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Impianto CO2 in acquario

CO2 (CC0)

L’impianto CO2 in acquario è spesso argomento dibattuto, tra chi ne propugna l’uso assoluto ed obbligatorio e chi grida “vade retro“.

Chi ha ragione?
Scopriamolo insieme, comprendendo quello che l’impianto fa!

A cosa serve l’impianto CO2 in acquario?

L’impianto CO2 serve per immettere anidride carbonica (CO2) in acquario.

Gli scopi principali di questa immissione sono due:

  1. immettere carbonio in acqua, affinché possa essere usato dalle piante;
  2. acidificare l’acqua, ovvero abbassarne il pH.

Vediamo nel dettaglio.

1. Immissione di carbonio in acqua

Il carbonio è uno degli elementi nutritivi più richiesti dalle piante e, quasi sempre, negli acquari è il fattore limitante.
Il fattore limitante è quell’elemento che, secondo la Legge del Minimo, limita (da cui il nome) lo sviluppo della pianta.

Immettendo anidride carbonica, inseriamo carbonio e quindi andiamo a fornire proprio quell’elemento che nella maggior parte dei casi manca per un vigoroso sviluppo della flora.

2. Acidificazione dell’acqua

Inserendo anidride carbonica in acqua si ha un abbassamento del pH dell’acqua.

Tale acidificazione è spesso gradita, sia per chi tiene le piante (che generalmente apprezzano un pH sub-acido) sia per chi tiene alcune specie di pesci che richiedono un pH minore.

Ma serve l’impianto per la CO2 nell’acquario?

L’unica risposta sensata a questa domanda è: dipende.
Diffidare da chi dice diversamente, poiché probabilmente non ha capito bene a cosa serva l’impianto e dunque lo ritiene o sempre necessario o sempre inutile.

Abbiamo visto che gli scopi dell’impianto sono principalmente due, ovvero fornire carbonio alle piante e acidificare. Vediamo quindi di spiegare meglio il dipende.

Fornire carbonio alle piante

Negli acquari è sempre presente del carbonio, anche dove non c’è erogazione artificiale.

Questo carbonio proviene dalla decomposizione della sostanza organica (mineralizzazione), prima nella forma di POC e poi di DOC.
Il POC è il particolato ad inizio decomposizione (i residui che vediamo nel fondo o nei materiali filtranti) mentre il DOC, Carbonio Organico Dissolto, può essere visto come lieve ingiallimento dell’acqua.

La decomposizione batterica della sostanza organica, passando nelle forme prima di POC e poi di DOC, rilascia CO2 (quindi carbonio) come prodotto di scarto.

Altro carbonio proviene, inoltre, dal discioglimento in acqua dell’anidride carbonica presente in atmosfera (nel 2018, circa 410 ppm, in aumento), che avviene per ragioni di equilibri gassosi.

Composizione dell’atmosfera terrestre.

Altro carbonio ancora, infine, è presente nei carbonati e nei bicarbonati presenti nell’acqua usata per riempire l’acquario oppure provenienti da pietre e altri materiali calcarei.

Per dare qualche numero, tra CO2 presente in equilibrio e CO2 data dalla decomposizione, è possibile arrivare ad avere circa 5-8 mg/l di CO2 disciolta in acqua, più o meno il triplo di concentrazione rispetto a quella che ci sarebbe solo per l’equilibrio con la CO2 atmosferica.

Viceversa, con un impianto di erogazione artificiale, si possono arrivare a decine di milligrammi/litro di anidride carbonica disciolta (in media 20-40 mg/l).

Le piante hanno quindi sempre bisogno di erogazione artificiale di CO2?

Come si può intuire, la risposta è no, non sempre ne hanno bisogno.

Senza erogazione di CO2, il carbonio presente sarà certamente minore di quello che avremmo con impianto presente. Le piante, quindi, cresceranno più lentamente, adeguando il loro ritmo di crescita al fattore limitante (di solito, proprio il carbonio).

Cabomba cresciuta senza erogazione di anidride carbonica.

