.
Le sequenze di geni amoA degli AOA erano ampiamente raggruppate con altre sequenze associate ad ambienti d’acqua dolce.
Questo lavoro fornisce un punto di partenza per studi futuri sulla nitrificazione negli acquari e sull’ecologia degli AOA.
Gli acquari possono servire come preziosi microcosmi per investigare i fattori che influiscono sulle dinamiche degli AOA e degli AOB sia negli ambienti naturali sia nelle comunità artificiali, quali sistemi di trattamento delle acque reflue, impianti di acquacoltura, laghi, fiumi ed oceani.
Materiali e metodi
Campionamento
Filtri biologici di acquari d’acqua dolce e marina sono stati presi a campione in negozi di acquariologia e in abitazioni private a Waterloo, Kitchener e Cambridge (Ontario, Canada) tra il giugno e il dicembre del 2009 (Tabella S1).
Un totale di 27 acquari d’acqua dolce e 8 acquari marini sono stati analizzati per questo studio; fra i tipi di filtro osservati abbiamo filtri a spugna, ad ovatta e rocce vive e tutti i filtri racconti avevano cotone o materiale sintetico (es: nylon).
I campioni di filtro sono stati raccolti con forbici e pinze passate alla fiamma, tagliati in fette sottili (1×1×3 cm circa). Tutti i campioni sono stati posti in contenitori da 50 ml, sterili, e conservati in ghiaccio fino all’arrivo ai laboratori entro le successive poche ore.
Campioni di acqua degli acquari sono stati raccolti in provette da 50 ml, sterili, e conservati in ghiaccio prima di essere congelati a -80 °C. Da notare che sono stati raccolti più campioni per questo studio ma non sono stati poi inclusi nel lavoro a causa di una scarsa resa di acidi nucleici o mancanza di amplificazione dei geni.
Il filtro di uno degli acquari (FW27) è stato campionato quattro volte nel corso di due anni per valutare la stabilità dei rapporti AOA:AOB e l’acqua è stata analizzata varie volte (nel corso di sei mesi e, per un giorno, ogni ora) per valutare la stabilità della concentrazione di ammonio in un dato acquario.
Il pH è stato misurato per tutti i campioni d’acqua con un pHmetro DELTA 320 (Mettler Toledo, Columbus, OH). Le concentrazioni di ammonio sono state misurate per via fluorometrica, secondo un metodo precedentemente pubblicato [35], usando un fluorometro TD 700 (Turner Designs, Sunnyvale, CA) e calcolate dalle curve lineari standard. Gli altri parametri chimici sono stati valutati con dei semplici kit commerciali (Quick Dip Aquarium Multi-Test Kit, Jungle Laboratories Corporation, Cibolo, TX). Tutte queste informazioni sono contenute nella Tabella S1.
Abbiamo campionato anche 8 filtri da acquari marini e due attivatori batterici, per confronto (Tabella S1).
Gli attivatori batterici (tipicamente flaconi con sospensione liquida) sono progettati per aiutare l’insediamento negli acquari appena avviati con batteri nitrificanti attivi, per mantenere bassi i livelli di ammonio e nitriti durante i primi 1-2 mesi dall’allestimento. Gli attivatori batterici analizzati sono stati Cycle (SP1; Rolf C. Hagen Inc., Montreal, Canada) e Bio-Support (SP2; Big Al’s Distribution Centre, Niagara Falls, NY).
Estrazione del DNA
Una tecnica basilare di estrazione di acidi nucleici [36] è stata adattata per estrarre gli acidi nucleici dalle spugne filtranti che erano state tagliate in piccoli pezzetti con forbici sterilizzate sulla fiamma.
Una dose (15 ml) di attivatore batterico è stato centrifugata a 7,000×g per 30 minuti, quindi sospesa in un buffer di lisi per l’estrazione. Un’estrazione per bead-beating è stata effettuata seguendo i protocolli consueti con minime modifiche. Gli acidi nucleici sono stati estratti da un eguale volume di materiale filtrante piuttosto che da un eguale peso, a causa della variazione della porosità dei supporti biologici. La natura porosa dei mezzi filtranti hanno richiesto la decantazione del buffer di estrazione fenolo-cloroformico-CTAB lontano dalle spugne dopo la rottura delle cellule, prima della centrifugazione e della separazione delle fasi organiche e liquide.
Per far precipitare gli acidi nucleidi purificati, sono stati usati due volumi di soluzione di glicole polietilenico (PEG – 30% PEG 6000 e 1.6 M NaCl) in combinazione con poliacrilammide (AppliChem, Darmstadt, Germania) come co-precipitante per evitare di introdurre DNA esoggeno, trovato in soluzioni commerciali di glicogeno [37].
Tutti gli estratti sono stati separati su gel di agarosio all’1% con tinta per acidi nucleici Gel Red (Biotium, Hayward, CA), visualizzati con AlphaImager HP (Alpha Innotech Corporation, Santa Clara, CA) e quantificati densiometricamente per comparazione con diluzione di quantità note di lambda DNA (New England Biolabs, Pickering, Canada) usando il software AlphaView (Alpha Innotech Corp.).
