Ciclidi nani Archivi · Acquario.top La Scienza in Acquario. Mon, 29 Mar 2021 20:16:25 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 Laetacara araguaiae https://acquario.top/laetacara-araguaiae/ https://acquario.top/laetacara-araguaiae/#respond Sun, 31 Jan 2021 14:16:22 +0000 https://acquario.top/?p=4996 In questo articolo vedremo una specie appartenente a un genere che, dopo la mia esperienza di allevamento, posso dire essere nettamente sottovalutato. Il genere Laetacara è composto soltanto da sette specie: L. thayeri, L. dorsigera, L. flamannellus, L. fulvipinnis, L. flavilabris, L. curviceps e oggi vedremo da vicino Laetacara araguaiae. Nonostante gli esponenti di questo genere […]

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In questo articolo vedremo una specie appartenente a un genere che, dopo la mia esperienza di allevamento, posso dire essere nettamente sottovalutato.

Il genere Laetacara è composto soltanto da sette specie: L. thayeri, L. dorsigera, L. flamannellus, L. fulvipinnis, L. flavilabris, L. curviceps e oggi vedremo da vicino Laetacara araguaiae.

Nonostante gli esponenti di questo genere siano solo sette, sono ampiamente distribuiti in tutto il Sud America, dove abitano sia acque nere (come L. flavilabris), sia acque chiare e bianche (come L. dorsigera e L. araguaiae) e sono diffuse in Brasile, Paraguay, Perù e Argentina.

Per qualsiasi dubbio o per raccontarci la vostra esperienza vi aspettiamo nel forum.

Laetacara araguaiaeLaetacara araguaiae Ottoni F. O., Costa W. J. E. M., 2009

Tassonomia

Laetacara araguaiae ha questa nomenclatura solo dopo l’ultima classificazione risalente al 2009: precedentemente era conosciuta come Laetacara sp. “Buckelkopf”.

Il nome del genere è strettamente correlato alla morfologia degli esemplari: è peculiare infatti uno spot a forma di sorriso a livello del labbro superiore che da a questi pesci un’ “espressione sorridente”: Laetus, dal latino, felice.

Il nome della specie, araguaiae, deriva dal bacino dove sono stati scoperti, ovvero il Rio Araguaia (Brasile).

Distribuzione in natura di Laetacara araguaiae

Questa specie di recente descrizione è stata ritrovata nella zona centrale del Brasile, nel Rio Verde, nel bacino centrale del Rio Araguaia.

Nei bacini idrografici del Rio Tapajos e Rio Xingu sono state trovate popolazioni di Laetacara sp. “Buckelkopf”, che differiscono leggermente per colorazione e che non sono riportate nell’articolo originale di descrizione della specie[1].

Distribuzione Laetacara araguaiae

Habitat naturale di Laetacara araguaiae

Questo piccolo ciclide abita zone riparali di corsi con acqua bianca, ricche di vegetazione galleggiante e macrofite acquatiche. Predilige zone con corrente medio bassa con abbondanza di ripari dati anche da legni e arbusti che crescono sulle sponde dei fiumi.

Morfologia

Se confrontato con altri ciclidi nani, come gli Apistogramma, le differenze morfologiche sono evidenti: le Laetacara hanno un corpo molto più tozzo e spesso con lineamenti meno slanciati. Si può dire che siano delle Acara in miniatura!

L. araguaiae si distingue dagli altri componenti della famiglia, oltre che per la livrea, per varie caratteristiche morfologiche, in questo articolo vedremo solo le più evidenti a livello macroscopico.

Laetacara araguaiae presenta solo 7-8 raggi nella pinna dorsale (gli altri componenti del genere ne hanno di più); in aggiunta a questo, può essere distinta da L. dorsigera, L. flamannellus e L. curviceps per l’assenza di uno spot nero alla base della dorsale.

Per distinzioni più fini è necessario osservare numero e tipologia di scaglie.

Dimorfismo sessuale di Laetacara araguaiae

Non c’è un netto dimorfismo sessuale tra gli esemplari maschi e femmine in L. araguaiae se non che i maschi , in età adulta, raggiungo una dimensione maggiore delle femmine.
Confrontando la mia esperienza con dati trovati in rete[2] posso dire che i miei esemplari hanno superato leggermente gli standard di dimensioni: il mio maschio dominante arriva a circa 6/7 cm e la femmina si ferma ai 4/5 cm.

Qui, nonostante la foto non sia delle migliori, possiamo osservare una coppia: l’esemplare in basso è la femmina.

