Fauna Archivi · Acquario.top https://acquario.top/fauna/ La Scienza in Acquario. Mon, 29 Mar 2021 20:16:25 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 Laetacara araguaiae https://acquario.top/laetacara-araguaiae/ https://acquario.top/laetacara-araguaiae/#respond Sun, 31 Jan 2021 14:16:22 +0000 https://acquario.top/?p=4996 In questo articolo vedremo una specie appartenente a un genere che, dopo la mia esperienza di allevamento, posso dire essere nettamente sottovalutato. Il genere Laetacara è composto soltanto da sette specie: L. thayeri, L. dorsigera, L. flamannellus, L. fulvipinnis, L. flavilabris, L. curviceps e oggi vedremo da vicino Laetacara araguaiae. Nonostante gli esponenti di questo genere […]

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In questo articolo vedremo una specie appartenente a un genere che, dopo la mia esperienza di allevamento, posso dire essere nettamente sottovalutato.

Il genere Laetacara è composto soltanto da sette specie: L. thayeri, L. dorsigera, L. flamannellus, L. fulvipinnis, L. flavilabris, L. curviceps e oggi vedremo da vicino Laetacara araguaiae.

Nonostante gli esponenti di questo genere siano solo sette, sono ampiamente distribuiti in tutto il Sud America, dove abitano sia acque nere (come L. flavilabris), sia acque chiare e bianche (come L. dorsigera e L. araguaiae) e sono diffuse in Brasile, Paraguay, Perù e Argentina.

Per qualsiasi dubbio o per raccontarci la vostra esperienza vi aspettiamo nel forum.

Laetacara araguaiaeLaetacara araguaiae Ottoni F. O., Costa W. J. E. M., 2009

Tassonomia

Laetacara araguaiae ha questa nomenclatura solo dopo l’ultima classificazione risalente al 2009: precedentemente era conosciuta come Laetacara sp. “Buckelkopf”.

Il nome del genere è strettamente correlato alla morfologia degli esemplari: è peculiare infatti uno spot a forma di sorriso a livello del labbro superiore che da a questi pesci un’ “espressione sorridente”: Laetus, dal latino, felice.

Il nome della specie, araguaiae, deriva dal bacino dove sono stati scoperti, ovvero il Rio Araguaia (Brasile).

Distribuzione in natura di Laetacara araguaiae

Questa specie di recente descrizione è stata ritrovata nella zona centrale del Brasile, nel Rio Verde, nel bacino centrale del Rio Araguaia.

Nei bacini idrografici del Rio Tapajos e Rio Xingu sono state trovate popolazioni di Laetacara sp. “Buckelkopf”, che differiscono leggermente per colorazione e che non sono riportate nell’articolo originale di descrizione della specie[1].

Distribuzione Laetacara araguaiae

Habitat naturale di Laetacara araguaiae

Questo piccolo ciclide abita zone riparali di corsi con acqua bianca, ricche di vegetazione galleggiante e macrofite acquatiche. Predilige zone con corrente medio bassa con abbondanza di ripari dati anche da legni e arbusti che crescono sulle sponde dei fiumi.

Morfologia

Se confrontato con altri ciclidi nani, come gli Apistogramma, le differenze morfologiche sono evidenti: le Laetacara hanno un corpo molto più tozzo e spesso con lineamenti meno slanciati. Si può dire che siano delle Acara in miniatura!

L. araguaiae si distingue dagli altri componenti della famiglia, oltre che per la livrea, per varie caratteristiche morfologiche, in questo articolo vedremo solo le più evidenti a livello macroscopico.

Laetacara araguaiae presenta solo 7-8 raggi nella pinna dorsale (gli altri componenti del genere ne hanno di più); in aggiunta a questo, può essere distinta da L. dorsigera, L. flamannellus e L. curviceps per l’assenza di uno spot nero alla base della dorsale.

Per distinzioni più fini è necessario osservare numero e tipologia di scaglie.

Dimorfismo sessuale di Laetacara araguaiae

Non c’è un netto dimorfismo sessuale tra gli esemplari maschi e femmine in L. araguaiae se non che i maschi , in età adulta, raggiungo una dimensione maggiore delle femmine.
Confrontando la mia esperienza con dati trovati in rete[2] posso dire che i miei esemplari hanno superato leggermente gli standard di dimensioni: il mio maschio dominante arriva a circa 6/7 cm e la femmina si ferma ai 4/5 cm.

Qui, nonostante la foto non sia delle migliori, possiamo osservare una coppia: l’esemplare in basso è la femmina.

Maschio e femmina di Laetacara araguaiae
Maschio (in alto) e femmina a confronto.

Il dimorfismo comportamentale è invece tutt’altra storia.

Comportamenti tipici

Anche dal punto di vista comportamentale posso dire che questa specie è molto più simile alle grandi Acara sp. rispetto ad altri ciclidi nani, come gli Apistogramma.

Peculiare è il loro legame col fondo – che dovrà essere composto per lo più da sabbia sugar size – infatti sarà piuttosto comuni vederli intenti a setacciare il fondale alla ricerca di cibo.

Per quanto ho osservato, posso dire che non li ho trovati pesci particolarmente timidi se non appena introdotti in vasca. Ovviamente, più ripari ci saranno in vasca, più sicuri si sentiranno e più sarà facile vederli ben ambientati in breve tempo.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

La mia esperienza con Laetacara araguaiae è stata con un piccolo gruppo di cinque esemplari in monospecifico in una vasca di 65×40×40 cm.

La convivenza è stata più che pacifica fino alla prima riproduzione, la quale ha portato la coppia a predominare sugli altri esemplari e di conseguenza ho deciso di dedicarle l’intera vasca.

Questa decisione è stata presa anche perché gli altri esemplari del gruppetto interferivano con le riproduzioni, andando a stressare la coppia che andava poi a mangiarsi le uova fecondate poco dopo la deposizione.

Deposizione Laetacara araguaiae
Giorno della deposizione
Uova Laetacara araguaiae
Terzo giorno dalla deposizione

Già dopo pochi giorni dall’inserimento si erano delineate le gerarchie con un esemplare (il più grosso) che tendeva a nuotare nelle zone più alte della vasca, ma senza confinare o aggredire violentemente gli altri esemplari.

Ho, inoltre, notato subito che era particolarmente tollerante nei confronti di un esemplare in particolare: inutile dire che questi due esemplari hanno poi formato una coppia!

Per quanto possano aver convissuto senza problemi, posso dire che per tenere un gruppo, magari anche più numeroso in modo da potersi godere appieno i comportamenti intraspecifici, sia necessaria una vasca più grande di quella con cui sono partito.

Riproduzione

Le L. araguaiae sono ciclidi che depongono su substrati (substrate-spawner) e conducono delle cure biparentali. Questo significa che per la deposizione delle uova sceglieranno superfici di loro gradimento e che le cure parentali, prima delle uova, poi dei nuovi nati, saranno portate avanti da entrambi i genitori con uguale impegno.

Come appena visto le uova (più di una cinquantina, per quello che ho potuto osservare) verranno deposte su un substrato scelto e preparato dai genitori. Questo substrato può essere dato da un legno, una roccia liscia o anche dal fondo stesso (altro motivo per cui è necessaria la sabbia fine).

Ho potuto infatti osservare la coppia intenta a modellare il fondo spostandolo con la sabbia con la bocca oppure a colpi di pinna adagiandosi sul punto scelto per la deposizione e facendo dei rapidi movimenti per spostare la sabbia e creare una conca.
Qui possiamo osservare in un breve video i genitori che spostano la sabbia con la bocca portandola da una zona riparata (sotto al tronco) alla parte frontale della vasca:

Qui è invece apprezzabile il gran numero di uova deposte, questa volta su un legno, dopo che i genitori hanno speso una giornata a buona a pulirlo con cura:

Una volta avvenuta la deposizione entrambi i genitori avranno cura di tenere il nido pulito rimuovendo eventuali detriti e uova ammuffite, in più il maschio si dedicherà anche alla difesa del territorio da intrusi.

Laetacara araguaiae
Femmina che protegge e ventila le uova

Dopo la schiusa i ruoli si dividono: il maschio resterà meno tempo con la nuvola di avannotti e principalmente terrà il territorio sicuro, di contro la femmina starà sempre in prossimità delle larve e le porterà in luoghi sicuri e riparati se si presenterà un pericolo.

L’acquario per Laetacara araguaiae

In natura questa specie viene trovata a ridosso degli argini dei corsi minori in zone con una ricca vegetazione e un intricato sistema di rami e radici che forniscono molti ripari dai predatori; pertanto l’acquario dovrà prevedere delle barriere visive costituite da legni e rocce (rigorosamente non calcaree).

Consiglio comunque di lasciare una parte del fondo libera dove le Laetacara potranno sbizzarrirsi nel cercare cibo grufolando nel detrito vegetale.

Benché non siano dei geophagi veri e propri, hanno comunque un forte legame con il fondo perciò consiglio comunque di utilizzare un fondo di sabbia molto fine (nei negozi la si trova spesso con la dicitura “sugar size“); infatti non sarà raro vederle prendere manciate di sabbia in bocca che poi espelleranno trattenendo la parte organica che fornirà nutrimento.

Dimensioni dell’acquario

Nella mia esperienza, la vasca aveva una base di 70×30 cm e l’obiettivo iniziale era quello di ottenere una coppia dai cinque esemplari e cedere gli esuberi.

Ho notato però fin da subito che l’aggressività intraspecifica era minima, perciò ho provato a tenere tutti gli esemplari per poter osservare le interazioni di gruppo.
Dal gruppetto si è subito distinto il maschio dominante per dimensioni e carattere ma comunque non si è mai imposto violentemente sui dominati; non sono mai stati isolati esemplari né ho notato ferite importanti.

Questa situazione di pace si è mantenuta fino alle prime riproduzioni, in particolare ho notato che quando gli avannotti raggiungevano il nuoto libero la coppia confinava gli altri 3 esemplari in un angolo della vasca.

Per l’hardscape ho utilizzato vari legni provenienti da vecchi allestimenti e, visto che non avevo l’esigenza di ambrare molto l’acqua, sono riuscito ad inserire un quantitativo di piante superiore alla mia media. In particolare ho inserito piccole stolonature di Echinodorus bleheri, Helantium tenellum, Anubias, Egeria densa e muschio di Java, come piante galleggianti (utili per schermare la luce) ho inserito Pistia e Salvinia.

Parametri dell’acqua

Per quanto riguarda la chimica dell’acqua posso dire che è una specie molto poco impegnativa; con un pH di 6 e una conducibilità di poco superiore ai 150 μS/cm deponevano senza problemi.

Un altro accorgimento per far vivere meglio e più a lungo i nostri pinnuti è adottare una stagionalità simile a quella che avviene effettivamente in natura lungo il bacino dei fiumi di provenienza.

Alimentazione

Essendo pesci onnivori consiglio di variare il più possibile la dieta integrando anche con cibo vegetale,  quali piselli sbollentati o zucchine: in natura, la dieta di L. araguaiae non è prettamente proteica.
Questi ciclidi, infatti, vivono a stretto contatto con il fondo dove vagliano in continuazione il detrito alla ricerca di cibo.

Per quanto riguarda esemplari riprodotti in acquario (aquarium strain), benché difficili da reperire, accetteranno sin da subito i vari mangimi confezionati – che dovranno comunque essere di buona qualità.
Andranno comunque somministrati almeno un paio di volte alla settimana del congelato/vivo per avere una dieta bilanciata e il più varia possibile; consiglio di fornire vivo e congelato in maggiore quantità per stimolare la riproduzione.

Bibliografia e Crediti

[1] Neue Taxa bei Cichliden – Laetacara araguaiae

[2] Laetacara araguaiae – Fishbase

Studio sul comportamento riproduttivo: Teresa, Fabrício Barreto, & Freitas, Eliane Gonçalves-de. (2011). Reproductive behavior and parental roles of the cichlid fish Laetacara araguaiae. Neotropical Ichthyology, 9(2), 355-362. Epub June 10, 2011. https://dx.doi.org/10.1590/S1679-62252011005000018

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Betta channoides https://acquario.top/betta-channoides/ https://acquario.top/betta-channoides/#respond Sun, 07 Jun 2020 19:25:09 +0000 https://acquario.top/?p=4519 Betta channoides (Kottelat & P. K. L. Ng, 1994) è una piccola specie di pesce che vive nelle acque stagnanti del Borneo, in una piccola area del Kalimantan Orientale, Indonesia. Il nome channoides significa “dalla forma simile a Channa“. Effettivamente ci assomigliano, solo in versione tascabile. Ora, sono sicuro che morite dalla voglia di sapere qualcosa in […]

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Betta channoides (Kottelat & P. K. L. Ng, 1994) è una piccola specie di pesce che vive nelle acque stagnanti del Borneo, in una piccola area del Kalimantan Orientale, Indonesia.

Kalimantan orientale
La provincia del Kalimantan Orientale è una delle più estese dell’Indonesia.

Il nome channoides significa “dalla forma simile a Channa“. Effettivamente ci assomigliano, solo in versione tascabile.

Ora, sono sicuro che morite dalla voglia di sapere qualcosa in più a proposito di questo simpatico pinnuto (altrimenti che state leggendo a fare?), tipo comportamenti, dimorfismo sessuale, condizioni di allevamento, ma prima un po’ di…

Tassonomia

… in una comoda tabella offerta gentilmente dalla fonte del sapere universale (Wikipedia per gli amici):

Snakehead betta
Regno: Animalia
Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii
Ordine: Anabantiformes
Famiglia: Osphronemidae
Genere: Betta
Specie:
B. channoides

 

L’ordine degli Anabantiformi (che comprende Nandoidei, Channoidei a Anabantoidei) è composto da un gruppo di pesci accomunati da un organo respiratorio, il labirinto, che permette loro di respirare anche aria atmosferica, in aggiunta all’ossigeno disciolto in acqua.

Ciò ha permesso loro di colonizzare stagni e corsi d’acqua con bassissima concentrazione di ossigeno disciolto. A questo proposito devo dire che in due anni e oltre di allevamento di questa specie non ho mai visto un esemplare salire in superficie per prendere “una boccata d’aria”; sottolineo però che utilizzo filtri ad aria che forniscono normalmente una più che buona ossigenazione in vasche piccole (per chi non ha dimestichezza con il suddetto filtro, in pratica, si ha sempre un ossigenatore attivo in vasca).

Ora che noi tutti conosciamo la tassonomia riguardante questo piccolo pesce, passiamo a qualcosa di più interessante. Per esempio qui un maschio mentre rutta.

Betta channoides maschio

Morfologia di Betta channoides

Le specie Betta channoides e Betta albimarginata costituiscono insieme il sottogruppo albimarginata, un insieme di specie strettamente correlate all’interno del genere, diverse da tutti gli altri membri nel disegno della livrea e dal possesso di 9-12 spine nella pinna anale vs. 0-4.

Betta channoidesFortunatamente, non è necessario contare i raggi delle pinne per riconoscere questo pesce: come detto,  si tratta di una specie piccola, circa 5 cm di lunghezza massima da adulto, con uno spiccato dimorfismo sessuale. I maschi si presentano di uno sgargiante colore rosso, mentre le femmine, normalmente in mimetica grigio-marrone, in riproduzione mostrano una attraente livrea bandeggiata. Le pinne si mostrano bardate di nero e bianco e la forma della testa è leggermente schiacciata, distinguendosi dalla forma classica dei Betta e ricordando (guarda un po’) le Channa.

Distinguere B. channoides da B. albimarginata

Se il gruppo albimarginata è decisamente caratteristico, distinguere B. channoides e B. albimarginata è molto più complicato, e si basa principalmente su lievi differenze nel pinnaggio (a meno di un test del DNA sottomano).

Betta channoides
Mi scuso per il riflesso nella foto ma è forse l’immagine in mio possesso che meglio mette in mostra le pinne.

La colorazione delle pinne in B. albimarginata, ad eccezione delle pinne pettorali, è costituita da una larga fascia distale bianca, ampia banda sottomarginale scura, con margine esterno acuto e margine interno meno acuto, e una porzione interna rossa chiara, mentre in B. channoides la pinna dorsale è quasi interamente rossa con solo una sottile fascia bianca distale e la fascia sottomarginale nera,  che nella pinna caudale non arriva alla parte più alta della pinna.

La colorazione di base del corpo differisce tra le due specie, tendendo verso un rosso mattone leggermente spento in B. albimarginata maschio, mentre è di un brillante rosso scarlatto in B. channoides. In generale la livrea di B. albimarginata si presenta, nei maschi più spenta. Questa caratteristica è però influenzata pesantemente da altri fattori (primo tra tutti lo stato di stress dell’animale), rendendo possibile l’identificazione certa solo ad occhi esperti e dopo un adeguato periodo di acclimatazione (non sperate di distinguerli in negozio).

In altre parole: buona fortuna!

Distribuzione e habitat di Betta channoides

Purtroppo non ho molto da aggiungere rispetto a quel che ho scritto in apertura di articolo. Si tratta di una specie con un areale di distribuzione piuttosto ristretto: si ritrova solo nell’isola del Borneo (Indonesia), nella regione del Kalimantan Orientale (o Kalimantan Timur).

Il classico habitat di questo pesce sono stagni e corsi d’acqua a scorrimento lento, caratterizzati pochissima profondità, acqua molto acida e durezze inesistenti, con grandi quantità di tannini disciolti (che conferiscono un colore scuro, marrone) dovuti alla gran quantità di materiale vegetale immerso. In pratica vivono nascosti in distese di foglie secche cadute, allagate da decina di centimetri scarsi d’acqua.

Valori in natura

La conducibilità si attesta su valori inferiori a 200 µS/cm (nella stagione delle piogge arriva a meno di 40 µS/cm), mentre il pH non sale sopra a 6.5 mentre può raggiungere valori decisamente minori, attorno a 4.
La temperatura dell’acqua è abbastanza alta: difficilmente scende sotto i 22/23 °C ma può arrivare a più di 30 °C, senza grandi fluttuazioni stagionali o giornaliere.

Un habitat minacciato

Inserisco in questa sezione una particolare notizia di fondamentale importanza. Si tratta di una specie minacciata ed è perciò classificata come “endangered” dalla IUCN Red List. L’areale di distribuzione è limitato, ristretto a tre sole località, si sta restringendo ulteriormente e la popolazione è in calo. Quindi, lasciando da parte gli scherzi per un attimo, pongo l’attenzione su un fatto di vitale importanza: è una specie a rischio di estinzione, è preziosa.

Gli esemplari che circolano tra i privati vanno preservati e, per quanto possibile, riprodotti, in modo da limitare il più possibile il prelievo in natura e mantenere questa specie, per lo meno in cattività. Scegliete esemplari riprodotti in cattività e, per quanto possibile, riproduceteli e cedeteli a vostra volta!

Comportamenti di Betta channoides

Gli abbracci riproduttivi

B. channoides è una specie di anabantide incubatore orale maschile. Le uova sono rilasciate poco alla volta, fecondate durante i molteplici abbracci riproduttivi (la fecondazione è esterna è l’abbraccio deve avvenire correttamente perché le uova siano fecondate), e raccolte in bocca dalla femmina. Alla fine dell’accoppiamento le uova fecondate vengono passate dalla femmina al maschio. Da questo momento inizia il periodo di incubazione.

L’incubazione orale e la crescita degli avannotti

Il maschio si nasconde tra le foglie e rimane pressoché immobile per i successivi venti giorni circa, ossigenando e movimentando le uova all’interno della cavità orale (a.k.a. la bocca). Dopo circa tre settimane (a 25 °C circa), il maschio rilascia una ventina di avannotti, scuri, completamente formati, senza sacco vitellino, pronti per iniziare ad alimentarsi. Il maschio non mangia gli avannotti né li attacca; nei primi giorni e anche successivamente si mostra abbastanza tranquillo, senza però proteggere attivamente la nidiata.

Le femmine sono tutto il contrario: come nella maggior parte degli incubatori orali maschili, le femmine si occupano di sfogare tutta l’aggressività. Si mostrano aggressive verso le altre femmine, verso i maschi non dominanti, verso i giovanili, e cacciano gli avannotti sin da appena schiusi. Belle tipette eh…

Infatti, viene spesso consigliato il trio invertito (2M – 1F) ma sinceramente ho trovato che la gestione più semplice sia la coppia, altrimenti il maschio “sottomesso” piglia un po’ troppe botte.

Appena nati gli avannotti sono scuri (alcune notizie da parte di allevatori riportano che in B. albimarginata gli avannotti siano chiari), e mantengono una colorazione marrone grigio fino alla maturità sessuale, quando nei maschi, compare la caratteristica (e meravigliosa) livrea scarlatta.

Comportamenti di Betta channoides

I maschi dominanti mantengono la livrea scarlatta costantemente se mantenuti al meglio. Se sottomessi o stressati, la livrea si spegne e vira verso il marrone. Sulle pinne rimane un lieve bandeggio bianco-nero.

Le femmine invece rimangono in tenuta mimetica, tranne  quando virano verso la livrea tigrata da parata, sfoggiata davanti al maschio o davanti agli avversari, siano essi maschi sottomessi, giovanili non maturi o altre femmine. Anche il maschio quando vuole mostrarsi aggressivo verso altri esemplari, pur rimanendo scarlatto, mostra la bandeggiatura verticale, soffusa in sottofondo.

A volte compaiono delle macchie marroni sulle pinne (o raramente sul corpo), che io ho interpretato come segni di stress, ma senza aver trovato nessun riscontro su questa mia teoria. In qualsiasi caso vanno e vengono, non si tratta di una condizione particolarmente preoccupante.

Si tratta di una specie dal forte istinto cacciatore. In pochi mesi ha eliminato una fiorente colonia di caridine adulte, grandi la metà dei Betta (daphniae e baby caridine non sono durate più di un paio di giorni, specialmente le seconde).
Se viene somministrato cibo vivo vi si fiondano.