Erogando CO2 artificialmente, invece, acceleriamo la crescita delle piante e consentiamo ad alcune piante una crescita molto più agevole in acquario.
Questo è particolarmente vero per le piante che solitamente vivono in forma emersa o comunque in prossimità della superficie.
Ad esempio, varietà di Alternanthera, Cabomba, Myriophyllum o Limnophila in natura vivono emerse o comunque sulla superficie, dove è massima la concentrazione di CO2 proveniente dall’atmosfera.

Viceversa, le piante più lente (solitamente le piante sciafile, ovvero amanti dell’ombra, come le Anubias) o le galleggianti non beneficiano più di tanto dell’erogazione di CO2.

Le piante lente, infatti, hanno un metabolismo… lento, per cui, generalmente, in acquario, non hanno necessità di maggiori quantità di anidride carbonica rispetto a quella naturalmente presente.
Le piante galleggianti, invece, prelevano il carbonio direttamente dalla CO2 atmosferica (“vantaggio aereo”), dunque a loro non interessa la concentrazione di CO2 in acqua.

Quando può tornare utile l’impianto?

Se si hanno piante a crescita rapida e che in natura crescono emerse o nei pressi della superficie, l’erogazione di CO2 può essere senz’altro utile.

In particolare, se l’acquario ha molte piante, come un plantacquario o un acquario olandese o danese, l’erogazione di CO2 è praticamente fondamentale, specialmente se sono presenti specie particolari.

Il Syngonanthus macrocaulon è una pianta che ha estrema difficoltà a crescere senza erogazione liberale di anidride carbonica.

Viceversa, in un acquario mediamente piantumato, con piante a crescita media, l’impianto CO2 può anche essere superfluo. Ci si dovrà “accontentare” di una crescita media delle piante, ma alla fine credo che lo scopo dell’acquariofilo sia quello di avere piante belle e in salute, non potare secchi di piante…

Acidificare l’acqua

Il secondo scopo degli impianti CO2 è quello di acidificare, ovvero abbassare il pH.

L’acidificazione per mezzo della CO2 dipende da vari fattori e quindi il risultato non è sempre quello sperato. Ad esempio, tra i fattori che influenzano questo effetto abbiamo: movimento della superficie dell’acqua, sostanze tampone presenti ed efficienza del mezzo di diffusione.

Quindi ho sempre bisogno di erogazione artificiale di CO2 per acidificare?

No, l’acidificazione si può fare per mezzo tanti altri mezzi.
Ad esempio:

Quando può tornare utile l’impianto?

Se lo scopo è solo (o principalmente) quello di acidificare, l’impianto CO2 non è la scelta migliore. Questo perché c’è il rischio di dover inserire troppa CO2 per ottenere l’acidificazione desiderata. Troppa CO2 può dar fastidio ai pesci e alle piante, oltre a non fornire alcun beneficio aggiuntivo, oltre all’acidificazione.

Se serve abbassare il pH, le soluzioni migliori sono quelle di fare cambi d’acqua per abbassare le durezze ed eventualmente poi aggiungere sostanze acidificanti.

Tra le sostanze acidificanti, foglie e legni sono probabilmente i più graditi ai pesci poiché non solo acidificano ma rilasciano anche sostanze utili e benefiche (chelanti naturali, blandi antibatterici, sostanze lenitive etc) e, se aggiunte in abbondanza, possono dare gradevoli tonalità ambrate all’acqua.
Se non si vuole l’acqua ambrata, esistono estratti decolorati, che mantengono le proprietà benefiche di legni, foglie etc ma senza ambrare.

Avete valutato se serve l’impianto CO2 per l’acquario?

Bene! Se vi serve (o semplicemente siete curiosi), vediamo le componenti principali di un impianto.

Componenti di un impianto CO2 per acquario

Le componenti di un impianto CO2 per acquario sono le seguenti:

  1. una fonte di CO2
  2. regolatore di erogazione
  3. tubazioni
  4. mezzo di diffusione del gas
  5. accessori opzionali

Vediamole nel dettaglio.