Maschio e femmina di Laetacara araguaiae
Maschio (in alto) e femmina a confronto.

Il dimorfismo comportamentale è invece tutt’altra storia.

Comportamenti tipici

Anche dal punto di vista comportamentale posso dire che questa specie è molto più simile alle grandi Acara sp. rispetto ad altri ciclidi nani, come gli Apistogramma.

Peculiare è il loro legame col fondo – che dovrà essere composto per lo più da sabbia sugar size – infatti sarà piuttosto comuni vederli intenti a setacciare il fondale alla ricerca di cibo.

Per quanto ho osservato, posso dire che non li ho trovati pesci particolarmente timidi se non appena introdotti in vasca. Ovviamente, più ripari ci saranno in vasca, più sicuri si sentiranno e più sarà facile vederli ben ambientati in breve tempo.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

La mia esperienza con Laetacara araguaiae è stata con un piccolo gruppo di cinque esemplari in monospecifico in una vasca di 65×40×40 cm.

La convivenza è stata più che pacifica fino alla prima riproduzione, la quale ha portato la coppia a predominare sugli altri esemplari e di conseguenza ho deciso di dedicarle l’intera vasca.

Questa decisione è stata presa anche perché gli altri esemplari del gruppetto interferivano con le riproduzioni, andando a stressare la coppia che andava poi a mangiarsi le uova fecondate poco dopo la deposizione.

Deposizione Laetacara araguaiae
Giorno della deposizione
Uova Laetacara araguaiae
Terzo giorno dalla deposizione

Già dopo pochi giorni dall’inserimento si erano delineate le gerarchie con un esemplare (il più grosso) che tendeva a nuotare nelle zone più alte della vasca, ma senza confinare o aggredire violentemente gli altri esemplari.

Ho, inoltre, notato subito che era particolarmente tollerante nei confronti di un esemplare in particolare: inutile dire che questi due esemplari hanno poi formato una coppia!

Per quanto possano aver convissuto senza problemi, posso dire che per tenere un gruppo, magari anche più numeroso in modo da potersi godere appieno i comportamenti intraspecifici, sia necessaria una vasca più grande di quella con cui sono partito.

Riproduzione

Le L. araguaiae sono ciclidi che depongono su substrati (substrate-spawner) e conducono delle cure biparentali. Questo significa che per la deposizione delle uova sceglieranno superfici di loro gradimento e che le cure parentali, prima delle uova, poi dei nuovi nati, saranno portate avanti da entrambi i genitori con uguale impegno.

Come appena visto le uova (più di una cinquantina, per quello che ho potuto osservare) verranno deposte su un substrato scelto e preparato dai genitori. Questo substrato può essere dato da un legno, una roccia liscia o anche dal fondo stesso (altro motivo per cui è necessaria la sabbia fine).

Ho potuto infatti osservare la coppia intenta a modellare il fondo spostandolo con la sabbia con la bocca oppure a colpi di pinna adagiandosi sul punto scelto per la deposizione e facendo dei rapidi movimenti per spostare la sabbia e creare una conca.
Qui possiamo osservare in un breve video i genitori che spostano la sabbia con la bocca portandola da una zona riparata (sotto al tronco) alla parte frontale della vasca:

Qui è invece apprezzabile il gran numero di uova deposte, questa volta su un legno, dopo che i genitori hanno speso una giornata a buona a pulirlo con cura:

Una volta avvenuta la deposizione entrambi i genitori avranno cura di tenere il nido pulito rimuovendo eventuali detriti e uova ammuffite, in più il maschio si dedicherà anche alla difesa del territorio da intrusi.

Laetacara araguaiae
Femmina che protegge e ventila le uova

Dopo la schiusa i ruoli si dividono: il maschio resterà meno tempo con la nuvola di avannotti e principalmente terrà il territorio sicuro, di contro la femmina starà sempre in prossimità delle larve e le porterà in luoghi sicuri e riparati se si presenterà un pericolo.

L’acquario per Laetacara araguaiae

In natura questa specie viene trovata a ridosso degli argini dei corsi minori in zone con una ricca vegetazione e un intricato sistema di rami e radici che forniscono molti ripari dai predatori; pertanto l’acquario dovrà prevedere delle barriere visive costituite da legni e rocce (rigorosamente non calcaree).

Consiglio comunque di lasciare una parte del fondo libera dove le Laetacara potranno sbizzarrirsi nel cercare cibo grufolando nel detrito vegetale.

