Ivan Mikolji Archivi · Acquario.top La Scienza in Acquario. Thu, 19 Sep 2019 19:39:42 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 Incontri Ravvicinati con il genere Cichla https://acquario.top/incontri-ravvicinati-genere-cichla/ https://acquario.top/incontri-ravvicinati-genere-cichla/#respond Wed, 18 Sep 2019 19:25:11 +0000 https://acquario.top/?p=4476 Con i pesci del genere Cichla bisogna pensare in GRANDE, ci dice Ivan Mikolji. Andiamo alla scoperta dell’ambiente naturale di questo magnifico genere di pesci e vediamo da quanto osservato come si può progettare un acquario adeguato per loro. Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio! Incontri ravvicinati con il […]

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Con i pesci del genere Cichla bisogna pensare in GRANDE, ci dice Ivan Mikolji.
Andiamo alla scoperta dell’ambiente naturale di questo magnifico genere di pesci e vediamo da quanto osservato come si può progettare un acquario adeguato per loro.

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio!


Incontri ravvicinati con il genere Cichla

Se potessimo trasformarci in un pesce, quale sceglieremmo?
Il primo che mi è venuto in mente è un altum, perché è il mio pesce preferito, ma mi sono subito fermato e mi sono preso qualche momento per analizzare meglio la questione. Gli altum sono fortemente minacciati nel loro ambiente naturale, dunque non è una buona scelta.
Sebbene adori i cardinale, certamente non vorrei essere uno di quei pesciolini che vengono mangiati dalla maggior parte degli altri: pretendo di stare alla cima della catena alimentare!
Quindi ho cominciato a pensare alle piragna, ma no!, spesso mangiano carogne, che danno pesantezza allo stomaco. Poi sono passato ai pesci lupo [NdT: Anarhichas lupus]… troppo aggressivi.
E che dire delle anguille elettriche? Troppo pizzicose!
Infine, ho pensato ai Cichla: hmmmm… niente di negativo, solo vantaggi.

Fiume Orinoco
Fiume Orinoco, Venezuela.
Fiume Cinaruco
Fiume Cinaruco, Venezuela.
Palme moriche
Palme moriche (Mauritia flexuosa).

Quello dei Cichla è un genere di pesci che sono comunemente chiamati, in inglese, Peacock bass e, lasciatemelo dire, sono fra quei pesci che è sempre un piacere osservare in natura.
Nuotano in maniera maestosa, alla giusta velocità – né troppo piano, né troppo veloci. Fanno sempre le loro attività da Cichla e le fanno perfettamente. Quando nuotano, nuotano con un piano: sanno dove stanno andando. La forma del corpo, i colori meravigliosi e le livree sono una delizia da osservare.

Se confrontati con la maggior parte degli altri pesci, i Cichla sono piuttosto timidi. Solo pochi Cichla più navigati ti si avvicinano e ti guardano fisso: ti analizzano. Questi sono gli Incontri Ravvicinati con il genere Cichla.
Non appena si annoiano, nuotano via, riprendendo i loro affari quotidiani.

Ci sono attualmente circa 15 specie descritte, tutte limitate al Sud America. In Venezuela ne abbiamo cinque e quella più diffusa e numerosa è Cichla orinocensis.

Quindi, sono questi i pesci da sogno per l’acquario? Sì, lo sono, e puoi tenerli, se hai un acquario molto grande, lungo almeno due metri e mezzo e largo almeno 90 centimetri. Qui le dimensioni contano: tanto maggiori, tanto meglio!

I Cichla sembra abbiano un territorio, un po’ come i leoni o altri predatori terrestri, e sembra lo conoscano a memoria. Sebbene, crescendo, tendano a muoversi in habitat diversi, mantengono sempre un territorio specifico in questi habitat. Ho avuto modo di fotografare esemplari con tratti caratteristici anno dopo anno, sempre nella stessa posizione.

I Cichla nascono in grandi spazi acquei come i fiumi principali e i laghi. Quando raggiungono i 15 cm circa di lunghezza, una parte migra nei corpi d’acqua minori, come tributari o affluenti dei fiumi maggiori e dei laghi. Lì spendono una parte della loro vita nutrendosi e crescendo. Una volta raggiunti i 35-40 cm, abbandonano definitivamente questi piccoli corsi d’acqua e tornano nei corsi principali.

I Cichla sono pesci pelagici che trascorrono la loro vita nuotando nelle acque aperte e non in prossimità del fondo. Anche se tendono a nuotare vicino alle rive dei fiumi, non vivono nella zona litorale: si limitano a nutrirsi.
Nelle acque aperte e profonde non c’è un menu tanto lungo da cui scegliere. Lì i pesci o sono troppo grandi o hanno ottimi meccanismi di difesa.
Le mie osservazioni concludono che i Cichla vivono nell’area di transizione fra le rive e le acque aperte. Quindi, se volessi imitare in acquario il loro habitat, dovrebbe essere presente solo acqua? Per certi versi questo è corretto, sebbene un biotopo per Cichla debba essere adattato alle dimensioni e all’età del pesce, se si vuole mirare alle riproduzioni. Un acquario di biotopo per un Cichla adulto non è lo stesso per un giovanile, come spiegherò nel seguito dell’articolo.

Ho tenuto numerose specie diverse del genere Cichla e, in generale, un acquario di biotopo per loro deve prevedere ampie zone libere con poche decorazioni, se non nessuna. L’arredo di questo acquario di biotopo sarà maggiormente diretto a far felici i pesci che vivranno con i Cichla, più che i Cichla stessi.

Le specie che possono convivere con i Cichla sono piuttosto limitate. Le poche opzioni includono alcuni grandi pesci gatto e razze di fiume. In natura, i Cichla si possono osservare nuotare a fianco di Semaprochilodus kneri, grandi ciclidi come Heros severus, grandi appartenenti al genere Geophagus, grandi Satanoperca o Crenicichla.

Quando dico grandi, intendo grandi almeno quanto i Cichla stessi.
Non tenere piccoli Corydoras o pesci come Otocinclus assieme a loro: a volte vengono ingeriti con conseguenze tragiche per i Cichla. Un buon coperchio è altresì neccessario, poiché un pesce in fuga potrebbe saltare fuori dall’acquario.

Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.
Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.
Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.

I Cichla sembrano ben vivere in tutti i tipi di acque o di ecosistema acquatico dove riescono a trovare grandi quantità di cibo. Li ho osservati in quasi tutti i corsi d’acqua che ho visitato nel bacino dell’Orinoco. Sembrano ben sviluppati anche nei bacini e nei corsi artificiali dove sono stati introdotti; esempi di queste introduzioni sono le Everglades negli Stati Uniti o il Lago di Maracaibo nel Venezuela.
I parametri dell’acqua più frequenti sono un pH fra 5.5 e 6.5 e una temperatura fra i 25 e i 27 °C.

In Venezuela sono gli unici pesci d’acqua dolce protetti dalla legge. È consentito tenerne solo due esemplari quando si pesca. Questa forma di tutela li ha salvaguardati  dal venire pescati eccessivamente e possono quindi essere visti frequentemente in natura. A volte, però, mi chiedo perché siano l’unica specie protetta. Penso si riesca a vederli troppo spesso proprio perché sono gli unici protetti. Però, la tutela e le limitazioni hanno senso e funzionano.
Gli individui più grandi di solito si vedono da soli o in coppia, mentre gli adolescenti spesso sono in gruppetti fino a venti esemplari o poco più. Più le acque sono chiare e più tendono a fare gruppi.

Ho visto grandi femmine prendersi cura dei loro piccoli. Credo sia una delle scene più impressionanti che abbia visto sott’acqua. Centinaia di “bambini” da 5-6 cm seguono la loro mamma, che va in giro a nutrirsi. Lei quindi si avvicina alle rive del fiume poco profonde e ricche di vegetazione e quindi ci nuota in mezzo. Questo disturba e spaventa centinaia di piccoli pesci e gamberetti, che si nascondono o vivono fra la vegetazione, e che ora scappano nelle acque aperte, dove diventano cibo per pesci e facili prede per i piccoli Cichla.
Questa è un po’ come l’istruzione domestica, con un continuo insegnamento. Crescendo, i Cichla perfezionano le loro abilità di caccia: imparano anche a fare gli agguati, molto affascinanti da osservare.

Si può vedere un bell’esempio di queste abilità nella The Fish Guys Expedition 2 part 17, a partire dai 33:59.

Quando ho filmato questo agguato di un giovane Cichla orinocensis contro un testarossa Hemigrammus rhodostomus, sono rimasto colpito.
Qui è dove centinaia di ore di osservazioni subacquee vengono in aiuto e ti consentono di catturare il momento. Quel che ha attratto la mia attenzione è stato il nuoto troppo lento e troppo vicino al fondo del Cichla. Questo mi ha fatto immediatamente fermare e concentrare l’attenzione su di esso. Come ho detto prima, i Cichla nuotano sempre in maniera perfetta e se non lo fanno, o c’è qualcosa che non va o sta succedendo qualcosa di interessante.

Tornando a noi, il Cichla nuotava lentamente e molto vicino al fondo verso una grosso legno mezzo sprofondata nella sabbia. Avvicinatosi al legno, ha cambiato completamente colore e livrea, passando da una graziosa varietà di colori a un marrone scuro uniforme, molto simile a quello del pezzo di albero.
Quindi ha ispezionato il legno e trovato un’apertura cava, simile a una grotta, dove è entrato, scomparendo. Dopo un paio di secondi, è uscito appena con la testa, giusto il necessario per osservare i pesci che passavano nelle vicinanze. Poiché la “grotta” gli consentiva di vedere in una sola direzione, dove non c’erano pesci in vista, ha deciso di uscire e aspettare nei pressi del legno, in una posizione dalla quale poteva vedere in tutte le direzioni. Lì si è fermato, rimanendo immobile. Non appena ha ritenuto il testarossa entro il suo raggio d’azione, ha colpito alla velocità della luce.

Riguardando il filmato al rallentatore, osserviamo che i Cichla hanno un’ottima distanza di scatto, confermando che un acquario di grandi dimensioni è essenziale.
Avevo già osservato in precedenza dei Cichla nascondersi dietro a piante acquatiche ma mai nascondersi dietro ai legni per fare agguati alle prede.

Cichla Peacock Bass Cichla Peacock Bass

Cichla orinocensis nel loro ambiente naturale.

Quando si progetta per tenere i Cichla bisogna pensare in GRANDE. Richiedono GRANDI quantità di cibo e un GRANDE acquario perché quando crescono diventano GRANDI.
Ho visto troppi acquari con Cichla scheletrici, affamati da un’alimentazione “a giorni alterni”. I Cichla richiedono uno o due grossi pasti al giorno per mantenere il peso ideale.

Ricordo di aver visitato un acquario pubblico e di aver visto un Cichla rachitico in uno degli acquari. Dopo averlo fatto notare a un “manager” che mi stava facendo la visita guidata, mi ha risposto: “lo chiamiamo mazza da baseball”. Non appena si è accorto che la battuta non mi faceva ridere, ha detto imbarazzato: “cominceremo a nutrirlo di più”.
Quel pesce probabilmente non si è più ripreso. Una volta che un Cichla diventa troppo magro è molto difficile recuperarlo.

I Cichla sono ben conosciuti nella comunità dei pescatori come ottimi pesci per la pesca sportiva.
Localmente sono considerati dalle popolazioni indigene come un’eccellente fonte di cibo.

Oh, credo di aver appena pensato a un lato negativo: se vieni pescato nell’ambiente naturale da qualcuno del luogo, sicuramente ti mangerà!
Anche se la gente dice che i Cichla siano i migliori pesci d’acqua dolce da mangiare, personalmente li trovo un po’ secchi – i Geophagus sono molto meglio.

Peacock bass


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Lo Spaventacory – Corydoras aeneus in natura https://acquario.top/corydoras-aeneus-in-natura/ https://acquario.top/corydoras-aeneus-in-natura/#respond Wed, 08 May 2019 08:53:22 +0000 https://acquario.top/?p=4228 Com’è l’ambiente naturale di Corydoras aeneus? In questo articolo, Ivan Mikolji ci accompagna in un loro habitat naturale, facendoci vedere come vivono questi pesci e quali siano i loro comportamenti e le loro abitudini (e no, non includono stracci o aspirapolvere). Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio! Lo Spaventacory […]

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Com’è l’ambiente naturale di Corydoras aeneus?

In questo articolo, Ivan Mikolji ci accompagna in un loro habitat naturale, facendoci vedere come vivono questi pesci e quali siano i loro comportamenti e le loro abitudini (e no, non includono stracci o aspirapolvere).

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio!


Lo Spaventacory – Corydoras aeneus in natura

Ivan Mikolji al lavoro in un corso d'acqua

Sono in piedi, fermo, in mezzo al corso d’acqua. Il cielo è azzurro e senza nuvole, il Sole risplende. Una brezza tropicale molto delicata fa ondeggiare il fogliame che a occhio è venti metri più in alto. Ragazzi, qui gli alberi sono proprio alti!

Albizia saman
Fotografia di Ivan Mikolji di un albero della pioggia, Albizia saman, nel suo ambiente naturale.

Adoro la brezza poiché dà sollievo dal caldo rovente e disturba alcuni insetti ematofagi. L’altro lato della medaglia è che la stessa brezza che tiene lontani gli insetti ti riempie di quelli che io chiamo “insetti kamikaze”. Questi insetti, che vivono fra i rami più alti degli alberi, sono buttati giù dal vento in grandi numeri.
Credetemi, è difficile stare fermi quando hai un paio di insetti sconosciuti che ti camminano sul collo o, ancora peggio, cercano di avventurarsi nel tuo orecchio. Scaccio gli insetti e ritorno nella mia posizione immobile, come una guardia reale, ma in muta umida.

Termometro
Fotografia di come monitoriamo la temperatura in un corso d’acqua.