L’acquario per Betta channoides

Per esperienza personale questa specie può essere ospitata al meglio anche in acquari relativamente piccoli, se si mantiene la coppia. Per il trio ci vogliono invece acquari un po’ più “grandi”. Consiglio l’allevamento di questa specie in mono-specifico, una vasca tutta per loro: vi ripagheranno.

Acquario Betta
Vista dall’alto del mio acquario, per mostrare cosa intendo con “tappeto di foglie.

Esperienza con Betta channoides

Porto la mia esperienza come esempio.
La vasca principale in cui li mantengo è in realtà una tartarughiera bassa di 60×30×20 cm. Inizialmente ho inserito 5 esemplari (3M e 2F), con una coppia decisamente più grande del restante trio. Appena arrivati hanno convissuto sufficientemente bene per qualche mese dividendo sommariamente i territori. Ma presto, quando la femmina più grande ha raggiunto la maturità sessuale, essa ha stressato fino ad ucciderli gli esemplari più piccoli. Sono rimasto con un trio invertito in cui i due maschi tutto sommato si ignoravano, avendo accettato una specie di divisione egualitaria della vasca, ma con una netta dominanza di uno sull’altro.

Il problema è sempre stata la spiccata aggressività della femmina, che prendeva di mira il non-dominante. Tutto ciò per dire che sono pesci piccoli, che non creano problemi dal punto di vista del carico organico. D’altra parte, va tenuto conto la loro spiccata aggressività intraspecifica.

Sono pesci che stanno prevalentemente sul fondo, tra le foglie, ma una volta acclimatati non è raro vederli uscire e sostare al di sotto di strutture quali rami in superficie o piante galleggianti. Sono abbastanza timorosi se non sono presenti strutture galleggianti o se la luce è troppo intensa, ma sono perfettamente in grado di stressarsi a morte pur con un acquario pieno di nascondigli. Reputo che la coppia sia la soluzione più semplice e godibile, in un acquario piccolo. Un gruppo è molto interessante e gestibile se si può fornire una area di base adeguata (80-100 cm di lunghezza con molti nascondigli).

In acquari piccoli

In acquari più piccoli (per esempio 40×30 o 30×30 cm) la convivenza diventa più complicata. Non sono pesci che hanno necessità particolari di nuoto ma dimensioni così contenute portano ad avere grosse difficoltà nella convivenza della coppia. Maschio e femmina, spostati in un acquario così piccolo spesso mal si sopportano. Diventa una possibilità solo per allevatori che possono pescare gli esemplari da un gruppo folto fino a trovare una coppia che funzioni (suppongo che il fattore maggiormente discriminante sia principalmente l’età: più gli esemplari sono vecchi, meno sono inclini ad accettarsi). Ciò implica anche di avere vasche di appoggio. Insomma: non comprate una coppia già adulta per metterla in un acquario troppo piccolo sperando funzioni, perché spessissimo non è così.

Io quando ho provato a spostare una coppia/trio in un acquario così piccolo ho dovuto fare 5/6 tentativi coinvolgendo altrettanti pesci diversi del gruppo. I primi maschi (adulti ormai da un po’) non hanno minimamente accettato la femmina anche se pronta all’accoppiamento. Io ho tre vasche di vario litraggio che ospitano questa specie e fortunatamente sono riuscito a evitare danni  ai pesci, ma non mi sento di consigliare acquari così piccoli a nessuno che non abbia vasche di appoggio e esperienza sufficiente per leggere i comportamenti di questi pesci.
Ovviamente il litraggio deve essere sempre sufficiente a mantenere una elevata qualità dell’acqua e i corretti parametri (pur essendo pesci piccoli sconsiglio di scendere sotto i 25/30 litri).

Gruppo di Betta channoides

Volendo ospitare un gruppo consiglio acquari dall’area di base decisamente maggiore per gestire l’aggressività. Sono pesci che vivono in pochi centimetri d’acqua in natura e non sfruttano particolarmente la colonna ma, ovviamente, la presenza di nascondigli, quali legni e piante, sviluppati in altezza, è sicuramente un aiuto per gli esemplari presi di mira.

Ad ogni modo, non eccederei: dovendo dare dei parametri, anche a seconda del numero degli esemplari, non scenderei sotto 70×30 con un po’ di colonna e molti nascondigli. Se le condizioni sono corrette, con un buon numero di avannotti, consiglierei una base più ampia (almeno 80-100 cm, anche con colonna d’acqua limitata) per mantenere più esemplari in maniera più consona (e semplice).

Se si riescono a reperire esemplari nati in cattività si tratta di pesci abbastanza robusti, ma per essere allevati al meglio consiglio:

  • acqua morbida (GH e KH minori di 3 punti ciascuna)
  • pH da subacido ad acido (minore di 6.5)
  • presenza di tannini

Betta channoides wild

In caso volessimo cimentarci con esemplari wild meglio estremizzare un po’ i valori, usando acqua d’osmosi pressoché pura, con durezze nulle, acidificanti (meglio se naturali), pH 6 e ricchezza di tannini.
Più le condizioni si avvicinano a quelle descritte per i wild, maggiori sono le percentuali di schiusa.

Temperatura

Sulla temperatura ho raccolto informazioni più contrastanti. Si tratta di una specie di acqua calda, che mal sopporta temperature inferiori ai 20-22 °C. Consultandomi con un noto allevatore italiano (thanks Massimo Tavazzi) mi era stato consigliato di allevarli a temperatura “bassa”, diciamo anche sotto i 20 gradi, in modo che i pesci non si stressassero per via di un metabolismo troppo accelerato, e fossero in grado di sopportare i picchi estivi (over 28-30 gradi).

Io però non supero mai i 25/26 °C e sinceramente ho notato un po’ di stress (comparsa delle macchie, livrea più spenta) e apatia abbassando la temperatura sotto i 22-23 gradi. Non avendo nessun caldo torrido da dover contrastare ho deciso di impostare il riscaldatore su 24 gradi così da avere non meno di 23 gradi in vasca. Durante un trasloco però mi è successo che si fulminasse un riscaldatore e i pesci sono rimasti per un certo periodo a circa 19 gradi. Non ho notato particolare mortalità legata alla temperatura (varie taglie), ma un sensibile calo nel metabolismo. In questo senso, valuto che la proposta di dare una certa ciclicità ai pesci sia sensata.

Nell’ambiente da cui provengono non sperimentano temperature così basse, ma non dimentichiamo mai che i pesci che alleviamo, anche cercando di ricreare fedelmente le condizioni in natura, vivono in acquario e questo spesso porta ad accortezze necessarie per farli vivere la meglio.

Filtraggio, illuminazione e arredo

Sono pesci che non vivono certo in forte corrente, per questo ho optato per un filtro ad aria. Questo mi permette di ottenere tutta la filtrazione di cui ho bisogno e, al contempo, facilitare la proliferazione di microfauna, estremamente utile come integrazione alimentare (essenziale per gli avannotti). E fornisce ossigeno in abbondanza.

Non sono pesci timidi, ma escono molto più volentieri se hanno qualcosa sopra la testa e un’illuminazione non esagerata. Consiglio di utilizzare delle galleggianti in quanto sono apprezzate da avannotti e adulti. Io ho usato della Salvinia ma qualsiasi galleggiante va bene. Inoltre si possono utilizzare delle Cryptocoryne e del Microsorum pteropus (volendo usare piante originarie dell’isola). Anche piante a stelo e muschi possono rivelarsi utili nell’allestimento.

Ciò che secondo me non deve mancare sono le foglie. In natura vivono in distese di foglie cadute e riproporre questo ambiente aiuta ad allevare questi pesci al meglio. Quindi via libera a foglie e legni (rigorosamente secchi). Ottime la catappa (senza esagerare), la magnolia, la quercia e il faggio.

Sempre Massimo (l’allevatore di cui ho parlato sopra) consigliava di fornire nascondigli (quali rami, piante) anche nella parte superiore dell’acquario, in quanto aveva osservato i suoi maschi incubare anche tra gli ostacoli vicino alla superficie. Personalmente, i miei maschi si sceglievano una foglia e rimanevano lì nascosti per quasi tutto il periodo di incubazione. Li ho sempre visti rintanarsi tra le foglie, coperti di detrito vegetale. Inoltre, la distesa di foglie crea nascondigli ideali per gli avannotti, che al suo interno, oltre che rifugio, trova la microfauna essenziale per il sostentamento nel primo mese di vita.

Attenzioni per il letto di foglie

Il letto di foglie però può essere una scelta poco saggia, se non gestito al meglio. Parlando con Massimo e confrontando le nostre esperienze di allevamento, l’elevato materiale organico che deriva dalle foglie stesse risulta essere un problema serio, soprattutto in concomitanza dei picchi estivi.

Il consiglio è che, in presenza di elevate quantità di foglie e legni, si applichino ulteriori attenzioni in preparazione dell’estate. Giocando in anticipo, si può pensare a rimuovere un po’ di materiale organico (soprattutto detrito e foglie) dall’acquario ad inizio estate. Bisogna porre particolare attenzione a mantenere l’acqua pulita e ossigenata, particolarmente nei periodi in cui la temperatura sale sopra i 27/28 °C per più giorni, eventualmente aumentando la frequenza dei cambi.

Ambratura e fondo

Non è necessario, per il benessere del pesce, che siano immersi nella Coca-cola: una leggera ambratura è più che sufficiente. Il resto è dettato dai gusti personali dell’allevatore, ma mi sento di sconsigliarne l’allevamento in assenza di ambratura, con acqua cristallina e magari luce forte. I pesci si mostrerebbero poco e anche la livrea ne risentirebbe.

 

Betta channoides
Trova il Betta!

Il fondo non è di particolare importanza, unica accortezza che sia assolutamente inerte, in modo da non contrastare gli acidificanti che inseriremo (naturali o non).

Sconsiglio l’allevamento con altri pesci, anche perché la mia personale esperienza si limita all’allevamento in monospecifico. Immagino però che la presenza di qualche microciprinide, come Boraras, Microdevario o Sundadanio non dia particolare fastidio ai betta.

Alimentazione di Betta channoides

Femmina Betta channoides
Non è facile da vedere, ma questa è una femmina di Betta quasi adulta con una caridina adulta in bocca (era lunga quasi la metà di lei, si vede spuntare l’addome del crostaceo). RIP.

Sono pesci carnivori, che si nutrono principalmente di invertebrati acquatici e insetti. Accettano anche il secco se opportunamente condizionati, ma preferiscono il congelato (e, ovviamente, il vivo). Una valida alternativa potrebbe essere rappresentata dal canned food (delle lattine di cibo cotto a bassa temperatura – apprezzatissimo dai pinnuti), ma visto le quantità esigue che consumano la vedo una soluzione vantaggiosa soprattutto se si allevano altre specie oltre a questa.

Come alimenti base, ottimi sono daphniae, artemia e mysis. Molto apprezzati sono i chinomorus, ma è meglio non esagerare, mentre i tubifex, altrettanto apprezzati, tendono a gonfiarli molto. In generale possono essere somministrati tutti gli invertebrati acquatici, ma con moderazione e buonsenso, rispettando sempre la buona pratica di qualche giorno a settimana di digiuno.

Per gli avannotti è bene non far mai mancare del cibo (microworms, nauplii di artemia, cichlops, anche canned food o, alla peggio, congelato, etc), per poi abituarli gradualmente a qualche giorno di digiuno settimanale.

Riproduzione di Betta channoides

Betta channoides riproduzione
Appena concluso il passaggio delle uova dalla femmina (ancora in livrea riproduttiva) al maschio (con la bocca piena).

Inizio questo paragrafo con una precisazione importante: il periodo di maggior fertilità e di più alto successo riproduttivo si ha tra il primo e il secondo anno di età. Non sono pesci che crescono velocemente; ci mettono circa 10/12 mesi ad arrivare a maturità sessuale completa. Passati i due anni, però, il successo riproduttivo cala vistosamente: la femmina è meno fertile, il maschio ha maggior difficoltà a portare a compimento l’incubazione ed entrambi i sessi sono notevolmente meno inclini ad accettare altri esemplari nello stesso territorio. È bene quindi assicurarsi sempre dei riproduttori che siano nel loro miglior momento.

Ho già parlato dello spettacolare abbraccio caratteristico del genere. Ora dovrei ripetermi ma per fortuna (vostra e mia) sono riuscito a filmarlo, quindi lascio parlare le immagini.

Normalmente inizia di mattina presto e si protrae per qualche ora. Poi si può notare il maschio con una bocca gigantesca e la femmina notevolmente dimagrita. Il maschio quindi cerca un posto tranquillo dove restare a prendersi cura dell uova. Come detto, le ossigena e le muove con movimenti degli opercoli all’interno della bocca. Può arrivare ad “ospitare” ben più di 20 uova. Dopo circa tre settimane gli avannotti sono pronti per essere rilasciati. Il maschio esce allo scoperto e inizia a cercare un luogo tranquillo per rilasciare gli avannotti.

Interventi durante la riproduzione

Personalmente questo è il momento in cui intervengo se voglio garantirmi un buon numero di avannotti. Gentilmente, catturo il maschio e lo isolo in una nursery a rete, con qualche galleggiante e foglia sul fondo. Così facendo riduco lo stress al minimo e mi assicuro che la femmina non si cibi degli avannotti. Lascio lì il maschio tranquillo finché non sputa tutti gli avannotti. Il maschio non caccia gli avannotti quindi non c’è nessun rischio a lasciargli tutto il tempo che gli serve (normalmente dopo un giorno da quando sputa il primo, tutti gli avannotti sono rilasciati).

Quindi sposto il maschio in un’altra nursery a rete e sposto la nursery con gli avannotti, senza mai esporli all’aria, in una vaschetta. Li ambiento all’acqua della vasca di accrescimento (con valori simili/uguali alla vasca di riproduzione) ed, infine, ivi li rilascio. Si tratta a tutti gli effetti di betta in miniatura, lunghi un paio di millimetri al massimo, pronti ad alimentarsi. Sono decisamente robusti, e sopportano questo trattamento senza perdite.

Il maschio lo mantengo in isolamento un paio di giorni almeno, per avere la possibilità di alimentarlo a dovere, altrimenti si ri-accoppierebbe immediatamente, se la femmina dovesse essere pronta. Sopportano tranquillamente 2/3 riproduzioni consecutive ma non è certo una pratica che consiglio. Meglio dargli una pausa rigenerante.

Avanotto di Betta channoides
Avanotto di Betta channoides a un giorno di vita.
Avanotto di Betta channoides
Avanotto di Betta channoides a tre giorni di vita.

Alternativamente, per rallentare le riproduzioni si può condizionare la femmina… ma al contrario. In pratica si centellina il cibo dopo l’abbraccio riproduttivo. Mentre il maschio incuba, non si alimenta la femmina. O meglio la si alimenta molto poco, una volta a settimana (ovviamente funziona se non c’è cibo vivo in vasca).

Infine, la terza opzione è mimare una stagionalità, magari nei periodi più estremi dell’anno, estate ed inverno. Si alza la conducibilità in vasca con dei cambi mirati e, in teoria, con l’aiuto di temperature troppo basse o alte, si dovrebbero interrompere le riproduzioni, che invece avverrebbero in corrispondenza di primavera e autunno.

Gestione delle riproduzioni con un trio

Allevare un trio in teoria aiuterebbe la gestione delle riproduzioni. In condizioni ideali, come quelle dell’acquario, con parametri adatti e abbondanza di cibo, la femmina sviluppa delle uova pronte all’accoppiamento più velocemente di quanto  il maschio incubi. Ciò, in natura aiuta a massimizzare le riproduzioni, permettendo alla femmina di accoppiarsi con quanti più maschi possibile. Ecco che quindi un secondo maschio, pronto accoppiarsi mentre il dominante incuba, può meglio cadenzare le riproduzioni. Ma come detto sopra non è che si tratta di una reale alternanza nella dominanza. Nel mio caso, il maschio sottomesso continuava a prenderne di più e alla fine ne ha risentito tanto da costringermi a separarlo, lasciando la coppia.

Fallimento nell’incubazione

Se il maschio è giovane, magari alla prima riproduzione, spesso non è in grado di portare a termine il periodi di incubazione. In questi casi, nell’arco di un paio di giorni ingoia le uova e si gonfia come un pallone per via della massa ingerita (avete presente i casi di idropsia?!). È normale e non si può agire in nessuno modo (magari non alimentatelo). In qualche giorno le uova vengono digerite e la coppia riproverà la riproduzione non appena anche la femmina sarà nuovamente pronta.

Separare gli avannotti, ovviamente, ne massimizza la sopravvivenza, ma se la vasca è adeguatamente gestita e piena di nascondigli, non è raro che un buon numero di avannotti raggiunga la maturità anche in vasca. E sì… appena diventano abbastanza grandi se le danno.

Ringraziamenti

La mia gratitudine prima di tutto va allevatore che me li ha dati, assieme ad un sacco di conoscenza decennale sull’allevamento di questa specie (li chiameremo Eric).
Un grazie enorme al Massimo Tavazzi che mi ha fornito delle info utili per attuare l’allevamento di questa specie stupenda anche in Italia (sì, io sono emigrato). E a Diego per l’editing di questo e di tutti gli altri articoli che vedete in archivio.

Bibliografia

  1. Kottelat, M. and P. K. L. Ng, 1994 – Ichthyological Exploration of Freshwaters 5(1): 65-78 Diagnoses of five new species of fighting fishes from Banka and Borneo (Teleostei: Belontiidae).
  2. Tan, H. H. and P. K. L. Ng, 2006 – Ichthyological Exploration of Freshwaters 17(2): 97-114 Six new species of fighting fish (Teleostei: Osphronemidae: Betta) from Borneo.
  3. Tan, H. H. and P. K. L. Ng, 2005 – Raffles Bulletin of Zoology Supplement 13: 43-99 The fighting fishes (Teleostei: Osphronemidae: Genus Betta) of Singapore, Malaysia and Brunei.
  4. Tan, H. H. and P. K. L. Ng, 2005 – Raffles Bulletin of Zoology Supplement 13: 115-138 The labyrinth fishes (Teleostei: Anabantoidei, Channoidei) of Sumatra, Indonesia.
  5. Wheaterspark.com Kalimantan Timur
  6. Wikipedia. Betta channoides
  7. SeriouslyFish. Betta channoides
  8. Fishbase. Betta channoides

Crediti

Cartina Indonesia: By TUBS – Own workThis W3C-unspecified vector image was created with Adobe Illustrator. This file was uploaded with Commonist. This vector image includes elements that have been taken or adapted from this: Indonesia location map.svg (by Uwe Dedering), CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16763659

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Mikrogeophagus ramirezi è una delle specie di pesci tropicali più diffusa; appartiene alla famiglia dei Ciclidi (Cichlidae) e ha la fama di pesce colorato ma delicatissimo.
È conosciuto anche con il nome comune “Ciclide nano di Ramirez” o anche solo come “ram”.

Vediamo di scoprire quali siano i suoi segreti – vi ricordo anche che abbiamo già la traduzione autorizzata di un articolo di Ivan Mikolji sull’habitat naturale di questa specie.

Coppia di M. ramirezi nel loro habitat naturale.
Coppia di M. ramirezi nel loro habitat naturale, dall’articolo di Ivan Mikolji, autore della foto.

Consiglio la lettura di questo articolo, così da conoscere l’ambiente e le abitudini della specie, prima di procedere con questa scheda.

Habitat di Mikrogeophagus ramirezi

Mikrogeophagus ramirezi è un Ciclide sudamericano.

La popolazione tipo, ossia quella utilizzata per descriverlo scientificamente, proviene dal sistema fluviale dell’Orinoco, in Venezuela. Il luogo preciso non viene svelato con precisione ma si ipotizza sia nelle Los Llanos (praterie aride) del sistema fluviale del Rio Apure, nella zona più limitrofa all’intersezione col Rio Orinoco.

Questa specie comunque è stata ritrovata in diversi luoghi, sempre all’interno di questa ecozona di prateria arida, che si estende tra Venezuela e Colombia.
I vari ritrovamenti in natura riferiscono comunque luoghi molto simili ossia piccoli specchi d’acqua ferma o a scorrimento molto lento con fondo fangoso, presenza di piante sommerse e acqua che, a seconda dei siti, va dal marroncino lieve allo scuro.

M. ramirezi selvatico che si nutre nel suo ambiente naturale.
In questa foto di Ivan Mikolji possiamo apprezzare molto bene il tipo di fondo.

In natura abitano le rive di questi stagni, nel fitto della vegetazione, a una bassissima profondità.
Visto il lento scorrimento dell’acqua e il Sole non schermato dagli alberi, si hanno temperature che toccano i 30/32 °C.

Curiose sono le misurazioni fatte in questi siti, dove abbiamo un pH variabile ma comunque acido (5.5, 6.2, 5.1 ecc) ma con una conducibilità sempre bassissima, addirittura sui 3 μS/cm in alcune zone.

Morfologia

Mikrogeophagus ramirezi è un piccolo ciclide dalle dimensioni di circa 4/6 cm e corpo tozzo.

La colorazione è molto vivace e varia a seconda delle popolazioni dal giallo al blu.
Si è notato che gli esemplari che abitano in sistemi fluviali ampi tendono ad avere una colorazione quasi totalmente assente, con una livrea color beige.  Probabilmente in queste condizioni la mimetizzazione per eludere la predazione riveste un ruolo più importante rispetto al corteggiamento.

Generalmente la parte anteriore del corpo è tendente al giallo, con una banda nera verticale all’altezza dell’occhio. Nella parte alta del ventre è presente uno spot nero che talvolta interessa leggermente anche la pinna dorsale.
La parte terminale del corpo ha un colore tendente all’azzurro mentre le pinne sono trasparenti ma con numerosi riflessi azzurri, viola e rossi.

Le pinne pettorali solitamente hanno i primi raggi di color nero e/o azzurro (almeno per quanto riguarda gli esemplari con colorazione naturale); la dorsale, pronunciata, ha i primi raggi di colore nero.