Benché non siano dei geophagi veri e propri, hanno comunque un forte legame con il fondo perciò consiglio comunque di utilizzare un fondo di sabbia molto fine (nei negozi la si trova spesso con la dicitura “sugar size“); infatti non sarà raro vederle prendere manciate di sabbia in bocca che poi espelleranno trattenendo la parte organica che fornirà nutrimento.

Dimensioni dell’acquario

Nella mia esperienza, la vasca aveva una base di 70×30 cm e l’obiettivo iniziale era quello di ottenere una coppia dai cinque esemplari e cedere gli esuberi.

Ho notato però fin da subito che l’aggressività intraspecifica era minima, perciò ho provato a tenere tutti gli esemplari per poter osservare le interazioni di gruppo.
Dal gruppetto si è subito distinto il maschio dominante per dimensioni e carattere ma comunque non si è mai imposto violentemente sui dominati; non sono mai stati isolati esemplari né ho notato ferite importanti.

Questa situazione di pace si è mantenuta fino alle prime riproduzioni, in particolare ho notato che quando gli avannotti raggiungevano il nuoto libero la coppia confinava gli altri 3 esemplari in un angolo della vasca.

Per l’hardscape ho utilizzato vari legni provenienti da vecchi allestimenti e, visto che non avevo l’esigenza di ambrare molto l’acqua, sono riuscito ad inserire un quantitativo di piante superiore alla mia media. In particolare ho inserito piccole stolonature di Echinodorus bleheri, Helantium tenellum, Anubias, Egeria densa e muschio di Java, come piante galleggianti (utili per schermare la luce) ho inserito Pistia e Salvinia.

Parametri dell’acqua

Per quanto riguarda la chimica dell’acqua posso dire che è una specie molto poco impegnativa; con un pH di 6 e una conducibilità di poco superiore ai 150 μS/cm deponevano senza problemi.

Un altro accorgimento per far vivere meglio e più a lungo i nostri pinnuti è adottare una stagionalità simile a quella che avviene effettivamente in natura lungo il bacino dei fiumi di provenienza.

Alimentazione

Essendo pesci onnivori consiglio di variare il più possibile la dieta integrando anche con cibo vegetale,  quali piselli sbollentati o zucchine: in natura, la dieta di L. araguaiae non è prettamente proteica.
Questi ciclidi, infatti, vivono a stretto contatto con il fondo dove vagliano in continuazione il detrito alla ricerca di cibo.

Per quanto riguarda esemplari riprodotti in acquario (aquarium strain), benché difficili da reperire, accetteranno sin da subito i vari mangimi confezionati – che dovranno comunque essere di buona qualità.
Andranno comunque somministrati almeno un paio di volte alla settimana del congelato/vivo per avere una dieta bilanciata e il più varia possibile; consiglio di fornire vivo e congelato in maggiore quantità per stimolare la riproduzione.

Bibliografia e Crediti

[1] Neue Taxa bei Cichliden – Laetacara araguaiae

[2] Laetacara araguaiae – Fishbase

Studio sul comportamento riproduttivo: Teresa, Fabrício Barreto, & Freitas, Eliane Gonçalves-de. (2011). Reproductive behavior and parental roles of the cichlid fish Laetacara araguaiae. Neotropical Ichthyology, 9(2), 355-362. Epub June 10, 2011. https://dx.doi.org/10.1590/S1679-62252011005000018

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Mikrogeophagus ramirezi https://acquario.top/mikrogeophagus-ramirezi/ https://acquario.top/mikrogeophagus-ramirezi/#respond Sun, 29 Mar 2020 10:31:13 +0000 https://acquario.top/?p=4036 Mikrogeophagus ramirezi è una delle specie di pesci tropicali più diffusa; appartiene alla famiglia dei Ciclidi (Cichlidae) e ha la fama di pesce colorato ma delicatissimo. È conosciuto anche con il nome comune “Ciclide nano di Ramirez” o anche solo come “ram”. Vediamo di scoprire quali siano i suoi segreti – vi ricordo anche che […]

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Mikrogeophagus ramirezi è una delle specie di pesci tropicali più diffusa; appartiene alla famiglia dei Ciclidi (Cichlidae) e ha la fama di pesce colorato ma delicatissimo.
È conosciuto anche con il nome comune “Ciclide nano di Ramirez” o anche solo come “ram”.