Ci sono due colori dominanti: verde e marrone. La superficie dell’acqua riflette il verde di tutta la vegetazione e, poiché l’acqua è limpida, si riescono a vedere i sedimenti marroncini sul fondo, aggiungendo ancora gli stessi colori ad un mondo bicromatico incredibilmente meraviglioso.
L’acqua è attorno ai 28 °C, con una debole corrente che scorre su rocce di tutte le misure.

Questo, amici, è un tipico corso d’acqua della Cordigliera della Costa.
La Cordigliera della Costa è il gruppo di montagne che corre lungo la costa centro-orientale del Venezuela.

Cordigliera della Costa
Fotografia della Cordigliera della Costa, monte Zapatero, Guaquira, Yaracuy, Venezuela.
Panoramica di un biotopo naturale
Panoramica di un biotopo naturale (Yaracuy, Venezuela).

Tornando a noi, sono ancora in piedi, fermo, al centro del corso d’acqua. Come al solito, sto indossando il mio vecchio e fedele cappello di paglia.
Scommetto tutto sul fatto che se rimango a lungo, abbastanza a lungo, non sembrerò una minaccia per i Corydoras bronzei – Corydoras aeneus – che vivono in questa sezione di fiume.

Corydoras aeneus è una specie relativamente piccola, bentica, di pesci siluriformi [NdT: Callichthyidae], piuttosto comune nell’hobby acquariofilo.
Corydoras aeneus ha la capacità di respirare aria attraverso l’intestino quindi è possibile vederli nuotare in superficie a prendere una boccata d’aria per poi tornare immediatamente sul fondo; è probabile che l’aria sia di aiuto anche per la digestione.

Corydoras aeneus selvatico
Corydoras aeneus selvatico nel suo ambiente naturale.

So, per esperienza, che i pesci si abituano piuttosto velocemente alla mia presenza, solitamente in un’ora o due.
Ho alcuni rituali che potrebbero apparire strani ad un passante ma che per me portano numerosi benefici.
Stando in piedi, decifro l’ecosistema che mi circonda e apprendo il comportamento degli animali attorno a me.

Lasciatemi raccontare quello che sto assorbendo.
Sopra di me, fra tutti gli alberi, quelli che trovo più maestosi sono gli alberi della pioggia Albizia saman, i cui rami si espandono come un gigantesco ombrello e sono piedi di piante epifite.
Sotto di me, i tetra Astyanax metae sono a caccia di insetti kamikaze che cadono in acqua. Sono così rapidi che un quarto del loro corpo esce dall’acqua quando si fiondano per mangiare un insetto, prima che qualcun’altro glielo porti via. Quando colpiscono il loro bersaglio, producono uno schiocco che sembra troppo intenso per essere fatto da un pesce così minuto.
Quando la brezza cessa, la superficie dell’acqua diventa silenziosa e tranquilla e i tetra attendono tranquilli. Quando il vento riprende e gli insetti cominciano di nuovo a cadere, la superficie dell’acqua ricomincia a ribollire e a risuonare in modo imprevedibile.

Gli insetti terrestri devono essere la fonte principale di cibo per così tanti pesci selvatici!

Astyanax metae
Astyanax metae nel suo ambiente naturale.

Il corso d’acqua stesso può essere diviso in pozze, punti piani e rapide. Sto in un’area piana, lunga circa 100 metri, larga 7 e profonda 40 cm ai bordi e 20 verso il centro – sì, è più profonda vicino alle rive.
Un’area piana di un fiume può essere descritta come una piscina poco profonda con la superficie calma e un fondo pressoché uniforme.
Il pH è di 7.5 e il KH attorno a 40 mg/l [NdT: circa 2.2 dKH].
La corrente è piuttosto lenta e l’acqua pulita poiché non piove da giorni.

Corydoras aeneus
Corydoras aeneus nel suo ambiente naturale.

OK, e ora arriva un banco di Corydoras aeneus, qui è dove vivono.

Si trovano solo nei punti piani del corso d’acqua; non vivono nelle pozze o nei punti dove la corrente è forte.
Sono pressoché al centro del fiume, rivolto verso la riva destra, che è illuminata meglio dalla luce del sole a quest’ora del giorno.
Cerco di stare il più immobile possibile e di tenere traccia mentale di quel che vedo.

I Corydoras nuotano controcorrente e inizio a contarli ma perdo il conto a 8: si muovono troppo in fretta e sono troppi! Ce ne saranno più o meno 150 che nuotano a zig-zag senza mai fermarsi.
Zig-zagando nell’acqua, di fronte ai miei piedi, la mia bocca si apre per lo stupore: il nuoto a zig-zag è assolutamente intenzionale. Si muovono fra le ombre create dalle fronde 20 metri più in alto.

Stando in piedi lì, le prime cose che mi viene in mente per analogia guardando questi pesci muoversi in gruppo attraverso percorsi intricati sono il sangue che scorre attraverso le vene o automobili che sfrecciano in una superstrada dal progetto folle.

È incredibile osservare come si impegnino a non uscire di strada, sebbene le ombre siano molto deboli.
Li guardo, la lunga linea di esemplari si muove vicino a me, paraurti contro paraurti, passando davanti ai miei piedi.

Due metri più in avanti, sulla mia sinistra, c’è un’area sabbiosa e priva di rocce, all’ombra. Alcuni dei Corydoras rallentano e iniziano a nuotare attorno, formando un cerchio. Questo comportamento mi fa venire in mente le diligenze attaccate dagli Indiani nei vecchi film sul Far West.

Corydoras aeneus, in gruppo
Fotografia a mezz’acqua di Corydoras aeneus, in gruppo, nel loro habitat naturale.

All’improvviso si fermano e si riposano per uno o due minuti, quindi riaccendono i motori e ricominciano a nuotare contro corrente nelle loro autostrade ombrose.
Decido di stare fermo e attendere l’arrivo di un altro gruppo. Non molto più tardi, si avvicina un banco più piccolo, sempre seguendo le stesse regole del precedente ma, avvicinandosi, attraversano rapidamente il corso d’acqua. Non nuotano mai nella parte centrale del fiume, ma quando lo attraversano, lo fanno il più velocemente possibile.
Mi giro attorno lentamente e li osservo scendere il corso d’acqua, vicino all’altra riva, sulla sinistra, che è più rocciosa e meno illuminata. È il percorso di ritorno dei Cory!
Fra le rocce si prendono il tempo per nutrirsi del perifiton [NdT: la microflora che si sviluppa nei substrati, comprendente alghe, batteri, detriti etc] incastrato sulla superficie delle rocce.

Corydoras aenenus nell'habitat naturale
Foto subacquea di Corydoras aeneus, in gruppo, nel loro habitat naturale.

Nelle fessure fra le rocce più grandi le foglie e i ramoscelli si depositano su un fondo di argilla sporca. L’argilla è ricoperta di materiale organico in decomposizione e i Corydoras si tuffano in quella porcheria come se si stessero sotterrando, creando piccole nuvole di detriti. Assomigliano a dei porcellini che si divertono nella melma, scavando alla ricerca del successivo pasto. Quindi questo è il loro posto per alimentarsi.

Il centro e la sposta destra, sabbiose, sembrano troppo pulite o sterili. I Corydoras, in questo corso d’acqua, usano la sabbia pulita sulla destra per risalire e poi mangiano sulla sponda sinistra, rocciosa, scendendo. Mi domando: perché non vanno su e giù solo sul lato sinistro?

Decido di fermarmi ancora, in piedi, a guardare nel verso della corrente, così da poter osservare entrambe le sponde contemporaneamente; qualcosa mi morde sul collo e spiaccico quella che sembra una formica rossa. Vedo i Corydoras scappare, spaventati dal mio brusco movimento.
Sorrido e rido; stando fermo con il mio cappello di paglia sono uno spaventapasseri per i pesci o, meglio ancora, uno spaventacory.

Ivan Mikolji
Ivan Mikolji al lavoro in un fiume. Foto di Orlando Escalante.
Ivan Mikolji
Ivan Mikolji. Foto di Orlando Escalante.
Ivan Mikolji
Ivan Mikolji. Foto di Orlando Escalante.

Dopo aver appreso il comportamento dei Corydoras, il movimento delle acque e l’illuminazione del biotopo, inizio a progettare come digitalizzarli. Comincio a pensare ad un piano per immortalare ogni comportamento.

Poiché io sono chi sono e non riesco a fare le cose se non alla maniera di Mikolji, provo a complicarmi il lavoro e a renderlo il più complesso possibile, portando le tecniche di fotografia al limite e facendo sudare un po’ di più le generazioni successive per potermi superare.

Lancio il cappello sul fogliame a bordo fiume e entro nell’acqua. Striscio verso la riva destra, sopra alla sabbia fine, e cerco un punto ombreggiato dove l’obiettivo della mia fotocamera possa stare metà in acqua e metà fuori.
Mi assicuro di trovare un punto dove ci sia ombra sia vicino all’obiettivo sia lontano, cosicché i Corydoras non appaiano in fila o in un gruppo troppo denso.

Corydoras aeneus nel suo habitat naturale
Corydoras aeneus nel suo habitat naturale (Yaracuy, Venezuela).

Voglio che stiano sparsi, seguendo le ombre vicino alla riva. Sistemo le impostazioni della fotocamera e aspetto immobile; come previsto, passano meravigliosamente davanti alla fotocamera e fanno quel che sanno fare meglio, essere dei cory.

Faccio le stesse cose nello spazio aperto e, di nuovo, mi circondano: sono i modelli migliori con cui lavorare.

Mi rialzo e faccio la riva sinistra, che è più complicata a causa del pulviscolo che alzano quando nuotano o mangiano. Ore di pazienza, tuttavia, ripagano.

Corydoras aeneus nel suo habitat naturale
Corydoras aeneus nel suo habitat naturale.

Finito il lavoro, faccio il mio ultimo rituale, che consiste nel mettere via la fotocamera e stare fermo sott’acqua, fingendo di essere un pesce, e sperare che il tempo si fermi.

Questo articolo è stato pubblicato su:
– Practical Fishkeeping Magazine – Febbraio 2017


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

 

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Hemigrammus sp. aff. stictus https://acquario.top/hemigrammus-sp-aff-stictus/ https://acquario.top/hemigrammus-sp-aff-stictus/#respond Fri, 01 Mar 2019 08:40:06 +0000 https://acquario.top/?p=3853 Come si determina se un pesce appartiene a una nuova specie? La domanda è semplice ma la risposta non è così scontata. In questo articolo Ivan Mikolji ci mostra l’esempio di Hemigrammus sp. aff. stictus, un caracide che l’esploratore ha trovato più volte in Venezuela. Ringraziamo quindi Ivan Mikolji per averci fatto vedere cosa sia […]

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Come si determina se un pesce appartiene a una nuova specie?

La domanda è semplice ma la risposta non è così scontata.
In questo articolo Ivan Mikolji ci mostra l’esempio di Hemigrammus sp. aff. stictus, un caracide che l’esploratore ha trovato più volte in Venezuela.
Ringraziamo quindi Ivan Mikolji per averci fatto vedere cosa sia necessario fare per determinare in maniera scientifica come possa nascere una nuova specie.

[NdT: Hemigrammus stictus è una specie già identificata. Nella nomenclatura scientifica, sp. significa “una specie appartenente al genere non ancora identificata”, mentre aff. (dal latino affinis) significa “di aspetto simile”.
Perciò Hemigrammus sp. aff. stictus va interpretato come “una specie di Hemigrammus non ancora identificata simile alla specie stictus, già identificata”].


Hemigrammus sp. aff. stictus

Quando vi sedete di fronte a un acquario, a casa, vi siete mai chiesti come tutte queste piante, questi pesci o invertebrati siano entrati nel nostro hobby, per il nostro piacere?
Se avete un acquario d’acqua dolce o salata, la maggior parte degli organismi in esso presenti hanno seguito un certo percorso per poterci arrivare.

La maggior parte degli organismi che ci divertiamo osservare nelle nostre case è stata trovata da ricercatori, botanici, biologi, esploratori e così via. Persone che hanno l’opportunità di raccogliere esemplari in natura. Alcuni pesci vengono spediti in tutto il mondo “per sbaglio”, mescolati ad altri pesci.
Una volta giunti a destinazione, alcuni vengono individuati o acquistati dagli importatori e inviati ai biologi per l’identificazione.

Alcuni di questi sono stati “scoperti” molto tempo fa, come Panaque nigrolineatus, spesso conosciuto come Pleco Reale, descritto nel 1877. Altri, invece, sono relativamente nuovi nell’hobby acquariofilo, come Pseudolithoxus tigris, conosciuto come Pleco L257 e descritto nel 2000.
Altri ancora sono anziani nell’hobby ma non sono ancora stati descritti, come Hemiancistrus sp. L128 mentre altri, infine, sono piuttosto rari e non sono stati descritti ancora – è il caso di Apistogramma sp. “Caura River”.

Ad ogni modo, poiché i “nuovi e mai descritti” mammiferi sono sempre più rari, sono pesci e insetti le attuali “nuove specie” per la scienza.

Per me non è difficile trovare nuove specie di pesci. Alcuni mesi fa, Carlos DoNascimiento, un mio amico biologo, ha trovato una nuova specie di Trichomycterus in un fiume nel mezzo della città di Valencia, Venezuela, alcuni kilometri da casa mia!
Questa città ha più di tre milioni di abitanti e, quindi, il mio amico non è dovuto andare nel mezzo della giungla profonda a cercare una nuova specie di pesce.
In diverse occasioni in natura ho incontrato esemplari che potrebbero essere stati appartenenti a una nuova specie.

 La Pica River
Panorama di Caño La Pica River, Venezuela.

Spesso, quando mi immergo in un fiume, mi capita di osservare un pesce e dire: “WOW! Questo non l’ho mai visto prima!”.
Dopo aver cercato in letteratura o portato l’esemplare da uno specialista, scopro che alcuni sono di specie comuni che non avevo mai visto prima o di cui ignoravo l’esitenza.