Dimorfismo sessuale

Il dimorfismo sessuale è molto chiaro negli esemplari non selezionati: le femmine infatti presentano una vistosa macchia rosa sul basso ventre che può diventare ancora più marcata in fase di riproduzione.
I maschi, invece, hanno i primi raggi della dorsale molto più allungati e anche la parte terminale presenta un allungamento “a ricciolo” che nelle femmine è, al contrario, tronco.

Le femmine, inoltre, hanno lo spot nero sul corpo più esteso, generalmente con all’interno una macchia fatta di riflessi; nel maschio non è presente.

Tutte queste differenze purtroppo sono diventate sempre meno evidenti con la selezione artificiale, che ha cercato di massimizzare i colori.
Questo rende difficile il riconoscimento del sesso negli esemplari di provenienza commerciale e in tali casi bisogna armarsi di pazienza e cercare tramite confronto visivo di notare le differenze nei prolungamenti della pinna dorsale.

L’acquario per Mikrogeophagus ramirezi

Mikrogeophagus ramirezi è un ciclide che in natura vive in piccoli gruppi da una decina di esemplari; durante le riproduzioni, tuttavia, si formano coppie che cooperano nella riproduzione mentre l’aggressività aumenta nei confronti dei conspecifici.

In ambiente chiuso come un acquario è difficile gestire questa situazione perché, al contrario dell’ambiente naturale, la coppia non può isolarsi totalmente. Per questo motivo, Mikrogeophagus ramirezi è spesso allevato in coppie.

In acquari molto sviluppati in lunghezza è tuttavia possibile ricreare il gruppo, il che permette di osservare una gamma di situazioni comportamentali maggiori.
Questa situazione tuttavia va progettata accuratamente, studiando un allestimento con diversi blocchi visivi e zone dove gli esemplari scacciati possano rifugiarsi in sicurezza, in acquario di dimensioni non indifferenti: sotto il metro di lato lungo sconsiglio il gruppo di esemplari.

Come allestire la vasca per Mikrogeophagus ramirezi?

Come abbiamo potuto vedere nella descrizione dell’ambiente e nell’articolo di Ivan Mikolji, il fondo in cui si sono evoluti questi pesci è caratterizzato dalla presenza di una fanghiglia che setacciano continuamente con la bocca e che gli ha conferito il nome di “Piccoli Mangia-terra“.

L’alternativa più pratica per noi acquariofili è usare una sabbia finissima, assicurandoci che non sia calcarea, visti i valori di allevamento. Questo consentirà ai pesci di filtrarla attraverso le branchie in maniera simile a quanto accade negli habitat naturali.

Non sono pesci di acqua completamente nera quindi non è obbligatorio l’utilizzo elevato di tannini, torba o estratti. Per acidificare, ad ogni modo, credo sia molto meglio utilizzare acidi naturali come i tannini prodotti da legni, foglie o portasemi.
È opportuno evitare l’utilizzo di acidi forti da sciogliere in acqua o il sovra-dosaggio di CO2 con lo scopo di avere acqua chiara e pH acido.

Consiglio quindi di ambrare leggermente l’acqua utilizzando pignette d’ontano o foglie di catappa o quercia; è anche gradita la presenza di qualche legno o radice per creare un allestimento più complesso.

Nei ciclidi è, infatti, importante avere barriere visive e numerosi ripari. Se si vuole mantenere un colore minimo basta utilizzare acqua con KH basso che renderà più facile scendere col pH, usando quindi una minore quantità di tannini.

Mikrogeophagus ramirezi
Sabbia finissima, piante e legni in un allestimento adeguato. Foto di Giulia Li Rosi.

Come abbiamo visto, nel loro habitat naturale la vegetazione subacquea è assente e per lo più la incontrano durante le alluvioni, quando l’acqua fuoriesce dal letto del fiume e si riversa sulle rive con piante palustri che vengono sommerse.

Gli avannotti usano queste zone per cercare protezione e nutrirsi, quindi in acquario potremmo utilizzare piante facili per ricreare qualcosa di simile con Egeria densa semi-galleggiante e una zona con Helanthium tenellum o affini per creare una zona con un prato un po’ alto simile all’erba che trovano in natura sulle rive.

Inserimento in vasca

Uno dei problemi principali con M. ramirezi è l’inserimento in vasca, ovviamente una volta che la stessa è matura.

L’importanza dell’ambientamento

Un buon ambientamento spesso evita la maggior parte dei problemi che hanno dato a questo pesce la nomea di delicato.

Anzitutto dobbiamo evitare bruschi sbalzi di valori – sicuramente qualche anno di selezione in cattività non avrà modificato un pesce frutto di migliaia di anni di evoluzione tuttavia se un pesce un’ora prima era tenuto in acqua di rubinetto a pH 7.5 e con durezze elevate e noi lo mettiamo ai valori in cui si trova in natura – per quanto giusti sulla carta – gli provochiamo uno shock osmotico non indifferente.

Il primo consiglio quindi è di preparare la vasca a valori più simili a quelli di un negozio rispetto a quelli naturali e portarli ad acqua acida e morbida col tempo e gradualmente, con i pesci già ambientati.

La temperatura durante l’ambientamento

Il secondo consiglio riguarda la temperatura: siccome è una specie che non eccelle per le difese immunitarie, è utile un ambientamento in acqua calda (28 °C) a cui abbinare un aeratore per i primissimi giorni in modo che lo stress per l’inserimento non faccia trovare strada libera a malattie e parassiti.

Importante, infine, evitare possibili cause di stress, quindi il primo giorno consiglio luci spente e di non tentare di alimentare – un giorno di digiuno non ha mai creato problemi.

All’acquisto, è molto importante anche scegliere esemplari sani: possiamo infatti avere numerose premure ma se il pesce che andiamo a comprare è già malato è molto facile che lo stress di un trasporto e il cambio di vasca non migliorino la situazione.

Vanno evitati a questo scopo gli esemplari che presentano pancia incavata, in quanto potrebbero essere vittima di parassiti intestinali, gli esemplari con escoriazioni o altri segni anomali sul corpo e soprattutto gli esemplari apatici.

Gestione in vasca una volta ambientati

Una volta che il pesce è correttamente ambientato possiamo staccare l’aeratore e iniziare a fare piccoli cambi con acqua osmotica per portare l’acqua a valori acidi con un obiettivo di pH sul 6-6.2 (scendere di più non serve) e durezze attorno ai 2-3 punti.

Secondo me è importante far sentire a questi pesci saltuariamente gli sbalzi di temperatura tipici dei piccoli specchi d’acqua per avere una buona salute e dei buoni cicli riproduttivi, quindi suggerisco temperatura che fluttua da 26 ai 30 °C.

Sono pesci che inizialmente tendono ad essere timidi, perciò consiglio sempre l’acquisto di un gruppetto di giovani fra cui, salvo vasche belle grandi, selezionare poi una coppia.

Non bisogna avere fretta e pretendere di vederli subito a colori superbi: vanno aspettati con pazienza, onde evitare un inutile aumento di stress che resta per questi pesci la principale causa di morte.

Cambiamenti di temperatura

Spesso viene detto che gli sbalzi di temperatura causano malattie come i famigerati puntini bianchi (Ictioftiriasi) tuttavia bisogna tenere a mente che non è il freddo che crea quei puntini ma un parassita (Ichthyophthirius multifiliis) che, trovando un pesce già debilitato, approfitta di un ulteriore stress per attaccarlo.

Se un pesce è sano gli sbalzi di temperatura non sono un trauma ma uno stimolo positivo che cerca di emulare una pioggia amazzonica. La ciclicità di questi stimoli è utilissima sia per allungare la longevità dei nostri pesci sia per ricreare una situazione ancora più naturale come potete leggere nel nostro articolo sulla stagionalità.

Alimentazione di Mikrogeophagus ramirezi

M. ramirezi è una specie la cui dieta è principalmente composta da detrito vegetale e invertebrati come larve di insetto, crostacei e molluschi che cacciano proprio rovistando tra il detrito. Vanno assolutamente evitati i cibi troppo proteici a base di carne poiché non riescono a digerirli efficacemente.

Consiglio un buon secco a base di invertebrati, a rapido affondamento, a cui abbinare magari un pastone fatto in casa con maggiore componente vegetale.
Abbiamo nel forum un intervento su come farlo per i discus: la ricetta va benissimo anche così viste le esigenze molto simili in fatto di alimentazione. Volendo, si può aggiungere anche qualche alga in polvere durante il periodo riproduttivo come aggiunta di proteico vegetale. Ad esempio, la spirulina (anche se a rigore è un cianobatterio) si trova ormai facilmente in polvere anche al supermercato sotto casa.

Come integrazione si può dare del congelato o vivo come Artemia salina o larve di Chironomus ma senza abusare: il cibo molto ricco di proteine animali e grassi accentua i colori e li fa apparire belli e grossi ma alla lunga accorcia l’aspettativa di vita e ha un brutto impatto sulla fertilità. Questi alimenti sono tipici del periodo riproduttivo, quando la femmina deve produrre le uova e i piccoli crescere.
L’abuso, come per tutte le cose, fa più danni che benefici.

Riproduzione di Mikrogeophagus ramirezi

M. ramirezi è una specie di Ciclide che si riproduce all’aperto al contrario di molti altri Ciclidi nani. La coppia, una volta formata, sceglie un sasso, una foglia o un legno piatto e largo che con cura ripulisce prima di iniziare a deporre le uova bianco perla.

Questa specie effettua cure biparentali, ossia la cura della prole è effettuata all’unisono da entrambi i genitori nella maggior parte dei casi.

Se inesperti, è facile che i primi tentativi non vadano a buon fine: purtroppo capita che le coppie più giovani e alle prime armi non sappiano gestire fin da subito le uova e finiscano per abbandonarle o mangiarle. Ma con un po’ di pazienza ed esperienza i risultati arriveranno!

Schiusa delle uova

La schiusa delle uova avviene tra le 36 e le 48 ore e, visto che depongono all’aperto, avremo la fortuna di vedere questi pallini muniti di coda che vibrano: un’esperienza che vi farà amare ancora di più questi fantastici pesci!
Appena nati gli avannotti sono muniti di sacco vitellino che dà loro i nutrienti necessari per i primissimi stadi di sviluppo.

Alimentazione e crescita degli avanotti

L’alimentazione da parte nostra inizia invece dopo un paio di giorni, quando esauriscono il sacco vitellino.
Come cibo per i nascituri l’Artemia salina è sicuramente da preferire ma è buona cosa integrarla con altro come Microworms e cibo in polvere. Per somministrare quest’ultimo, utilizzo le siringhe senza ago a cui fisso una cannuccia, per evitare di andare con tutto il braccio in vasca; così facendo, evito anche di stressare i genitori, visto che se dovessero ritenere le uova o i piccoli in pericolo, potrebbero abbandonarli o mangiarli loro stessi.

Mikrogeophagus ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

Le cure parentali durano solamente un paio di mesi; man mano che gli avannotti cresceranno, i genitori li sposteranno sempre più spesso finché non saranno in grado di nuotare da soli.

Avanotti Mikrogeophagus ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

In questa fase sarà molto importante l’allestimento della vasca perché gli avannotti inizieranno a brucare in continuazione in fondo alla ricerca di microfauna e quindi aver predisposto zone idonee al pascolo con sabbia e foglie aiuterà molto.

Avanotti ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

Al termine delle cure comunque i genitori continueranno a identificare i giovani come propria prole e la tollereranno in vasca, spesso anche durante le riproduzioni successive, se lo spazio è sufficiente.

Mikrogeophagus ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

Varietà e selezioni di Mikrogeophagus ramirezi

Anche in natura questa specie ha un policromismo molto sviluppato (differenze di livrea all’interno della stessa popolazione) e diverse forme locali.
Sfruttando quindi la loro variabilità genetica l’uomo ha ottenuto diverse forme artificiali, sia selezionando caratteristiche morfologiche come le pinne dei “Long-fins” o la forma del corpo dei “Baloon”, sia selezionando colorazioni innaturali come la forma “Gold”, la “Electric Blue” o la nuova “Black”.

Tali forme hanno la colorazione fissa e immutabile e quindi la nota capacità di comunicare con la livrea tra partner e con gli avannotti viene meno.
Inoltre, purtroppo, in farm, per motivi di produttività, le cure parentali non vengono eseguite ma anzi le uova separate. Col tempo questo ha tolto quella naturale selezione che impediva ai pesci incapaci di riprodursi o che predavano le proprie uova o i propri avannotti di estinguersi perché non procreavano.

Ramirezi Electric Blue
M. ramirezi “Electric Blue”. Non può comunicare attraverso i cambi di livrea.

Un’altra grossa problematica è che fissare queste selezioni che si manifestano solo occasionalmente si deve forzatamente abusare di numerosi incroci tra fratelli e sorelle finché una data caratteristica non sarà sempre presente nella prole. Ciò tuttavia comporta alcuni problemi, tra cui la scarsa fertilità e una minore variabilità genetica.

Questo è il motivo principale della fama di essere pesci difficili da riprodurre: in realtà sono pesci che sono piuttosto facili se si ha la fortuna di partire da esemplari di buona qualità.

Il consiglio che mi sento di dare è quello di prediligere le forme il più naturale possibile e rifornirsi da chi può assicurare che i pesci sono stati allevati con cure parentali, in modo che i problemi siano potenzialmente molto minori.

Le forme wild di Mikrogeophagus ramirezi

In commercio si trova sempre più frequentemente anche l’offerta di esemplari di cattura o la loro prole (F1, in gergo). Una domanda che spesso mi viene posta da chi sceglie di percorrere questa strada è la seguente: come vanno approcciati?

Sicuramente la risposta più corretta è quella più semplice: vanno approcciati con giudizio dopo aver studiato bene le loro esigenze e la vasca in cui inserirli.
Ma oltre alle frasi fatte, cercheremo di essere un po’ più pratici.

Le condizioni in cui abbiamo visto che si sono evoluti sono piuttosto estreme come valori; tuttavia durante l’anno in un dato fiume o tratto di esso si intercorrono svariate situazioni.
Questo è il motivo per cui i pesci si riproducono solamente in certi periodi e non hanno costantemente avannotti al seguito. In acquario, secondo la mia opinione, bisogna cercare di avere un equilibrio dinamico tra le esigenze dei pesci e il far funzionare la vasca come sistema. Ciò ovviamente non significa che dobbiamo far adeguare i pesci alla nostra vasca ma che dobbiamo ben soppesare i limiti che ha un ambiente chiuso e non rischiare inutilmente di compromettere l’acquario per inseguire dei numeri.

Spiegazione con esempio

Cercherò di spiegarmi meglio con un esempio.
Ipotizziamo di avere un acquario di medio-piccole dimensioni per una coppia di M. ramirezi wild: potremmo scegliere di allevarli in una vasca riempita di sola osmosi con uno strato fine di sabbia e acidificare in maniera forte per abbassare il più possibile il pH.

Se usassimo acidificanti naturali dati da foglie e portasemi, avremmo una conducibilità che si innalzerà inesorabilmente per la macerazione di questi materiali vegetali in sospensione. Si noterà, inoltre, la presenza di composti azotati, prima che il pH arrivi ai livelli dell’ambiente naturale.
Usando questi acidificanti, non è infatti possibile abbassare il pH senza alterare altri valori, come quelli dei composti azotati o la conducibilità.

Non credo che dei valori simil-naturale bilancino queste mancanze: purtroppo in ambiente chiuso è sempre complicato avere, come si suol dire, la botte piena e la moglie ubriaca e bisogna sempre cercare di non perdere di vista le esigenze per inseguire dei numeri (quelli dei test) che sono certamente importanti ma non devono diventare legge.

Compagni di vasca per Mikrogeophagus ramirezi

La scelta dei coinquilini è molto importante se si vuole avere successo con la riproduzione di questi Ciclidi poiché, deponendo all’aperto, è molto più difficile proteggere gli avannotti dai predatori.
Per questo motivo è ideale scegliere specie di taglia ridotta che non rappresentino un pericolo per le uova e la prole, ad esempio specie come Hyphessobrycon amandae o Paracheirodon simulans per quanto riguarda specie da banco, oppure specie del genere Otocinclus.

La presenza di coinquilini è importante perché tende a far cooperare la coppia rafforzando l’istinto per le cure parentali; non è raro infatti che coppie che da sole abbandonano le uova con qualche caracide in vasca portino a termine la schiusa.

La presenza di “dither” è pertanto utile quando si possiede un gruppo anziché la singola coppia (negli acquari delle giuste dimensioni), per distribuire meglio l’aggressività tra ciclidi, diminuendo il rischio di esemplari messi all’angolo della vasca dai conspecifici.

Tassonomia

Dominio: Eukaryota
Regno: Animalia
Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii
Ordine: Perciformes
Famiglia: Cichlidae
Sottofamiglia: Cichlinae
Genere: Mikrogeophagus
Specie: M. ramirezi

Storia della classificazione di Mikrogeophagus ramirezi

La storia del nome di questa specie forse meriterebbe un articolo a sé da quanto è interessante e complessa [1]. Vediamola per punti principali:

  • Quando venne scoperta nel 1947, venne presentata da G. S. Myers e R. R. Harry [2] sotto il nome di Apistogramma ramirezi, in onore di Manuel Vincente Ramirez.
    Tuttavia il fatto che, al contrario del resto del genere, non utilizzasse rientranze per riprodursi ma, al contrario, deponesse all’aperto su sassi, foglie o buche fece dubitare fin  da subito sulla correttezza della classificazione.
  • Nel 1960 sia tra alcuni ittiologi sia tra gli appassionati inizia a diffondersi per la prima volta il nome di Microgeophagus che rimane però un nome non accettato ufficialmente.
  • Intorno al 1970 vengono proposti in ordine i nome di Pseudogeophagus e Pseudoapistogramma ma entrambi vengono rifiutati. La diatriba va avanti.
  • Nel 1977 Kullander, con un autorevole studio [3], ridefinisce la specie come Papiliochromis ramirezi, che deriva da papilo, farfalla e chromis, colore: ecco perché è anche conosciuto come “Ciclide farfalla”. Lo studio viene universalmente accettato dalla comunità scientifica e sembra finalmente che sia stata scritta la parola “fine” su questa storia. Talvolta questo nome viene riportato erroneamente come Papillochromis ramirezi.
  • Nel 1982 torna prepotentemente in auge il termine Microgeophagus, che si fa sempre più strada nei libri di testo e nella comunità scientifica, tanto da decidere di cambiare il nome in Microgeophagus e lasciare Papiliochromis come sinonimo creando però più confusione di prima.
  • Nel 1998 Kullander è autore di una pubblicazione in cui, probabilmente per un errore di battitura o impaginazione, chiama la specie col nome di Mikrogeophagus sostituendo la “c” con una “k”. Questo refuso tuttavia fa nascere un dibattito che porta incredibilmente all’accettazione di Mikrogeophagus come sinonimo e col tempo a diventare la forma più utilizzata, tant’è che, ad oggi, ufficialmente gli altri nomi (tra cui la forma in origine corretta) non sono più riconosciuti come validi dalla comunità scientifica.

Bibliografia

[1] Kullander SO (2011) Nomenclatural availability of putative scientific generic names applied to the South American cichlid fish Apistogramma ramirezi Myers & Harry, 1948 (Teleostei: Cichlidae). Zootaxa 3131: 35-51. 10.11646/zootaxa.3131.1.2

[2] Myers GS, Harry RR (1948) The Ramirezi dwarf cichlid identified. Aquarium, Philad. 77.

[3] Kullander S.O. 1977. Papiliochromis gen.n., a new genus of South American cichlid fish. Zoologica Scripta, 6: 253-254.

Eschmeyer W.N. ed. 2018 Catalog of fishes. California Academy of sciences

Fisher P.E. 1968. Apistogramma ramirezi ist doch Venzolaner! Das Aquarium u. Terrarium Zeischrift (DATZ), 21 (1): 8-10

Géry J. 1983 Le nom de genre de Apistogramma ramirezi Meyers & Harry. Rev. Fr. Aquariol. 10(3): 71-72

Kraus G. 1982. Wir Suchten Mikrogeophagus  ramirezi. Das Aquarium u. Terrarium Zeischrift (DATZ), 35 (12): 441-443

Linke H. Staeck W. 1984 Ciclidi Americani 1: Ciclidi nani. Tetra, Melle, Germania

Meinken H. 1967. Wiederum platze eine Import-Legende. Das Aquarium u. Terrarium Zeischrift (DATZ), 20 (10): 294-299

Werner U. 1992 Fishfangabenteuer Südamerika. Landbuch, Hannover, Germany.

Crediti

Ringraziamo Giulia Li Rosi per le fotografie che documentano la riproduzione dei suoi esemplari.

Foto M. ramirezi “Electric Blue”: By Laila_, CC0 (Pubblico Dominio)

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Pterophyllum scalare https://acquario.top/pterophyllum-scalare/ https://acquario.top/pterophyllum-scalare/#respond Sat, 28 Mar 2020 18:09:14 +0000 https://acquario.top/?p=4369 In questo articolo, come avrete già letto dal titolo, parleremo di Pterophyllum scalare, una specie molto diffusa negli acquari ma alla quale raramente viene resa giustizia. Racconteremo anche un’esperienza con la sua forma selvatica proveniente dal Rio Nanay. Etimologia di Pterophyllum scalare Già solo analizzando il nome scientifico di questa specie si possono apprezzare le […]

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In questo articolo, come avrete già letto dal titolo, parleremo di Pterophyllum scalare, una specie molto diffusa negli acquari ma alla quale raramente viene resa giustizia.
Racconteremo anche un’esperienza con la sua forma selvatica proveniente dal Rio Nanay.

Etimologia di Pterophyllum scalare

Già solo analizzando il nome scientifico di questa specie si possono apprezzare le principali caratteristiche: Pterophyllum è composto da pteron e phyllon, ossia “pinna a foglia”, dal greco.
Scalare, invece, dal latino, richiama l’ascendere: una classica caratteristica di questi pesci è lo sviluppo verticale delle pinne.
Altra caratteristica saliente è l’eleganza nel nuoto, tanto da essere conosciuto anche come pesce angelo o, in inglese, angelfish.