Vediamo di scoprire quali siano i suoi segreti – vi ricordo anche che abbiamo già la traduzione autorizzata di un articolo di Ivan Mikolji sull’habitat naturale di questa specie.

Coppia di M. ramirezi nel loro habitat naturale.
Coppia di M. ramirezi nel loro habitat naturale, dall’articolo di Ivan Mikolji, autore della foto.

Consiglio la lettura di questo articolo, così da conoscere l’ambiente e le abitudini della specie, prima di procedere con questa scheda.

Habitat di Mikrogeophagus ramirezi

Mikrogeophagus ramirezi è un Ciclide sudamericano.

La popolazione tipo, ossia quella utilizzata per descriverlo scientificamente, proviene dal sistema fluviale dell’Orinoco, in Venezuela. Il luogo preciso non viene svelato con precisione ma si ipotizza sia nelle Los Llanos (praterie aride) del sistema fluviale del Rio Apure, nella zona più limitrofa all’intersezione col Rio Orinoco.

Questa specie comunque è stata ritrovata in diversi luoghi, sempre all’interno di questa ecozona di prateria arida, che si estende tra Venezuela e Colombia.
I vari ritrovamenti in natura riferiscono comunque luoghi molto simili ossia piccoli specchi d’acqua ferma o a scorrimento molto lento con fondo fangoso, presenza di piante sommerse e acqua che, a seconda dei siti, va dal marroncino lieve allo scuro.

M. ramirezi selvatico che si nutre nel suo ambiente naturale.
In questa foto di Ivan Mikolji possiamo apprezzare molto bene il tipo di fondo.

In natura abitano le rive di questi stagni, nel fitto della vegetazione, a una bassissima profondità.
Visto il lento scorrimento dell’acqua e il Sole non schermato dagli alberi, si hanno temperature che toccano i 30/32 °C.

Curiose sono le misurazioni fatte in questi siti, dove abbiamo un pH variabile ma comunque acido (5.5, 6.2, 5.1 ecc) ma con una conducibilità sempre bassissima, addirittura sui 3 μS/cm in alcune zone.

Morfologia

Mikrogeophagus ramirezi è un piccolo ciclide dalle dimensioni di circa 4/6 cm e corpo tozzo.

La colorazione è molto vivace e varia a seconda delle popolazioni dal giallo al blu.
Si è notato che gli esemplari che abitano in sistemi fluviali ampi tendono ad avere una colorazione quasi totalmente assente, con una livrea color beige.  Probabilmente in queste condizioni la mimetizzazione per eludere la predazione riveste un ruolo più importante rispetto al corteggiamento.

Generalmente la parte anteriore del corpo è tendente al giallo, con una banda nera verticale all’altezza dell’occhio. Nella parte alta del ventre è presente uno spot nero che talvolta interessa leggermente anche la pinna dorsale.
La parte terminale del corpo ha un colore tendente all’azzurro mentre le pinne sono trasparenti ma con numerosi riflessi azzurri, viola e rossi.

Le pinne pettorali solitamente hanno i primi raggi di color nero e/o azzurro (almeno per quanto riguarda gli esemplari con colorazione naturale); la dorsale, pronunciata, ha i primi raggi di colore nero.

Dimorfismo sessuale

Il dimorfismo sessuale è molto chiaro negli esemplari non selezionati: le femmine infatti presentano una vistosa macchia rosa sul basso ventre che può diventare ancora più marcata in fase di riproduzione.
I maschi, invece, hanno i primi raggi della dorsale molto più allungati e anche la parte terminale presenta un allungamento “a ricciolo” che nelle femmine è, al contrario, tronco.

Le femmine, inoltre, hanno lo spot nero sul corpo più esteso, generalmente con all’interno una macchia fatta di riflessi; nel maschio non è presente.

Tutte queste differenze purtroppo sono diventate sempre meno evidenti con la selezione artificiale, che ha cercato di massimizzare i colori.
Questo rende difficile il riconoscimento del sesso negli esemplari di provenienza commerciale e in tali casi bisogna armarsi di pazienza e cercare tramite confronto visivo di notare le differenze nei prolungamenti della pinna dorsale.

L’acquario per Mikrogeophagus ramirezi

Mikrogeophagus ramirezi è un ciclide che in natura vive in piccoli gruppi da una decina di esemplari; durante le riproduzioni, tuttavia, si formano coppie che cooperano nella riproduzione mentre l’aggressività aumenta nei confronti dei conspecifici.