La classificazione è materia insidiosa se non sei un vero esperto di una data famiglia di pesci. Ad esempio, dopo aver scattato foto a Farlowella in svariati fiumi del Venezuela, ho preso un atlante e ho detto immediatamente “è Farlowella acus“, guardando l’immagine nel libro più somigliante alle foto che ho fatto. Eppure, dopo aver mostrato le mie foto a un esperto, mi ha detto: “portami il pesce in laboratorio, non si può fare identificazione da una fotografia; dobbiamo contare i raggi e le scaglie perché in Venezuela ci sono un sacco di specie di Farlowella tutte simili a prima vista: Farlowella acus, Farlowella curtirostra, Farlowella mariaelenae, Farlowella martini, Farlowella odontotumulus, Farlowella oxyrryncha, Farlowella venezuelensis, Farlowella taphorni e Farlowella vittata“.
È fondamentale conoscere l’esatta posizione in cui il pesce è stato fotografato o raccolto e, per essere davvero sicuri, uno specialista deve osservare le caratteristiche morfologiche.
Tuttavia, con alcuni pesci questi test e queste ricerche non hanno successo, neppure mostrandoli a esperti, e quindi rimango senza informazioni.

Uno di questi casi infelici riguarda quello che chiamo Hemigrammus “mezzo rosso”. Questo Hemigrammus ricorda (o è quello che assomiglia di più a) Hemigrammus stictus. Ho osservato questi esemplari mezzi rossi in varie spedizioni nel Parco Nazionale del Fiume Capanaparo, nello Stato di Apure in Venezuela.

Capanaparo
Panorama all’alba sul fiume Capanaparo (Venezuela).

La prima volta in cui li ho visti è stato il 20 marzo 2007, in una spedizione con George Fear di Shark Aquarium.
Non avendoli mai visti in precedenza, ho sempre pensato si trattasse di una nuova specie o di una popolazione isolata di stictus con un pattern caratteristico.

Non avendo sufficienti conoscenze su come una nuova specie prenda vita nel mondo della scienza e su come fare per sapere se sia davvero una nuova specie, ho deciso di chiedere a uno specialista.

Sono andato alla Central University del Venezuela e ho avuto la possibilità di intervistare il professor Francisco Provenzano, che è il Curatore della collezione di pesci dell’Università. Ha descritto e mi ha aiutato a descrivere molte specie di pesci d’acqua dolce, come Acestridium dichromum, Pseudolithoxus anthrax e Pseudolithoxus tigris, giusto per nominarne qualcuno.
La sua specialità è l’ordine dei Siluriformes (pesci gatto) e ha alcune specie a lui dedicate, come Creagrutus provenzanoi, Lebiasina provenzanoi o Phenacorhamdia provenzanoi.

Il professor Provenzano è stato così gentile da dedicarmi del tempo per rispondere alle mie domande.
La mia prima domanda era sulla difficoltà nel determinare l’appartenenza di un pesce a una nuova specie; ho portato l’esempio degli H. stictus. Mentre cercavo di dirgli perché la ritenevo una nuova specie mi ha interrotto e mi ha detto: “è più facile se affronti la questione dal punto di vista opposto; prova a dire perché pensi non sia uno stictus“.

Il mio primo compito, quindi, era determinare cosa rendesse uno stictus uno sticus, per poter confrontare il mio Hemigrammus mezzo rosso.
Poiché non ho trovato che vaghe informazioni su Internet, ho scritto un’email al professor Donald Taphorn e ho chiesto la descrizione scientifica di stictus. Il professor Taphorn è un fantastico ittiologo americano che ha lavorato per molti anni con i pesci venezuelani – potrei dire che sia un guru dei pesci del Venezuela.
In non più di mezzora, mi ha mandato le informazioni e questo è un estratto:

Hemigrammus stictus è stato descritto da Durbin nel 1909. Durbin lo ha descritto come un pesce con una macchia rossa nel peduncolo caudale (tra la pinna caudale e il corpo), fino al livello della pinna adiposa frontale.
Gli esemplari sono stati raccolti in Guyana, nel fiume Essequibo, e crescono fino ad una lunghezza di 4 centimetri.

La conoscenza dei dati scientifici su stictus mi ha permesso di evidenziare alcune differenze.
Hemigrammus “mezzo rosso” è diverso da stictus perché la macchia rossa si estende oltre la pinna adiposa fino a metè della pinna dorsale. In effetti è rosso per metà.
Un altro tratto distintivo è il fatto che non ho mai visto esemplari più lunghi di 3.5 cm, con una lunghezza media di 2.5 cm. Avendo frequentato l’area estensivamente e per oltre due anni, sia durante la stagione secca sia durante quella delle piogge, escludo di aver visto solo esemplari sub-adulti.
Un’altra differenza è la posizione: lo stato di Apure, in Venezuela, è a oltre 1500 km di distanza dalla Guyana e dal bacino del fiume Essequibo. Sembra abbastanza distante, se devi spostarti a nuoto e se sei lungo solo 2-3.5 centimetri!

La seconda fase suggerita dal professor Francisco Provenzano è stata quella di raccogliere campioni in maniera rigorosa per consentire uno studio scientifico.
Il primo passo è quello di prendere nota di alcune informazioni basilari, inclusa una descrizione dell’habitat. Tra queste, dove possibile: posizione esatta, nome del fiume, temperatura, pH, conducibilità, tipo di substrato (argilla, sabbia, rocce…), specie di piante presenti, velocità della corrente, anche approssimativa.
Mi ha anche chiesto di catturare degli esemplari e posizionarne immediatamente alcuni in contenitori riempiti con una soluzione di formaldeide al 10% e altri in contenitori riempiti con etanolo al 100%, per gli studi sul DNA.
Si è raccomandato che i contenitori avrebbero dovuto essere sufficientemente grandi e alti da ospitare gli esemplari dritti, senza che venissero schiacciati dagli altri esemplari o dal contenitore stesso.
Sono necessarie due soluzioni di conservazione diverse, poiché sebbene la formaldeide sia il miglior conservante, non c’è modo di effettuare analisi del DNA su un campione conservato in essa.
Infine, avrei dovuto annotare la data, il metodo di raccolta (retino, amo e lenza…) e il nome della persona che ha effettuato il campionamento.

Sono quindi partito per raccogliere i campioni. Come al solito, ho iniziato il viaggio alle 4:30 del mattino, da Valencia. Il viaggio è durato 9 ore, fermandomi solo per fare rifornimento o comprare una gassosa. All’una e mezza stavo già scaricando i retini, i contenitori, le soluzioni di conservazione e l’apparecchiatura fotografica.
Ho cominciato facendo subito delle foto all’ambiente acquatico, prima di alzare polverone con il retino. Contemporaneamente ho anche misurato alcuni parametri dell’acqua e iniziato ad annotare tutti i dati richiesti.

Dopo aver scritto tutto, ho fatto alcuni video (più facili delle foto): la fotocamera vuole sempre mettere a fuoco le piante sullo sfondo e mai quei due centimetri di pesce! Anche se messa in modalità macro, è raro che la fotocamera ti capisca e metta a fuoco il piccolo pesce. Messa a fuoco manuale su un piccolo pesce che sfreccia controcorrente è praticamente impossibile.
La mia soluzione è andare di quantità e contare sulla fortuna. Più foto faccio, più alta è la probabilità di beccare un pesce a fuoco!
Quindi, dopo aver scattato oltre 90 foto, sono riuscito ad ottenerne circa quattro di buone.

Durante una seconda spedizione con George Fear e Oliver Lucanus ne abbiamo catturati alcuni e fotografati in piccoli acquari posizionati tra le radici degli alberi. Poiché i pesci si erano impauriti, avevano perso intensità dei colori, ma non completamente: il rosso era ancora visibile.

Dopo la sessione video-fotografica, ho raccolto alcuni esemplari con un retino. Poiché erano molto piccoli, ho deciso di fissarli in provette: ne ho posizionati quattro in una provetta riempita di soluzione al 10% di formaldeide e altri quattro in una con 100% di etanolo.
Questa è la parte che più mi rattrista, quella in cui gli animali vengono sacrificati in nome della scienza.
Il giorno successivo, dopo nove ore di guida, ero di nuovo a casa.

Il foglio che avevo scritto vicino al fiume conteneva i seguenti dati:

Data: 11 aprile 2008

Località: Venezuela, Stato di Apuro, Parco Nazionale Cinaruco Capanaparo, Caño La Pica, Tributario del fiume Capanaparo.

Temperatura: 28.3 °C

pH: 5.2

Contenuto di ferro: meno di 1 ppm

Substrato: sabbia giallognola, meno di 2 mm di diametro, con basso contenuto di limo

Piante acquatiche: Ludwigia inclinata (varietà: verticillata), Ludwigia sedoides

Metodo di cattura: due retini per acquari di medie dimensioni

Nome di chi ha effettuato la raccolta: Ivan Mikolji

Alcuni mesi dopo, ho consegnato gli esemplari raccolti a Carlos DoNascimiento, professore al Dipartimento di Biologia dell’Università di Carabobo ed ex-studente del professor Francisco Provenzano, chiedendogli di analizzare gli esemplari.
Molto gentilmente, mi ha inviato i seguenti dati per confrontare le due specie:

Hemigrammus “mezzo rosso” Hemigrammus stictus
Raggi dorsali 11 11
Raggi anali 25 26-31
Scaglie laterali 33 33-35
Scaglie linea laterale 9 15
Scaglie trasverse sopra linea laterale 6 6
Scaglie trasverse sotto linea laterale 4 4
Scaglie predorsali 10 9-11
Denti premascellari interni 5 5
Denti premascellari esterni 2 2-3
Denti mascellari 2 2

 

Con questi rislutati è possibile fare qualche ipotesi molto più accurata. Carlos DoNascimiento mi ha detto che se fosse stato possibile raccogliere un numero maggiore di esemplari e tutti questi avessero avuto uno numero di scaglie della linea laterale sempre inferiore e sempre il colore rosso fino a metà della pinna dorsale, sarebbe possibile avere sufficienti caratteristiche per avere una nuova specie, diversa da stictus, ma molto vicina.
Mi ha anche detto che per essere ancora più sicuri di avere una nuova specie sarebbe utile una comparazione con altre forme di stictus, da tutti i tributari del bacino dall’Apure all’Essequibo.
Alla fine di una tale indagine, si potrebbe arrivare ad avere varie specie di Hemigrammus simili da differenti aree.

Concludendo, ho compreso che identificare correttamente un pesce non è facile e determinare una nuova specie è molto complesso.
Il tempo e lo sforzo che tutte queste persone hanno impiegato nelle ricerche scientifiche in tutto il mondo è enorme ma poco conosciuto nell’hobby acquariofilo.
Uso frequentemente materiali scientifici per trovare specie rare in natura; poiché questi materiali contengono informazioni precise e accurate, sono come una sorta di “mappa del tesoro” che mostrano la “X” per tutte le specie descritte che ospitiamo nei nostri acquari.

Tutte queste pubblicazioni consentono alla gente di prendere i pesci che poi osservano a casa.
Sono sicuro che dopo la pubblicazione di questo articolo qualcuno lo leggerà e andrà a raccogliere Hemigrammus “mezzo rosso” e lo renderà disponibile nel commercio acquariofilo.

Questo articolo è stato pubblicato su:
– Tropical Fish Hobbyist Magazine – Marzo 2010


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Nuotando con i ciclidi https://acquario.top/nuotando-con-i-ciclidi/ https://acquario.top/nuotando-con-i-ciclidi/#respond Tue, 19 Feb 2019 19:57:35 +0000 https://acquario.top/?p=3613 I ciclidi in acquario sono tra le specie più ricercate per le loro complessità comportamentali: chiunque li allevi ha potuto notare le loro gerarchie, le cure parentali e un carattere pieno di sfaccettature. In questo articolo andiamo ad immergerci insieme a loro e ad osservare questi atteggiamenti in natura. Ringraziamo Ivan Mikolji per averci portato […]

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I ciclidi in acquario sono tra le specie più ricercate per le loro complessità comportamentali: chiunque li allevi ha potuto notare le loro gerarchie, le cure parentali e un carattere pieno di sfaccettature. In questo articolo andiamo ad immergerci insieme a loro e ad osservare questi atteggiamenti in natura.

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci portato a nuotare assieme a loro!


Nuotando con i Ciclidi

Molti, dopo avermi conosciuto, mi chiedono quanti acquari abbia. La mia risposta, istantanea, è: “Non ne ho nessuno, li ho buttati via tutti”. Poiché di solito rimangono interdetti dopo questa risposta, aggiungo: “I corsi d’acqua sono i miei nuovi acquari”.

Avere la possibilità o trovare il tempo di nuotare a fianco dei pesci d’acqua dolce nei loro habitat naturali è estremamente affascinante. Crea dipendenza, per certi aspetti.
Ogni volta che torno nella mia routine civilizzata, dopo una spedizione, inizio a pensare ai momenti sereni trascorsi nella natura e sento come l’urgenza di andare a esplorare qualche nuovo posto.

Ci sono dei punti nei fiumi che sono così belli sott’acqua che potrei continuare a tornare sempre lì, senza annoiarmi. Andare in questi biotopi acquatici e dimenticare la routine quotidiana mi porta ad un livello in cui cerco di osservare molto più in profondità come funzionino le cose in natura.
Nell’istante in cui ti immergi in un fiume limpido e inizi a fare snorkeling, puoi capire davvero come i ciclidi si siano evoluti nella loro routine nell’ecosistema.

Puoi vedere Pike Cichlid [NdT: Crenicichla lepidota] seguire i loro piccoli, facendoli nuotare nel loro territorio, proteggendoli senza sosta, col maschio sempre in prima linea che controlla i confini con colori molto vividi e la femmina vicina al fondo e ai piccoli, come un soldato nelle retrovie.
Un Apistogramma va in parata davanti a un altro maschio, che si era avvicinato troppo alla femmina.
Dei giovani Heros severus si afferrano per la bocca per determinare quale dei due sia di rango più alto.

Heros severus
Heros severus che combattono, nel loro ambiente naturale. Quersta è stata la terza volta in cui ho visto dei severus combattere, non solo nel corso d’acqua dove è stata scattata la foto ma anche in altri fiumi del Venezuela. I combattimenti possono durare anche dieci minuti.