1. Fonte di CO2

Per immettere anidride carbonica in acquario serve dell’anidride carbonica.

Ovvietà a parte, i più comuni mezzi per avere CO2 sono:

2. Regolatore di erogazione

Il regolatore di erogazione serve per impostare quanto gas erogare.

Se stiamo usando delle bombole, non si tratta di un semplice rubinetto ma di un riduttore di pressione, che oltre a regolare quanta CO2 viene erogata, abbassa la pressione del gas.

Bombola ricaricabile con adattatore e riduttore di pressione.

Infatti, la pressione delle bombole è di circa 40 bar per le bombole usa e getta e di circa 60-65 bar per le bombole ricaricabili. Se aprissimo il rubinetto di queste bombole, le scaricheremmo in pochi secondi (pensate ad un estintore, che dura quattro-cinque secondi).

Il riduttore di pressione, invece, abbassa questa pressione fino ad un bar circa e la mantiene costante anche in seguito allo scaricamento della bombola.
(Si può avvertire la riduzione di pressione toccando il riduttore e constatando che è più freddo della bombola).

Se invece stiamo usando dei metodi artigianali (lieviti, acidi), questi non raggiungono pressioni elevate (anzi, ad esempio, i lieviti diminuiscono la produzione di CO2 all’aumentare della pressione).
Con questi metodi, quindi, non è necessario un riduttore di pressione, ma basta solo un rubinetto per regolare la quantità.

3. Tubazioni

Le tubazioni hanno il solo scopo di collegare le varie parti dell’impianto.

Esistono tubi appositi per CO2, anche se non in pochi hanno usato dei tubi comuni, più economici, senza problemi. Ad esempio, i tubi per micro-irrigazione solitamente vanno bene; quelli per aeratore, invece, sono di solito troppo morbidi e tendono a perdere gas, non reggendo la pressione (questo è vero specialmente se si usano bombole).

Come nota a lato, è sempre bene verificare eventuali perdite di gas nei raccordi dei tubi.

4. Mezzo di diffusione del gas

Il mezzo di diffusione del gas è il componente più delicato e critico dell’impianto e il suo compito è quello di sciogliere più gas possibile in acqua.
L’anidride carbonica, infatti, non è facile da sciogliere e tendenzialmente formerà delle bolle che salgono in superficie e scoppiano. Quella è CO2 persa, che non è servita a nulla.

Esistono vari metodi per disciogliere il gas. I principali sono:

Sistema che usa la micronizzazione e poi lo scioglimento per effetto Venturi.

Per tutti i modelli di diffusore, è bene verificare che sia presente una valvola di non ritorno (se non già presente nel riduttore di pressione).
Questo è importante; serve per evitare che l’acqua torni indietro verso la bombola o verso i contenitori per la produzione artigianale.

5. Accessori opzionali

Esistono svariati accessori per gli impianti CO2.
Questi accessori non sono fondamentali per il funzionamento “base” di un impianto.

Alcuni esempi di accessori:

Scelta dell’impianto

Per la scelta dell’impianto, si deve decidere sostanzialmente che fonte di CO2 usare e che mezzo per scioglierla in acqua.

In commercio esistono impianti completi, la maggior parte con bombola usa e getta, completi di mezzo di diffusione, tubazioni e riduttore di pressione.
Alcuni kit comprendono una bombola ricaricabile, ma solitamente costano di più.
Quasi sempre i kit comprendono anche un mezzo per diffondere la CO2 (micronizzatore, flipper etc).

Altri kit che si possono trovare sono quelli a lieviti, quindi un contenitore in cui inserire delle pastiglie, acqua e zucchero per far partire la produzione di CO2. (Alcuni impianti usano principi diversi, per cui conviene leggere le istruzioni riportate).

In alternativa, è possibile produrre CO2 con metodi artigianali, usando comuni bottiglie da bibita gassata (reggono meglio la pressione). Il costo di questi impianti è quasi irrisorio, molto inferiore agli impianti a bombola, visto che si costruiscono con poco e si alimentano con sostanze economiche e facilmente reperibili (zucchero, lievito, bicarbonato, acido citrico…).