In ambiente chiuso come un acquario è difficile gestire questa situazione perché, al contrario dell’ambiente naturale, la coppia non può isolarsi totalmente. Per questo motivo, Mikrogeophagus ramirezi è spesso allevato in coppie.

In acquari molto sviluppati in lunghezza è tuttavia possibile ricreare il gruppo, il che permette di osservare una gamma di situazioni comportamentali maggiori.
Questa situazione tuttavia va progettata accuratamente, studiando un allestimento con diversi blocchi visivi e zone dove gli esemplari scacciati possano rifugiarsi in sicurezza, in acquario di dimensioni non indifferenti: sotto il metro di lato lungo sconsiglio il gruppo di esemplari.

Come allestire la vasca per Mikrogeophagus ramirezi?

Come abbiamo potuto vedere nella descrizione dell’ambiente e nell’articolo di Ivan Mikolji, il fondo in cui si sono evoluti questi pesci è caratterizzato dalla presenza di una fanghiglia che setacciano continuamente con la bocca e che gli ha conferito il nome di “Piccoli Mangia-terra“.

L’alternativa più pratica per noi acquariofili è usare una sabbia finissima, assicurandoci che non sia calcarea, visti i valori di allevamento. Questo consentirà ai pesci di filtrarla attraverso le branchie in maniera simile a quanto accade negli habitat naturali.

Non sono pesci di acqua completamente nera quindi non è obbligatorio l’utilizzo elevato di tannini, torba o estratti. Per acidificare, ad ogni modo, credo sia molto meglio utilizzare acidi naturali come i tannini prodotti da legni, foglie o portasemi.
È opportuno evitare l’utilizzo di acidi forti da sciogliere in acqua o il sovra-dosaggio di CO2 con lo scopo di avere acqua chiara e pH acido.

Consiglio quindi di ambrare leggermente l’acqua utilizzando pignette d’ontano o foglie di catappa o quercia; è anche gradita la presenza di qualche legno o radice per creare un allestimento più complesso.

Nei ciclidi è, infatti, importante avere barriere visive e numerosi ripari. Se si vuole mantenere un colore minimo basta utilizzare acqua con KH basso che renderà più facile scendere col pH, usando quindi una minore quantità di tannini.

Mikrogeophagus ramirezi
Sabbia finissima, piante e legni in un allestimento adeguato. Foto di Giulia Li Rosi.

Come abbiamo visto, nel loro habitat naturale la vegetazione subacquea è assente e per lo più la incontrano durante le alluvioni, quando l’acqua fuoriesce dal letto del fiume e si riversa sulle rive con piante palustri che vengono sommerse.

Gli avannotti usano queste zone per cercare protezione e nutrirsi, quindi in acquario potremmo utilizzare piante facili per ricreare qualcosa di simile con Egeria densa semi-galleggiante e una zona con Helanthium tenellum o affini per creare una zona con un prato un po’ alto simile all’erba che trovano in natura sulle rive.

Inserimento in vasca

Uno dei problemi principali con M. ramirezi è l’inserimento in vasca, ovviamente una volta che la stessa è matura.

L’importanza dell’ambientamento

Un buon ambientamento spesso evita la maggior parte dei problemi che hanno dato a questo pesce la nomea di delicato.

Anzitutto dobbiamo evitare bruschi sbalzi di valori – sicuramente qualche anno di selezione in cattività non avrà modificato un pesce frutto di migliaia di anni di evoluzione tuttavia se un pesce un’ora prima era tenuto in acqua di rubinetto a pH 7.5 e con durezze elevate e noi lo mettiamo ai valori in cui si trova in natura – per quanto giusti sulla carta – gli provochiamo uno shock osmotico non indifferente.

Il primo consiglio quindi è di preparare la vasca a valori più simili a quelli di un negozio rispetto a quelli naturali e portarli ad acqua acida e morbida col tempo e gradualmente, con i pesci già ambientati.

La temperatura durante l’ambientamento

Il secondo consiglio riguarda la temperatura: siccome è una specie che non eccelle per le difese immunitarie, è utile un ambientamento in acqua calda (28 °C) a cui abbinare un aeratore per i primissimi giorni in modo che lo stress per l’inserimento non faccia trovare strada libera a malattie e parassiti.

Importante, infine, evitare possibili cause di stress, quindi il primo giorno consiglio luci spente e di non tentare di alimentare – un giorno di digiuno non ha mai creato problemi.