I Geophagus e i Satanoperca stanno sempre in gruppo, inghiottendo sabbia e vagliandola nelle loro bocche, cercando di separare la materia organica (che è il loro specialissimo alimento naturale), eliminando la sabbia attraverso la parte posteriore degli opercoli.

I Peacock Bass (Cichla sp.) stanno sempre fermi a mezz’acqua, in attesa di fiondarsi alla velocità della luce su qualche pesce che ha abbassato la guardia.

Sembra che i ciclidi conoscano molto bene i loro territori e i migliori posti dove osservare ciò sono gli habitat della Moricha Necoima [NdT: regione idrica tra Venezuela e Bolivia, circa 110 metri sopra il livello del mare].
Il nome deriva dalla moriche [NdT: Mauritia flexuosa], una palma che può vivere bene solo dove le sue radici sono sommerse. Sono ottimi posti dove cercare i ciclidi tutto l’anno, questo perché non si prosciugano durante la stagione secca e ospitano rare specie, come Apistogramma guttata e Satanoperca mapiritensis.

In questi ambienti, le rive dei fiumi sono ricoperte da milioni di radici di palma, dal diametro fra circa mezzo centimetro e un centimetro, le quali formano migliaia di tunnel e caverne.
I ciclidi amano entrare ed uscire da questi spazi, che sembrano conoscere a memoria. Cercano di scappare in una direzione nell’intrico delle radici e ne escono da tutt’altra parte: ti guardano un po’ incuriositi e si nascondono di nuovo.

Apistogramma megaptera
Apistogramma sp. “Breitbinden” non è stato ancora descritto. L’esemplare più grande che abbia mai visto misurava circa 8 cm. Li ho visti solamente durante la stagione delle piogge (giugno).

Sebbene ora possa ricreare questo ambiente in acquario, mi mancherà sempre lo stato di rilassamento in cui mi ritrovo dovo aver galleggiato nel loro ambiente, osservandoli.
Ammirare un acquario, a casa, non ha l’effetto di immersione che zanzare, gnat, tafani e indumenti inzuppati possono dare!

I ciclidi sono presenti in quasi tutti i fiumi del Venezuela; la loro distribuzione può variare (come per la maggior parte dei pesci e degli animali) a seconda della specie o del biotopo osservato.
Le misure che ho effettuato spaziano da acqua dura e salmastra con pH 8.4 in cui possiamo trovare Caquetaia kraussii fino ad acque molto tenere e acide, con un pH attorno a 5.6, abitate da Apistogramma guttata.
Per quanto riguarda le temperature, gli estremi potrebbero essere i 24 °C per Aequidens pulcher fino ai 31 °C per Apistogramma hoignei.
Alcune specie sono più diffuse di altre che hanno habitat molto specifici, spesso limitati da barriere naturali (ma è un discorso troppo complesso da trattare ora).
La maggior parte dei ciclidi sono pesci che si muovono poco e non migrano se non obbligati. Cercano di delimitare o conquistarsi un territorio e viverci – formano coppie, depongono uova e seguono gli avannotti sempre nello stesso punto, per tutta la vita.

Quando sono tornato in un fiume dopo un anno dalla mia ultima visita, ho trovato una coppia di ciclidi con un segno distintivo sul corpo, nello stesso punto con un nuovo gruppo di avannotti.
Anche quando un corso d’acqua si prosciuga durante la stagione secca, i ciclidi sono fra gli ultimi a spostarsi e talvolta rimangono bloccati nel fango, vittime del loro stesso istinto di non abbandonare il territorio.
I ciclidi migrano da un’area all’altra solo in condizioni straordinarie, come prosciugamento del fiume, arrivo di un nuovo maschio forte, mancanza di cibo o assenza di maschi o femmine.

Laetacara fulvipinnis
Laetacara fulvipinnis è stato descritto nel 2007. Il colore arancio vivo delle punte della pinna dorsale, il corpo giallognolo e la testa azzurrognola lo rendono un pesce da sogno.

Un bravissimo riproduttore di ciclidi venezuelano una volta mi ha detto: “Adoro i ciclidi: sono pesci intelligenti”.
Per certi aspetti quest’affermazione è assolutamente vera ed è uno dei tanti piccoli dettagli che rendono i ciclidi così affascinanti.

Questo articolo è stato pubblicato inizialmente su: Tropical Fish Hobbyist Magazine – Luglio 2008.


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Acquario wild https://acquario.top/acquario-wild-da-campo/ https://acquario.top/acquario-wild-da-campo/#respond Mon, 28 Jan 2019 20:21:20 +0000 https://acquario.top/?p=3672 Cos’è un acquario wild? Seguiamo Ivan Mikolji, il quale ci spiega l’utilità ambientale ed educativa di questo tipo di allestimento. Ebbene sì, anche gli acquari possono insegnare e salvare qualcosa! Come sempre, ringraziamo Ivan Mikolji per la sua attività a tutela degli ambienti naturali e per consentirci di proporre i suoi materiali in lingua italiana. […]

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Cos’è un acquario wild? Seguiamo Ivan Mikolji, il quale ci spiega l’utilità ambientale ed educativa di questo tipo di allestimento. Ebbene sì, anche gli acquari possono insegnare e salvare qualcosa!

Come sempre, ringraziamo Ivan Mikolji per la sua attività a tutela degli ambienti naturali e per consentirci di proporre i suoi materiali in lingua italiana.

NdT: Nell’articolo si è scelta come traduzione di “wild” la locuzione “da campo”, perché sembra quella che meglio descrive il tipo di allestimento. Traduzioni quali “selvaggio” o “selvatico” non sono sembrate rendere bene l’idea, pur essendo l’acquario allestito con pesci e materiali provenienti dagli ambienti naturali.


Acquario wild o da campo

L’acquario wild o da campo, nell’hobby acquariofilo, è un tipo di allestimento che prevede la visita di un habitat naturale, come un lago, un fiume o un torrente. Quindi viene allestito in situ un acquario, temporaneamente, con lo scopo di ricreare l’ambiente naturale visto nei dintorni.
Per la creazione di un acquario wild si usano solo materiali e creature raccolte nell’habitat circostante; una volta completato l’allestimento, queste vengono riposizionate dove sono state prese.

Storia dell’acquario wild

Il primo acquario wild è stato creato nel 2011 nello stato di Amazonas, in Venezuela, dal venezuelano Ivan Mikolji, fotografo e artista audiovisivo.
L’allestimento dell’acquario è stato ripreso e quindi caricato su YouTube con il titolo “Wild Aquarium 1” e conta oltre cinque milioni di visualizzazioni a novembre 2017 [NdT: oltre sei milioni a gennaio 2019]. In questo video possiamo vedere esemplari selvatici di Apistogramma hongsloi e Nannostomus anduzei.

Ivan Mikolji ha, ad oggi (novembre 2017), caricato quattro video sugli acquari da campo nel suo canale YouTube e, di conseguenza, altri acquari da campo sono stati ricreati da altri appassionati.
Giorgi Khizanishvili (Georgia), ne ha allestito uno basato sul fiume Mejuda a Gori, in Georgia centrale; poi possiamo nominare, ad esempio, Enrico Guida in Italia, Paweł Vogelsinger in Polonia e Elena Mazurek in Russia.

Riflessioni sull’acquario wild

La chiave per discriminare un acquario di biotopo da un acquario wild può essere illustrata da questo esempio: un acquario “di biotopo” del fiume Cinaruco può essere allestito ovunque nel mondo; viceversa, un acquario “wild” può essere creato solo ed esclusivamente nei pressi del fiume Cinaruco.

Un acquario da campo ha un enorme potenziale come strumento educativo e la sua forza viene dal fatto che esso è allestito esattamente con quello che si può trovare nel corso d’acqua. Questo è utile per evidenziare cosa sia necessario fare per conservare l’habitat.
Allestire un acquario di questa tipologia permette alle popolazioni locali di conoscere quali specie vivano nei corsi d’acqua del luogo e la creazione di questi acquari aiuta anche tutte le persone del mondo, mostrando cosa ci sia in quel particolare ambiente e come tutti gli organismi coesistano.

Un esempio di tutto ciò: molte persone in tutto il mondo allevano i “ram” (Mikrogeophagus ramirezi) ma non tutte sanno che provengono dal bacino del fiume Orinoco. Ma molte di più ignorano come sia veramente il loro habitat, portando molti acquariofili a pensare che sia assolutamente necessario un acquario riccamente piantumato.
La realtà è piuttosto diversa: sebbene alcuni M. ramirezi in effetti provengano da zone ricche di vegetazione, altri vivono in aree sabbiose con foglie in decomposizione, prive del tutto di piante.

Allestire più di un acquario wild in un dato corso d’acqua non toglie nulla al secondo allestimento, poiché i sistemi acquatici sono complessi e sono solitamente presenti più di un biotopo, ognuno con differenti organismi.
In un fiume potremmo avere un’area rocciosa su una riva, mentre dall’altro lato potremmo avere fondo sabbioso. Alcune specie vivono bene in aree dove c’è molto movimento d’acqua, mentre altre preferiscono i punti dove c’è meno movimento, pur essendo lo stesso corso d’acqua.

Galleria fotografica e video


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji e rispettivi proprietari www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Il Pesce Foglia amazzonico Monocirrhus polyacanthus in natura https://acquario.top/pesce-foglia-monocirrhus-polyacanthus-natura/ https://acquario.top/pesce-foglia-monocirrhus-polyacanthus-natura/#respond Thu, 17 Jan 2019 17:20:07 +0000 https://acquario.top/?p=3409 Traduzione dell'articolo "Amazon Leaf Fish Monocirrhus polyacanthus in the wild" di Ivan Mikolji.

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Il Pesce Foglia Monocirrhus polyacanthus contiene l’essenza della giunga nel suo DNA, secondo Ivan Mikolji. Andiamo quindi assieme a Ivan alla scoperta dell’ambiente naturale di questo pesce dall’aspetto molto peculiare.

Ringraziamo nuovamente Ivan Mikolji per questa sua descrizione di un habitat del Pesce Foglia.
Queste descrizioni ci consentono di ricreare allestimenti più adeguati per le specie che ospitiamo, spingendo gli ospiti ad avere i loro comportamenti più spontanei.


Il Pesce Foglia amazzonico Monocirrhus polyacanthus in natura

Giro la testa a sinistra e vedo centinaia di neon cardinale nuotare in gruppo sulla riva del fiume. Alcuni punti delle mie orecchie sono senza pelle a causa del gran numero di tetra, Copella e Anostomus, che continuamente li mordicchiano. Sebbene i loro denti siano piccolini, l’enorme numero di pesci fa davvero danni alla pelle dopo che hai fatto snorkelling per alcuni giorni nel loro habitat.

Esplorando l’area, noto un Peacock bass [NdT: Cichla sp.] di bell’aspetto e dimensioni medie che nuota verso di me. È abbastanza distante da lasciarmi il tempo di preparare una bella inquadratura. Vado un momento in iperventilazione e prendo un respiro lungo e profondo. Mentre scendo verso il fondo del fiume, rilasso i muscoli e cerco di concentrarmi, ignorando il doloroso “peeling” alla pelle delle orecchie. Atterro delicatamente sul fondo del fiume alzando meno detrito possibile.

Il Cichla, ignorando ancora la mia presenza, si avvicina mentre rimango immobile un metro e mezzo più in basso. Cerco di anticipare la sua traiettoria, imposto accuratamente la macchina fotografica e cerco di inquadrarlo nello schermo della fotocamera.
Sono passati circa venti secondi – posso trattenere il respiro per circa un minuto, quindi va tutto bene, a meno che il pesce non si fermi durante il percorso.
All’improvviso un qualcosa di marrone si piazza di fronte alla mia maschera. Si alza e si posiziona così vicino al vetro sinistro della maschera che non riesco nemmeno a metterlo a fuoco. So per esperienza di cosa si tratta e cerco di ignorarlo.
Il Cichla continua a nuotare fino a sessanta centimetri circa da me e mi scopre: nella frazione di secondo in cui il pesce realizza cosa fare, scatto la foto.

Mi dirigo verso la superficie e la cosa marrone è ancora attaccata al vetro della maschera. Dopo aver riempito i polmoni di aria fresca, sorrido: so che la cosa marrone è un Monocirrhus polyacanthus che è venuto a tentare di catturare qualche pesce che assaggiava le mie orecchie. Ma, per me, è un vecchio amico che è venuto a dirmi: “Benvenuto in Amazzonia!”.

Monocirrhus polyacanthus
Monocirrhus polyacanthus nel suo ambiente naturale.

Non so perché, pur vedendo cardinale, Mesonauta e tante altre specie di pesci selvatico, solo Monocirrhus polyacanthus riesca a farmi sentire questo spirito amazzonico.
Si tratta di un pesce speciale che, secondo me, contiene l’essenza della giungla nel suo DNA. Le mie parole per descriverlo potrebbero essere: appartato, strano, raro, magico, mitico, misterioso – tutte riferite ad un superbo pesce tropicale da un estimatore degli acquari amazzonici.

Corso d'acqua chiara nella foresta amazzonica
Corso d’acqua chiara nella foresta amazzonica (Venezuela).

Monocirrhus polyacanthus è una specie ampiamente diffusa e presente in vari Paesi del Sud America, dalla Bolivia fino al fiume Orinoco, nel sud del Venezuela. Grazie all’ampia diffusione geografica, sicuramente abita vari tipi di biotopi acquatici.

Andiamo a vedere questi piccoli habitat di acque chiare dove li ho visti e che possiamo riprodurre o imitare a casa.
Le informazioni che vi darò non sono esaustive, per esempio non ho mai visto piante galleggianti in questi habitat ma non si può concludere che non siano presenti in altri posti. Gli habitat, inoltre, cambiano con le stagioni e questo aggiunge delle sfide interessanti per gli acquariofili più seri.
Userò le caratteristiche fisiche di Monocirrhus polyacanthus e le osservazioni sui suoi comportamenti nell’habitat per darvi l’opinione-Mikolji sull’acquario per Pesce Foglia.