Al giorno d’oggi in commercio si trovano diverse wild form di Pterophyllum scalare, per esempio: ‘Peru Altum’, ‘Nanay’, ‘Manacapuru’ o ‘Santa Isabel’.

Questa volta, tuttavia, ho deciso di ridare un po’ di credito alle selezioni (purché siano fatte rispettando il pesce in questione) decidendo di allevare dei P. scalare “commerciali”. Ho comunque scelto una selezione con sembianze naturali, ovvero quella che dovrebbe essere la ‘Silver’. Vi lascio una foto giusto per farvi capire di cosa parlo:

Pterophyllum scalare Silver
Pterophyllum scalare ‘Silver’

In fondo all’articolo, inoltre, sto inserendo una mia nuova esperienza con degli esemplari ‘Rio Nanay’: l’articolo verrà aggiornato man mano con i risultati.
Questa esperienza ha lo scopo di evidenziare alcune differenze tra esemplari selvatici o quasi ed esemplari selezionati provenienti da allevamenti.

Selezioni di Pterophyllum scalare

Tengo a fare delle riflessioni sulle selezioni che ritengo degne di considerazione:

  • resto dell’idea che selezioni pesanti, come P. scalare ‘Marble’ o P. scalare ‘Koi’ storpino il pesce. Nel caso particolare di scalare e altri ciclidi (tipo M. ramirezi), queste selezioni li mutilano della capacità di comunicare mediante i cambi di livrea.
    P. scalare Koi
    P. scalare ‘Koi’. La livrea è immutabile e la resistenza del pesce minore.

    Inoltre, l’accoppiamento continuo tra consaguinei per ottenere un nuovi morph indebolisce il pesce; infatti esemplari selezionati pesantemente, come la citata varietà ‘Marble’, dimostrano deficit riproduttivi quali la dimensione delle uova, che presentano un sacco vitellino ridotto, il quale porta a una maggiore mortalità durante il periodo larvale; anche il numero di uova deposte e la fertilità sono nettamente inferiori [1].

  • Il secondo punto che tengo a sottolineare è che, nonostante questi pesci arrivino da qualche anno di selezione, vanno tenuti in condizioni a loro consone, a partire da valori dell’acqua, fino al fatto di far effettuare ai genitori le cure parentali.

Insomma, il messaggio che vorrei far passare è che qualche anno di selezione non ha di sicuro cambiato migliaia di anni di evoluzione mirata a vivere al meglio in un determinato ambiente.
Conclusa la ramanzina, cominciamo a conoscere meglio questa specie!

Distribuzione in natura

Il genere Pterophyllum è largamente diffuso nei bacini sud americani: lo si trova in Guyana, Colombia, Perù e Brasile più in particolare nel Rio Amapá (Brasile), nel Rio Oyapock (Guyana Francese), nel Rio Essequibo (Guyana), nel Rio Nanay (Perù).

Bacino del Rio delle Amazzoni
Cartina del bacino del Rio delle Amazzoni.

Habitat naturale

Abita i corsi d’acqua maggiori del bacino e non vive necessariamente in acque scure (black water). Fattore invece comune del suo habitat naturale è il flusso d’acqua, lento per la maggior parte dell’anno.
I valori di durezze e pH sono mediamente bassi, circa KH 0-5 dKH e pH fra 5 e 7.

Un’altra caratteristica del luogo di origine di P. scalare è l’abbondante presenza di piante, sia galleggianti, come Pistia spp., sia sommerse, come specie del genere Nymphaea o del genere Echinodorus.

Descrizione della specie

Come è stato già accennato nell’introduzione la caratteristica morfologica principale di questi pesci è il fatto di avere le pinne, in particolare la pinna dorsale e la pinna anale, sviluppate più in altezza che in lunghezza, facendo raggiunge ai pesci un’altezza anche superiore ai 25 cm (in esemplari in forma ancestrale, come i ‘Santa Isabel’); le varietà selezionate tendono tuttavia a rimanere più “basse”.

Altra caratteristica non molto comune è il fatto che le pinne ventrali non sono delle vere e proprie pinne ma invece sono quasi dei filamenti molto lunghi.

Dimorfismo sessuale

In questa specie non ci sono particolari differenze morfologiche tra maschio e femmina.
Solamente quando si hanno pesci completamente adulti e sviluppati, il maschio è leggermente più grande della femmina e talvolta può presentare una gibbosità sopra la testa, soprattutto se l’esemplare in questione è cresciuto con una dieta sbilanciata verso grassi e proteine.

Un modo per sessarli con certezza maggiore è osservarne i comportamenti e le papille genitali in fase riproduttiva:

  • i maschi tendono ad essere più aggressivi, particolarmente verso conspecifici, e presentano la papilla genitale più corta e appuntita: è il punto di rilascio dello sperma per fecondare le uova;
  • le femmine, di contro, in fase di riproduzione, tenderanno a sorvegliare quello che è stato scelto come substrato di deposizione senza mai allontanarsi troppo e presentano una papilla genitale più evidente a forma di tubo con l’estremità stondata: è l’ovopositore che servirà a deporre le uova.

Comportamenti tipici

P. scalare, pur essendo un ciclide, è relativamente tranquillo.  In vasca, tranne durante il periodo riproduttivo, come vedremo dopo, trascorre la maggior parte della giornata in nuoto stazionario nella zona della vasca che più gli aggrada; generalmente si tratta di un posto relativamente riparato che viene considerato sicuro.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

Come già detto si tratta di pesci relativamente tranquilli; per quella che è la mia esperienza praticamente ignorano coinquilini quali caracidi (nel mio caso, Nannostomus) e Corydoras.

Il discorso invece cambia leggermente considerando conspecifici; soprattutto nel momento pasto ho notato che sorgono dei “battibecchi” da parte del dominante che rivendica sui sottomessi il diritto a mangiare per primo.

In riproduzione l’aggressività da parte della coppia aumenta verso tutti i fronti.
Gli scontri seri nascono solo alcune volte, quando più coppie, se presenti, depongono contemporaneamente e non c’è sufficiente spazio nell’acquario.

Riproduzione di Pterophyllum scalare

Deposizione scalari

Coppie di P. scalare

Pterophyllum scalare è un ciclide che può essere considerato monogamo. Ciò significa che, una volta formata la coppia, resterà quella, salvo imprevisti quali morte di uno dei due partner o rottura della coppia a causa di stress eccessivo, per esempio dovuto alla perdita di numerose covate.

Studi hanno dimostrato che dopo un numero di circa tre cicli riproduttivi il maschio tende ad abbandonare la compagna (ovviamente dove è possibile, quindi dove l’allevamento è in gruppo).
È inoltre dimostrato che allevare i pesci in condizioni non idonee (ovvero di stress) accorcia notevolmente la “vita” della coppia fino ad un solo ciclo riproduttivo e, in ogni caso, sarà il maschio ad abbandonare la femmina che continuerà a prendersi cura della progenie fino al momento in cui diventa indipendente [2].

Per questo motivo, come vedremo meglio in seguito, è consigliabile partire da un gruppo di almeno quattro o cinque giovani dal quale poi tenere solamente una/due coppie a seconda delle dimensioni della vasca.

Se la vasca invece è sufficientemente voluminosa (almeno 120 cm di lato lungo) sarà possibile l’allevamento in gruppo. In questo caso ci sarà anche da tenere conto del fatto che più esemplari ci saranno, più si potrà formare una gerarchia articolata e quindi l’aggressività del dominante verrà suddivisa tra più esemplari; consiglio una numerosità del gruppo superiore ai sei esemplari.

Stimolare la riproduzione

Una volta che la coppia è formata e avrà raggiunto la maturità sessuale, non sarà difficile stimolare la riproduzione. Infatti basterà acidificare portando il pH attorno al 6.5 e portare la temperatura sui 27/28 °C.

La coppia sceglierà un luogo di deposizione, in generale una superficie tendenzialmente verticale, e inizierà a ripulirla con cura. Una volta che i genitori saranno soddisfatti del loro lavoro, inizierà il vero e proprio accoppiamento: una fase in cui il maschio e la femmina si alterneranno per circa due ore nel deporre e fecondare le uova (che sono appiccicose e che quindi aderiranno perfettamente alla superficie scelta).

Cure parentali di Pterophyllum scalare

Una volta terminata la deposizione i genitori inizieranno delle spettacolari cure parentali che proseguiranno giorno e notte fino a che gli avannotti non saranno indipendenti.
I due sorveglieranno continuamente le uova, tenendole costantemente ventilate e rimuoveranno eventuali uova ammuffite con la bocca.

Un piccolo consiglio: se avete altri inquilini particolarmente irruenti, può essere di aiuto mettere una fonte di luce con intensità molto bassa (in particolare se la stanza è completamente buia), in modo che i genitori abbiano sempre sotto controllo la situazione.

Dalla deposizione in poi i neo-genitori dimostreranno anche un netto aumento di aggressività sia extra- sia intra-specifica e, se avete un gruppo numeroso di P. scalare, potrete osservare che generalmente il maschio fronteggia altri maschi, la femmina, altre femmine: questo comportamento potrebbe servire per mantenere la coppia legata [3].

Schiusa delle uova

Le uova schiuderanno dopo 36/72 ore – il tempo e la percentuale di successo della schiusa dipendono molto dalla temperatura e dalla conducibilità.
Appena nate, le larve non sono ancora in grado di nuotare, infatti resteranno adese al substrato di deposizione finché non avranno terminato il sacco vitellino e saranno quindi completamente sviluppate.

Di seguito un video degli avannotti schiusi ma ancora attaccati al substrato dove sono stati deposti intenti a consumare il sacco vitellino:

Questa fase occupa circa 6/7 giorni al termine dei quali dovremmo farci trovare pronti con mangime preferibilmente vivo (consiglio i naupli di artemia appena schiusi o le cisti decapsulate poiché è dimostrato [4] diano un ottimale rapporto di crescita in P. scalare) da somministrare 5/6 volte al giorno. Mi sono trovato bene mettendo le cisti a schiudere al settimo giorno dalla deposizione a un temperatura di 22 °C.

Nel video seguente, gli avannotti dopo la schiusa sono stati spostati su un’altra foglia dai genitori ed è la fase che precede il nuoto libero, quando il sacco vitellino è già stato quasi completamente riassorbito:

Un breve video degli avannotti al terzo giorno di nuoto libero difesi molto vigorosamente dalla madre:

Avannotti indipendenti

Una volta che i nuovi nati saranno completamente indipendenti potremo, anzi dovremo, spostarli in una vasca di accrescimento. A questa vasca dovremo dedicare particolare attenzione mantenendo l’acqua molto pulita e prestando attenzione che non si formino depositi di cibo (che dovrà essere molto e suddiviso in più pasti) sul fondo.

Altro fattore a cui dare particolare attenzione è il numero di pesci per vasca: ricerche scientifiche hanno dimostrato che tenere i giovani in vasche sovrappopolate (come consigliano erroneamente alcuni allevatori) incide negativamente sul rateo di crescita [5].

L’acquario per Pterophyllum scalare

L’acquario per questi splendidi angelfish dovrà presentare zone che forniscono riparo formate da radici/legni e piante a foglia larga come Vallisneria spp. o Echinodorus spp. e zone più libere e sgombre dove i pesci potranno nuotare senza disturbo.
L’acquario dovrà essere allestito con numerosi riferimenti verticali, usando piante o legni in modo da poter delimitare i territori e poter anche essere usati come siti di deposizione.

Pur non essendo dei Geophagus, dalla mia esperienza ho notato che se del mangime va a finire sul fondo non lo disdegnano, andando a raccoglierlo con la bocca e risputando poi il fondo e il detrito.
Pertanto consiglio come substrato della sabbia sugar size che, ad ogni modo, è il substrato che presenta il loro habitat naturale.

Acquario scalare

Dimensioni dell’acquario

L’altezza della vasca, che spesso consideriamo come secondaria, è un parametro fondamentale per questo genere. Con una colonna d’acqua netta inferiore ai 55-60 cm i nostri scalare cresceranno meno e in modo deforme con le pinne che si piegheranno e che non ci faranno godere appieno la maestosità e l’eleganza di questi pesci.

Da non sottovalutare è anche però la lunghezza della vasca che, secondo il mio parere, deve essere di almeno 120 cm in modo da consentirci di allevare un gruppo e non solo una coppia. In questo modo potremo osservare i comportamenti sociali e la formazione di una gerarchia, inoltre offriremo loro più spazio per il nuoto viste anche le dimensioni raggiunte.

Per vasche di dimensioni inferiori consiglio di tenere una sola coppia, con la raccomandazione però di non scendere sotto il metro di lunghezza della vasca e mantenere sempre la necessaria colonna d’acqua.

Parametri dell’acqua

pH: 6.5, durezza carbonatica  4 dKH, conducibilità elettrica non superiore ai 150 μS/cm e temperatura attorno ai 26/27 °C sono valori che andranno più che bene il mantenimento.

Cambi d’acqua costanti sono inoltre molto importanti per rimuovere e/o diluire segnali chimici rilasciati dai pesci che potrebbero andare ad influire sul comportamento dei pesci stessi [6].

Per stimolare la riproduzione sarà sufficiente alzare di poco la temperatura e acidificare ulteriormente (potete prendere spunto dall’articolo sulla stagionalità, che tratta in maniera più dettagliata questi cambiamenti).

Alimentazione

È importante fornire a questi pinnuti una dieta quanto più varia possibile, alternando ad una parte più proteica un parte più vegetale [7].
Vivamente consigliata è la somministrazione di artemia o chironomus congelati/vivi, senza però eccedere: ricordiamo infatti che il chironomus è molto grasso, quindi una dieta basata solo su questo alimento non è completa.
Da evitare invece sono i pastoni a base di cuore di bue o con altri proteine animali.

In fase giovanile, ovvero di crescita, è preferibile dare molti pasti piccoli nel corso di tutta la giornata anziché dare pochi pasti ma abbondanti. Questo accorgimento farà sì che i pesci crescano in maniera omogenea e allontana il rischio di malnutrizione.

Esperienza con P. scalare ‘Rio Nanay’ F1

Oltre ad aver allevato e riprodotto la selezione commerciale ‘Silver’ di P. scalare sto allevando ora dei fantastici P. scalare del Rio Nanay F1 (ovvero prima generazione riprodotta in cattività da genitori selvatici). Sto notando che alcune considerazioni fatte sopra non sono del tutto applicabili con esemplari che discendono direttamente da selvatici.

Acquario.top sconsiglia, ove possibile, di acquistare pesci di cattura se non a scopi riproduttivi. Invita a cercare esemplari in forma ancestrale, ovvero non soggetti a selezione, ma di allevamento.

Aspetto

In quanto si tratta di una specie non selezionata la livrea è molto più mutevole, infatti ho osservato che le variazione di umore influiscono in modo molto più netto sulla livrea.
In particolare, le barre nere verticali passano dall’essere di un nero intenso a un nero molto più sbiadito e chiaro in relazione allo stress che il pesce accusa.

Peculiari dei P. scalare provenienti dal Rio Nanay sono le iridescenze presenti sull’opercolo branchiale che sono state ben visibili fin da subito. I ‘Rio Nanay’ sono famosi anche per gli spot marroni/giallastri presenti lungo il corpo e che, come le bande laterali, sono caratteristici e unici per ogni esemplare.
Un’altra peculiarità è il pinnaggio che è marrone tendente al rosso scuro.

Pterophyllum scalare 'Rio Nanay'
Foto di Federico F. (Vietato l’uso senza suo esplicito consenso scritto)

Allestimento per ‘Rio Nanay’

Una delle prime cose che ho notato quando sono arrivati è stata la dimensione; benché non fossero ancora completamente adulti erano già nettamente più grandi e, soprattutto, più “alti” dei commerciali. Ho deciso percià di alleggerire il layout lasciando più spazio per il nuoto.

Anche la timidezza era molto più elevata: con due tubi T5 da 36 W tendevano a rimanere nella parte destra della vasca in mezzo alle foglie di Vallisneria.
Ho perciò ho deciso di sostituire i T5 con un faretto dotato di LED COB da 30 W in modo da avere una luce più soffusa e naturale che, devo dire, hanno gradito sin da subito. Ai LED ho inoltre aggiunto una centralina alba/tramonto in modo da non spaventare i pesci durante accensione e spegnimento [8].

La vasca ora si presenta così:

Comportamento verso conspecifici

Per quanto sto osservando posso dire che gli attuali F1 sono molto più gregari e che si è formata una gerarchia ben più complessa di quella formatasi con i commerciali.

Mi spiego meglio: con i commerciali ero partito da un gruppo di sei dal quale si sono formate due coppie che mi hanno costretto a rimuovere i due esemplari in esubero, dopo la rimozione le due coppie si sono divise la vasca e le interazioni sono diventate minime.
Con questi F1, benché ne abbia solo cinque (consiglio però di allevare un gruppo più numeroso, se la vasca è sufficientemente più grande della mia), sto notando che, oltre a nuotare nettamente più uniti in vasca, si è creata una gerarchia con un maschio dominante. Esso staziona generalmente nella parte alta della vasca e tollera un solo altro esemplare, presumibilmente la sua femmina.

Quindi si potrebbe dire che si è formata una coppia dominante sul resto del gruppo – gli esemplari al momento non sono ancora sessati poiché la papilla genitale non è mai stata visibile.

Riproduzione

Ho notato che gli attuali “Rio Nanay”, anche se mantenuti in valori dove i selezionati si riproducevano e portavano a termine la covata senza problemi (pH attorno al 6, conducibilità 100 μS/cm, temperatura 26 °C), non accennano minimamente ad avere comportamenti riproduttivi.

Ciò significa che il legame che hanno con i valori naturali è (ovviamente) molto più stretto, pertanto per stimolare la riproduzione dovrò scendere ulteriormente (mi aspetto di vedere i primi corteggiamenti un pH vicino al 5, conduciblità attorno ai 50 μS/cm e una temperatura sui 28/29 °C).

Alimentazione

Gli F1 tendono ad essere molto più selettivi sul cibo prediligendo di gran lunga il congelato e tendendo a snobbare un granulato a base vegetale, sopratutto se affondante.

Ho notato questa selettività anche tra esemplare ed esemplare: due esemplari in particolare sembrano accettare di miglior grado il mangime secco rispetto agli altri tre. Ho  però osservato con altri mangimi che se un esemplare inizia a mangiarlo piano piano lo segue il gruppo intero.

Aggiungo che la dieta in fase giovanile dovrà essere basata su più pasti quotidiani (3/5) che dovranno essere consumati nel giro di pochi minuti dalla somministrazione in modo che il mangime non arrivi sul fondo dove verrà poi ignorato quasi totalmente.

Gestione vasca

È importante mantenere l’acqua sempre pulita, priva di inquinanti e con una conducibilità bassa, pertanto i cambi dovranno essere effettuati con regolarità (ottimo sarebbe avere una cadenza settimanale) con acqua molto morbida.

Personalmente cambio il 25% a settimana usando quasi solamente osmosi trattata con un estratto di acidificanti naturali quali foglie di catappa/quercia e pignette di ontano così, oltre ad avere una conducibilità molto bassa, ho anche un ottimo effetto tampone e acidificante sul pH (che al momento è a 6) grazie ai tannini e agli acidi umici rilasciati.

Tendo anche ad evitare l’introduzione in vasca di foglie e pignette poiché decomponendosi andrebbero ad influire negativamente sulla conducibilità.

Non avendo altro da aggiungere (al momento) vi lascio una carrellata di foto random… anche se sono un pessimo fotografo, spero possiate apprezzare la bellezza di questi fantastici pesci!

Concludo dicendo che la mia esperienza con questi fantastici P. scalare ancestrali è ancora work in progress perciò aggiornerò l’articolo in futuro.

Se avete appunti o consigli che avete notato personalmente non esitate a contattarmi in privato o nel forum!

Bibliografia e crediti

[1] Satyani, Darti. (2017). REPRODUCTION OF THREE COLOUR VARIETIES OF ANGELFISH (Pterophyllum scalare). Indonesian Fisheries Research Journal. 5. 19. doi:10.15578/ifrj.5.1.1999.19-22.

[2] Vedere gli studi citati nelle varie location: Water values South America

[2] Cacho, MSRF.; Yamamoto, ME.  and  Chellapa, S.. Mating system of the amazonian cichlid angel fish, Pterophyllum scalare. Braz. J. Biol. [online]. 2007, vol.67, n.1 [cited  2020-03-23], pp.161-165. Available from: <http://www.scielo.br/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S1519-69842007000100022&lng=en&nrm=iso>. ISSN 1519-6984.  https://doi.org/10.1590/S1519-69842007000100022.

[3] Yamamoto, M.E., Chellappa, S., Cacho, M.S.R.F. and Huntingford, F.A. (1999), Mate guarding in an Amazonian cichlid, Pterophyllum scalare. Journal of Fish Biology, 55: 888-891. doi:10.1111/j.1095-8649.1999.tb00727.x

[4] García-Ulloa, M., Gómez-Romero, H. J. Growth of angel fish Pterophyllum scalare [Gunther, 1862] juveniles fed inert diets. Avances en Investigación Agropecuaria. 2005, 9(3), 49-59. ISSN: 0188-7890. Disponible en: https://www.redalyc.org/articulo.oa?id=83790306

[5] Degani, G. (1993), Growth and body composition of juveniles of Pterophyllum scalare (Lichtenstein) (Pisces; Cichlidae) at different densities and diets. Aquaculture Research, 24: 725-730. doi:10.1111/j.1365-2109.1993.tb00651.x

[6] Gauy, Ana & Boscolo, Camila & Gonçalves-de-Freitas, Eliane. (2017). Less water renewal reduces effects on social aggression of the cichlid Pterophyllum scalare. Applied Animal Behaviour Science. 198. 10.1016/j.applanim.2017.10.003.