Facciamo ora alcuni confronti.

Confronto fra sistemi artigianali e sistemi a bombola

I sistemi artigianali hanno il grande vantaggio di costare molto poco, sia in fase di costruzione, sia in fase di ricarica.
Viceversa, gli impianti a bombola hanno sia un costo di acquisto sia un costo di esercizio (ricarica o sostituzione bombole) molto maggiore.

Gli impianti a bombola, inoltre, richiedono anche gli appositi riduttori di pressione, altrimenti non si riesce a prelevare correttamente il gas dalle bombole.
Viceversa, per gli impianti artigianali, basta un semplice rubinetto.

I principali vantaggi degli impianti a bombola sono la lunga durata fra le ricariche o le sostituzioni della bombola e la costanza dell’erogazione. Gli impianti a bombola, inoltre, possono essere accesi e spenti a piacimento (ad esempio, mediante elettrovalvola o controller del pH).
Gli impianti artigianali, invece, soffrono di un’erogazione poco costante; ad esempio, la produzione di gas da parte dei lieviti dipende anche dalla temperatura ambientale.

Infine, gli impianti artigianali, lavorando a pressioni basse, non possono rifornire correttamente tutti i mezzi di diffusione. Ad esempio, alcuni diffusori a setto poroso richiedono pressioni piuttosto elevate per funzionare, pressioni che possono essere fornite con le bombole.

Confronto fra bombole usa e getta e ricaricabili

Le bombole ricaricabili hanno un costo di acquisto iniziale più elevato, rispetto alle bombole usa e getta, tuttavia il costo di ricarica è molto più basso.

Differente attacco di bombola ricaricabile (in alto) e bombola usa e getta (in basso).

Ad esempio, dove carico le bombole chiedono 3 euro al kg (quindi 6 euro per una ricarica di una comune bombola da 2 kg); il costo invece di una bombola ricaricabile da 500 grammi è pari ad almeno 10 euro.

Pertanto la bombola ricaricabile è tanto più conveniente quanta più CO2 si consuma. È quindi il caso di acquari grandi o comunque se si ha in progetto di mantenere l’acquario per molto tempo.
Se invece si ha un acquario piccolo (diciamo, meno di 70-80 litri) o si vuole fare una prova, si può andare di usa e getta.

Indicativamente, una bombola da 500 grammi consente un’erogazione di alcuni mesi in un acquario di 80-100 litri, quindi c’è tutto il tempo per valutare consumi, prestazioni e opportunità dell’erogazione.

Piccolo svantaggio delle bombole ricaricabili è il costo dell’adattatore per ricaricabili, poiché le bombole usa e getta hanno un attacco diverso. L’adattatore non costa molto e dura “per sempre”.

L’adattatore permette di collegare i riduttori di pressione alle bombole ricaricabili. Non serve adattatore per usare le bombole monouso.

Altro svantaggio, è il dover revisionare/collaudare le bombole con regolarità e il sostituirle a fine vita.

Confronto fra i sistemi di diffusione

I sistemi di diffusione della CO2 più efficienti sono quelli che riescono a sciogliere tutta la CO2 (o il più possibile). Quindi non dovremmo vedere troppe bolle in uscita dal diffusore che arrivano in superficie e scoppiano.

Fra i sistemi che rendono meglio ci sono sicuramente i reattori e i sistemi a Venturi, che riescono a sciogliere molto bene la CO2, se adeguatamente implementati (buon flusso d’acqua, giusta lunghezza del tubo).

Seguono i diffusori a setto poroso, ma qui i risultati non sono costanti, poiché molto dipende dalla qualità del setto e dalle dimensioni delle bolle che riesce a produrre (più sono piccole, meglio è).
Infatti esistono diffusori a setto poroso di scarsa qualità che producono bolle di dimensioni piuttosto grandi, che salgono rapidamente in superficie senza sciogliersi.
Da notare che spesso questi diffusori richiedono notevoli pressioni di esercizio (sopra 1-1.5 bar), difficilmente raggiungibili con gli impianti artigianali a lieviti o acidi e bicarbonato.