Dunque, per ricreare il biotopo di M. polyacanthus, abbiamo bisogno di conoscere innanzitutto i suoi parametri dell’acqua, ovvero: pH sotto al 5, KH inferiore a 20 mg/l (ppm), GH inferiore a 10 mg/l (ppm) e temperatura fra i 26 e i 29 °C.
La parte del corso d’acqua dove possiamo trovare M. polyacanthus è con movimento lento, quindi è bene cercare di tenere al minimo il movimento d’acqua riducendo le portate dei filtri.
Il fondo dovrebbe essere di sabbia silicea bianca fra i 0.6 e gli 1.2 mm di diametro. Personalmente adoro questo tipo di sabbia poiché è quella presente nell’ambiente naturale, oltre ad essere chimicamente inerte (non altera i valori dell’acqua).

 Pesce Foglia selvatico
Foto subacquea di un riflesso di un Pesce Foglia selvatico.
Monocirrhus polyacanthus
Fotografia a livello d’acqua con Monocirrhus polyacanthus nel suo ambiente naturale. Nella parte superiore possiamo vedere un capanno indigeno.

M. polyacanthus ha sviluppato delle caratteristiche che gli consentono di simulare l’aspetto di foglie morte cadute dalla vegetazione ripariale, caratterizzata da piante che amano la presenza di acqua.
Usano il mimetismo criptico sia per difesa sia per cacciare le prede. Si muovono delicatamente sopra le foglie marcescenti sul fondo, muovendo lentamente le piccole pinne trasparenti. È incredibile come sembrino quasi volare o planare da un punto all’altro senza apparentemente muovere alcuna pinna.

La sabbia sul fondo del nostro allestimento dovrebbe essere ricoperta da foglie. La dimensione delle foglie non dovrebbe eccedere il doppio della lunghezza dei Monocirrhus polyacanthus e dovrebbero essere di colore attorno all’ocra, non verdi – è difficile trovare foglie verdi cadute sott’acqua nei loro habitat.
Monocirrhus polyacanthus è come un camaleonte acquatico: li ho visti di colore nero, marrone, rosso mattone, arancione e persino giallo brillante!

Monocirrhus polyacanthus
Foto a mezz’acqua di Monocirrhus polyacanthus, nel suo ambiente naturale.

Durante i miei anni di osservazioni, ho visto Monocirrhus polyacanthus strettamente a contatto con il fondo e solo raramente appena sotto la superficie dell’acqua. Non sono nuotatori nella parte media del corso d’acqua e, a dire il vero, sembrano pesci bentonici.
Quando vanno in superficie, stanno sotto le foglie mezze galleggianti e su queste non solo si nascondono ma anche depongono le uova.

Attraversano i fiumi su due livelli e con velocità diverse. Quando attraversano un corso d’acqua nella parte alta, sono piuttosto veloci, senza mai mostrare movimenti erratici e sembrano seguire la corrente anche quanto ci stanno nuotando contro.
Quando invece nuotano nei pressi del fondo, lo fanno molto più lentamente, come se stessero ispezionando l’area alla ricerca di prede o predatori.

Per ricreare l’area di biotopo nei pressi della superficie, suggerirei qualsiasi pianta, come quelle appartenenti al genere Philodendron, che possa essere tenuta in vasi fuori dall’acquario oppure con le radici immerse nell’acqua dell’acquario stesso, lasciando in ogni caso le foglie toccare la superficie.

Monocirrhus polyacanthus
Monocirrhus polyacanthus selvatico che protende la sua bocca.

Il nostro eroe, il Signor Pesce Foglia, è un ignobile predatore che inghiotte la sua preda intera.
Essendo un pesce che nuota e si muove lentamente, fa affidamento sul suo aspetto, sulla sua posizione di nuoto e sul suo camuffamento per fare imboscate alle prede.
Non appena arriva a portata di una succulenta, sfortunata e ignara creatura, usa la sua mandibola sporgente per risucchiare e intrappolare la preda nella sua bocca. La vittima non si renderà mai conto di cosa sia successo!

La mandibola sporgente è difficile da vedere quando usata per catturare una vittima, essendo molto veloce nel movimento, tuttavia possiamo vederla regolarmente poiché questo pesce ama “sbadigliare”.

Pesci che vivono vicino al Pesce Foglia ignorando la sua esistenza sono i piccoli Hyphessobrycon, Pristella e piccoli tetra come Paracheirodon axelrodi. Specie più grandi, come Satanoperca daemon lo disturbano, poiché muovono le foglie e la sabbia sul fondo.

Monocirrhus polyacanthus e un gruppo di Paracheirodon axelrodi
Monocirrhus polyacanthus e un gruppo di Paracheirodon axelrodi nel loro ambiente naturale.

Il fatto che il Pesce Foglia nuoti quasi sempre verticalmente con la bocca rivolta verso il basso mi fa pensare che le prede sul fondo siano più facili da catturare rispetto a quelle che nuotano nelle parti più alte, come i Cardinale. Se ci pensate, le creature sul fondo non possono scappare verso il basso.
Con questo concetto in mente, possiamo pensare a compagni di vasca che possano coesistere o nutrire il Signor Pesce Foglia.

Aggiungerei qualche specie poco costosa di piccolo gamberetto d’acqua dolce, come Palaemonetes sp., che terrà il letto di foglie pulito e sarà la fonte primaria di cibo.
Se abbiamo intenzione di aggiungere piccoli pesci, accettiamo che saranno mangiati dal Signor Pesce Foglia, se sono piccoli da essere inghiottiti; quindi potremmo tenere piccoli tetra economici.

Suggerirei inoltre di lasciare la colonna d’acqua abbastanza libera, così da poter tenere gruppi di tetra più grandicelli, come Hyphessobrycon, che sono abbastanza grandi da non essere mangiati ma non così grandi da riuscire a mangiare i gamberetti.

Monocirrhus polyacanthus
Monocirrhus polyacanthus nel suo ambiente naturale.

Durante la stagione riproduttiva, Monocirrhus polyacanthus va a caccia di avannotti di Apistogramma, Crenicichla o altre specie che non riuscirebbe a inghiottire da adulte.
Il Pesce Foglia caccia molti pesci che non hanno avuto la possibilità di crescere e riprodursi.

I piccoli crostacei diventano anche loro vittime del Pesce Foglia ma, contrariamente a quello che solitamente si pensa, gli invertebrati d’acqua dolce, gamberetti compresi, non sono molto abbondanti dei corsi d’acqua amazzonici. Tuttavia sono presenti nel letto di foglie e fanno parte del suo menu di crudités.
L’impatto di Monocirrhus polyacanthus nei corsi d’acqua amazzonici non mi è molto chiaro ma di certo sono una specie fondamentale nel tenere sotto controllo lo sviluppo della popolazione di piccola fauna.

La luce forte raramente penetra le acque dove vive il Pesce Foglia e quando la luce diretta penetra, lo fa in piccoli raggi che passano attraverso gli stretti spazi fra gli alberi soprastanti.
Non esagerate quindi con la luce, non è necessaria: usatene quanto basta per vedere i pesci. Come esempio, direi una cena romantica a lume di candela.
Tenete il movimento d’acqua e le correnti al minimo.
E non mettete foglie verdi sul fondo – credetemi, non diventerà verde!


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Il Neon Cardinale – Paracheirodon axelrodi – in natura https://acquario.top/cardinale-paracheirodon-axelrodi-in-natura/ https://acquario.top/cardinale-paracheirodon-axelrodi-in-natura/#respond Thu, 03 Jan 2019 10:06:42 +0000 https://acquario.top/?p=3434 Scopriamo assieme a Ivan Mikolji l'ambiente naturale del diffusissimo Cardinale, Paracheirodon axelrodi.

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Inauguriamo il nuovo anno con un articolo che ci parla di un pesce diffusissimo in acquariofilia, il Neon Cardinale (Paracheirodon axelrodi), pesce che purtroppo solitamente finisce in bocce, acquarietti microscopici con fondi di sassi enormi e colorati o altri allestimenti inadeguati, “tanto costa poco e si trova ovunque”.

Proponiamo, quindi, la traduzione di un articolo di Ivan Mikolji, che ci mostra l’ambiente naturale in cui vive il Neon Cardinale, con il suo ciclo delle stagioni e la sua descrizione accurata.
Questo dovrebbe suggerirci come allestire un acquario adeguato per i nostri pesci, ovvero informandoci anzitutto in maniera approfondita sugli ambienti naturali e ricreandoli, per quanto possibile, nei nostri allestimenti.


Il Neon Cardinale – Paracheirodon axelrodi – in natura

Paracheirodon axelrodi è conosciuto dagli acquariofili come Neon Cardinale ed è uno dei pesci tropicali più popolari negli acquari. La maggior parte di chi ha avuto un acquario d’acqua dolce quasi sicuramente ne ha tenuto almeno uno o, come nel mio caso, in un qualche momento ne ha avuti un banco da cinquecento in un grande acquario.
A mio parere, un bell’acquario piantumato con un gruppo di Neon Cardinale è probabilmente uno dei più attraenti allestimenti d’acqua dolce.

Ogni anno centinaia di migliaia di Neon Cardinale vengono catturati in natura in Colombia, Brasile e Venezuela e quindi esportati in tutto il mondo. Ma nonostante la loro diffusione nell’hobby acquariofilo, poco si sa sul loro habitat naturale e sul loro comportamento in natura.
Spero che le informazioni e le immagini in questo articolo possano guidare gli appassionati interessati a ricreare gli habitat naturali a dare a questo pesce il giusto allestimento.
Tutti questi dati possono aiutare anche a dare una più ampia visione su come tentare di riprodurli; in più, ci sono alcuni suggerimenti che possono aiutare nello scattare foto di acquari.

In natura, i Neon Cardinale vivono in piccoli corsi con lento movimento d’acqua. L’acqua è solitamente piuttosto chiara, fino ad essere talvolta cristallina, non essendoci molto limo presente.
Ho effettuato alcune misure, che riporto: pH sempre sotto il 6.5, anche fino a 5.5 e temperatura tra i 23 e i 26 °C.

Questi rivoli sono normalmente ombreggiati dalle dense chiome degli alberi, che mantengono l’acqua ad una temperatura costante e mediamente bassa, se confrontata con le temperature esterne che sono sempre comprese tra i 28 e i 33 °C.
Questo aiuta anche a evitare l’evaporazione dell’acqua, non facendo prosciugare i rivi.
Il fondo e le sponde sono quasi sempre di sabbia silicea.

Sono sempre presenti piante acquatiche o terricole negli habitat dei Neon Cardinale, i quali usano queste piante per nascondersi da potenziali predatori.
Le piante e le loro foglie fungono inoltre da “trappola” per la materia organica mossa dalla corrente e i Neon Cardinale si nutrono in questo deposito.
Le piante acquatiche sono sempre di colore giallognolo, poiché riescono a diventare verdi solo dove la luce del Sole riesce a passare la fitta volta di fogliame una decina di metri più in alto.
Quando qualche raro raggio di luce riesce a penetrare l’acqua, crea un effetto mozzafiato che chiamo effetto Lucanus, che prende il nome da Oliver Lucanus, che mi ha introdotto alla video-fotografia subacquea e mi ha mostrato questo effetto particolare.

Questo effetto assomiglia a quello di un faro teatrale che illumina un pesce sul palcoscenico. È difficile scattare una buona fotografia con effetto Lucanus: bisogna aspettare un sacco di tempo prima che un pesce decida di passare sotto al raggio di luce e, qualche volta, proprio quando il pesce decide di passare, una nuvola oscura il Sole e tutto è perso.
Bisogna ricominciare daccapo.

Probabilmente si può ricreare questo effetto anche in acquario, diminuendo l’intensità delle luci normali e aggiungendo una o più fonti luminose a spot (oppure delle torce), puntandole dove si vuole scattare la foto.
Se l’acqua è troppo limpida per evidenziare il raggio di luce, si può smuovere leggermente il fondo per far aleggiare un po’ di particelle che possono quindi riflettere la luce.

Paracheirodon axelrodi
Paracheirodon axelrodi in gruppo nel loro ambiente naturale.

I Neon Cardinale, in natura, sono piuttosto socievoli con gli umani. Possiamo infatti avvicinarci abbastanza a loro prima che inizino a scappare via.
In alcuni corsi d’acqua, se si sta fermi per uno o due minuti, iniziano a nuotarti attorno e a mordicchiarti la pelle. Hanno una particolare preferenza per il sapore delle orecchie e delle labbra e questo mi rende difficile concentrarmi nel filmare e fotografare. Si potrebbe pensare che un Neon Cardinale non possa poi mordere così tanto, ma se ne hai venti o trenta che ti rosicchiano ovunque per un paio d’ore, puoi essere sicuro che li senti eccome!
Mi metto sempre a ridere, pensando che dovrebbero essere classificati tassonomicamente come delle piragna!

Monocirrhus polyacanthus e un gruppo di Paracheirodon axelrodi
Monocirrhus polyacanthus e un gruppo di Paracheirodon axelrodi nel loro ambiente naturale.

Ci sono due stagioni nell’Orinoquia (bacino dell’Orinoco) meridionale del Venezuela, ovvero quella secca e quella delle piogge.
Ogni anno i fiumi e i corsi d’acqua in quest’area seguono un pattern che influenza l’habitat e la vita dei Neon Cardinale.

Nella stagione secca, che solitamente comincia a ottobre-novembre, la portata e il livello di questi corsi d’acqua raggiungono i valori minimi, che sono da uno a sei metri di larghezza e quasi due metri di profondità (profondità media poco meno di un metro). In questo periodo dell’anno i Neon Cardinale sono già di dimensioni medie, ovvero attorno ai 2-2.5 cm di lunghezza. Poiché i corsi d’acqua si restringono per il ridotto volume d’acqua, i pesci vengono confinati lungo il canale principale e qui si possono vedere numerosi gruppi.
Ho notato che in questo periodo diventano pesci che vivono sempre sul fondo: poiché la corrente d’acqua non riesce a portare via le foglie e i rami che cadono in inverno, il fondo del fiume si riempie di uno spesso strato di foglie, che diventa la casa della stagione secca dei Neon Cardinale. È possibile vederli sul fondo, senza formare banchi, e sembrano tutti statici, quasi fossero in modalità risparmio energetico. Il fondo diventa quasi come un tappeto marrone con sparsi sopra dei brillantini rossi.