[7] Sipaúba-Tavares, Lúcia & Silva, Juliane & Fernandes, João. (2019). Eichhornia crassipes biomass as a dietary supplement for Pterophyllum scalare (Schultze, 1823). Acta Scientiarum. Animal Sciences. 41. 43690. 10.4025/actascianimsci.v41i1.43690.

[8] Link alla discussione dove Fav0z e Diego mi aiutano nella costruzione del faretto LED.

Pterophyllum scalare su Seriously Fish.

Pterophyllum scalare su Fishbase.

Pterophyllum scalare (Schultze, 1823) in GBIF Secretariat (2019). GBIF Backbone Taxonomy. Checklist dataset https://doi.org/10.15468/39omei accessed via GBIF.org on 2020-03-26.

yılmaz, Mesut & Falakali Mutaf, Beria & İkiz, Ramazan. (2006). (Pterophyllum scalare Lichtenstein, 1823). Su Ürünleri Dergisi. 23. 10.12714/egejfas.2006.23.1.5000156710.

Cartina geografica: By Kmusser – Own work using Digital Chart of the World and GTOPO data., CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4745680

Foto P. scalare ‘Koi’: By kirahoffmann, CC0 (Pubblico Dominio)

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Microctenopoma ansorgii https://acquario.top/microctenopoma-ansorgii/ https://acquario.top/microctenopoma-ansorgii/#respond Wed, 01 Jan 2020 20:02:02 +0000 https://acquario.top/?p=4650 Microctenopoma ansorgii è un piccolo anabantide africano conosciuto anche come “Ctenopoma Ornato” per via della sua livrea particolarmente appariscente. È stato descritto da George Albert Boulenger nel 1912, il quale dedicò la specie a William John Ansorge, un ricercatore naturalistico molto attivo nel vecchio continente. Microctenopoma, invece, deriva dal greco “mikros” significa piccolo (in comparazione […]

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Microctenopoma ansorgii è un piccolo anabantide africano conosciuto anche come “Ctenopoma Ornato” per via della sua livrea particolarmente appariscente.

È stato descritto da George Albert Boulenger nel 1912, il quale dedicò la specie a William John Ansorge, un ricercatore naturalistico molto attivo nel vecchio continente.

Microctenopoma, invece, deriva dal greco “mikros” significa piccolo (in comparazione al genere Ctenopoma); “ktenos” significa pettine mentre “poma” significa opercolo; il nome si riferisce al loro opercolo branchiale che ha degli speroni ben visibili negli esemplari adulti.

Area di distribuzione di Microctenopoma ansorgii

Questa specie è nativa del bacino fluviale del fiume Congo in Africa e la si trova sia nella Repubblica del Congo sia nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire); è stato trovata, infatti, nel Chiloango River nella parte centrale del fiume Congo.
È inoltre diffusa una popolazione locata “Malebo Pool” che è una zona paludosa nel tratto finale del fiume Congo.

Aree diffusione Microctenopoma ansorgii
Principali aree di diffusione di Microctenopoma ansorgii nel bacino del fiume Congo.

Questa specie predilige le zone paludose ad acqua ferma o le piane alluvionate rispetto ai corsi d’acqua principali. Grazie al loro labirinto possono, infatti, respirare agevolmente aria dall’atmosfera, riuscendo a vivere senza problemi in acqua stagnante e con bassa concentrazione d’ossigeno.

Vi sono report anche di altre popolazioni in Camerun ed in Madagascar ma probabilmente sono frutto di immissioni umane.

Questa specie è stata inserita nella Lista Rossa dell’IUCN al rischio minimo (LC – Least Concern) ma i pochi se non nulli dati a disposizione sul numero degli individui e del loro trend non consentono di stare tranquilli.

Aspetto e dimorfismo sessuale

Sebbene questa specie abbia numerose analogie con le specie di Ctenopoma, le quali hanno un aspetto simile alle foglie che sfruttano per mimetizzarsi, la loro morfologia è diversa e per certi versi più simile al genere Anabas in cui era stata originariamente inserita.

Microctenopoma ansorgii
In questa foto si vedono chiaramente le due dentellature presenti negli individui adulti sugli opercoli branchiali da cui prende il nome il genere.

L’aspetto è affusolato con una lunghezza media di 6/7 cm; hanno sia la pinna anale sia la dorsale molto sviluppate, soprattutto nel maschio, e di un colore a bande arancio-nere che in fase di parata viene esteso a tutto il corpo, che normalmente è di color marrone.

Microctenopoma ansorgii maschio
Un maschio in livrea piena: si notano molto bene il pinnaggio contornato di bianco tipico dei maschi e la livrea arancio-nera.

Le femmine hanno delle dimensioni minori con un colore più tenue, soprattutto nel nero, che è molto sbiadito e trasparente. I maschi hanno pinne più estese, con bordi crestati come nelle femmine ma ornati di bianco.

Microctenopoma ansorgii femmina
Femmina di Microctenopoma ansorgii, si riconosce dalle pinne poco sviluppate. Le femmine spesso hanno l’addome più pronunciato rispetto ai maschi in giovane età, caratteristica che crescendo poi viene un po’ più camuffata.

Sono dunque pesci che hanno una colorazione molto variabile e che assumono i colori solo in determinate situazioni. In questo video possiamo vedere lo stesso esemplare della foto (lì in livrea piena) nella livrea spenta.

Comportamenti tipici di Microctenopoma ansorgii

Microctenopoma ansorgii è un anabantide molto schivo in vasca e tende a farsi vedere poco, preferendo nuotare tra la vegetazione fitta e rimanere nascosto nelle tane; se la vasca è ben allestita e si sente al sicuro, tuttavia, non risulta impossibile osservare i suoi comportamenti.

Microctenopoma ansorgii stressato
Erroneamente si pensa che vedere un pesce molto colorato voglia dire che sta bene, in verità con questa specie non è sempre detto e la livrea piena viene assunta anche in condizioni di enorme stress proprio in risposta allo stesso. Qui ad esempio vediamo una livrea molto accesa in questo giovane esemplare in una condizione di ovvio stress. Se i nostri pesci stanno costantemente in questa livrea forse c’è un problema di stress da risolvere!

Tende ad essere molto territoriale e aggressivo e, finché la gerarchia non è stabile, è frequente vedere inseguimenti e combattimenti cruenti. Una volta stabilita la struttura gerarchica è invece molto facile che i litigi diventino quasi nulli.
Sono partito con un gruppo di cinque esemplari, messi in un 200 litri a loro dedicato: dopo una iniziale fase caratterizzata da litigi continui, l’aggressività è diventata nulla e mi è stato possibile continuare ad allevarli in gruppo anche durante le riproduzioni.

Nel seguente video, in alto a sinistra possiamo notare, prestando un po’ di attenzione, un tipico segnale di dominanza di un maschio. Si vede in maniera molto rapida come l’esemplare, vedendo il conspecifico, avvicinandosi si metta in obliquo e mostri le bande marcate. In questo caso l’intruso accetta la gerarchia e si limita a fermarsi e tornare indietro a pinne chiuse.
Gli scontri non sono molto frequenti e la vasca solitamente ha la sue gerarchia ben definita.

Sono pesci che abbinano alla grande curiosità una grande diffidenza e bisogna avere pazienza perché prendano confidenza con la vasca, con noi e con i nuovi arredi.
Durante i primi tempi sarà facile vederli scappare appena vi affaccerete al vetro della vasca ma col tempo saranno loro a guardarvi incuriositi dal vetro frontale, studiando immobili i vostri movimenti.

Microctenopoma ansorgii
Sono pesci molto curiosi che interagiscono tantissimo con l’ambiente circostante. Sono molto attenti ai movimenti in virtù soprattutto della loro natura da predatori.

In condizioni rilassate hanno uno stile di nuoto molto lento ed elegante e passano la giornata a cacciare sia gli insetti che si appoggiano sulla superficie della vasca sia la microfauna che si nasconde nel fondo.

Microctenopoma ansorgii
Qui ad esempio vediamo studiare un esemplare di gasteropode prima di farsi distrarre dal telefono vicino al vetro.

Riproduzione

Come molti anabantidi questa specie depone in nidi di bolle.
Il maschio quando è maturo e ha una femmina anch’essa pronta inizia a costruire il suo nido di bolle tra la vegetazione.
Rispetto ai nidi dei Betta li ho trovati più piccoli; la fase di costruzione dura anche qualche giorno e il maschio in questo periodo difende la zona assumendo la livrea riproduttiva.

Nido di bolle
Un nido di bolle. Spesso viene fissato a piante galleggianti.

Successivamente, con un abbraccio tipico di molti anabantidi, il maschio e la femmina si avvolgono per inseminare le uova che poi vengono raccolte dal maschio e messe nel nido dove rimangono anche nella prima fase di vita dopo la chiusa.

Corteggiamento
Una foto dall’alto del corteggiamento, in cui vediamo il maschio portare la femmina in superficie, dove poi abbracciarsi fino a scendere a mezz’acqua e raccogliere le uova fecondate da mettere, infine, nel nido di bolle.

Le cure parentali non sono molto lunghe e appena i pesci sono in grado di nuotare vengono lasciati girare per la vasca; i genitori comunque non effettuano cannibalismo della prole.
Nella mia esperienza, li ho sempre lasciati in vasca principalmente per una materiale difficoltà nello spostarli ma sarebbe preferibile farli crescere in vasca a parte per avere nidate più corpose.

Temperatura e valori

È una specie molto adattabile e la principale problematica è trovare pesci che godano già di buona salute perché spesso si trovano esemplari di cattura denutriti e stressati.

Per dare un idea dei valori, li allevo in queste condizioni:

  • pH 4.5-6
  • durezza temporanea 0-2 dKH e durezza totale 0-2 dGH
  • temperatura 20-29 °C
  • conducibilità minore di 80 μS/cm

Uso quasi esclusivamente acqua osmotica; tramite l’uso di acidificanti naturali stabili, come gli estratti di foglie di quercia, riesco a portare il pH a livelli acidi costanti e senza sbalzi, mantenendo durezze minime.

Per ovvi motivi li allevo in acqua totalmente ferma e quindi sto molto attento alla qualità dell’acqua che, se inadeguata, comprometterebbe lo sviluppo di uova e larve.

Stagionalità

Utilizzo la temperatura per regolare il metabolismo: preferisco far passare loro un inverno un pelo più freddo per rallentarlo perché trovo salutare, nel lungo periodo, dare un fase di stacco in cui il pesce possa recuperare energie.

Escluso questo periodo, tendo ad allevarli con una temperatura tra i 24 e i 27 °C e non sembrano regolare le riproduzioni in base al cambio di condizioni chimico-fisiche ottenute coi cambi d’acqua o di temperatura.
Credo che appena la femmina abbia maturato le uova, procedano alla riproduzione senza che vi sia un fattore di stimolo vero e proprio.

Microctenopoma ansorgii
Corteggiamento e abbraccio di Microctenopoma ansorgii (durante l’esposizione al Petsfestival).

Nella maggior parte dei pesci le riproduzioni avvengono ricreando avvenimenti che simulano l’arrivo della stagione riproduttiva come un cambio d’acqua per simulare la pioggia, un abbassamento della temperatura o il cambio dei paramentri chimico-fisici dell’acqua. Con questa specie, invece, non ho mai identificato un fattore che li stimoli: semplicemente quando sono pronti, a prescindere dalle condizioni ambientali, si riproducono.
Probabilmente, vista la maggiore longevità sono meno legati alle stagioni o forse nel mio acquario non si verificano condizioni così estreme da dargli una cadenza stagionale.

Allestimento per Microctenopoma ansorgii

Il substrato non ha molta importanza se sia sabbia o ghiaia, io ho usato una sabbia di natura silicea.

L’allestimento deve essere ricco di ripari per far sentire a loro agio i pesci; io utilizzo savu pod (dei portasemi di piante tropicali) e le classiche mezze noci di cocco.
Utilizzo inoltre foglie di quercia e legni per dare sostanza al layout; sono pesci che poco apprezzano ampi spazi vuoti.

Allestimento Microctenopoma ansorgii
Allestimento per Microctenopoma ansorgii: nella foto è appena allestito quindi con un po’ di torbidità e acqua ancora chiara ma si notano bene le caratteristiche che deve avere: fondo “sporco”, legni a mezz’acqua e molti nascondigli al suolo.

Come vegetazione si possono usare piante epifite che riescano a sopravvivere alla poca luce e ai valori molto acidi; inoltre uso molto le galleggianti come la Lemna o il photos in semi-emersione, che spesso viene usato come supporto per i nidi di bolle.

Li allevo in acqua molto ambrata e con poca luce ma non sembrano risentire di condizioni differenti.
Per abituarli al Petsfestival 2019, in cui li ho esposti, li ho ambientati per un paio di settimane in condizione di forte luce e acqua chiara e non hanno mostrato alcun disturbo; tuttavia mi sento di consigliare un allestimento più dark.

Allestimento fiume Congo
Il nostro allestimento per M. ansorgii al Petsfestival 2019.

In questo video si notano le capacità mimetiche e quanto l’allestimento sia fondamentale: la colorazione del corpo è identica al fondo e rende il pesce sicuro di uscire.
Un allestimento poco consono si tradurrebbe in pesci sempre nascosti, stressati e poco confidenti.

Alimentazione

Microctenopoma ansorgii è una specie micro-predatrice che si nutre prevalentemente di invertebrati sia terrestri sia acquatici. Non è inusuale vederli nutrirsi di insetti che si appoggiano allo specchio d’acqua o che volano nei pressi di esso: sono infatti abili saltatori.

Alimentazione Microctenopoma
Due maschi che mangiano insieme del cibo liofilizzato. Questi pesci hanno la fama di essere impossibili da alimentare, invece se vengono allevati nel modo giusto sono estremamente famelici e mangiano davvero di tutto. È comunque importante usare cibo vivo, surgelato ed un buon secco come integrazione.

Il vivo a mio avviso deve essere la parte fondamentale della loro dieta; oltre a dafnie, artemia e tubifex, somministro saltuariamente anche lombrichi.
Oltre al vivo anche il congelato e le scatolette in umido vanno bene per ampliare la gamma di cibo e sono tranquillamente accettate. Non hanno troppi problemi ad accettare anche il secco che galleggia, se ha un odore forte, tuttavia lo sconsiglio.
Sono pesci che mangiano tanto ma non serve alimentarle spesso; ricordano un po’ il genere Channa. Si abbuffano con foga mangiando fino a gonfiare in modo vistoso la pancia e poi ci mettono anche due giorni a riassorbirla. Bisogna quindi cercare di non sovralimentare i pesci, per evitare che diventino dei palloncini.

Bibliografia e Crediti

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Apistogramma bitaeniata https://acquario.top/apistogramma-bitaeniata/ https://acquario.top/apistogramma-bitaeniata/#respond Sun, 10 Nov 2019 20:32:00 +0000 https://acquario.top/?p=4635 Oggi tratteremo l’Apistogramma bitaeniata, una specie fantastica altamente policromatica e con un caratterino da non sottovalutare! Buona lettura e ricordate che per qualsiasi dubbio vi aspettiamo sul forum. Distribuzione in natura di Apistogramma bitaeniata Apistogramma bitaeniata ha una distribuzione molto ampia: lo si trova in Perù, Colombia e Brasile, nei Rio Ucayali, Rio Nanay, Rio […]

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Oggi tratteremo l’Apistogramma bitaeniata, una specie fantastica altamente policromatica e con un caratterino da non sottovalutare!
Buona lettura e ricordate che per qualsiasi dubbio vi aspettiamo sul forum.

Distribuzione in natura di Apistogramma bitaeniata

Apistogramma bitaeniata ha una distribuzione molto ampia: lo si trova in Perù, Colombia e Brasile, nei Rio Ucayali, Rio Nanay, Rio Ampíyacu (Perù), nella regione adiacente a Leticia (Colombia) e nei Rio Madeira, Rio Solimoes e Lago Tefé (Brasile).

Habitat naturale di Apistogramma bitaeniata

Abita corsi d’acqua poco profondi con uno scorrimento molto lento e aventi sul fondo una lettiera di foglie in decomposizione che, rilasciando tannini e acidi umici, donano all’acqua una pesante ambratura e una notevole acidità.
Un’altra caratteristica del suo habitat naturale è il fondo che è costituito solamente di sabbia finissima, infatti questo ciclide (così come tutti gli altri Apistogramma) nel corso del tempo si è adattato a vagliare il substrato in cerca di cibo raccogliendolo con la bocca ed espellendo dalle branchie la parte non commestibile.

Alcune foto fatte da Tom Christoffersen in Perù nel Rio Nanay dove ha anche pescato A. bitaeniata:

Habitat di A.bitaeniata, Rio Nanay
Habitat di A. bitaeniata, Rio Nanay. Foto di Tom Christoffersen.
Habitat A.bitaeniata, Rio Nanay
Habitat A. bitaeniata, Rio Nanay. Foto di Tom Christoffersen.

E nel bacino del Rio Ampiyacu:

Habitat A.bitaeniata, Rio Amiyacu-dreinage
Habitat A. bitaeniata, Rio Amiyacu. Foto di Tom Christoffersen.
Habitat A.bitaeniata, Rio Ampiyacu-dreinage
Habitat A. bitaeniata, Rio Amiyacu. Foto di Tom Christoffersen.

 

Morfologia

Il nome scientifico della specie di questo splendido ciclide deriva dall’latino; bitaeniata deriva dal latino “bi“, ovvero “doppio“, e “taenia“, ovvero “nastro/fettuccia” questo appellativo gli si addice alla perfezione poiché, a differenza di molto altri Apistogramma, A. bitaeniata presenta, appunto, una seconda banda laterale al di sotto della classica banda laterale e separata dalla principale. Essa parte da dietro l’opercolo e termina al di sotto dello spot caudale, che sarà più o meno visibile a seconda dell’umore del pesce; questa seconda bandatura è osservabile sia nei maschi sia nelle femmine.

Foto di maschio e femmina in cui si vedono chiaramente le due bande caratteristiche della specie:

Apistogramma bitaeniata
Apistogramma bitaeniata maschio.
Apistogramma bitaeniata.
Apistogramma bitaeniata femmina.

Un altro tratto caratteristico di questa specie è l’elevato policromatismo, evidente soprattutto nei maschi, che però non è determinante nello studio della provenienza degli esemplari.
Come vedremo meglio dalle foto seguenti, i maschi di A. bitaeniata possono mostrare differenti pattern di colori, evidenti soprattutto nelle pinne ventrali e nella pinna caudale (ma anche nella dorsale).

 

Esemplare dal Rio Nanay. Esemplare dal Rio Tigre. Esemplare dal Rio Ampiyacu.

Dimorfismo sessuale

Come in tutti gli Apistogramma, il maschio è notevolmente più grande della femmina e presenta colori sgargianti con la caudale a forma di lira con un motivo “a scacchi/righe”, di contro la femmina presenta una caudale priva di allungamenti e di motivi ma che, a seconda dell’origine degli esemplari, assume una leggera sfumatura giallo/arancio.

Degno di nota è il fatto che, contrariamente ad altri Apistogramma, la femmina di A. bitaeniata non ha le classiche pinne ventrali che terminano con l’estremità arrotondata ma presenta un accenno di prolungamento di un colore neutro/bianco; nulla di paragonabile però agli allungamenti delle ventrali del maschio che possono tranquillamente raggiungere i due centimetri e che assumono una colorazione che può variare dall’arancio al blu (anche qui dipende dall’elevato policromatismo della specie).

Il maschio inoltre presenta una dorsale con i primi 3/4 raggi nettamente allungati e che assume una colorazione a bande longitudinali alternando una banda di colorazione giallognola (alla base della pinna dorsale) a una banda bluastra (nella parte centrale della pinna) e terminando di nuovo con colori giallo/arancio (per lo più sugli allungamenti dei raggi).
La dorsale della femmina è generalmente di colore neutro e priva di allungamenti, al più assume un tono giallognolo in periodo riproduttivo.

Maschio e femmina a confronto:
Apistogramma bitaeniata maschio e femmina

Comportamenti tipici

Apistogramma bitaeniata, se paragonato ad altri ciclidi nani, risulta molto più aggressivo, motivo per cui, secondo me, non rappresenta la specie ideale per chi si interfaccia per la prima volta con gli Apistogramma.

Riproduzione

Come detto sopra per stimolare la riproduzione di A. bitaeniata è necessario abbassare il pH e, nel caso non sia già sufficientemente bassa, anche la conducibilità, sempre in modo graduale; se si ospitano esemplari catturati in natura i valori dovranno essere ulteriormente più bassi.

Per quella che è la mia esperienza con esemplari di cattura ho ottenuto il corteggiamento e la deposizione con pH 5.0 e conducibilità elettrica attorno ai 70 μS/cm ma, ahimé, la deposizione non è andata a buon fine e le (poche) uova non sono arrivate alla schiusa. Le tre principali cause credo siano la conducibilità troppo alta, il fatto che era la loro prima riproduzione e la femmina alquanto vecchiotta.

Qui possiamo vedere un video del corteggiamento:

Femmina in livrea riproduttiva
Femmina in livrea riproduttiva, foto di Tom Christoffersen.

Per quanto riguarda esemplari non selvatici ci si può attestare a valori di pH intorno al 5.5 con temperatura di 26 °C; in questa situazione Eddy Spriet ha ottenuto una deposizione di una trentina di uova, in gran parte schiuse con successo.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

Come già detto sopra ha un’alta aggressività intraspecifica, ma anche quella extra-specifica non è da sottovalutare; per quella che è la mia esperienza ho visto maschi adulti di A. bitaeniata aggredire Nannostomus beckfordi (non esattamente i Nannostomus più piccoli e timidi) per cibarsi e perfino schierarsi contro P. scalare adulti.

