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PMDD in acquario

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In questo articolo, dal taglio più storico che acquariofilo, andremo a vedere cosa sia il PMDD, spesso nominato quando si parla di fertilizzazione in acquario.
Può essere infatti interessante capire da dove venga il PMDD, per cosa sia stato originariamente progettato e cosa ne sia uscito poi fuori.
Vedremo, infine, cosa si può imparare da questa lezione di acquariofilia storica.

Andiamo a scavare nell’acquariofilia di oltre vent’anni fa!

Dove è cominciato tutto – Conlin e Sears

Tutto è nato dalla ricerca di un metodo per contrastare la presenza di alghe e cianobatteri negli acquari.
Kevin C. Conlin e Paul L. Sears, due ricercatori canadesi, hanno sperimentato che piante ben nutrite, con leggeri eccessi di nutrienti e scarsa presenza di fosforo riuscivano a surclassare le alghe.

Erano partiti dalla constatazione che, dopo aver speso molti soldi in luci, substrati, fertilizzanti e altri prodotti, gli acquariofili erano ricompensati da un rigoglioso tappeto di alghe, spesso molto resistenti e di difficile eradicazione.

Nella disperazione, molti acquariofili sperimentavano con varie forme di controllo delle alghe, inclusi alghicidi, lavaggi con candeggina, antibiotici (contro i cianobatteri), rimozione meccanica e l’introduzione di un assortimento di pesci ed invertebrati mangia-alghe. L’alimentazione veniva ridotta, il fotoperiodo diminuito e vari tipi di fertilizzanti venivano testati finché, prova e riprova, si raggiungeva una tregua.

All’epoca (l’articolo è stato pubblicato nel 1996), non c’erano molte informazioni scientifiche a disposizione degli acquariofili per tentare di capire quali parametri modificare per ottenere qualche risultato (spettro luminoso, macro- o micro-nutrienti, chimica dell’acqua…).
Una delle opzioni funzionanti, per acquariofili dalle tasche profonde (cit.), era il sistema Dupla, un protocollo dell’omonima azienda che comprendeva (e comprende tutt’ora) fertilizzanti liquidi e in pastiglie, biocondizionatore, substrato e altri prodotti. Tuttavia si trattava di un metodo costoso, di composizione ignota, poco istruttivo e aggiustabile secondo le esigenze.

Conlin e Sears hanno quindi cominciato a sperimentare con vari acquari, testando varie combinazioni di elementi e registrando tutte le osservazioni.

Dopo mesi di osservazioni, sono giunti alla seguente ipotesi:

quando la luce, l’anidride carbonica, l’azoto, il potassio, tutti i micronutrienti e gli elementi traccia sono presenti in leggero eccesso rispetto alla concentrazione di fosforo disponibile, certe piante negli acquari sono in grado di competere contro alghe e cianobatteri, privandoli di questo nutriente essenziale.

Non riescono a dare una spiegazione di questo fatto, se non alcune ipotesi; propongono inoltre di fare ulteriori prove, anche con acquari di controllo, per confermare o meno il funzionamento della limitazione del fosforo, anche perché non avevano a disposizione un metodo per misurare direttamente il fosforo negli acquari.

La gestione di Conlin e Sears

Danno comunque alcune raccomandazioni generali sulla gestione degli acquari. Ad esempio, per i valori propongono:

– 20-60 lumen/litro (0.5-1 watt/litro di fluorescenti), 12 ore al giorno
– 10-15 ppm di anidride carbonica
– 3-5 ppm di nitrati
– 0.1 ppm di ferro
– pH 6.5-7.0

mentre, come approccio generale per la fertilizzazione, consigliano la seguente procedura:

  1. Somministrazione giornaliera di un mix di microelementi con ferro e magnesio, basando il dosaggio sui risultati del test del ferro (all’epoca già disponibile). Oltre ai microelementi, andava somministrato nitrato di potassio per integrare circa 3 ppm di potassio.
  2. Una volta la settimana, controllo dei nitrati: se assenti, andavano integrati, altrimenti andava aggiunto del solfato di potassio.
  3. Se i nitrati non scendevano anche con l’aggiunta di solfato di potassio, c’era qualche altro fattore limitante, dunque andava aumentato l’apporto di altri elementi (microelementi, nitrato etc).

Con il tempo, si sarebbe trovata una certa regolarità nei dosaggi e dunque sarebbe stato possibile preparare un unico fertilizzante con tutti gli elementi nelle proporzioni richieste.
Suggerivano inoltre di effettuare cambi regolari d’acqua (25% ogni due settimane), poiché non erano in grado escludere l’assenza di eventuali accumuli di microelementi.