Molti loro predatori, come il Pesce Foglia (Monocirrhus polyacanthus), che normalmente caccia in superficie, devono cambiare le loro abitudini e spostarsi verso il fondo.
Altri pesci, invece, che solitamente condividono il livello di nuoto dei Neon Cardinale, come Hemigrammus stictus, non cambiano le loro abitudini e continuano a stare nella parte alta del corso d’acqua.
Altri predatori dei Neon Cardinale possono essere i Peacock Bass (Cichla sp.), Hoplerythrinus unitaeniatus, Potamorrhaphis guianensis e l’onnipresente Hoplias malabaricus.

Alla fine della stagione secca, quando inizia a piovere, la maggior parte dei Neon Cardinale supera i 3 cm di lunghezza.

Paracheirodon axelrodi
Fotografia subacquea di Paracheirodon axelrodi che nuota davanti a rifiuti presenti nell’ambiente naturale.

Durante la stagione delle piogge, i corsi d’acqua si ingrossano a causa delle piogge abbondanti. Le acque, profonde meno di un metro, aumentano fino a tre metri di profondità e la corrente diventa più forte, facendo esondare i fiumi nella giungla.
Tutto il tappeto di foglie è spazzato via dalla corrente, lasciando in mostra la sabbia silicea: questa è la stagione riproduttiva per i Neon Cardinale. In questo periodo dell’anno, sono di dimensioni jumbo, tra i 3 e i 3.5 centimetri di lunghezza.

Tornano a vivere a livello d’acqua medio-superficiale e a stare in banco, abbandonando i corsi d’acqua principali e avvicinandosi alle rive, nuotando tra le radici e la vegetazione ora sommersa.
In questa stagione non escono mai negli spazi aperti. Il banco di Neon Cardinale ogni tanto fa un pit stop dove vedono del cibo, lo mangiano e quindici secondi dopo ripartono a nuotare fino alla prossima sosta, qualche metro più in là.
Durante il giorno, i banchi sono di dimensioni modeste, fra i cinque e i quindici individui mentre dal tardo pomeriggio in poi, un paio d’ore prima del tramonto, questi gruppetti iniziano a riunirsi, fino a formare banchi da quaranta-cinquanta esemplari.

Paracheirodon axelrodi
Paracheirodon axelrodi in gruppo nel loro ambiente naturale.

Paracheirodon axelrodi è un pesce piuttosto distaccato dalla natura selvaggia: non cerca di imitare o fondersi nell’ambiente che lo circonda.
Pur essendo così piccolo, lo si può individuare da sei-sette metri di distanza e anche da più lontano, se il Sole lo illumina.

Secondo me è il re del colore in natura.


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Il ciclide Oscar – Astronotus sp. – in natura https://acquario.top/oscar-astronotus-in-natura/ https://acquario.top/oscar-astronotus-in-natura/#respond Sun, 30 Dec 2018 10:18:29 +0000 https://acquario.top/?p=3388 Traduzione dell'articolo "Oscar Cichlid Astronotus sp Venezuela aff ocellatus in the wild" di Ivan Mikolji.

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In questo articolo Ivan Mikolji – che ringraziamo nuovamente per i suoi articoli – ci porta alla scoperta dell’ambiente naturale in cui vivono delle specie di Astronotus, più conosciuti dagli acquariofili come Oscar.

Immergiamoci quindi nelle praterie allagate delle Los Llanos venezuelane e andiamo a scoprire i comportamenti di questo grande ciclide, facendo conoscenza con Doppia O, gli Astronauti e il signor Gray.


Il ciclide Oscar – Astronotus sp. “Venezuela” aff. ocellatus – in natura

Fin dal 2006 continuo ad andare in un posto molto speciale nelle Los Llanos, in Venezuela, dove ci sono acque chiare, per un breve periodo, durante la stagione delle piogge.
Quando ci arrivo e inizio a preparare l’attrezzatura, divento sempre impaziente. Inizio ad affrettarmi, mi immergo nell’acqua e comincio a cercare alcuni vecchie conoscenze, nella speranza che non siano state nel frattempo mangiate da piragna, coccodrilli o persone.
Nuoto un po’ in giro, guardando a destra e a sinistra, sperando di trovarle ancora vive. Non appena vedo le vecchie conoscenze e le riconosco, mi rilasso e sento una grande felicità pervadermi.
È come incontrarsi in famiglia, con la mia famiglia di Oscar: sono così selvatici!

Immaginate di stare in una pianura con qualche albero e qualche cespuglietto basso sparsi qua e là. Le uniche cose artificiali nelle vicinanze sono delle strade piene di buche, la vostra auto, delle recinzioni di filo spinato su tronchi d’albero e qualche raro esempio di bestiame addomesticato.
L’orizzonte si stende per tutta la larghezza dello sguardo, con nuvole alte, cariche di tempesta, molto, molto lontane.
Nonostante ci sia una temperatura di 32 °C, una debole brezza tropicale fa sembrare ci siano 27 °C: semplicemente perfetto!
È la stagione delle piogge, quindi l’area è stata naturalmente plasmata in grande savana allagata.
Queste sono le Los Llanos venezuelane.

Ivan Mikolji
Ivan Mikolji fotografa un paesaggio nelle Los Llanos del Venezuela. Foto di Kenia Sandoval.

Il mio punto prediletto è localmente identificato con “Estero” (es-tay’-ro), che è la parola spagnola per gli estuari interni.
Questo habitat di estuario è abbastanza unico, poiché si trova a circa 800 km dalla costa ed è alimentato solo dalle piogge.
Durante la stagione delle piogge, l’estero si inonda e le acque si scaricano nei fiumi vicini. Nella stagione secca, invece, tutto si asciuga e non rimane nemmeno una pozzanghera.
È una zona molto diversa dagli estuari a cui siamo abituati, vicini alle coste, che ricevono le acque dai fiumi, che hanno acqua salmastra e scaricano direttamente nell’oceano, senza mai prosciugarsi.

I parametri dell’acqua sono i seguenti: pH inferiore al 5, KH inferiore a 20 mg/l (ppm), GH inferiore ai 10 mg/l (ppm) e temperatura fra i 29 e i 31 °C.
Questo è l’habitat più ampio e più caldo che abbia mai avuto la possibilità di testare.
La temperatura dell’acqua è, in realtà, l’opposto rispetto a quella della stagione delle piogge, dove domina il freddo, che funge da stimolo per le riproduzioni.
Direi che il posto più simile a questo estero sia un Pantanal brasiliano in miniatura.

Astronotus sp.
Ciclide Oscar, Astronotus sp., nel suo ambiente naturale.

Astronotus ocellatus è un ciclide di dimensioni medio-grandi, classificato nella famiglia degli Astronotinae. Ci sono solo due specie appartenenti al genere Astronotus, che noi chiamiamo A. crassipinnis e A. ocellatus, anche se però li soprannominiamo Ciclidi Oscar o anche solo Oscar.
Quando dico “noi”, mi riferisco agli umani, perché agli Oscar questo non interessa. Quel che interessa agli Oscar, in natura, è cercare cibo, crescere, trovare un partner, riprodursi, far crescere i propri piccoli e sopravvivere alle stagioni secche e delle piogge.
Da questo punto di vista, abbiamo molto in comune con gli Oscar, così come con tante altre specie che vivono sulla Terra, no?

Nel seguito, continuerò a far riferimento ad A. ocellatus con il nome Oscar, visto che i nomi comuni non cambiano nel tempo, a differenza di quelli scientifici, e ciò manterrà questo articolo attuale.

Astronotus sp. nel suo ambiente naturale.
Astronotus sp. nel suo ambiente naturale.

Gli Oscar sono presenti in vari stati del Sud America, come Venezuela, Perù, Ecuador, Colombia, Brasile, Paraguay, Guyana Francese e altri. Si sono adattati alle svariate condizioni dell’acqua e dei fiumi che hanno colonizzato e convivono con numerose specie, che cambiano da un corso d’acqua all’altro.
Molti ittiologi pensano che ci sia più di una specie di Oscar, fino al punto da chiamare gli Oscar del Venezuela Astronotus sp. “Venezuela”.
Le future revisioni del genere faranno comunque chiarezza e ci faranno sapere se ci siano davvero specie diverse o solamente alcune varietà strettamente correlate.

Quando scienziati, ricercatori ed esploratori sul campo raccolgono campioni di pesci per scopi scientifici o acquariofili, solitamente misurano pH, temperatura dell’acqua, data, metodo di cattura, persone coinvolte e località. Quindi mettono i pesci in buste (se destinati al commercio) o ne fanno la dissezione, analizzando il contenuto dello stomaco e altre cose, se la cattura è a scopo di ricerca. Se invece vengono raccolti da un abitante nel luogo, di solito finiscono in una padella per friggere o in un tegame.
Solitamente io non catturo pesci: cerco invece di stare assieme a loro e guardare cosa fanno, filmandoli e fotografandoli sott’acqua.

Oscar selvatico, nel suo ambiente naturale.
Oscar selvatico, nel suo ambiente naturale.

Sebbene il mio punto speciale sia grande come un campo da calcio, sembra minuscolo se confrontato con le dimensioni dell’area circostante.
Questo posto è magico. La limpidezza delle acque cambia in base alla quantità di piogge oppure se una mandria di bestiame, cavalli, capibara o altri grandi animali ha fatto un bagno, muovendo il fondo.

Quando trovo i miei Oscar negli ambienti naturali non scappano come fanno tanti altri pesci; tuttavia non si avvicinano affamati o curiosi come succede con altre specie. In effetti sembrano persone con una personalità propria, oltre che dei pesci molto intelligenti.

Doppia O [NdT: “Double O” nell’originale], il nome che ho dato all’Oscar che ha un doppio ocello [NdT: punto/macchia rotonda con effetti intimidatori o mimetici], è un pesce “figo”. Non ha mai paura di me. Mi guarda e poi continua a fare i suoi affari da Oscar. Anche se mi avvicino, continua a nuotare verso la mia macchina fotografica e avanti, oltre la mia testa. È rilassato.

Gli Astronauti [Ndt: “Astronauts” nell’originale], una fedele famiglia di Oscar, stanno sempre a due metri da me. Il maschio ha un ocello che pare abbia due orecchie di gatto se osservato verticalmente. Se hanno i piccoli, stanno ancora più lontani e, per fotografarli, ho dovuto imbrogliarli, nuotando dietro a un folto gruppo di piante acquatiche. Appena fuori dal loro posto, ho nuotato velocemente verso il muro di piante e li ho aspettati. Mi hanno visto non appena hanno superato le piante, ma ormai lo scatto era stato fatto.
Questa coppia sembra un po’ paranoica quando non è in riproduzione: non è che scappino via, ma cercano di tenere le distanze da me. Probabilmente pensano che io sia un qualche tipo strano di coccodrillo che non hanno mai visto.

L’ultimo dei miei amici Oscar è Gray e, come dice il nome, è semplicemente grigio, non avendo alcuna zona arancione ai lati del corpo. Il signor Gray è sempre affamato e non si ferma mai nella sua ricerca di cibo. È piuttosto difficile starci dietro: va sempre qua e là, disperato alla ricerca di cibo, e altro non fa.

Oscar - Astronotus sp. selvatico

Doppia O, gli Astronauti e il signor Grigio mi hanno insegnato molte cose. Mi hanno concesso di entrare nel loro regno e hanno condiviso le faccende di tutti i giorni con me.
Avendo lavorato nelle loro case dai sette ai dieci giorni a stagione per le ultime otto stagioni, ho passato circa 64 giorni nuotando nel loro habitat. Conosco i loro punti preferiti e non mi fanno sentire solo mentre lavoro.

Una delle cose più curiose che abbia mai visto fare agli Oscar è nutrirsi.
Probabilmente siamo portati a pensare che vadano a caccia di pesci come fanno negli acquari domestici, ma in natura non li ho mai visti inseguire un pesce.
Potremmo anche pensare che nuotino a mezza altezza, ma è totalmente sbagliato: gli Oscar, in natura, nuotano vicino alla superficie, fino a toccarla.
Come si può vedere dalle foto, sono stato in grado di fotografare dei meravigliosi riflessi subacquei proprio perché vivono nei pressi della superficie. Quello che fanno è ispezionare ogni ramo, foglia o pianta acquatica sulla superficie, nuotando con un angolo di circa 45° 10-20 centimetri sotto la superficie. Quindi si avvicinano a piante, foglie, rami, legni galleggianti e li spingono con la bocca. Poi stanno fermi e guardano. Se non succede niente, si avvicinano ad un’altra cosa e la toccano con la fronte.
All’improvviso un insetto salta sull’acqua, spaventato dal movimento ed è qui che l’Oscar colpisce: mangiano insetti e li mangiano interi. Questo è quello che fanno tutto il giorno.
Ispezionano, spingono, aspettano, inghiottono e quindi cercano la prossima vittima.
Il menu preferito degli Oscar è a base di specialità quali grilli, cavallette, ragni e qualche formica più grandicella. Gli invertebrati e i frutti sono praticamente inesistenti nell’habitat dell’estero, ma ciò non implica che siano assenti altrove.

Oscar
Riflesso subacqueo di un Oscar nel suo ambiente naturale.

Andare via da questo habitat è sempre un momento triste per me. Anche se qualcuno crede che io sia pazzo, nel profondo sento di essere riuscito a diventare parte del loro mondo.
Prima di partire, dò un’ultima occhiata al paesaggio, faccio un bel respiro e auguro loro il meglio.

L’habitat si prosciuga completamente durante la stagione secca. Dove vanno? Quanto viaggiano? Che fanno?
Sono tutti misteri per me, ma sono felicissimo di rivederli ogni anno.