L’acquario per A. bitaeniata

L’acquario per ospitare degli A. bitaeniata dovrà prevedere un fondo di sabbia molto fine (nei negozi la si trova spesso con la dicitura “sugar size“) e molti legni che fungeranno da barriere visive.
Da questo video si può vedere il tipico comportamento di vagliare il fondo che hanno gli Apistogramma:

Come piante consiglio piante galleggianti o ripariali, poiché l’alta presenza di tannini e la luce soffusa non favorirà lo sviluppo vegetale.
Per l’hardscape è anche possibile utilizzare legni e rocce (rigorosamente non calcaree).

Ricordo che questa specie vive in acque definite “black water”, quindi, se la vasca offrirà una buona ambratura i pesci ne gioveranno in colore e tranquillità.

Non potranno mancare delle mezze noci di cocco o comunque delle “tane a grotta” (es: savu pod) che verranno usate dalla coppia come siti di deposizione.

Questa è la mia vasca, esempio da non replicare perché un po’ piccola (60×40 cm di base) dove tengo i seguenti valori: pH: 5,5 durezze nulle, conducibilità: 70 μS/cm.
Reputo questa vasca troppo piccola perché, soprattutto all’inizio, ho fatto parecchio fatica a gestire l’aggressività degli esemplari infatti, come potete vedere dalla foto, sono dovuto ricorrere a tantissime barriere visive con divisioni nette dei territori usando legni e piante a foglia larga (Echinodorus spp.). In più ho dovuto aggiungere anche svariate tane e nascondigli per permettere ai pinnuti di trovare riparo nel caso in cui la situazione degenerasse troppo. Con una vasca con un lato lungo di almeno 80 cm il tutto sarebbe stato sicuramente più gestibile.

Dimensioni dell’acquario

A causa dell’elevata aggressività mi sento di consigliare una vasca con una lunghezza di almeno 80 cm, dove sarà possibile introdurre anche dei dither fish come Copella spp. Nannostomus spp. e, nel caso si abbia una vasca maturata a lungo, Otocinclus spp. e affini.
Sconsiglio grossi caracidi (es: gran parte degli Hyphessobrycon spp.) a causa della loro natura predatoria.

Parametri dell’acqua

Come credo abbiate ormai capito, questa specie non è tra le più facili da gestire. In aggiunta a quanto detto finora ci sono anche i parametri chimico-fisici dell’acqua da tenere in considerazione: A. bitaeniata è un Apistogramma altamente acidofilo che richiede valori di pH compresi tra 4 e 6 con conducibilità bassissima, sempre inferiore ai 90 μS/cm.
In natura vengono riportati valori prossimi allo 0: campionamenti eseguiti da Tom Christoffersen, nella stagione secca, riportano pH 4.71, conducibilità 12 μS/cm e temperatura di 26.6 °C. L’abbassamento del pH favorirà, inoltre, la riproduzione.

Un altro accorgimento per far vivere meglio e più a lungo i nostri pinnuti è adottare una stagionalità simile a quella che avviene effettivamente in natura lungo il bacino dei fiumi di provenienza.

Temperatura

A. bitaeniata proviene da bacini tropicali, quindi, in acquario, è bene mantenere una temperatura compresa tra i 23 °C e i 29 °C.

Alimentazione

Per quella che è la mia esperienza posso dire che esemplari wild, anche dopo un periodo di ambientamento iniziale, continueranno ad essere restii ad accettare mangime secco, preferendo di gran lunga congelato e vivo.

Un’altra raccomandazione è quella di variare il più possibile la dieta integrando anche con vegetale come piselli sbollentati o zucchine questo perché in natura la loro dieta non è prettamente proteica, come evidenziato in diversi studi.

Per quanto riguarda esemplari riprodotti in acquario (aquarium strain), benché difficili da reperire, accetteranno i vari mangimi confezionati – che dovranno comunque essere di buona qualità – sin da subito, somministrando però almeno un paio di volte alla settimana il congelato/vivo per avere una dieta bilanciata e il più varia possibile.

Tassonomia

Vista l’ampia diffusione nei corsi d’acqua sud-americani e al policromatismo di questa specie ai diversi ceppi della specie è stato assegnato un codice DATZ (così come abbiamo già visto in Apistogramma trifasciata), ovvero da A211 ad A216; più in particolare A213 corrisponde al A. cf. bitaeniata pescato nel Rio Tefé, A214 ad A. cf. bitaeniata provenienti dal lago Manacapuru e A215 per gli A. cf. bitaeniata provenienti dalle regioni brasiliane.
Studi più recenti (2016) hanno portato però alla scoperta di esemplari di Apistogramma bitaeniata proveniente da due tratti distinti del bacino del  Rio Apaporis che mostrano lo spot caudale separato dalla banda laterale al momento etichettati come Apistogramma sp. “D9” e Apistogramma sp. “D14”.

Bibliografia e Crediti

Römer Uwe, Cichlid Atlas Vol. 1, Mergus Verlag, 2001.

Apistogramma bitaeniata su Seriously Fish

Apistogramma bitaeniata su Fishbase

Eddy Spriet per informazioni sulla riproduzione.

Ringraziamo Tom Christoffersen per averci dato il permesso di utilizzare alcune sue fotografie e come fonte per alcune informazioni. In particolare, le foto provengono dagli articoli Collecting A. bitaeniata in Pebas e Apistogramma (cf.) bitaeniata. Queste foto possono essere riutilizzate solo previo consenso dell’autore, che ne detiene tutti i diritti.

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Incontri Ravvicinati con il genere Cichla https://acquario.top/incontri-ravvicinati-genere-cichla/ https://acquario.top/incontri-ravvicinati-genere-cichla/#respond Wed, 18 Sep 2019 19:25:11 +0000 https://acquario.top/?p=4476 Con i pesci del genere Cichla bisogna pensare in GRANDE, ci dice Ivan Mikolji. Andiamo alla scoperta dell’ambiente naturale di questo magnifico genere di pesci e vediamo da quanto osservato come si può progettare un acquario adeguato per loro. Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio! Incontri ravvicinati con il […]

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Con i pesci del genere Cichla bisogna pensare in GRANDE, ci dice Ivan Mikolji.
Andiamo alla scoperta dell’ambiente naturale di questo magnifico genere di pesci e vediamo da quanto osservato come si può progettare un acquario adeguato per loro.

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio!


Incontri ravvicinati con il genere Cichla

Se potessimo trasformarci in un pesce, quale sceglieremmo?
Il primo che mi è venuto in mente è un altum, perché è il mio pesce preferito, ma mi sono subito fermato e mi sono preso qualche momento per analizzare meglio la questione. Gli altum sono fortemente minacciati nel loro ambiente naturale, dunque non è una buona scelta.
Sebbene adori i cardinale, certamente non vorrei essere uno di quei pesciolini che vengono mangiati dalla maggior parte degli altri: pretendo di stare alla cima della catena alimentare!
Quindi ho cominciato a pensare alle piragna, ma no!, spesso mangiano carogne, che danno pesantezza allo stomaco. Poi sono passato ai pesci lupo [NdT: Anarhichas lupus]… troppo aggressivi.
E che dire delle anguille elettriche? Troppo pizzicose!
Infine, ho pensato ai Cichla: hmmmm… niente di negativo, solo vantaggi.

Fiume Orinoco
Fiume Orinoco, Venezuela.
Fiume Cinaruco
Fiume Cinaruco, Venezuela.
Palme moriche
Palme moriche (Mauritia flexuosa).

Quello dei Cichla è un genere di pesci che sono comunemente chiamati, in inglese, Peacock bass e, lasciatemelo dire, sono fra quei pesci che è sempre un piacere osservare in natura.
Nuotano in maniera maestosa, alla giusta velocità – né troppo piano, né troppo veloci. Fanno sempre le loro attività da Cichla e le fanno perfettamente. Quando nuotano, nuotano con un piano: sanno dove stanno andando. La forma del corpo, i colori meravigliosi e le livree sono una delizia da osservare.

Se confrontati con la maggior parte degli altri pesci, i Cichla sono piuttosto timidi. Solo pochi Cichla più navigati ti si avvicinano e ti guardano fisso: ti analizzano. Questi sono gli Incontri Ravvicinati con il genere Cichla.
Non appena si annoiano, nuotano via, riprendendo i loro affari quotidiani.

Ci sono attualmente circa 15 specie descritte, tutte limitate al Sud America. In Venezuela ne abbiamo cinque e quella più diffusa e numerosa è Cichla orinocensis.

Quindi, sono questi i pesci da sogno per l’acquario? Sì, lo sono, e puoi tenerli, se hai un acquario molto grande, lungo almeno due metri e mezzo e largo almeno 90 centimetri. Qui le dimensioni contano: tanto maggiori, tanto meglio!

I Cichla sembra abbiano un territorio, un po’ come i leoni o altri predatori terrestri, e sembra lo conoscano a memoria. Sebbene, crescendo, tendano a muoversi in habitat diversi, mantengono sempre un territorio specifico in questi habitat. Ho avuto modo di fotografare esemplari con tratti caratteristici anno dopo anno, sempre nella stessa posizione.

I Cichla nascono in grandi spazi acquei come i fiumi principali e i laghi. Quando raggiungono i 15 cm circa di lunghezza, una parte migra nei corpi d’acqua minori, come tributari o affluenti dei fiumi maggiori e dei laghi. Lì spendono una parte della loro vita nutrendosi e crescendo. Una volta raggiunti i 35-40 cm, abbandonano definitivamente questi piccoli corsi d’acqua e tornano nei corsi principali.

I Cichla sono pesci pelagici che trascorrono la loro vita nuotando nelle acque aperte e non in prossimità del fondo. Anche se tendono a nuotare vicino alle rive dei fiumi, non vivono nella zona litorale: si limitano a nutrirsi.
Nelle acque aperte e profonde non c’è un menu tanto lungo da cui scegliere. Lì i pesci o sono troppo grandi o hanno ottimi meccanismi di difesa.
Le mie osservazioni concludono che i Cichla vivono nell’area di transizione fra le rive e le acque aperte. Quindi, se volessi imitare in acquario il loro habitat, dovrebbe essere presente solo acqua? Per certi versi questo è corretto, sebbene un biotopo per Cichla debba essere adattato alle dimensioni e all’età del pesce, se si vuole mirare alle riproduzioni. Un acquario di biotopo per un Cichla adulto non è lo stesso per un giovanile, come spiegherò nel seguito dell’articolo.

Ho tenuto numerose specie diverse del genere Cichla e, in generale, un acquario di biotopo per loro deve prevedere ampie zone libere con poche decorazioni, se non nessuna. L’arredo di questo acquario di biotopo sarà maggiormente diretto a far felici i pesci che vivranno con i Cichla, più che i Cichla stessi.

Le specie che possono convivere con i Cichla sono piuttosto limitate. Le poche opzioni includono alcuni grandi pesci gatto e razze di fiume. In natura, i Cichla si possono osservare nuotare a fianco di Semaprochilodus kneri, grandi ciclidi come Heros severus, grandi appartenenti al genere Geophagus, grandi Satanoperca o Crenicichla.

Quando dico grandi, intendo grandi almeno quanto i Cichla stessi.
Non tenere piccoli Corydoras o pesci come Otocinclus assieme a loro: a volte vengono ingeriti con conseguenze tragiche per i Cichla. Un buon coperchio è altresì neccessario, poiché un pesce in fuga potrebbe saltare fuori dall’acquario.

Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.
Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.
Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.

I Cichla sembrano ben vivere in tutti i tipi di acque o di ecosistema acquatico dove riescono a trovare grandi quantità di cibo. Li ho osservati in quasi tutti i corsi d’acqua che ho visitato nel bacino dell’Orinoco. Sembrano ben sviluppati anche nei bacini e nei corsi artificiali dove sono stati introdotti; esempi di queste introduzioni sono le Everglades negli Stati Uniti o il Lago di Maracaibo nel Venezuela.
I parametri dell’acqua più frequenti sono un pH fra 5.5 e 6.5 e una temperatura fra i 25 e i 27 °C.

In Venezuela sono gli unici pesci d’acqua dolce protetti dalla legge. È consentito tenerne solo due esemplari quando si pesca. Questa forma di tutela li ha salvaguardati  dal venire pescati eccessivamente e possono quindi essere visti frequentemente in natura. A volte, però, mi chiedo perché siano l’unica specie protetta. Penso si riesca a vederli troppo spesso proprio perché sono gli unici protetti. Però, la tutela e le limitazioni hanno senso e funzionano.
Gli individui più grandi di solito si vedono da soli o in coppia, mentre gli adolescenti spesso sono in gruppetti fino a venti esemplari o poco più. Più le acque sono chiare e più tendono a fare gruppi.

Ho visto grandi femmine prendersi cura dei loro piccoli. Credo sia una delle scene più impressionanti che abbia visto sott’acqua. Centinaia di “bambini” da 5-6 cm seguono la loro mamma, che va in giro a nutrirsi. Lei quindi si avvicina alle rive del fiume poco profonde e ricche di vegetazione e quindi ci nuota in mezzo. Questo disturba e spaventa centinaia di piccoli pesci e gamberetti, che si nascondono o vivono fra la vegetazione, e che ora scappano nelle acque aperte, dove diventano cibo per pesci e facili prede per i piccoli Cichla.
Questa è un po’ come l’istruzione domestica, con un continuo insegnamento. Crescendo, i Cichla perfezionano le loro abilità di caccia: imparano anche a fare gli agguati, molto affascinanti da osservare.

Si può vedere un bell’esempio di queste abilità nella The Fish Guys Expedition 2 part 17, a partire dai 33:59.

Quando ho filmato questo agguato di un giovane Cichla orinocensis contro un testarossa Hemigrammus rhodostomus, sono rimasto colpito.
Qui è dove centinaia di ore di osservazioni subacquee vengono in aiuto e ti consentono di catturare il momento. Quel che ha attratto la mia attenzione è stato il nuoto troppo lento e troppo vicino al fondo del Cichla. Questo mi ha fatto immediatamente fermare e concentrare l’attenzione su di esso. Come ho detto prima, i Cichla nuotano sempre in maniera perfetta e se non lo fanno, o c’è qualcosa che non va o sta succedendo qualcosa di interessante.

Tornando a noi, il Cichla nuotava lentamente e molto vicino al fondo verso una grosso legno mezzo sprofondata nella sabbia. Avvicinatosi al legno, ha cambiato completamente colore e livrea, passando da una graziosa varietà di colori a un marrone scuro uniforme, molto simile a quello del pezzo di albero.
Quindi ha ispezionato il legno e trovato un’apertura cava, simile a una grotta, dove è entrato, scomparendo. Dopo un paio di secondi, è uscito appena con la testa, giusto il necessario per osservare i pesci che passavano nelle vicinanze. Poiché la “grotta” gli consentiva di vedere in una sola direzione, dove non c’erano pesci in vista, ha deciso di uscire e aspettare nei pressi del legno, in una posizione dalla quale poteva vedere in tutte le direzioni. Lì si è fermato, rimanendo immobile. Non appena ha ritenuto il testarossa entro il suo raggio d’azione, ha colpito alla velocità della luce.

Riguardando il filmato al rallentatore, osserviamo che i Cichla hanno un’ottima distanza di scatto, confermando che un acquario di grandi dimensioni è essenziale.
Avevo già osservato in precedenza dei Cichla nascondersi dietro a piante acquatiche ma mai nascondersi dietro ai legni per fare agguati alle prede.

Cichla Peacock Bass Cichla Peacock Bass

Cichla orinocensis nel loro ambiente naturale.

Quando si progetta per tenere i Cichla bisogna pensare in GRANDE. Richiedono GRANDI quantità di cibo e un GRANDE acquario perché quando crescono diventano GRANDI.
Ho visto troppi acquari con Cichla scheletrici, affamati da un’alimentazione “a giorni alterni”. I Cichla richiedono uno o due grossi pasti al giorno per mantenere il peso ideale.

Ricordo di aver visitato un acquario pubblico e di aver visto un Cichla rachitico in uno degli acquari. Dopo averlo fatto notare a un “manager” che mi stava facendo la visita guidata, mi ha risposto: “lo chiamiamo mazza da baseball”. Non appena si è accorto che la battuta non mi faceva ridere, ha detto imbarazzato: “cominceremo a nutrirlo di più”.
Quel pesce probabilmente non si è più ripreso. Una volta che un Cichla diventa troppo magro è molto difficile recuperarlo.

I Cichla sono ben conosciuti nella comunità dei pescatori come ottimi pesci per la pesca sportiva.
Localmente sono considerati dalle popolazioni indigene come un’eccellente fonte di cibo.

Oh, credo di aver appena pensato a un lato negativo: se vieni pescato nell’ambiente naturale da qualcuno del luogo, sicuramente ti mangerà!
Anche se la gente dice che i Cichla siano i migliori pesci d’acqua dolce da mangiare, personalmente li trovo un po’ secchi – i Geophagus sono molto meglio.

Peacock bass


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Lo Spaventacory – Corydoras aeneus in natura https://acquario.top/corydoras-aeneus-in-natura/ https://acquario.top/corydoras-aeneus-in-natura/#respond Wed, 08 May 2019 08:53:22 +0000 https://acquario.top/?p=4228 Com’è l’ambiente naturale di Corydoras aeneus? In questo articolo, Ivan Mikolji ci accompagna in un loro habitat naturale, facendoci vedere come vivono questi pesci e quali siano i loro comportamenti e le loro abitudini (e no, non includono stracci o aspirapolvere). Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio! Lo Spaventacory […]

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Com’è l’ambiente naturale di Corydoras aeneus?

In questo articolo, Ivan Mikolji ci accompagna in un loro habitat naturale, facendoci vedere come vivono questi pesci e quali siano i loro comportamenti e le loro abitudini (e no, non includono stracci o aspirapolvere).

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio!


Lo Spaventacory – Corydoras aeneus in natura

Ivan Mikolji al lavoro in un corso d'acqua

Sono in piedi, fermo, in mezzo al corso d’acqua. Il cielo è azzurro e senza nuvole, il Sole risplende. Una brezza tropicale molto delicata fa ondeggiare il fogliame che a occhio è venti metri più in alto. Ragazzi, qui gli alberi sono proprio alti!

Albizia saman
Fotografia di Ivan Mikolji di un albero della pioggia, Albizia saman, nel suo ambiente naturale.

Adoro la brezza poiché dà sollievo dal caldo rovente e disturba alcuni insetti ematofagi. L’altro lato della medaglia è che la stessa brezza che tiene lontani gli insetti ti riempie di quelli che io chiamo “insetti kamikaze”. Questi insetti, che vivono fra i rami più alti degli alberi, sono buttati giù dal vento in grandi numeri.
Credetemi, è difficile stare fermi quando hai un paio di insetti sconosciuti che ti camminano sul collo o, ancora peggio, cercano di avventurarsi nel tuo orecchio. Scaccio gli insetti e ritorno nella mia posizione immobile, come una guardia reale, ma in muta umida.

Termometro
Fotografia di come monitoriamo la temperatura in un corso d’acqua.

Ci sono due colori dominanti: verde e marrone. La superficie dell’acqua riflette il verde di tutta la vegetazione e, poiché l’acqua è limpida, si riescono a vedere i sedimenti marroncini sul fondo, aggiungendo ancora gli stessi colori ad un mondo bicromatico incredibilmente meraviglioso.
L’acqua è attorno ai 28 °C, con una debole corrente che scorre su rocce di tutte le misure.

Questo, amici, è un tipico corso d’acqua della Cordigliera della Costa.
La Cordigliera della Costa è il gruppo di montagne che corre lungo la costa centro-orientale del Venezuela.

Cordigliera della Costa
Fotografia della Cordigliera della Costa, monte Zapatero, Guaquira, Yaracuy, Venezuela.
Panoramica di un biotopo naturale
Panoramica di un biotopo naturale (Yaracuy, Venezuela).

Tornando a noi, sono ancora in piedi, fermo, al centro del corso d’acqua. Come al solito, sto indossando il mio vecchio e fedele cappello di paglia.
Scommetto tutto sul fatto che se rimango a lungo, abbastanza a lungo, non sembrerò una minaccia per i Corydoras bronzei – Corydoras aeneus – che vivono in questa sezione di fiume.

Corydoras aeneus è una specie relativamente piccola, bentica, di pesci siluriformi [NdT: Callichthyidae], piuttosto comune nell’hobby acquariofilo.
Corydoras aeneus ha la capacità di respirare aria attraverso l’intestino quindi è possibile vederli nuotare in superficie a prendere una boccata d’aria per poi tornare immediatamente sul fondo; è probabile che l’aria sia di aiuto anche per la digestione.

Corydoras aeneus selvatico
Corydoras aeneus selvatico nel suo ambiente naturale.

So, per esperienza, che i pesci si abituano piuttosto velocemente alla mia presenza, solitamente in un’ora o due.
Ho alcuni rituali che potrebbero apparire strani ad un passante ma che per me portano numerosi benefici.
Stando in piedi, decifro l’ecosistema che mi circonda e apprendo il comportamento degli animali attorno a me.

Lasciatemi raccontare quello che sto assorbendo.
Sopra di me, fra tutti gli alberi, quelli che trovo più maestosi sono gli alberi della pioggia Albizia saman, i cui rami si espandono come un gigantesco ombrello e sono piedi di piante epifite.
Sotto di me, i tetra Astyanax metae sono a caccia di insetti kamikaze che cadono in acqua. Sono così rapidi che un quarto del loro corpo esce dall’acqua quando si fiondano per mangiare un insetto, prima che qualcun’altro glielo porti via. Quando colpiscono il loro bersaglio, producono uno schiocco che sembra troppo intenso per essere fatto da un pesce così minuto.
Quando la brezza cessa, la superficie dell’acqua diventa silenziosa e tranquilla e i tetra attendono tranquilli. Quando il vento riprende e gli insetti cominciano di nuovo a cadere, la superficie dell’acqua ricomincia a ribollire e a risuonare in modo imprevedibile.

Gli insetti terrestri devono essere la fonte principale di cibo per così tanti pesci selvatici!

Astyanax metae
Astyanax metae nel suo ambiente naturale.