Prestazioni variabili anche per i flipper, le cui prestazioni dipendono molto dalla lunghezza del percorso, dalle dimensioni delle bolle e dall’eventuale passaggio d’acqua.
Se le bolle riescono ad essere disciolte completamente o quasi prima della fine del percorso, l’efficienza è ottima.

Le prestazioni, infine, di diffusori non appositi (come le pietre porose per aeratore) sono molto modeste.

Ricordiamo, comunque, che nel nostro forum abbiamo le sezioni Tecnica e Bricolage pronte a consigliarti sull’acquisto di questo tipo di impianto (o sulla sua opportunità). Vieni pure a chiedere o ad aiutare gli altri!

Problemi comuni con gli impianti CO2

In questa ultima parte dell’articolo vedremo alcuni dei problemi e delle domande più comuni riguardanti questi impianti.

Se avete altri dubbi o domande a cui non trovate risposta, non esitate a chiedere nei commenti o nelle nostre pagine social 😉

Come regolare l’erogazione di CO2?

L’erogazione di CO2 va regolata in maniera da avere la giusta quantità di gas disciolta in acqua.

Come abbiamo visto, indicativamente valori attorno ai 20-25 mg/l sono adeguati per la crescita della maggior parte delle piante; per le più rapide od esigenti o per acquari con tantissime piante, si può salire un altro po’, verso i 30-35 mg/l.

È importante, quando si inizia ad erogare, aumentare molto gradualmente la somministrazione, per non alterare troppo in fretta valori dell’acqua (in particolare il pH).

Procedura per la regolazione della CO2

Solitamente adotto questa procedura per la regolazione (senza controller o elettrovalvole):

  1. Installo l’impianto
  2. Inizio ad erogare pochissima CO2, qualche bolla al minuto (se abbiamo modo di contare le bolle)
    • Nota: le bolle al minuto non sono una buona misura della CO2 erogata ma vanno bene per dire se stiamo erogando “poco” o “tanto”.
  3. Aspetto qualche ora, così da lasciare all’impianto il tempo di stabilizzarsi, poter misurare la variazione di CO2 nell’acqua e verificare eventuali segni di stress da parte dei pesci.
  4. Se necessario, effettuo altre piccole regolazioni, controllando di volta in volta gli esiti. In particolare, è bene verificare segni di difficoltà respiratoria prima dell’accensione delle luci, ovvero quando c’è la massima concentrazione di CO2 durante la giornata.

L’importante è, quindi, partire con un’erogazione bassa ed alzarla piano piano.
Non sono infatti rari i casi di chi ha combinato guai partendo da un’erogazione troppo alta, magari basandosi su improbabili calcoli di bolle/minuto.

Sto erogando la giusta quantità di CO2?

La quantità di CO2 presente naturalmente in acqua, grazie a decomposizione ed equilibrio gassoso con l’anidride carbonica atmosferica, è di circa 3-8 mg/l.

Con gli impianti CO2 si può erogare fino ad arrivare a concentrazioni di circa 30-40 mg/l, che sono ritenute più che sufficienti per le piante. Anzi, già con 20-30 mg/l si possono avere ottimi risultati.

Per misurare la quantità di CO2 presente esistono vari metodi:

Se non si hanno pesci, si può provare a regolarsi con il pearling delle piante. Il pearling consiste nella saturazione di ossigeno dovuta all’attività fotosintetica delle piante, che si vede sotto forma di bolle sulle piante stesse.
Se le piante riescono a portare a saturazione l’ossigeno, significa, in generale, che hanno il necessario per crescere.

Mayaca con pearling.

La regolazione quindi consiste nell’aumentare gradualmente l’erogazione (e la fertilizzazione, vedi più avanti) fino ad arrivare ad avere un buon pearling dopo qualche ora.
È bene comunque verificare anche il pH, per non arrivare ad acidificare troppo – generalmente, un pH tra il 6-6.5 va bene per la maggior parte delle piante e per l’assorbimento dei nutrienti.