Questo articolo è stato pubblicato su:
– Practical Fishkeeping Magazine – Luglio 2014
– AQUAmag Magazine 30 – 2016


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
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Satanoperca daemon in natura https://acquario.top/satanoperca-daemon-in-natura/ https://acquario.top/satanoperca-daemon-in-natura/#respond Sat, 24 Nov 2018 17:45:37 +0000 https://acquario.top/?p=3013 Vi presentiamo il terzo articolo in traduzione frutto della collaborazione con il mitico Ivan Mikolji, che ringraziamo. Come detto, terzo articolo e terzo ciclide! Questa volta la specie oggetto del nostro interesse è più inusuale, per quanto estremamente diffusa in natura: tuffiamoci quindi alla scoperta del Satanoperca daemon. Satanoperca daemon in natura In natura alcuni […]

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Vi presentiamo il terzo articolo in traduzione frutto della collaborazione con il mitico Ivan Mikolji, che ringraziamo.
Come detto, terzo articolo e terzo ciclide!
Questa volta la specie oggetto del nostro interesse è più inusuale, per quanto estremamente diffusa in natura: tuffiamoci quindi alla scoperta del Satanoperca daemon.

Satanoperca daemon
Satanoperca daemon, Ivan Mikolji / 2014.

Satanoperca daemon in natura

In natura alcuni pesci sono più diffusi di altri.
Satanoperca daemon è molto comune nella maggior parte dei corsi d’acqua al di sotto del fiume Apure, in Venezuela. I locali li chiamano “Faccia di Cavallo” o “Aspira Terra”.
In acquariofilia sono conosciuti come col nome inglese di “Three Spotted Eartheaters” (letteralmente: Pappaterra a tre macchie – NdT); prendono il nome dalle tre macchie nere che possono essere notate sul loro corpo, due lungo la linea laterale e una sul peduncolo caudale.
Per me S. daemon è semplicemente magnifico. Sono l’esempio vivente di come la morfologia e il comportamento dei pesci si adattino per sfruttare particolari nicchie biologiche e colonizzare con successo specifiche aree dei corsi d’acqua; nel loro caso, il fondo.

Panoramica di un corso d'acqua chiara, Venezuela.
Panoramica di un corso d’acqua chiara, Venezuela.

Pur essendo estremamente facile osservare S. daemon in natura, di contro, è molto difficile fotografarlo. Scattare foto “daemonfavolose” che li ritraggano è complicato perché sono pesci abbastanza timidi e non si avvicinano molto.
Quando provi ad approcciarli o a entrare nel loro territorio, semplicemente nuotano via. Come cercare di attaccare due magneti dallo stesso polo. Mantengono sempre la stessa distanza, di circa tre o quattro metri. Ho provato a fregarli varie volte per ritrarli degnamente, ma con poco successo.
Neanche nascondersi dietro a piante o rocce si è rivelata essere un’opzione percorribile perché S. daemon risiede in spazi aperti, su banchi di sabbia, con piante acquatiche molto basse o completamente assenti. Le rocce, invece, banalmente non sono presenti nel loro habitat, e, dove invece ci sono, hanno le dimensioni di un campo da calcio, o più grandi ancora, rendendole inutili come nascondiglio.
Gli unici scatti ravvicinati che sono riuscito a fare sono stati possibili solo nascondendomi dietro a tronchi caduti, mentre le altre immagini sono state semplicemente scattate da lontano. Più i pesci sono lontani dalla fotocamera, più le foto sembreranno sfocate e intorbidite. Per trovare immagini di S. daemon ho dovuto vagliare migliaia di scatti salvati nei miei dischi fissi, perché presumibilmente sono stati fotografati in più dell’80% delle nostre spedizioni.
Sono stati ritrovati in una gran varietà di habitat a causa della loro ampia distribuzione. Li ho osservati personalmente vivere in acque nere, verdi, blu e limpide. È abbastanza inusuale guardare così tanti e differenti toni di colore quando ci si riferisce ad una sola specie di pesce.

Satanoperca daemon

Satanoperca daemon è uno dei pesci che ho osservato più spesso in natura durante gli anni. Questo è perché presente nella maggior parte dei corsi d’acqua che abbiamo esplorato.
I giovani Pappaterra amano combattere tra loro. In natura si possono spesso osservare mentre litigano. Si afferrano l’un l’altro per la bocca e iniziano a scuotere vigorosamente il corpo. Poi nuotano attorno all’avversario, sventolando le pinne e protrudendo gli opercoli.
Si tratta di uno spettacolo eccitante da osservare perché non arrivano a ferirsi e, quando si stancano, riprendono a nuotare vicini come una famiglia. Sembra più un momento giocoso che uno scontro per delineare gerarchie o territori. Gli esemplari più vecchi non combattono, hanno legami sociali molto solidi e sono estremamente pacifici, tra loro e con le altre specie.
È molto raro vederli da soli. Di solito vivono in coppie o piccoli banchi, anche con più di otto individui.
Questi pesci amano la luce del sole. Se c’è un punto illuminato nel fiume, loro si troveranno lì, a crogiolarsi.

In natura, S. daemon passa il tempo filtrando i fondali dei fiumi.
Domanda: cosa ottenete quando incrociate un pesce con una aspirapolvere e uno spazzaneve? Risposta: un Satanoperca daemon, il Three Spotted Eartheater.
S. daemon non si ritrova in fiumi, o nelle porzioni degli stessi, caratterizzati da forte corrente. I corsi d’acqua che popola hanno differenti tipologie di substrato di fondo a seconda della località, ma con vari “ingredienti” in comune. Anni di esperienze sul campo mi hanno insegnato a riconoscerne la composizione con esattezza, e posso affermare che sono facilmente riproducibili in casa.
La ricetta potrebbe essere la seguente: per fare uno stufato di fondo del Sud dell’Orinoco si ha bisogno di molta sabbia silicea, piccole foglie e rametti in decomposizione, alghe, uno spruzzo di materiale fecale di pesce appena evacuato, piante acquatiche tritate finemente (masticate funzionerebbero ancora meglio) e un pizzico di fango. Quindi mescolare tutto assieme e lasciar sedimentare e riposare per 48 ore a 30 °C prima di servire.
Per fare la versione del Nord dell’Orinoco basta sostituire circa il 15% della sabbia silicea con argilla giallo pallido o color avorio.

Quindi S. daemon mangia delizioso stufato di fondo? Non esattamente. In realtà si nutre dei microorganismi che vivono, si alimentano, si riproducono o si nascondono all’interno o sopra lo “stufato”.
Si può affermare che il menu bentonico privo di glutine di S. daemon consista di microcrostacei, perifiton, piccoli vermi, larve di insetti acquatici, tra i quali coleotteri e ditteri, piccolissimi pesci e uova di pesci.
S. daemon non si ciba, come invece fa la maggior parte degli altri pesci, degli insetti che cadono in acqua. Questo è dovuto alla loro morfologia. La loro bocca specializzata, protrattile verso il basso, è specificatamente progettata per aspirare il substrato, filtrare ciò che è considerato edibile, e poi liberarsi o espellere il resto dello “stufato” attraverso le aperture degli opercoli. È comprensibile che a volte si confondano e ingoino un po’ dello “stufato” stesso, ma non è certo la loro fonte primaria di cibo.

Il Three Spotted Eartheaters è un pesce bentonico. Non ci sono sorprese, e ciò rende la pianificazione di un acquario molto più semplice. È facile trovarli perché saranno sempre attaccati al fondo.

Se volessi ricreare un acquario basato sul bacino del fiume Orinoco, S. daemon sarebbe uno dei primi pesci a cui penserei. È un comune denominatore tra la fauna ittica di tutta l’area. Pianificare un acquario con un pesce così prevedibile è decisamente conveniente. Niente sorprese, si sa che avrà interazione principalmente col fondo dell’acquario.
Per allevarli con successo è necessario una vasca grande, più è lunga meglio è.
Vi racconto come l’ho concepito, così, mentre scrivevo.
Il mio acquario dei sogni sarebbe lungo 2 metri o più, 40 cm o più di larghezza, e alto 50 cm o più. Aggiungerei poi almeno 10 cm dello “stufato” menzionato prima, modificando il mix in questo modo: il 50% della sabbia silicea sarebbe bianca con granulometria di circa 3mm, il 30% sarebbe invece più fine, mentre il 20% finale sarebbe della sabbia di fiume finissima color bronzo. Non userei un filtro sottosabbia.
L’arredo sarebbe estremamente semplice. Sono sempre stato un sostenitore del porre estrema attenzione nelle parti che costituiscono le fondamenta dell’acquario piuttosto che nelle decorazioni. Aggiungerei un po’ di foglie sbriciolate a formare un letto, non troppo esteso, al di sopra del fondo. Includerei un lungo e stretto pezzo di driftwood, inclinato con un angolo di 45 gradi, nel retro dell’acquario. Cercherei di lasciare quanto più spazio aperto sul fronte dell’acquario, libero, affinché i S. daemon possano nuotare facendo gruppo (sì, sono ciclidi da banco) e filtrare il substrato. Se il legno è posto inclinato, avrà meno contatto con il fondo e lascerà più spazio ai pesci per mostrare i loro incredibili comportamenti.
Non aggiungerei nessuna roccia in un setup per una vasca sul fiume Orinoco, in quanto sono sostanzialmente assenti in tutto il bacino. Manterrei filtrazione e corrente al minimo, più diffuse e deboli possibile. Ricordate, saranno loro a sifonare naturalmente il fondo ed a far sì che i rifiuti raggiungano il filtro.
La luce sarebbe discretamente intensa sull’80% della superficie dell’acquario. Cercherei di trovare dei lunghi e fini tubi LED, per fissarli agli angoli di una copertura in legno, posta al di sopra dell’acquario. Questo per far sì che la luce ricrei l’effetto dei raggi del sole che bucano l’acqua, con la stessa angolazione del pezzo di legno. Questi fasci di luce rifletterebbero i detriti alzati dai S. daemon durante l’alimentazione, creando un effetto backscatter (altresì noto come effetto retrodiffusione – NdT); meraviglioso! Al solo pensarci mi vien da sorridere.
L’idea di avere un inquilino dell’acquario che costantemente interagisce, cambia e movimenta qualcosa di immobile e inerte come il fondo è semplicemente incredibile. Per altro, essere in grado di seguire il flusso dell’acqua e le particelle in movimento attraverso fasci di luce, è altrettanto incredibile. Osservare i detriti non sarà mai più divertente e interessante di così.
Ci sono tre regole chiave per mantenere al meglio S. daemon in acquario. Prima di tutto è necessario che l’acqua sia tenera e acida, con pH sotto al 6. Successivamente il KH deve essere inferiore a 30 mg/L (ppm), e il GH inferiore a 20 mg/L (ppm); ma il segreto più importante riguarda la temperatura: S. daemon preferisce acque calde e non vive bene al di sotto dei 26 °C. 29 °C è la temperatura ottimale.

I compagni di vasca che terrei in considerazione sarebbero grandi abbastanza da non essere mangiati e, allo stesso tempo, non dovrebbero competere o disturbare il loro mondo sommerso tutto da filtrare.
CorydorasApistogramma e tutti gli altri ciclidi o pesci gatto di fondo sono fuori questione.
MesonautaPterophyllum o qualsiasi altro ciclide che occupi la zona centrale della colonna d’acqua sono ben accetti.
Anche grandi tetra da banco potrebbero abitare il lungo acquario e aiuterebbero a donare un po’ di movimento alla parte superiore della vasca.
Aggiungerei poi uno o due grandi Pleco per ridurre al minimo il lavoro di pulizia dei vetri (noi di Acquario.top abbiamo a cuore la vostra salute fisica e consigliamo, invece, di armarvi di raschietto e olio di gomito – vedi nota sotto – NdT).

Come cibo di riferimento somministrerei a S. daemon lombrichi, piccoli crostacei, inclusi gli economici Glass Shrimp (Palaemonetes paludosus, un gamberetto dulciacquicolo nordamericano – NdT) e, naturalmente, poco alla volta, cercherei di abituarli a mangiare dei fiocchi, o qualsiasi altro cibo secco commerciale, includendo anch’esso nella dieta.

Wow, penso proprio che allestirò un acquario biotopo per Satanoperca daemon, suona così semplicemente sofisticato!

Questo articolo è stato pubblicato su:
– Practical Fishkeeping Magazine – Settembre 2014


Nota sui Pleco

Vi esortiamo a pulire i vetri, se necessario, senza l’aiuto dei Pleco. Questi pesci (come tutti gli altri) hanno bisogno di cure e alimentazione specifiche e le sole alghe sui vetri non saranno sufficienti.

È vero che con le luci puntate “di traverso”, come suggerito da Ivan Mikolji, i vetri saranno un posto più favorevole per lo sviluppo algale, tuttavia non è molto realistico attendersi che saranno sufficienti per il mantenimento di questi pesci.
Anche se mangiano alghe, non possono essere definiti, né sono, “pulitori” e le alghe sui vetri non sono adeguate come unico alimento.


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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È con viva e vibrante soddisfazione che proponiamo la traduzione di un secondo articolo del grande Ivan Mikolji.
Questa volta l’esploratore venezuelano ci rende partecipi di gioie e dolori di una spedizione volta alla ricerca dei magnifici Ram.


Il ciclide Mikrogeophagus ramirezi in natura

Dopo molti anni passati a investigare ed esplorare i corpi d’acqua dolce del Venezuela, posso dire di aver nuotato accanto a una gran varietà di ciclidi. Alcuni di essi sono estremamente rari nell’hobby acquariofilo, come Laetacara fulvipinnis, mentre altri sono molto più diffusi, come Heros severus o Mikrogeophagus ramirezi, questi ultimi comunenemente conosciuti come “Ram” in acquariofilia.