All’acquisto, è molto importante anche scegliere esemplari sani: possiamo infatti avere numerose premure ma se il pesce che andiamo a comprare è già malato è molto facile che lo stress di un trasporto e il cambio di vasca non migliorino la situazione.

Vanno evitati a questo scopo gli esemplari che presentano pancia incavata, in quanto potrebbero essere vittima di parassiti intestinali, gli esemplari con escoriazioni o altri segni anomali sul corpo e soprattutto gli esemplari apatici.

Gestione in vasca una volta ambientati

Una volta che il pesce è correttamente ambientato possiamo staccare l’aeratore e iniziare a fare piccoli cambi con acqua osmotica per portare l’acqua a valori acidi con un obiettivo di pH sul 6-6.2 (scendere di più non serve) e durezze attorno ai 2-3 punti.

Secondo me è importante far sentire a questi pesci saltuariamente gli sbalzi di temperatura tipici dei piccoli specchi d’acqua per avere una buona salute e dei buoni cicli riproduttivi, quindi suggerisco temperatura che fluttua da 26 ai 30 °C.

Sono pesci che inizialmente tendono ad essere timidi, perciò consiglio sempre l’acquisto di un gruppetto di giovani fra cui, salvo vasche belle grandi, selezionare poi una coppia.

Non bisogna avere fretta e pretendere di vederli subito a colori superbi: vanno aspettati con pazienza, onde evitare un inutile aumento di stress che resta per questi pesci la principale causa di morte.

Cambiamenti di temperatura

Spesso viene detto che gli sbalzi di temperatura causano malattie come i famigerati puntini bianchi (Ictioftiriasi) tuttavia bisogna tenere a mente che non è il freddo che crea quei puntini ma un parassita (Ichthyophthirius multifiliis) che, trovando un pesce già debilitato, approfitta di un ulteriore stress per attaccarlo.

Se un pesce è sano gli sbalzi di temperatura non sono un trauma ma uno stimolo positivo che cerca di emulare una pioggia amazzonica. La ciclicità di questi stimoli è utilissima sia per allungare la longevità dei nostri pesci sia per ricreare una situazione ancora più naturale come potete leggere nel nostro articolo sulla stagionalità.

Alimentazione di Mikrogeophagus ramirezi

M. ramirezi è una specie la cui dieta è principalmente composta da detrito vegetale e invertebrati come larve di insetto, crostacei e molluschi che cacciano proprio rovistando tra il detrito. Vanno assolutamente evitati i cibi troppo proteici a base di carne poiché non riescono a digerirli efficacemente.

Consiglio un buon secco a base di invertebrati, a rapido affondamento, a cui abbinare magari un pastone fatto in casa con maggiore componente vegetale.
Abbiamo nel forum un intervento su come farlo per i discus: la ricetta va benissimo anche così viste le esigenze molto simili in fatto di alimentazione. Volendo, si può aggiungere anche qualche alga in polvere durante il periodo riproduttivo come aggiunta di proteico vegetale. Ad esempio, la spirulina (anche se a rigore è un cianobatterio) si trova ormai facilmente in polvere anche al supermercato sotto casa.

Come integrazione si può dare del congelato o vivo come Artemia salina o larve di Chironomus ma senza abusare: il cibo molto ricco di proteine animali e grassi accentua i colori e li fa apparire belli e grossi ma alla lunga accorcia l’aspettativa di vita e ha un brutto impatto sulla fertilità. Questi alimenti sono tipici del periodo riproduttivo, quando la femmina deve produrre le uova e i piccoli crescere.
L’abuso, come per tutte le cose, fa più danni che benefici.

Riproduzione di Mikrogeophagus ramirezi

M. ramirezi è una specie di Ciclide che si riproduce all’aperto al contrario di molti altri Ciclidi nani. La coppia, una volta formata, sceglie un sasso, una foglia o un legno piatto e largo che con cura ripulisce prima di iniziare a deporre le uova bianco perla.

Questa specie effettua cure biparentali, ossia la cura della prole è effettuata all’unisono da entrambi i genitori nella maggior parte dei casi.

Se inesperti, è facile che i primi tentativi non vadano a buon fine: purtroppo capita che le coppie più giovani e alle prime armi non sappiano gestire fin da subito le uova e finiscano per abbandonarle o mangiarle. Ma con un po’ di pazienza ed esperienza i risultati arriveranno!

Schiusa delle uova

La schiusa delle uova avviene tra le 36 e le 48 ore e, visto che depongono all’aperto, avremo la fortuna di vedere questi pallini muniti di coda che vibrano: un’esperienza che vi farà amare ancora di più questi fantastici pesci!
Appena nati gli avannotti sono muniti di sacco vitellino che dà loro i nutrienti necessari per i primissimi stadi di sviluppo.