PCR quantitativa real-time
La quantificazione dei geni amoA degli AOA e degli AOB è stata effettuata usando i primer Arch-amoAF e Arch-amoAR [38] e amoA-1F e amoA-2R [39], rispettivamente.
I geni 16S rRNA dei Thaumarchaeota e dei batteri sono stati quantificati usando i primer 771F e 957R [40] e 341F e 518R [41] rispettivamente.
Le amplificazioni in tempo reale sono state eseguite in duplicato con un volume di reazione di 12.5 µl, il quale conteneva 2×iQ SYBR Green Supermix (Bio-Rad, Mississauga, Canada), 5 pmol di ogni primer, 5 µg di siero di albumina bovino e 1 µl di template.
La PCR in tempo reale è stata effettuata su un sistema CFX96 (Bio-Rad). Per entrambi i geni 16S rRNA, le condizioni per la PCR sono state: 95 °C per 3 minuti seguiti da 40 cicli di 95 °C per 20 secondi, 55 °C per 30 secondi e 72°C per 30 secondi (con i valori della fluorescenza registrati dopo il passo di estensione). Per i geni amoA, le condizioni della PCR erano le stesse, eccetto per un tempo di estensione di 1 minuto ed una temperatura di annealing di 60 °C e 58.5 °C per i geni amoA di batteri e Thaumarchaeota, rispettivamente. Per tutte le reazioni di amplificazione, le curve di fusione da 65 °C a 95 °C sono state effettuate dopo ogni fase con un incremento di temperatura di 0.5 °C.
Amplicon sono stati usati come template stardard del DNA e sono stati generati usando i primer indicati in precedenza, per i rispettivi geni. Abbiamo usato DNA genomico dall’acquario FW27 per generare gli standard per i geni amoA e 16S rRNA. DNA genomico da Escherichia coli è stato usato per generare geni strandard 16S rRNA.
Le curve standard sono state costruite usando diluizioni consecutive di DNA standard confrontate con la soglia ciclo (Ct) per ogni diluizione. L’efficienza dell’amplificazione è variata dal 90.6 al 98.2% e i coefficienti di determinazione (R2) tra 0.988 a 0.999.
Le curve di fusione calcolate per ogni sequenza ha mostrato picchi singoli e tutti i prodotti della PCR sono stati verificati su gel di agarosio all’1%.
I numeri delle copie di DNA di partenza per ogni campione sono stati calcolati dalle equazioni di regressione lineare di ogni curva standard.
Elettroforesi su gel in gradiente denaturante
L’analisi con DGGE dei geni amoA degli AOA è stata eseguita come descritta in precedenza [42], con piccole modifiche. I campioni sono stati posti su gel di acrilammide al 6%, che ha fornito una migliore risoluzione di quello all’8% (dati non mostrati).
I geni amoA degli AOA sono stati amplificati usando i primer CrenamoA24f e CrenamoA616r con cicli termici descritti [43].
Il sistema DGGE usato era DDGEK-2401 (CBS Scientific Companu, Del Mar, CA) usando modifiche tecniche precedentemente descritte [11].
I gel sono stati fatti andare per 15 ore a 85 V e quindi successivamente colorati con verde SYBR (Invitrogen) per 1 ora. I gel sono stati scansionati usando un Typhoon 9400 Variable Mode Imager (GE Healthcare, Piscataway, NJ).
Le bande individuali sono state escisse, amplificate (usando i metodi sopra descritti) e sequenziate. Dalle immagini originali su gel, le impronte sono state normalizzate per allineamento con GelCompar II (Applied Maths, Austin, TX) e un grafico di scaling multidimensionale non metrico (NMDS) è stato generato basandosi sull’indice di correlazione di Pearson delle curve densiometriche a cui è stato sottratto il background.
Librerie clone e analisi
Gli amplicon per il sequenziamento sono stati generati usando Arch-amoAF e Arch-amoAR, con cicli termici descritti in precedenza [38].
I composti di campioni di acqua dolce e salata sono stati prodotti raggruppando uguali quantità da 1 ng di prodotti della PCR da tutti i campioni di acqua dolce e salata, rispettivamente.
I prodotti della PCR composita sono stati ligati nel pGEM®-T Easy Vector (Promega, Madison, WI) secondo il protocollo del produttore. Le singole colonie sono state raccolte casualmente e cresciute in un terreno Luria-Bertani contentente ampicillina (100 µg/ml); a seguire estrazione dei plasmidi e sequenziamento con il primer M13f.
Un totale di 288 e 96 cloni è stato sequenziato per le librerie composite, rispettivamente per acqua dolce e acqua salata.
Tutte le analisi dei gradienti sono state effettuate utilizzando sequenze di amminoacidi tradotte. Le sequenze di DNA derivate dalle bande della DGGE e dalle librerie clone sono state tradotte usando dna2pep [44]. Dopo aver scartato le sequenze con codoni di stop, sono rimasti un totale di 261 cloni di acqua dolce e un totale di 84 di acqua salata.
Le sequenze di riferimento sono state ottenute da GenBank per i cloni ambientati così come per i rappresentanti degli AOA.