Il corso d’acqua stesso può essere diviso in pozze, punti piani e rapide. Sto in un’area piana, lunga circa 100 metri, larga 7 e profonda 40 cm ai bordi e 20 verso il centro – sì, è più profonda vicino alle rive.
Un’area piana di un fiume può essere descritta come una piscina poco profonda con la superficie calma e un fondo pressoché uniforme.
Il pH è di 7.5 e il KH attorno a 40 mg/l [NdT: circa 2.2 dKH].
La corrente è piuttosto lenta e l’acqua pulita poiché non piove da giorni.

Corydoras aeneus
Corydoras aeneus nel suo ambiente naturale.

OK, e ora arriva un banco di Corydoras aeneus, qui è dove vivono.

Si trovano solo nei punti piani del corso d’acqua; non vivono nelle pozze o nei punti dove la corrente è forte.
Sono pressoché al centro del fiume, rivolto verso la riva destra, che è illuminata meglio dalla luce del sole a quest’ora del giorno.
Cerco di stare il più immobile possibile e di tenere traccia mentale di quel che vedo.

I Corydoras nuotano controcorrente e inizio a contarli ma perdo il conto a 8: si muovono troppo in fretta e sono troppi! Ce ne saranno più o meno 150 che nuotano a zig-zag senza mai fermarsi.
Zig-zagando nell’acqua, di fronte ai miei piedi, la mia bocca si apre per lo stupore: il nuoto a zig-zag è assolutamente intenzionale. Si muovono fra le ombre create dalle fronde 20 metri più in alto.

Stando in piedi lì, le prime cose che mi viene in mente per analogia guardando questi pesci muoversi in gruppo attraverso percorsi intricati sono il sangue che scorre attraverso le vene o automobili che sfrecciano in una superstrada dal progetto folle.

È incredibile osservare come si impegnino a non uscire di strada, sebbene le ombre siano molto deboli.
Li guardo, la lunga linea di esemplari si muove vicino a me, paraurti contro paraurti, passando davanti ai miei piedi.

Due metri più in avanti, sulla mia sinistra, c’è un’area sabbiosa e priva di rocce, all’ombra. Alcuni dei Corydoras rallentano e iniziano a nuotare attorno, formando un cerchio. Questo comportamento mi fa venire in mente le diligenze attaccate dagli Indiani nei vecchi film sul Far West.

Corydoras aeneus, in gruppo
Fotografia a mezz’acqua di Corydoras aeneus, in gruppo, nel loro habitat naturale.

All’improvviso si fermano e si riposano per uno o due minuti, quindi riaccendono i motori e ricominciano a nuotare contro corrente nelle loro autostrade ombrose.
Decido di stare fermo e attendere l’arrivo di un altro gruppo. Non molto più tardi, si avvicina un banco più piccolo, sempre seguendo le stesse regole del precedente ma, avvicinandosi, attraversano rapidamente il corso d’acqua. Non nuotano mai nella parte centrale del fiume, ma quando lo attraversano, lo fanno il più velocemente possibile.
Mi giro attorno lentamente e li osservo scendere il corso d’acqua, vicino all’altra riva, sulla sinistra, che è più rocciosa e meno illuminata. È il percorso di ritorno dei Cory!
Fra le rocce si prendono il tempo per nutrirsi del perifiton [NdT: la microflora che si sviluppa nei substrati, comprendente alghe, batteri, detriti etc] incastrato sulla superficie delle rocce.

Corydoras aenenus nell'habitat naturale
Foto subacquea di Corydoras aeneus, in gruppo, nel loro habitat naturale.

Nelle fessure fra le rocce più grandi le foglie e i ramoscelli si depositano su un fondo di argilla sporca. L’argilla è ricoperta di materiale organico in decomposizione e i Corydoras si tuffano in quella porcheria come se si stessero sotterrando, creando piccole nuvole di detriti. Assomigliano a dei porcellini che si divertono nella melma, scavando alla ricerca del successivo pasto. Quindi questo è il loro posto per alimentarsi.

Il centro e la sposta destra, sabbiose, sembrano troppo pulite o sterili. I Corydoras, in questo corso d’acqua, usano la sabbia pulita sulla destra per risalire e poi mangiano sulla sponda sinistra, rocciosa, scendendo. Mi domando: perché non vanno su e giù solo sul lato sinistro?

Decido di fermarmi ancora, in piedi, a guardare nel verso della corrente, così da poter osservare entrambe le sponde contemporaneamente; qualcosa mi morde sul collo e spiaccico quella che sembra una formica rossa. Vedo i Corydoras scappare, spaventati dal mio brusco movimento.
Sorrido e rido; stando fermo con il mio cappello di paglia sono uno spaventapasseri per i pesci o, meglio ancora, uno spaventacory.

Ivan Mikolji
Ivan Mikolji al lavoro in un fiume. Foto di Orlando Escalante.
Ivan Mikolji
Ivan Mikolji. Foto di Orlando Escalante.
Ivan Mikolji
Ivan Mikolji. Foto di Orlando Escalante.

Dopo aver appreso il comportamento dei Corydoras, il movimento delle acque e l’illuminazione del biotopo, inizio a progettare come digitalizzarli. Comincio a pensare ad un piano per immortalare ogni comportamento.

Poiché io sono chi sono e non riesco a fare le cose se non alla maniera di Mikolji, provo a complicarmi il lavoro e a renderlo il più complesso possibile, portando le tecniche di fotografia al limite e facendo sudare un po’ di più le generazioni successive per potermi superare.

Lancio il cappello sul fogliame a bordo fiume e entro nell’acqua. Striscio verso la riva destra, sopra alla sabbia fine, e cerco un punto ombreggiato dove l’obiettivo della mia fotocamera possa stare metà in acqua e metà fuori.
Mi assicuro di trovare un punto dove ci sia ombra sia vicino all’obiettivo sia lontano, cosicché i Corydoras non appaiano in fila o in un gruppo troppo denso.

Corydoras aeneus nel suo habitat naturale
Corydoras aeneus nel suo habitat naturale (Yaracuy, Venezuela).

Voglio che stiano sparsi, seguendo le ombre vicino alla riva. Sistemo le impostazioni della fotocamera e aspetto immobile; come previsto, passano meravigliosamente davanti alla fotocamera e fanno quel che sanno fare meglio, essere dei cory.

Faccio le stesse cose nello spazio aperto e, di nuovo, mi circondano: sono i modelli migliori con cui lavorare.

Mi rialzo e faccio la riva sinistra, che è più complicata a causa del pulviscolo che alzano quando nuotano o mangiano. Ore di pazienza, tuttavia, ripagano.

Corydoras aeneus nel suo habitat naturale
Corydoras aeneus nel suo habitat naturale.

Finito il lavoro, faccio il mio ultimo rituale, che consiste nel mettere via la fotocamera e stare fermo sott’acqua, fingendo di essere un pesce, e sperare che il tempo si fermi.

Questo articolo è stato pubblicato su:
– Practical Fishkeeping Magazine – Febbraio 2017


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

 

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Neolamprologus brichardi, la principessa del Burundi https://acquario.top/neolamprologus-brichardi-la-principessa-del-burundi/ https://acquario.top/neolamprologus-brichardi-la-principessa-del-burundi/#respond Sat, 13 Apr 2019 12:00:53 +0000 https://acquario.top/?p=3837 Neolamprologus brichardi è stato descritto da Max Fernand Leon Poll nel 1974. Precedentemente era conosciuto anche come Lamprologus brichardi, quindi, se nelle ricerche su di esso trovate fonti che fanno riferimento a questo nominativo, probabilmente riguardano la stessa specie. Il nome è attribuito in onore di Pierre Brichard, esploratore e ittiologo belga. Viene conosciuto anche […]

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Neolamprologus brichardi
Esemplare adulto di Neolamprologus brichardi.

Neolamprologus brichardi è stato descritto da Max Fernand Leon Poll nel 1974. Precedentemente era conosciuto anche come Lamprologus brichardi, quindi, se nelle ricerche su di esso trovate fonti che fanno riferimento a questo nominativo, probabilmente riguardano la stessa specie. Il nome è attribuito in onore di Pierre Brichard, esploratore e ittiologo belga.

Viene conosciuto anche come la “principessa del Burundi” per via della sua notevole eleganza e in inglese viene spesso chiamato “Fairy cichlid” (letteralmente “ciclide fata”).

Le sue esigenze sono più semplici da soddisfare rispetto ad altre specie endemiche dello stesso lago. È la specie perfetta per chi vuole iniziare ad osservare i comportamenti dei pesci del Tanganica. Infatti, come vedremo, con poca difficoltà si riescono a ottenere risultati stupefacenti.

Il lago Tanganica

Neolamprologus brichardi è una specie endemica del lago Tanganica. Tale lago è uno dei più grandi dell’Africa orientale. Esso si trova tra gli stati della Tanzania, Repubblica Democratica del Congo, Burundi e Zambia. È molto profondo, nella zona del bacino di Kipili, tocca la profondità di 1410 metri! [2]

Foto dallo spazio del lago Tanganica
Foto dallo spazio del lago Tanganica.

I suoi affluenti principali sono il fiume Ruzizi, che si immette nel lago attraverso due corsi d’acqua e un ampio delta, e il fiume Malagarasi, che sfocia nel lago nella zona a sud di Kigoma. [2] Il suo effluente principale è il fiume Lukuga. Nelle zone vicino gli immissari sono spesso presenti piante acquatiche.

Il lago è molto ricco di ossigeno, in superficie tocchiamo addirittura i 7.44 mg/L disciolti. La concentrazione scende lentamente a 4.7 mg/L attorno i 44 metri di profondità. Invece al di sotto dei 150 metri, il lago è anossico (da qui iniziano i fenomeni di denitrificazione [7]). I pesci che consideriamo abitano zone profonde più di 10 metri, fino ai 30 metri massimo.

La temperatura del lago scende a 23 °C andando molto in profondità (1400 m), dove rimane uniforme [2]. Mentre in superficie si rilevano temperature comprese tra i 23 °C e i 28 °C.

La sua particolare morfologia e le sue condizioni rendono la chimica dell’acqua parecchio complessa. Esso nelle zone poco profonde ha i valori dei nutrienti (quali fosfati e nitrati) bassissimi, mentre andando nella zona anossica (sotto i 150 metri), essi salgono. Le misurazioni degli ioni di ammoniaca riportano 0 moli fino a 156 metri, per poi iniziare a crescere. Lo stesso fenomeno accompagna altri nutrienti. Solo i nitrati sono più alti attorno i 70 metri, dove si registrano 0.6 mg/L come picco massimo. Tuttavia i valori medi alle profondità che ci interessano (10-30 m) non superano i 0.006 mg/L.

La sua diversa situazione chimico fisica delle acque, fa capire che il lago è “stratificato” termicamente. Mette inoltre in evidenza che le condizioni rimangono costanti sia durante l’anno, che durante anni diversi. Di nostro interesse c’è la variazione di temperatura: essa varia tra i 23 °C e i 28 °C durante l’anno. La parte del lago profonda non viene influenzata, ma quella più superficiale e di nostro interesse sì.

Habitat naturale di Neolamprologus brichardi

Neolamprologus brichardi occupa le zone poco profonde del lago, si trovano esemplari sia a nord sia a sud.

Le rocciate sommerse nel lago sono l’habitat ideale di questo ciclide. Le conformazioni rocciose offrono i ripari necessari alla specie, che vive e si nutre tra queste.

Descrizione di Neolamprologus brichardi

Il suo corpo è allungato, elegante, con le pinne appuntite. La pinna caudale è a lira. Le pinne pettorali hanno un leggero prolungamento, così come la dorsale. Ha gli occhi di colore blu, e un bordino interno giallo, con dietro una macchia marroncina, proprio prima dell’opercolo branchiale. Presenta dei riflessi blu e gialli, sempre sull’opercolo. Essi vengono anche usati per riconoscersi ma non hanno alcuna funzionalità nella scelta dei partner sessuali.

I disegni cambiano motivo in base alla zona di provenienza [1], tuttavia in ogni esemplare differiscono per qualcosa. Durante le sfide, aprono gli opercoli e raddrizzano le pinne, in quel momento la dorsale mostra tutta la sua imponenza. Anche in questo caso le sfumature gialle e blu non si fanno più intense. Le pinne terminano con scaglie molto bianche, mentre il corpo è colore avorio, tendente al bruno.
Le condizioni di luce in acquario potrebbero portare a notare eleganti riflessi sui bordi delle pinne, in quanto essendo bianchi, brillano anche sotto luce tenue. Essendo il loro corpo colore avorio, tendente al grigio, potrebbe mostrare colori irreali, a causa della luce. Per esempio sotto luci molto fredde, sembrerà blu o violaceo. Invece sotto luci a temperatura più calda, il colore sembrerà vicino al marroncino tenue.

Neolamprologus brichardi

Ogni scaglia finisce con una tonalità più scura. Le pinne hanno una riga di scaglie gialle, prima di terminare con delle scaglie completamente bianche, come menzionato sopra.

Squame Neolamprologus brichardi
Ritaglio e zoom di una foto di un esemplare adulto, in cui possiamo notare i colori delle squame.

Gli esemplari hanno dei denti inferiori visibili. La bocca è leggermente più scura del resto del corpo.

Denti Neolamprologus brichardi
Nella foto si notano i denti inferiori dell’esemplare.

È interessante notare come il colore del corpo sia caratteristico di ogni esemplare, infatti ci sono pesci più scuri, e altri molto chiari, quasi bianchi.

Gli esemplari adulti raggiungono circa i 13 cm. Spesso arrivano anche a 15 (pinne comprese).
La loro crescita è lenta e vivono una decina d’anni, spesso anche di più se tenuti adeguatamente.
All’acquisto saranno probabilmente lunghi 3 cm, i riflessi citati sopra li formano col tempo, da giovani hanno quasi esclusivamente la sola macchia gialla visibile. Il pattern blu-giallo, sopra le branchie, compare verso l’anno di vita. A circa 2 anni raggiungono le forme adulte, tuttavia sono già sessualmente maturi a circa 9 mesi. Queste tempistiche dipendono un po’ anche dalla temperatura a cui vengono tenuti.

Dimorfismo sessuale

È difficile attribuire un sesso agli esemplari. Purtroppo in questa specie il dimorfismo non è così evidente. Possiamo però aiutarci con qualche indizio:

  • pinne, nel maschio le pinne pettorali sono leggermente più allungate, così come la caudale;
  • testa, la sua forma nel maschio mostra una piccola gibbosità, tuttavia l’esemplare deve essere adulto;
  • dimensioni, il maschio è leggermente più grosso.

Non ci sono altri segni evidenti, e i genitali non sono visibili mentre sono in acqua. Inoltre i punti precedenti sono solo indicativi e non è detto che si riescano a riconoscere grazie a questi ultimi.

Probabile femmina di Neolamprologus brichardi
Presunto esemplare femmina.

Comportamenti tipici

Riproduzione

Neolamprologus brichardi forma coppie fisse. In un acquario di solito c’è spazio per una sola coppia dominante. Depongono in anfratti, tra le rocce, nelle parti verticali nascoste e al riparo dai pericoli. Un esemplare può arrivare a deporre quasi un centinaio di uova, talvolta di più. Dopo la deposizione, passa qualche giorno prima che le uova si schiudano. La femmina sorveglia le larve prima e gli avannotti poi, tutto il tempo. Il maschio scaccia eventuali intrusi nella zona di riproduzione.

Avannotto di pochi giorni
Avannotto di pochi giorni.

Gli avannotti hanno una crescita molto lenta rispetto altre specie. L’acquariofilo può alimentarli semplicemente col cibo che usa anche per gli adulti. Non è necessario alimentare con naupli di artemia o altro vivo di piccole dimensioni.
La coppia di N. brichardi diventerà esperta nel crescere gli avannotti, e anche alimentando pochissimo riuscirà a portare all’età adulta diversi piccoli. Si possono osservare comportamenti del tutto particolari in questo periodo, molto caratteristici della specie ed enormemente studiati in campo scientifico.

Neolamprologus brichardi
Un aiutante sorveglia gli avannotti.

I nuovi nati entreranno a far parte delle dinamiche coloniali, osservabili anche in acquario. A circa 6 mesi avranno una dimensione tale da renderli appetibili come candidati per aiutare i genitori alla cura delle nuove nidiate.

Neolamprologus brichardi
Questo esemplare ha circa 2 mesi, i genitori potranno ora pensare a una nuova deposizione, tuttavia gli ex-avannotti rimarranno sorvegliati.

Gli adulti sceglieranno i piccoli che considerano utili alla difesa della prole e scacceranno gli altri. Gli esclusi saranno costretti a lasciare la colonia. Il numero di cacciati è veramente esiguo, tuttavia si riconoscono subito, perché presentano evidenti segni di morsi.

Neolamprologus brichardi
Quando crescono si allontanano dal luogo della deposizione, soprattutto per cercare cibo.

In un acquario con una colonia sarà solo la coppia dominante a riprodursi, e lo farà spesso, in casi estremi anche ogni 14 giorni. Non avendo stagionalità come altre specie, ogni tanto si fermano qualche mese, per una “pausa dalla riproduzione”. Solitamente invece, si riproducono circa ogni 2 mesi, cioè appena la nidiata precedente ha una dimensione tale da essere considerata quasi indipendente. Quest’ultima rimarrà comunque nei pressi della nidiata precedente, per poi occupare la propria posizione in colonia qualche mese più tardi.

Neolamprologus brichardi di 9 mesi
Esemplare di circa 9 mesi. Nonostante non sia già in età riproduttiva, in questo momento viene considerato adulto, e avrà un ruolo all’interno della colonia.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

Le dinamiche coloniali di questa specie sono di rimarcabile interesse. Essi riconoscono gli “aiutanti”, i “difensori” della colonia ma anche eventuali intrusi. E non dipende solo dalla specie o dall’aspetto generale, ma è stato dimostrato che riescono a riconoscersi anche singolarmente [11].

Neolamprologus brichardi che si sfidano
Due esemplari si stanno sfidando, estendendo le branchie. Se uno dei due non mostrerà sottomissione, ci sarà una lite per determinare l’esemplare dominante.

Gli esemplari non dominanti hanno convenienza ad aiutare la colonia a difendersi e a crescere, infatti essi verrebbero puniti nel caso non si comportassero correttamente nei confronti degli altri esemplari [12]. Dall’altra parte, la coppia dominante ha interesse ad avere aiutanti sia nella difesa del territorio, sia nella crescita e cura delle nidiate. Gli aiutanti crescono più lentamente rispetto i dominanti [10].

Neolamprologus brichardi aiutante
Un aiutante, si può osservare che nonostante l’età più che adulta, sia leggermente più piccolo rispetto i genitori. A sinistra, leggermente sfocato, un fratello ancora più piccolo ma anch’esso componente attiva della colonia.

N. brichardi è una specie molto aggressiva e inadatta ad abbinamenti con altre specie. Se il territorio della colonia è l’intera vasca, essi scacceranno tutti quelli che provano a nuotarci vicino.
In natura formano colonie molto, molto grandi (dall’ordine delle centinaia di esemplari, a salire) e la loro spiccata socialità permette loro di difendersi molto bene da eventuali invasori. In acquario possiamo osservare una miniatura di questa colonia e non passerà molto tempo prima che la vasca sia piena di principesse.

Colonia di Neolamprologus brichardi
Foto ritratta dal lato corto della vasca, con la colonia di N. brichardi che nuota tranquillamente per la vasca.

Possiamo sicuramente osservare che ogni tanto qualche esemplare viene preso di mira. Ce ne accorgiamo perché da un giorno all’altro presenterà delle ferite, soprattutto attorno la bocca. Probabilmente avrà anche tutte le pinne sfrangiate.

Neolamprologus brichardi che si sfidano
Due esemplari si stanno sfidando; notare gli opercoli branchiali aperti.

Esse rientreranno da sole nel giro di qualche giorno; nel caso non dovesse succedere e l’esemplare venisse ripetutamente preso di mira, significa che è un escluso e non c’è spazio per lui.
Esemplari ridotti come nella foto seguente andrebbero rimossi il prima possibile. Personalmente mi è capitato una sola volta di arrivare a dover togliere l’esemplare ma non escludo che in futuro mi possa capitare ancora.

Esemplare scacciato
Esemplare scacciato dalla colonia, se arrivano a ridurre un esemplare così, esso dovrà essere rimosso.

All’inserimento in vasca, solitamente si parte con più esemplari, tra questi si potrebbero formare più coppie, soprattutto se la vasca è sufficientemente grande. Esse potrebbero riprodursi, non è un problema, dopo un po’ troveranno un equilibrio e, se gli spazi lo permettono, la colonia dominante accetterà gli altri e non li escluderà. Se invece dovesse attaccarli ripetutamente, sarebbe opportuno rimuoverli e tenere solo la coppia formata.

Neolamprologus brichardi
Un aiutante sempre attento agli avannotti. Degli studi hanno mostrato come questi esemplari potrebbero mangiare qualche avannotto. Tuttavia i genitori valutano il rapporto “salvati/mangiati” capire la convenienza a tenere un aiutante in colonia.

Consiglio di partire con circa 7 esemplari, per avere una buona probabilità di avere maschi e femmine. Attendere il formarsi della coppia, e rimuovere gli altri se la vasca non ha sufficiente spazio, oppure se vengono rifiutati come detto sopra.

Neolamprologus brichardi
La situazione in vasca dopo qualche tempo sarà più o meno questa: esemplari di età diverse che sorvegliano i nuovi nati.

L’acquario per Neolamprologus brichardi

Dimensioni dell’acquario

La vasca ideale per questi ciclidi è lunga almeno 100 cm, e larga almeno 50. La sua altezza non deve essere indifferente, anche se già 50 cm sono sufficienti. Se si ha la possibilità di avere vasche di dimensioni maggiori, l’allevamento si semplifica di molto.
Le dimensioni della vasca dipendono dalla grandezza della colonia: una vasca troppo piccola costringe l’acquariofilo a pescare e cedere esemplari molto più spesso. Una vasca grande elude questo problema, che si potrebbe presentare ma in modo molto più diradato. Per esempio, se si disponesse di una vasca da 150 cm almeno: sarebbe da preferire quest’ultima.