Alimentazione e crescita degli avanotti

L’alimentazione da parte nostra inizia invece dopo un paio di giorni, quando esauriscono il sacco vitellino.
Come cibo per i nascituri l’Artemia salina è sicuramente da preferire ma è buona cosa integrarla con altro come Microworms e cibo in polvere. Per somministrare quest’ultimo, utilizzo le siringhe senza ago a cui fisso una cannuccia, per evitare di andare con tutto il braccio in vasca; così facendo, evito anche di stressare i genitori, visto che se dovessero ritenere le uova o i piccoli in pericolo, potrebbero abbandonarli o mangiarli loro stessi.

Mikrogeophagus ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

Le cure parentali durano solamente un paio di mesi; man mano che gli avannotti cresceranno, i genitori li sposteranno sempre più spesso finché non saranno in grado di nuotare da soli.

Avanotti Mikrogeophagus ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

In questa fase sarà molto importante l’allestimento della vasca perché gli avannotti inizieranno a brucare in continuazione in fondo alla ricerca di microfauna e quindi aver predisposto zone idonee al pascolo con sabbia e foglie aiuterà molto.

Avanotti ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

Al termine delle cure comunque i genitori continueranno a identificare i giovani come propria prole e la tollereranno in vasca, spesso anche durante le riproduzioni successive, se lo spazio è sufficiente.

Mikrogeophagus ramirezi
Foto di Giulia Li Rosi.

Varietà e selezioni di Mikrogeophagus ramirezi

Anche in natura questa specie ha un policromismo molto sviluppato (differenze di livrea all’interno della stessa popolazione) e diverse forme locali.
Sfruttando quindi la loro variabilità genetica l’uomo ha ottenuto diverse forme artificiali, sia selezionando caratteristiche morfologiche come le pinne dei “Long-fins” o la forma del corpo dei “Baloon”, sia selezionando colorazioni innaturali come la forma “Gold”, la “Electric Blue” o la nuova “Black”.

Tali forme hanno la colorazione fissa e immutabile e quindi la nota capacità di comunicare con la livrea tra partner e con gli avannotti viene meno.
Inoltre, purtroppo, in farm, per motivi di produttività, le cure parentali non vengono eseguite ma anzi le uova separate. Col tempo questo ha tolto quella naturale selezione che impediva ai pesci incapaci di riprodursi o che predavano le proprie uova o i propri avannotti di estinguersi perché non procreavano.

Ramirezi Electric Blue
M. ramirezi “Electric Blue”. Non può comunicare attraverso i cambi di livrea.

Un’altra grossa problematica è che fissare queste selezioni che si manifestano solo occasionalmente si deve forzatamente abusare di numerosi incroci tra fratelli e sorelle finché una data caratteristica non sarà sempre presente nella prole. Ciò tuttavia comporta alcuni problemi, tra cui la scarsa fertilità e una minore variabilità genetica.

Questo è il motivo principale della fama di essere pesci difficili da riprodurre: in realtà sono pesci che sono piuttosto facili se si ha la fortuna di partire da esemplari di buona qualità.

Il consiglio che mi sento di dare è quello di prediligere le forme il più naturale possibile e rifornirsi da chi può assicurare che i pesci sono stati allevati con cure parentali, in modo che i problemi siano potenzialmente molto minori.

Le forme wild di Mikrogeophagus ramirezi

In commercio si trova sempre più frequentemente anche l’offerta di esemplari di cattura o la loro prole (F1, in gergo). Una domanda che spesso mi viene posta da chi sceglie di percorrere questa strada è la seguente: come vanno approcciati?

Sicuramente la risposta più corretta è quella più semplice: vanno approcciati con giudizio dopo aver studiato bene le loro esigenze e la vasca in cui inserirli.
Ma oltre alle frasi fatte, cercheremo di essere un po’ più pratici.

Le condizioni in cui abbiamo visto che si sono evoluti sono piuttosto estreme come valori; tuttavia durante l’anno in un dato fiume o tratto di esso si intercorrono svariate situazioni.
Questo è il motivo per cui i pesci si riproducono solamente in certi periodi e non hanno costantemente avannotti al seguito. In acquario, secondo la mia opinione, bisogna cercare di avere un equilibrio dinamico tra le esigenze dei pesci e il far funzionare la vasca come sistema. Ciò ovviamente non significa che dobbiamo far adeguare i pesci alla nostra vasca ma che dobbiamo ben soppesare i limiti che ha un ambiente chiuso e non rischiare inutilmente di compromettere l’acquario per inseguire dei numeri.