L’insieme delle sequenze è stato allineato usando MUSCLE [45] e l’allineamento risultante è stato ritagliato in maniera da avere tutte le sequenze estese lungo la regione degli stessi 160 amminoacidi.
Tutte le posizioni nell’allineamento sono state usate per l’analisi.
Una matrice di distanza è stata prodotta usando protdist [46] e scalata dallo scaling multidimensionale non metrico usando il pacchetto MASS [47].
Tutte le sequenze di DNA generate in questo studio sono state inviate a Genbank con numeri di accesso JN183456-849.
Analisi statistiche
L’indice di correlazione di Peason e i coefficienti di determinazione sono stati calcolati con Excel 2010 (Microsoft, Redmond, WA) e i valori p associati sono stati calcolati con InStat 3 (GraphPad Inc, San Diego, CA). I test t indipendenti sono stati utilizzati per comparare le medie di contenuto G+C tra le sequenze di acqua dolce e salata e sono stati calcolati con InStat 3.
Materiali di supporto
Figura 1
Distribuzione relativa dei geni 16S rRNA (A) e amoA (B) per batteri e Thaumarchaeota in acqua salata (SW1-SW8) e acqua dolce (FW1-FW27) e negli attivatori batterici (SP1 e SP2).
Questi dati sono stati calcolati dalla qPCR.
Figura 2
Le copie di geni amoA degli AOA sono espresse come percentuale rispetto al totale di geni amoA degli AOA (per ng di DNA). Il coefficiente R2 per la regressione lineare è 0.7249. Il coefficiente di correlazione di Pearson (r) è -0.8518 con un valore p associato <0.001. Vedere la Tabella S1 per tutti i dati.
Figura 3
Le impronte di acqua salata (A) e acqua dolce (B) sono state normalizzate e allineate. Le bande scelte per il sequenziamento sono indicate con dei triangoli: i triangoli bianchi corrispondono alle bande che appaiono nella Figura 4. I triangoli neri rappresentano i sequenziamenti falliti.
Il raggruppamento delle impronte di acqua dolce e salata (C) è mbasato sullo NMDS usando la correlazione di Pearson delle curve densitometriche.
Figura 4
Le sequenze sono state ottenute da librerie clone e le bande della DGGE dai campioni dei filtri biologici. Il pannello in alto a destra fornisce un riassunto del numero delle librerie clone contenute in ogni cluster.
Le sequenze ottenute dalle bande della DGGE corrispondono ai triangoli bianchi della Figura 3 e sono etichettate con il campione e i numeri di banda.
Per comparazione, sono state incluse delle sequenze di cloni da Genbank e sequenze di riferimento.
I numeri di accesso per tutte le sequenze sono indicati fra parentesi.
Figura S1
Nella figura è mostrato l’andamento della concentrazione di ammonio nel corso di vari mesi del 2010 e ora per ora nel corso di mezza giornata.
Nella parte inferiore è invece mostrata il rapporto AOA/AOB nel filtro dell’acquario FW27 in quattro momenti nel corso di due anni.
Tabella S1
Tabella S2
Tabella S3
Riconoscimenti
La presente ricerca è dedicata a Roger Knowles (1929-2009).
Ringraziamo i negozi locali e i membri della Kitchner Waterloo Aquarium Society (KWAS) per la loro partecipazione entusiasta a questo studio, fornendoci i campioni dei filtri.
Contributi degli autori
Progetto degli esperimenti: JDN LAS
Esecuzione degli esperimenti: LAS KE JCS
Analisi dei dati: LAS APM JDN
Scrittura paper: LAS JDN
Raccolta e lavorazione dei campioni: RP
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Informazioni riguardanti l’articolo originale
Citazione: Sauder LA, Engel K, Stearns JC, Masella AP, Pawliszyn R, et al. (2011) Aquarium Nitrification Revisited: Thaumarchaeota Are the Dominant Ammonia Oxidizers in Freshwater Aquarium Biofilters. PLoS ONE 6(8): e23281. doi:10.1371/journal.pone.0023281
Editor: Jack Anthony Gilbert, Argonne National Laboratory, United States of America
Ricevuto 30 giugno 2011; Accettato 11 luglio 2011; Pubblicato 16 agosto 2011
Copyright: ©2011 Sauder et al. Questo è un articolo di libero accesso (open-access) distribuito nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione, che permette uso, distribuzione e riproduzione senza vincoli e con ogni mezzo, purché siano indicati gli autori originali e la fonte.
Finanziamento: Questa indagine è stata finanziata dal Natural Sciences and Engineering Research Council of Canada (NSERC). I finanziatori non hanno partecipato in alcun modo al progetto dello studio, alla raccolta o all’analisi dei dati, alla decisione di pubblicare o alla preparazione del manoscritto.
Conflitto di interessi: Gli autori hanno dichiarato l’assenza di qualsiasi conflitto di interessi.
* E-mail: jneufeld[a t]uwaterloo.ca
¤ Indirizzo aggiornato: Department of Medicine, Faculty of Health Sciences, McMaster University, Hamilton, Ontario, Canada