L’habitat del Ram varia molto per via della loro estesa distribuzione. In alcune aree inondate possono essere visti migrare a milioni.
In questo articolo scriverò a proposito di un punto veramente speciale lungo il fiume Morichal, che ho esplorato ripetutamente anno dopo anno. Ciò che rende questo punto così speciale è che ospita un gruppo di Ram, compreso fra i sei e i dieci esemplari adulti, in un’area specifica di meno di cinque metri quadrati.
Questo non significa che non ci siano Ram per un kilometro a monte o a valle lungo il fiume, ma non ho mai visto un Ram adulto nei duecento metri a valle o a monte di questo luogo.
È incredibile andarci una o due volte l’anno, nella stagione secca o delle piogge, e ritrovare lo stesso gruppo di esemplari, nello stesso punto!
In natura, probabilmente, i Ram vivono al massimo un anno o poco più, quindi questo deve essere un punto realmente speciale per la permanenza di Ram adulti.

Voglio iniziare la mia storia dagli ultimi due giorni di una spedizione che ne è durata diciassette, attraverso il territorio venezuelano.

Mi sveglio alle sei della mattina nella piccola città di El Temblador, che significa letteralmente “anguilla elettrica”, e guido per due ore verso nord, in direzione del territorio dei Ram vicino al delta dell’Orinoco, e le cose non potrebbero andare meglio! Il sole splende e non si vedono nuvole in cielo. È una cosa molto positiva per la fotografia subacquea.
In quest’area normalmente piove ogni giorno, durante la stagione delle piogge e, quando non piove, il cielo è coperto per tutto il tempo da nubi grigie, che abbassano drammaticamente la possibilità di scattare belle immagini.
Devio dall’autostrada per inoltrarmi in una piccola e sconnessa strada di campagna, che si trasforma in una sporca strada sterrata, la quale mi porta a una strada sterrata ancora peggio (se si può chiamare “strada” quando ti costringe ad azionare il 4×4).

Panoramica del biotopo di un corso d'acqua chiara
Panoramica del biotopo di un corso d’acqua chiara, Monagas, Venezuela.

Arrivo più vicino possibile al fiume, parcheggio il fuoristrada e, come di consueto, spruzzo del repellente sui miei vestiti, e mi gusto una buona colazione, che consiste in una scatoletta di tonno con dei cracker, seduto sulla sbarra che fa da cancello.
Ad accompagnare questo eccellente pasto da gourmet, che mi sono sorbito continuativamente per gli ultimi quattordici giorni, ho un bicchiere di soda calda sgasata. Al momento sto pensando intensamente ad una bella bistecca grigliata con purè.
Una volta finito di mangiare, preparo tutta la strumentazione e mi metto la muta, mi spruzzo nuovamente il repellente e inizio la camminata di duecento metri che mi condurrà al territorio dei Ram.

La fatica di una camminata di duecento metri può sembrare poca cosa, se non fosse che l’attrezzatura ha un peso di dieci kili, dati da custodia impermeabile in plastica con annessa fotocamera e videocamera, tutti i rispettivi accessori subacquei e termometro, pHmetro, etc.
L’altra cosa da dover trasportare è la borsa con l’attrezzatura da snorkelling, contenente maschera, pinne, e tutte le altre cose sciolte, quali liquidi o snack. Normalmente ci metto anche la cintura di piombo da sei kilogrammi, ma questa volta ho deciso che era meglio indossarla piuttosto che doverla trasportare.

Il viaggio di duecento metri attraverso la boscaglia alta fino alla cintola, con tutta questa pesante attrezzatura, viene rallentato a metà del percorso da un cancello di filo spinato. Questo cancello ha cinque filamenti di filo spinato ad intervalli di trenta cm l’uno dall’altro.
Essendo da solo, faccio scivolare la pesante borsa piena di “delicata” strumentazione al di sotto del filo e lancio la borsa con l’attrezzatura da snorkeling dall’altro lato. Decidere come oltrepassare il cancello filo spinato è tutta un’altra cosa. I fili sono troppo ravvicinati per passarvici in mezzo. Posso passarvici sopra o strisciare ventre a terra al di sotto.

Decido di passarci sopra, pensando che bilanciarmi al di sopra di un filo spinato alto un metro e mezzo sia molto più facile che trascinarmi nella sterpaglia piena di insetti e spine. Appena inizio a bilanciarmi sul fine filo spinato scoppio a ridere, pensando a cosa potrebbe pensare un locale vedendo una persona nella giungla, nel bel mezzo del nulla, che indossa una muta da sub cercando di scavalcare goffamente un cancello!
Una volta che anche la saga del filo spinato è finita, devo ancora fare altri centro metri. Avendo addosso una muta, sotto il sole tropicale con 33 gradi, grondo sudore e ora spero solo in una nuvola passeggera o in un po’ di pioggia! Mi cospargo nuovamente di repellente: la mia muta è a maniche e braghe corte e la boscaglia ed il sudore lo portano via.

Arrivato, alla fine, nel territorio dei Ram, butto l’attrezzatura sulla riva del fiume e mi fiondo nella zona più profonda del fiume per rinfrescarmi. Seduto lì, il pensiero che tra un paio d’ore dovrò attraversare la stessa odissea per tornare indietro mi irrita, ma l’acqua fresca raffredda i miei bollenti spiriti.

Dopo cinque minuti esco dall’acqua e inizio a cercare i Ram dalla riva del fiume. Lo spot dei Ram non ha alberi lungo le rive, quindi non c’è ombra; i Ram vengono trovati di solito in punti con meno di mezzo metro d’acqua.

Cercarli dalla riva ha molti vantaggi.
Primo, è più facile individuarli perché, cercandoli in immersione, le piante acquatiche renderebbero molto più complicato vederli.
Secondo, da fuori i pesci sono meno impauriti e non scappano, come invece farebbero se camminassi in acqua.
Terzo, camminando sulla riva, lascio il loro habitat intatto, senza danneggiare le piante o intorbidire l’acqua.
Quarto, una volta individuati, posso scattare una foto dall’esterno del loro habitat ancora imperturbato e, fatto più importante di tutti, posso osservare il loro comportamento. Ho scoperto che prendendosi il tempo necessario per osservare i pesci dall’esterno, prima di entrare in acqua, si finirà sempre per ottenere foto e video migliori.

Per me è importante contare quanti individui sono presenti. Sono in riproduzione o già con gli avannotti? Se li spavento passando la mia mano sull’acqua o saltando, dove vanno a nascondersi? Di quanto tempo necessitano per uscire dai loro nascondigli? Quanto è forte la corrente? Dove è meglio che mi posizioni in acqua per scattare le foto?
A questo punto sono solito anche misurare il pH e la temperatura dell’acqua. I parametri sono: il pH è 6.2 e la temperatura, nel punto poco profondo (circa 30 cm) in cui vivono i Ram, è di 28 °C.

Individuo sei Ram adulti, i loro colori brillanti possono essere notati a due metri di distanza in quell’acqua così bassa. Noto che ci sono molte piante acquatiche che rallentano la corrente, e che è presente una piccola area senza vegetali nella quale escono di tanto in tanto a cibarsi.
Decido che quell’area aperta di appena mezzo metro quadro è l’unico punto in cui sarei in grado di fotografarli. A questo punto la mia testa è così calda che penso potrei cucinarci sopra una bistecca; ancora, la mia testa viaggia ad una bella bistecca con purè.
Faccio velocemente una foto della zona dall’esterno dell’acqua, pianto un bastoncino di un metro nella riva del fiume, infilandolo dieci cm nel terreno, in corrispondenza del punto in cui ho individuato i Ram; metto assieme la camera subacquea, prendo un sorso della mia soda bollente, metto la maschera ed entro in acqua una quindicina di metri a valle del punto prescelto per le foto, dove l’acqua è più profonda.

Inizio a trascinarmi lentamente su per il fiume, controcorrente, in direzione del bastoncino che ho piantato come riferimento ai margini del corso d’acqua. Dico trascinarmi anziché nuotare perché ho la mia cintura di pesi da 6 kili legata alla vita, in mezzo metro d’acqua. La cintura mi serve per evitare di essere continuamente trascinato a valle dalla corrente.

Come mi avvicino all’area profonda solo 30 cm, l’enorme ammasso di piante acquatiche mi impedisce di vede a più di cinque centimetri dal mio naso. L’unica maniera che ho per orientarmi è tirare la testa fuori dall’acqua e guardare al bastoncino.
Mentre la profondità diminuisce e la quantità di piante aumenta, la corrente si fa sempre meno intensa. Rallentando, la corrente lascia depositare tutta la materia organica che l’acqua porta con sé e che non ha più la forza o l’inerzia di trasportare via.
L’assenza di corrente fa sì che il fondo di sabbia silicea si ricopra di qualcosa descrivibile come delle sabbie mobili di materia organica. Tutte le volte che mi trascino più vicino alla riva, affondo sempre più in questo denso miscuglio di limo, legnetti, foglie in decomposizione, il tutto combinato con sabbia silicea. Questa poltiglia è spessa 10-15 cm e solo al di sotto si trova un solido fondo di sabbia silicea.

Presto riesco a raggiungere la radura di mezzo metro quadro e notare la completa assenza di Ram. Aspetto pazientemente che si mostrino nello spiazzo per cibarsi sul detrito. Neanche dieci minuti dopo sembrano essersi completamente abituati alla mia presenza ed escono a mangiare come se io non esistessi.

In quel momento realizzo di avere un paio di altri problemi. Essendo io, ora, in appena 30 cm d’acqua, la mia schiena non è più sommersa. Le zanzare stanno iniziando a banchettare attraverso la muta. Cerco di scuotermi per spaventarle e farle scappare, facendo sì, però, che in un attimo il detrito si sollevi, riempiendo tutta la colonna d’acqua di particelle in sospensione, e rendendo impossibile fotografare. Decido di concentrami e disconnettere mentalmente in miei nervi della schiena, con poco successo.

Mikrogeophagus ramirezi by Ivan Mikolji 2015
Mikrogeophagus ramirezi, di Ivan Mikolji / 2011.

Il mio altro problema è che sono posizionato contro la debole corrente, e tutto ciò che posso vedere è la parte posteriore dei Ram. Poiché nuotano sempre contro corrente, ho solo pochissime occasioni nelle quali si girano ed si trovano in una buona angolazione per scattare una foto.
Il risultato è che devo passare molto tempo in attesa che si mettano correttamente in “posa” e sperare di essere abbastanza concentrato da premere il pulsante al momento giusto.

Col passare del tempo, osservando sott’acqua i Ram, tutto d’un tratto, cala la pace e mi scordo del mondo. Posso solo descrivere quel sentimento come estrema rilassatezza. Tutti i pensieri scivolano via e mi sento come se io debba essere lì, vivere con i Ram, come se fossi uno di loro.

I Ram nel loro ambiente naturale passano il 90% del loro tempo nutrendosi, ed il resto vibrando le pinne contro altri Ram o scacciando altri pesci che si introducono nelle aree in cui si cibano.
Per mangiare, aspirano del detrito con la bocca e iniziano a “masticarlo”. Poco dopo sputano fuori la gran parte del materiale non commestibile e ingoiano ciò che trovano edibile, filtrando ed espellendo gli avanzi più piccoli attraverso gli opercoli.
Durante questo processo sollevano piccole nuvole di sabbia. Se quattro Ram stanno mangiando simultaneamente diventano impossibili da fotografare, in quanto rendono l’acqua molto torbida.

M. ramirezi selvatico che si nutre nel suo ambiente naturale.
M. ramirezi selvatico che si nutre nel suo ambiente naturale.

Dopo più di due ore e 346 foto, decido che ho abbastanza buone immagini, così chiudo la fotocamera e la appoggio tra le piante acquatiche.
Guardo i Ram e mi dimentico del “lavoro”, li osservo e basta, come sono, nel loro ambiente naturale.

Dopo un bel po’, esco dall’acqua, prendo la videocamera e, dopo aver ripetuto lo stesso approccio, giro alcuni video. Al momento, i Ram non sono più spaventati da me, il che rende più veloce filmare.
Prima che si faccia troppo tardi esco dall’acqua e inizio il mio viaggio di ritorno verso il fuoristrada. Questa volta, con la muta bagnata e completamente rilassato, il viaggio di ritorno di duecento metri, pur con il cancello da scavalcare, sembra paradisiaco.

Coppia di M. ramirezi nel loro habitat naturale.
Coppia di M. ramirezi nel loro habitat naturale.

Sul tardi, ho di nuovo un bel pranzo alla sbarra-cancello.
Questa volta consiste in cracker e tonno in scatola, una gradevole variazione rispetto a tonno in scatola e cracker. La soda che ho messo in acqua adesso è a 28 °C, decisamente più fredda della temperatura dell’aria!

Guido per un paio d’ore e arrivo alla città di Maturin, nella quale incontro un mio vecchio amico canadese, che si sta occupando della pulizia di alcune piattaforme petrolifere. Mi offre di ospitarmi in una casa che ha affittato per lui e i suoi lavoratori.
Ci mangiamo una bella bistecca per cena con una montagna di patate, e ritorniamo verso casa per le otto.

Una volta nella casa, mi mostra un letto spartano al secondo piano. Sistemando dei vestiti puliti sento del baccano al piano di sotto. Scendo e sento che alcuni lavoratori stanno chiedendo al mio amico di essere sistemati in un hotel.
Quando chiedo il perché, mi rispondono che la casa è infestata e da molte notti non sono in grado di chiudere occhio. Mi dicono che ogni notte vedono il fantasma o lo spettro di una giovane ragazza del villaggio, che cammina attorno ai loro letti o in cucina, mentre preparano il cibo.

Dopo alcuni minuti di discussione, il mio amico decide di portarne alcuni ad un vicino hotel. I più coraggiosi restano nella casa, dicendo che hanno visto la ragazza fantasma, ma non gli interessa.
Decido di restare nella casa con la telecamera in mano, giusto in caso l’avessi vista, ma dopo aver tentato per un po’ di dormire con un occhio aperto, mi addormento definitivamente fino all’indomani.
Di mattina presto mi sveglio e guido per dodici ore verso casa, senza neppure una foto del fantasma ma con un sacco di belle immagini dei Ram.


Questo articolo è stato pubblicato su:
– Tropical Fish Hobbyist Magazine – Giugno 2011

Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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