Sto erogando troppa CO2?

Non conviene aumentare troppo l’erogazione di CO2 perché oltre a sprecare inutilmente gas si rischia di far danno alle piante e ai pesci.

In particolare, alcune piante acquatiche non tollerano elevati contenuti di CO2 (sopra i 50 mg/l), poiché, secondo alcuni studi [1], l’eccesso di CO2 abbassa il pH all’interno delle cellule della pianta. Questo blocca il funzionamento del principale enzima fotosintetico, il RuBisCO (Ribulosio Bisfosfato Carbossilasi/Ossigenasi), limitando le capacità fotosintetiche delle piante.

Analogamente, troppa CO2 può dar fastidio ai pesci, rendendo difficile la respirazione. Se vediamo che in seguito all’inserimento di CO2 i pesci boccheggiano o respirano sulla superficie, probabilmente stiamo erogando troppa CO2 o abbiamo erogato CO2 troppo in fretta, causando una troppo brusca variazione dei valori.

Quante bolle di CO2 devo erogare?

È fondamentalmente scorretto parlare di bolle/minuto poiché ogni impianto (artigianale o meno) ha differenti efficienze e ogni contabolle produce bolle di dimensioni diverse.

Esempio di contabolle.

Quindi la domanda, così posta, non ha alcun senso e può portare ad avere risultati insoddisfacenti.

Due usi sensati delle bolle/minuto sono:

  1. Valutare se si stia erogando troppo poco o troppo tanto. Ad esempio, 200 bolle/minuto in un 50 litri probabilmente sono sintomo di impianto altamente inefficiente, mentre 1 bolla al minuto in 300 litri è quasi sicuramente troppo poco.
  2. Valutare la regolarità di erogazione dell’impianto, controllando il ritmo di passaggio delle bolle. Idealmente, le bolle dovrebbero passare nel contabolle con costanza, “scandendo” bene il tempo.

CO2 e fertilizzazione

Come abbiamo visto sin dall’inizio, il carbonio è solitamente il fattore limitante per le piante d’acquario, come dice la Legge del Minimo.

Inserendo CO2 andiamo a coprire questo fattore limitante, lasciando alle piante la possibilità di crescere liberamente.

Va da sé che, quindi, in seguito all’introduzione della CO2 anche la fertilizzazione dovrà essere adeguata.

Purtroppo talvolta accade che l’impianto venga spacciato come panacea contro alghe e problemi delle piante. Uno inserisce l’impianto e non risolve niente, perché non ha adeguato la fertilizzazione e rimane deluso dalla spesa per l’impianto, spesso considerevole.

Rimarchiamo: da solo, l’impianto CO2 risolve poco o nulla, se non è accompagnato da adeguata illuminazione e fertilizzazione!

Analogamente, si possono avere piante belle, anche rapide, e assenza di alghe anche senza impianto CO2, basta che la fertilizzazione, i livelli di nutrienti e la luce siano ben proporzionate.

Serve l’elettrovalvola per l’impianto CO2?

L’elettrovalvola è un dispositivo elettrico che può aprire o chiudere l’erogazione di CO2, solitamente secondo quanto impostato con un temporizzatore.

Esempio di elettrovalvola (va collegata ad un temporizzatore).

Solitamente chi usa l’elettrovalvola attiva l’erogazione solo durante il fotoperiodo: l’idea è quella di fornire CO2 solo quando le piante la assorbono, ovvero quando le luci sono accese.
Questo porta ad un risparmio di CO2.

Come si può intuire, questa temporizzazione non è essenziale, poiché la CO2 erogata di notte non è sprecata: serve da accumulo per il giorno successivo.
Inoltre, non vi sono sbalzi di pH dati dall’erogazione discontinua (ci sono solo le variazioni lente dovute all’assorbimento da parte delle piante).

L’acquisto e l’uso dell’elettrovalvola sono quindi soggettivi e da valutare caso per caso.