La ricetta originale del PMDD

In appendice all’articolo, c’è la famosa ricetta del fertilizzante, soprannominato Poor Man’s Dupla Drops (Gocce Dupla dell’uomo povero, il cui acronimo è appunto PMDD).
Tale ricetta era basata su una ricostruzione, con i singoli sali, di un fertilizzante Tropica (e non Dupla, come si potrebbe pensare).
Il fertilizzante da cui hanno preso ispirazione era il Master Grow, il vecchio nome del Tropica Plant Growth ora in commercio.

Appendice A – Ricetta del fertilizzante (Poor Man’s Dupla Drops)

– 9 grammi di microelementi chelati (7% ferro, 2% manganese, 1.3% boro, 0.4% zinco, 0.1% rame, 0.06% molibdeno, EDTA, DTPA)
– 14 grammi di solfato di potassio
– 6 grammi di nitrato di potassio
– 33 grammi di solfato di magnesio eptaidrato (sali di Epsom; da omettere se già presenti nel mix di microelementi)
– 300 ml di acqua distillata
– 0.5 ml di acido cloridrico (9M, opzionale)

Questa ricetta è l’ultima delle varie iterazioni tentate durante i vari esperimenti descritti nell’articolo.

Il PMDD oggi

Partiamo subito con il precisare che non esiste il PMDD: ne esistono infatti un grande numero di versioni, ognuna composta da prodotti diversi, sali singoli diversi e metodologia di somministrazione diversa.

Probabilmente l’unico che avrebbe diritto ad essere chiamato il PMDD è proprio quello originale di Conlin e Sears, che abbiamo visto nella pagina precedente.

Il PMDD, nella forma originaria, non è oggi molto usato.
Nel frattempo, ad esempio, si è osservato che la forte limitazione del fosforo non è così essenziale contro le alghe: ci sono acquari che hanno alghe e fosfati a zero e, viceversa, acquari senza fosfati invasi da alghe.

Al contrario, sono stati fatti vari metodi/protocolli di fertilizzazione, ad esso ispirati, che possono funzionare più o meno bene.
Alcuni sono venduti già pronti, fatti da qualcuno che ha preso i sali e mescolati, altri sono fatti prendendo i vari sali e dosandoli singolarmente. Alcuni produttori “commerciali” hanno iniziato a produrre dei mix di oligoelementi (la componente solitamente più difficile da trovare) bilanciati meglio per le piante acquatiche.

I TNC Trace sono degli oligoelementi chelati utilizzibil anche con un PMDD.

Un insegnamento importante

Probabilmente, l’insegnamento più importante che si può trarre dal PMDD, anche dall’articolo originale, è la necessità (e l’inevitabilità) di dover osservare cosa accade nell’acquario.
Anche usando fertilizzanti non-PMDD, quindi commerciali, con dosaggio indicato, è necessario controllare continuamente la risposta delle piante e dell’acquario in generale.
Questo perché ogni acquario è diverso, ogni gestione è diversa e ogni combinazione di piante e pesci diversa. Un prodotto, per quanto buono, non potrà funzionare sempre bene in tutti gli acquari del mondo.

Questo ci insegna il PMDD: osservare e capire l’acquario, usando i vari mezzi a disposizione (vista, test per acquario, studi scientifici… intuito!) e comprendere come ogni azione su di esso fatta possa avere influenza, sia che si usino prodotti fai-da-te, sia che si usino prodotti commerciali.

Chiudiamo con una riflessione fatta da Paul Sears qualche anno dopo la pubblicazione dell’articolo originale, che rimarca proprio quanto appena detto:

Il metodo mostrato nell’articolo originario ha mostrato la sua efficacia. […]
L’articolo originario conteneva una ricetta per le “Poor Man’s Dupla Drops” (PMDD), più tardi rinominate “Poor Man’s Dosing Drops”, che conteneva tutti i nutrienti richiesti in proporzioni fisse, ad eccezione del fosforo.  A posteriori, ritengo che la pubblicazione della ricetta sia stata un errore. C’è stata la tendenza a buttare la mistura negli acquari senza prestare sufficiente attenzione a quanto stava succedendo. Sarebbe molto meglio misurare e controllare le concentrazioni di almeno qualche nutriente.

Fino ad un certo punto, l’aspetto e la crescita delle piante (e delle alghe!) possono essere usate per decidere quali nutrienti siano richiesti in quel momento.
È anche molto facile misurare le concentrazioni di ferro e nitrati usando i test comunemente disponibili. Anche i test per i fosfati sono ora ragionevolmente comuni.

Fonti e crediti

Articolo originale: Control of Algae in Planted Aquaria, di Paul L. Sears e Kevin C. Conlin, marzo 1996. Disponibile in lingua originale su The Krib; stralci tradotti da Acquario.top
Riflessione di Paul Sears: Control of Algae in Planted Aquaria – More Recent Impressions. Disponibile in lingua originale sul sito web di Paul Sears; stralcio tradotto da Acquario.top

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