Il suo allevamento in vasche di dimensione minore a quelle indicate è possibile ma fortemente sconsigliato! Costringe l’acquariofilo a periodici sfoltimenti degli esemplari. Infatti una vasca troppo piccola potrebbe non dar abbastanza vie di fuga a un eventuale “cacciato” dalla colonia. Inoltre la crescita della colonia potrebbe essere troppo veloce rispetto le capacità della vasca e l’acquariofilo potrebbe aver problemi a mantenere una qualità dell’acqua alta a causa del sovraffollamento.

Ricordo che una colonia è formata da molti esemplari, non due adulti e qualche sub adulto di pochi mesi.

Spesso si consigliano anche in vasche molto più piccole, questo forse non inficia nella loro crescita o benessere, ma vi costringerà a tenere un numero esiguo di esemplari. Sfoltire la colonia per tenere solo la coppia adulta, più qualche sub adulto di massimo 9 mesi, non vi farà godere di tutti i comportamenti coloniali della specie.

Allestimento per Neolamprologus brichardi

L’habitat dei Neolamprologus brichardi è caratterizzato da ampie zone rocciose, ricche di anfratti. Vivono a una profondità tale per cui la luce ha una prevalenza della componente blu, probabilmente si sono anche adattati a vedere con questo tipo di luce, come evidenziato da alcuni studi su specie in condizioni simili [5].

Il nostro acquario dovrà quindi disporre di un po’ di rocce per ricreare un habitat simile. Suggerisco l’utilizzo di polistirene come protezione del fondo in vetro dell’acquario, prima di rocce e sabbia. Assicuriamoci inoltre che il peso dell’allestimento completo non sia un problema per il mobile e anche per il pavimento.

Le rocce vanno scelte di varie misure, prendendone poche di grosse, ma con una lunghezza attorno ai 30 cm (quindi abbastanza grandi). Poi ne serviranno altre di dimensioni più piccole. Se volete dare un effetto naturale alla rocciata, bisognerebbe di inserire rocce sempre più piccole. Per esempio partiamo da delle rocce molto grosse, che faranno da protagoniste e da base per la nostra disposizione, poi ne prendiamo altre grandi la metà, e altre ancora grandi la metà di queste ultime, via così fino ad arrivare alle dimensioni di piccoli sassi da pochi centimetri.
Non ci deve preoccupare il fatto che possano essere calcaree. Bisogna comunque assicurarsi che non abbiano venature metalliche. La rocciata dovrà essere di dimensioni tali da lasciare sufficiente spazio libero, infatti, nonostante i Neolamprologus brichardi stiano spesso tra le rocce, si nascondano tra esse e depongano tra vari anfratti, molto tempo lo passano anche a nuotare nei loro paraggi.

Neolamprologus brichardi avannotti
Appena nati, gli avannotti stanno nei pressi della tana, qui li vediamo nuotare vicino un accumulo di rocce. Poco dietro si trova il luogo della deposizione delle uova.

Il fondo dovrà essere sabbioso e la granulometria della sabbia deve essere molto fine. Il colore va bene quello che preferiamo ma consiglio di cercare una sabbia di un colore diverso dal bianco acceso. I ciclidi che ospiteremo scavano, quindi assicuriamoci di mettere sabbia a sufficienza. Io ne ho usati 25 kg per un acquario di 120×60 cm di base. La sabbia va messa dopo le rocce.
Se tra le sabbie da acquari non ne trovate di vostro gradimento, spesso i centri di vendita che dispongono di materiali edilizi vendono la sabbia edile. Questa esiste anche di granulometria molto fine e il costo è irrisorio. Insisto nel suggerirvi di lavarla molto molto bene, è più sporca delle corrispettive da acquario.

Nelle zone frequentate dai brichardi è raro trovare piante acquatiche, sia per la poca disponibilità di nutrienti, sia per le profondità. Tuttavia nel Lago esistono diverse piante, e se vogliamo aggiungerne qualcuna nel nostro acquario possiamo farlo. Esse ci aiuteranno a mantenere sotto controllo gli inquinanti, oltre che a far sentire un po’ più sicuri i pesci ospitati. Consiglio piante resistenti, come la Vallisneria spiralis. Vanno bene anche altri tipi di Vallisneria, tuttavia la spiralis si trova anche nel lago!

Le piante possono comunque essere un riparo alternativo per i nuovi nati, ma anche per i sub adulti.

Ci sono altre piante presenti in esso, la maggior parte non sono trovabili facilmente in commercio: quindi conviene provare con specie che si adattano alle condizioni particolari dell’acqua, come Egeria sp., Ceratophyllum spo Anubias sp..
In ogni caso nel nostro layout le piante dovranno essere solo un contorno o un dettaglio e non le protagoniste della scena.

La Vallisneria, per esempio, offre un buon riparo, è inoltre endemica del lago, e resistente ai valori dell’acqua del Tanganica.

Volendo imitare l’ambiente naturale della specie, dovremo scegliere delle luci molto fredde. Questo può essere ottenuto abbinando LED a luce bianca fredda (6000 K o oltre), con LED blu.
La luce deve essere sufficiente alla crescita delle alghe e delle piante, esse ci aiuteranno a tenere sotto controllo gli inquinanti, daranno un effetto naturale all’allestimento, e ospiteranno della micro-fauna che farà da integrazione alla dieta degli ospiti.
Consiglio dei LED con una buona resa cromatica, per poter godere al meglio dei riflessi dei pesci.

Neolamprologus che ha trovato cibo tra le alghe.

Una raccomandazione inusuale nelle schede dei pesci ma che sento utile in questo tipo di allestimento, è quello di utilizzare una centralina per effetti di alba e tramonto. Non per dare un tocco pacchiano all’acquario ma per accendere gradualmente i LED.
Oramai a poche decine di euro possiamo trovare centraline e LED dimmerabili (per esempio le strisce LED 12 V o 24 V). Accendere gradualmente l’impianto luci non spaventerà i pesci come un’accensione improvvisa.

Le alghe ospitano molta micro-fauna.

Se il filtro non genera una corrente abbastanza consistente, consiglio l’aggiunta di una pompa di movimento. Magari puntata verso la superficie per favorire lo scambio d’ossigeno. Il lago Tanganica non ha forti correnti, tuttavia ha delle dimensioni tali da avere un vero e proprio moto ondoso. Una pompa di movimento da circa 1000 L/h (dipende poi dalle dimensioni della vasca) aiuterà a creare quella corrente in più necessaria. Noterete che gli avannotti non avranno problemi a contrastarla e che già dalle prime settimane avranno pinne ben formate.

Questo è il mio acquario dove ospito la colonia di N. brichardi.

Parametri dell’acqua

L’acqua per Neolamprologus brichardi dovrà essere sufficientemente dura, povera di inquinanti. Non arriveremo mai a valori di nitrati e fosfati come quelli del lago, tuttavia cercheremo di tenerli più bassi possibile, meglio se non rilevabili dai test da acquario.

Nel lago i valori di calcio e magnesio si attestano attorno rispettivamente 17 mg/L e 43 mg/L [6]. Questo corrisponde a un valore di circa 13 dGH. L’alcalinità invece è abbastanza alta (17 dKH). Essa dovrà riuscire a mantenere un pH attorno al 9.0. La conducibilità si aggira attorno a 600 µS/cm, con un residuo fisso attorno ai 460 mg/L.

Spesso i N. brichardi vengono tenuti in acqua di rubinetto, senza particolari altre preoccupazioni. Nonostante sia una specie particolarmente resistente, non è consigliabile ignorare così i parametri dell’acqua. Infatti se tenuti a durezze troppo basse e pH non idonei, tenderanno ad avere pinne più corte, cresceranno anche leggermente meno. Se l’acqua di rubinetto non ha problemi e può essere utilizzata per il mantenimento di specie acquatiche, allora basterà aggiungere i sali necessari a raggiungere i valori indicati al paragrafo precedente. Sarebbe tuttavia utile discutere caso per caso e, se vi andrà di farlo, vi invito ad aprire un topic sul forum per vagliare le varie soluzioni!

Il mantenimento prevede piccoli cambi settimanali. A differenza di altre specie, N. brichardi mal sopporta cambi consistenti: consiglio di cambiare circa il 10% d’acqua a settimana. Tuttavia non è obbligatorio: se viene saltato qualche cambio basterà sostituire leggermente più acqua nel successivo.
Si noti che questi cambi non sono atti a ridurre nitrati e fosfati, che dovranno rimanere comunque molto bassi, serviranno piuttosto a mantenere costanti i valori di sali assimilati dai pesci tramite processi di osmoregolazione.

Dopo un cambio probabilmente si formeranno delle bolle di ossigeno. Un buon momento per fare qualche foto un po’ diversa dal solito.

Temperatura

Viste le premesse del paragrafo che tratta della descrizione del lago, la temperatura minima consigliata è 23 °C. Un riscaldatore impostato a 24 °C ci garantirà di non scendere troppo. Inoltre con il variare delle stagioni la temperatura si alzerà naturalmente senza spreco di energia. Dobbiamo fare attenzione a non superare i 30 °C per lunghi periodi, poiché non salutare per i nostri ospiti.

Alimentazione

Neolamprologus brichardi è una specie prevalentemente carnivora [9]. Essi si nutrono di crostacei e altri organismi che trovano cercando tra le rocce, ma anche zooplankton e altri organismi in acque più libere.
Durante le ricerche capita che mangino anche del detrito vegetale, tuttavia non è una loro fonte di nutrizione. Naupli, copepodi, ostracodi, zooplankton invece contribuiscono alla loro dieta nel lago [9].

Cibo congelato di vario tipo, krill, mysis, dafnie…

Sono allevati da molti anni in cattività e non avranno problemi ad accettare cibi secchi. Consiglio tuttavia di somministrare anche cibi congelati, per esempio krill, mysis e dafnie. Anche i chironomus o altri insetti (o larve) vengono accettati.
Il cibo secco deve essere di buona qualità. Io ho provato il Tropical soft line Africa carnivore e mi sono trovato molto bene. Ha una forma sufficientemente piccola ma non troppo. È facilmente sbriciolabile nel caso ci siano avannotti. Viene accettato volentieri dai miei esemplari. Ho provato inoltre il Dennerle Cichlid Carny, che ha una consistenza dura e secca, non è facilmente sbriciolabile, ma viene accettato. Una volta in acqua diventa morbido, e i pesci non hanno problemi a mangiarlo. Il Northfin Krill Gold è anch’esso molto gradito, tuttavia fatica ad affondare; ho notato che bagnandolo prima in un bicchiere affonda più facilmente.

Raramente vedrete un brichardi mangiare dalla superficie, tuttavia se qualcosa galleggia sicuramente prima o poi lo mangiano. Ve ne accorgerete dal piccolo tuffo che fanno. Infatti, a differenza di altri pesci, essi non sono affatto abituati a mangiare dalla superficie e li “spaventa” avvicinarsene. Sarebbe bene evitare i cibi galleggianti.

Se si dispone di cibo vivo, anch’esso è ben accetto. Fornire saltuariamente lombrichi, per esempio, non è una cattiva idea. Se si hanno lumache in vasca, esse verranno ogni tanto predate.

Scatti simili non sono per niente rari, Neolamprologus preferisce mangiare ciò che trova nella colonna d’acqua. Non disdegna però nemmeno ciò che si appoggia sul fondo.

Conclusioni

Neolamprologus brichardi è una specie che mi ha affascinato moltissimo. Viene etichettato come “semplice”, ma questo non significa poco interessante, anzi! Credo che abbia il rapporto comportamenti/impegno più alto tra le specie di pesci.
L’impegno per mantenerlo si limita a pochi accorgimenti, quali un’acqua pulita, dei valori consoni e un’alimentazione adeguata. I comportamenti con cui ci ringrazia invece sono fantastici, secondi a pochissimi altri pesci. Sicuramente staremo incantati davanti un acquario con N. brichardi, e a ragion veduta! È inoltre possibile creare degli allestimenti gradevoli alla vista, rendendo l’acquario molto bello, che attira l’occhio e sicuramente lascerà acquariofili e ospiti incantati.

Neolamprologus brichardi

Tassonomia

Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Actinopterygii
Ordine Perciformes
Famiglia Cichlidae
Genere Neolamprologus
Specie brichardi

Fonti e Crediti

La foto del lago dallo spazio: By NASA – http://eol.jsc.nasa.gov/sseop/EFS/photoinfo.pl?PHOTO=STS51G-34-12, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26671324

Le altre fotografie sono di proprietà dell’autore dell’articolo e possono essere condivise solo previo suo esplicito consenso scritto.

Bibliografia

[1] Duftner, Nina & Sefc, Kristina & Koblmüller, Stephan & Salzburger, Walter & Taborsky, Michael & Sturmbauer, Christian. (2007). Parallel evolution of facial stripe patterns in the Neolamprologus brichardi/pulcher species complex endemic to Lake Tanganyika. Molecular phylogenetics and evolution.

[2] EDMOND, J. M., et al. Nutrient chemistry of the water column of Lake Tanganyika. Limnology and Oceanography, 1993, 38.4: 725-738.

[3] Lake Tanganyika, Wikipedia

[4] Neolamprologus brichardi, Wikipedia

[5] Carleton, K.L., Dalton, B.E., Escobar-Camacho, D., & Nandamuri, S.P. (2016). Proximate and ultimate causes of variable visual sensitivities: Insights from cichlid fish radiations. Genesis, 54 6, 299-325.

[6] Drs. J. F. Talling, Ida B. Talling. The Chemical Composition of African Lake Waters.

[7] Carsten J. Schubert, Edith Durisch‐Kaiser, Bernhard Wehrli, Bo Thamdrup, Phyllis Lam, Marcel M. M. Kuypers. Anaerobic ammonium oxidation in a tropical freshwater system (Lake Tanganyika).

[8] (per alcune descrizioni del lago e di alcuni valori) Lake Tanganyika. Sandy sedimentary bottom area in Ndole Bay. Zambia, Walter Vazquez 

[9] Mukwaya GASHAGAZA, Masta. (1988). Feeding Activity of a Tanganyikan Cichlid Fish Lamprologus brichardi. African Study Monographs. 9.

[10] Taborsky, Michael. (1984). Broodcare helpers in the cichlid fish Lamprologus brichardi: Their costs and benefits. Animal Behaviour. 32. 1236-1252. 

[11] HERT, Eva. Individual recognition of helpers by the breeders in the cichlid fish Lamprologus brichardi (Poll, 1974). Zeitschrift für Tierpsychologie, 1985, 68.4: 313-325.

[12] BERGMÜLLER, Ralph; TABORSKY, Michael. Experimental manipulation of helping in a cooperative breeder: helpers ‘pay to stay’by pre-emptive appeasement. Animal Behaviour, 2005, 69.1: 19-28.

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L’intento di questa breve guida è quello di aiutarvi a togliere i dubbi sul sesso dei vostri Apistogramma, soprattutto in fase giovanile, in modo da andare in negozio senza doversi fidare ciecamente del pescivendolo di turno.

Buona lettura e per qualsiasi dubbio vi aspettiamo sul forum!

Disclaimer: le foto utilizzate sono spesso di esemplari stressati e/o molto giovani; questa scelta è stata fatta per aiutarvi ulteriormente, poiché molto probabilmente così saranno i pesci quando andremo ad acquistarli.
Inoltre, ho scelto di trattare solo alcuni caratteri per semplicità: la conta dei pori facciali o l’analisi del DNA mi sembravano poco sensati da trattare in un articolo amatoriale e pratico.

Sessaggio nel genere Apistogramma

Prima di tutto è bene ricordare che più i pesci in questione sono vicini allo stato adulto e più sono a loro agio, più sarà facile giungere a una conclusione certa.

Ovviamente, a maturità sessuale, le femmine sono generalmente più piccole, presentano colori meno accesi e forme più smussate; di contro gli esemplari maschi saranno più grossi (fino al doppio delle dimensioni) con colori più accesi con una presenza maggiore di iridescenze e con vari allungamenti al pinnaggio.

Nell’immagine seguente abbiamo un esempio in cui si vedono a confronto un maschio e due femmine di Apistogramma baenschi a maturità sessuale raggiunta:

Apistogramma baenschi
In questi casi evidenti, raramente ci dovremmo porre la domanda “ma è una coppia?” quindi ora vedremo come comportarsi e cosa osservare quando siamo chiamati a rispondere alla domanda fatidica e la risposta non è così evidente.

Discriminanti maggiori nel dimorfismo degli Apistogramma

Pinnaggio

L’osservazione della forma e del colore delle varie pinne sono senza alcun dubbio uno dei fattori chiave per capire il sesso dei nostri Apistogramma.
Presentano infatti differenze notevoli tra i due sessi e ricordo di nuovo che più i pesci saranno tranquilli e tenuti in condizioni idonee più queste differenze saranno visibili.

Di seguito un’immagine per ricordare i nomi delle pinne:

Foto di Gianluigi Paravisi, A. trifasciata.

Pinna dorsale

In alcune specie sarà facile notare i maschi adulti poiché presenteranno allungamenti dei primi 3/4 raggi della dorsale (es: cacatuoides, trifasciata, bitaeniata, baenschi, …) e/o un prolungamento appuntito alla fine della dorsale (es: agassizii).
Nelle specie che presentano una morfologia simile le femmine avranno i raggi notevolmente più corti e tondeggianti.

Un fattore comune a molte specie invece è la terminazione della dorsale, già ben visibile in fase giovanile, che nei maschi sarà ad angolo acuto mentre nelle femmine sarà visibilmente arrotondata.

Ecco alcuni esempi per spiegarmi meglio.

Maschio e femmina di Apistogramma cacatuoides in cui si nota la diversa forma e lunghezza della pinna dorsale e della pinna caudale, il maschio presenta sempre angoli molto acuti e raggi allungati, la femmina angoli smussati e raggi più corti:

Apistogramma cacatuoides maschio

Apistogramma cacatuoides femminaMaschio e femmina di A165 dove si nota il sesso osservando la terminazione della dorsale:

A165 maschio

A165 femmina

Altro esempio in cui è possibile capire il sesso degli Apistogramma osservando la terminazione della dorsale, Apistogramma sp. “Tefé”:

Apistogramma sp Tefé maschioApistogramma sp Tefé femminaE, infine, con Apistogramma uaupesi ancora insacchettati:

Apistogramma uaupesi

Pinne ventrali

In gran parte delle specie la femmina presenterà la parte iniziale delle ventrali nera (sopratutto in riproduzione) e queste pinne resteranno prevalentemente più corte, difficilmente raggiungendo il penducolo caudale.
Al contrario, nei maschi le ventrali possono tranquillamente arrivare a superare la metà della caudale.
Altra discriminante è che in molte specie le ventrali delle femmine terminano con l’estremità tondeggiante.

Vediamo alcuni esempi con immagini.

Esemplari di Apistogramma cacatuoides in cui si nota la differenza di sesso dalle ventrali, la femmina le presenta nere e senza allungamenti a differenza del maschio:

Apistogramma cacatuoides maschio

Apistogramma cacatuoides femmina

Sessaggio di Apistogramma bitaeniata osservando gli allungamenti delle pinne ventrali:

Apistogramma bitaeniata maschio

Apistogramma bitaeniata femmina


Pinna anale

Con le pinne anali valgono le stesse osservazioni fatte precedentemente per la terminazione della pinna dorsale, ovvero: nel maschio si hanno pinne che terminano con angoli acuti e con possibili allungamenti, nella femmina si avrà una pinna anale più corta e tozza con l’estremità arrotondata.

Ecco un esempio con maschio e femmina di Apistogramma uaupesi:

Apistogramma uaupesi

Pinna caudale

La pinna caudale è un ottimo punto di riferimento per sessare gli Apistogramma.
A parer mio è uno dei migliori, anche con pesci giovani; inoltre spesso osservare la caudale aiuta molto anche nelle identificazioni delle specie.

Anche qui le femmine presenteranno forme molto più curvilinee; nei maschi di determinate specie (es: cacatuoides, bitaeniata, …) la caudale assume diverse forme (a lira, lanceolata, monolobata, bilobata) e presenterà degli spot.
In altre specie, la caudale avrà una forma arrotondata (tronca) in entrambi i sessi ma presenterà una diversa colorazione tra maschio e femmina.

Esempio di coda con forma simile ma diversa livrea in Apistogramma baenschi dove il maschio presenta una bordatura rossa assente invece nella femmina:

Apistogramma baenschi maschio

Apistogramma baenschi femmina

Esempio di forma diversa della caudale tra i due sessi con presenza, nel maschio, di spot in Apistogramma bitaeniata:

Apistogramma bitaeniata maschio

Apistogramma bitaeniata femmina

Altro esempio di forma diversa della caudale tra i due sessi questa volta con presenza di colore nel maschio, Apistogramma uaupesi:

Apistogramma uaupesi

Livrea

Come ultima caratteristica c’è la livrea.
Nel caso in cui stiamo cercando di sessare pesci giovani e stressati, l’osservazione della livrea difficilmente ci porterà a capirne il sesso.  Per questo motivo è bene non fare troppo affidamento su questa osservazione (si può eventualmente usare come prova aggiuntiva).

Nel caso in cui, invece, stiamo osservando pesci giovani ma adattati nelle nostre vasche, la colorazione dell’individuo in questione potrà aiutarci.
Ad esempio, nella foto sottostante c’è un giovane maschio di Apistogramma bitaeniata in cui si vedono chiaramente diversi colori sulla dorsale, assenti invece nelle femmine.

Apistogramma bitaeniata

Ora che sapete identificare più facilmente i ciclidi nani avete un motivo in più per sceglierli come ospiti della vostra prossima vasca!


Bibliografia

Römer Uwe, Cichlid Atlas Vol. 1, Mergus Verlag, 2001.

Römer Uwe, Cichlid Atlas Vol. 2, Mergus Verlag, 2006.

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