Personalmente non la uso: erogo CO2 continuamente. Così facendo, ho accumulo durante la notte, ho un pH che non sbalza e risparmio l’acquisto dell’elettrovalvola; sul lungo periodo, però, ho una spesa leggermente più alta dovuta al maggior consumo di gas.

Serve il controller del pH per l’impianto CO2?

Il pH-controller è uno strumento che può aprire e chiudere l’erogazione di CO2 al fine di ottenere un pH obiettivo, impostabile.
Ad esempio, si può impostare un pH pari a 6.7 (numero a caso) e lo strumento aprirà e chiuderà l’erogazione per mantenere questo pH.

Esempio di pH-controller.

I vantaggi del controller sono la costanza nel pH durante il giorno (mentre senza si avrebbero oscillazioni).

Gli svantaggi sono, oltre al costo (ma ognuno fa i conti per sé), il fatto che va regolarmente ritarato e sostituito l’elettrodo e il fatto che il pHmetro non è capace di discriminare tra l’acidificazione prodotta dalla CO2 e l’acidificazione dovuta ad altre cause.
In particolare, bastano già un cambio d’acqua che alteri le durezze oppure l’inserimento di qualche sostanza acidificante per alterare l’erogazione mediante questo strumento.

Si tratta quindi di un mezzo che va saputo usare, non va semplicemente attaccato e impostato.

Come migliorare l’efficienza dell’impianto?

Un impianto ha la massima efficienza quando riesce a disciogliere tutto il gas. In pratica, non dovremmo riuscire a vedere bolle che salgono e scoppiano in superficie.

Non sempre si riesce ad ottenere un’efficacia di scioglimento del 100%, tuttavia è bene cercare di aumentarla il più possibile, per consumare meno gas.

Ecco una serie di consigli che riescono, generalmente, ad aumentare l’efficacia dell’erogazione di CO2:

Quanto dura una bombola per la CO2?

Una domanda comune è sulla durata della bombola della CO2 ed è strettamente correlata all’efficienza dell’impianto.

Le risposte possono essere solo indicative, essendo le esigenze e i mezzi di erogazione diversi per ogni acquario.

Ad esempio, nel mio plantacquario da 90 litri dove erogo parecchia CO2, 24 ore su 24, una bombola da 2 kg mi dura circa 9-10 mesi, quindi con 1 kg di CO2 copro circa 4-5 mesi.
A livello di spesa, spendo in ricarica circa 6 euro ogni volta, dunque poco più di 7 euro l’anno. Se usassi le bombole usa e getta da 500 grammi, spenderei almeno 40-50 euro l’anno.

È chiaro che le le dimensioni dell’acquario cambiano o si eroga più o meno CO2 in maniera più o meno efficiente, i consumi cambieranno.

Riassumendo

L’impianto CO2 può essere utile, se non fondamentale, in alcuni casi.
Non è sempre necessario e non può risolvere, da solo, problemi di alghe o alle piante.

Esistono varie tipologie di impianto e ne abbiamo visto le varie componenti,  spiegando le opzioni più comuni e guardando vantaggi e svantaggi.

Abbiamo visto anche gli accessori, valutando se sia o meno il caso di usarli ed evidenziando quali accortezze sono necessarie.

Ultima raccomandazione: quando si inserisce l’impianto, è bene fare attenzione all’impostazione dell’erogazione, per non avere problemi, e adeguare la fertilizzazione poiché cambia il fattore limitante.

E quindi… vi serve l’impianto CO2? Se sì, quale acquisterete?
Ora avete gli strumenti per valutare meglio!


Bibliografia e Crediti

Walstad DL, Ecology of the Planted Aquarium. Echinodorus Publishing, 3rd edition (2012).

[1] Weber JA et al., Variations of photosynthesis in Elodea densa with pH and/or high CO2 concentrations. Photosynthetica 13: 454-458 (1979)

Grafico composizione atmosfera: Di Dbc334 – Wikimedia Commons, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=41285574

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