Spiegazione con esempio

Cercherò di spiegarmi meglio con un esempio.
Ipotizziamo di avere un acquario di medio-piccole dimensioni per una coppia di M. ramirezi wild: potremmo scegliere di allevarli in una vasca riempita di sola osmosi con uno strato fine di sabbia e acidificare in maniera forte per abbassare il più possibile il pH.

Se usassimo acidificanti naturali dati da foglie e portasemi, avremmo una conducibilità che si innalzerà inesorabilmente per la macerazione di questi materiali vegetali in sospensione. Si noterà, inoltre, la presenza di composti azotati, prima che il pH arrivi ai livelli dell’ambiente naturale.
Usando questi acidificanti, non è infatti possibile abbassare il pH senza alterare altri valori, come quelli dei composti azotati o la conducibilità.

Non credo che dei valori simil-naturale bilancino queste mancanze: purtroppo in ambiente chiuso è sempre complicato avere, come si suol dire, la botte piena e la moglie ubriaca e bisogna sempre cercare di non perdere di vista le esigenze per inseguire dei numeri (quelli dei test) che sono certamente importanti ma non devono diventare legge.

Compagni di vasca per Mikrogeophagus ramirezi

La scelta dei coinquilini è molto importante se si vuole avere successo con la riproduzione di questi Ciclidi poiché, deponendo all’aperto, è molto più difficile proteggere gli avannotti dai predatori.
Per questo motivo è ideale scegliere specie di taglia ridotta che non rappresentino un pericolo per le uova e la prole, ad esempio specie come Hyphessobrycon amandae o Paracheirodon simulans per quanto riguarda specie da banco, oppure specie del genere Otocinclus.

La presenza di coinquilini è importante perché tende a far cooperare la coppia rafforzando l’istinto per le cure parentali; non è raro infatti che coppie che da sole abbandonano le uova con qualche caracide in vasca portino a termine la schiusa.

La presenza di “dither” è pertanto utile quando si possiede un gruppo anziché la singola coppia (negli acquari delle giuste dimensioni), per distribuire meglio l’aggressività tra ciclidi, diminuendo il rischio di esemplari messi all’angolo della vasca dai conspecifici.

Tassonomia

Dominio: Eukaryota
Regno: Animalia
Phylum: Chordata
Classe: Actinopterygii
Ordine: Perciformes
Famiglia: Cichlidae
Sottofamiglia: Cichlinae
Genere: Mikrogeophagus
Specie: M. ramirezi

Storia della classificazione di Mikrogeophagus ramirezi

La storia del nome di questa specie forse meriterebbe un articolo a sé da quanto è interessante e complessa [1]. Vediamola per punti principali:

  • Quando venne scoperta nel 1947, venne presentata da G. S. Myers e R. R. Harry [2] sotto il nome di Apistogramma ramirezi, in onore di Manuel Vincente Ramirez.
    Tuttavia il fatto che, al contrario del resto del genere, non utilizzasse rientranze per riprodursi ma, al contrario, deponesse all’aperto su sassi, foglie o buche fece dubitare fin  da subito sulla correttezza della classificazione.
  • Nel 1960 sia tra alcuni ittiologi sia tra gli appassionati inizia a diffondersi per la prima volta il nome di Microgeophagus che rimane però un nome non accettato ufficialmente.
  • Intorno al 1970 vengono proposti in ordine i nome di Pseudogeophagus e Pseudoapistogramma ma entrambi vengono rifiutati. La diatriba va avanti.
  • Nel 1977 Kullander, con un autorevole studio [3], ridefinisce la specie come Papiliochromis ramirezi, che deriva da papilo, farfalla e chromis, colore: ecco perché è anche conosciuto come “Ciclide farfalla”. Lo studio viene universalmente accettato dalla comunità scientifica e sembra finalmente che sia stata scritta la parola “fine” su questa storia. Talvolta questo nome viene riportato erroneamente come Papillochromis ramirezi.
  • Nel 1982 torna prepotentemente in auge il termine Microgeophagus, che si fa sempre più strada nei libri di testo e nella comunità scientifica, tanto da decidere di cambiare il nome in Microgeophagus e lasciare Papiliochromis come sinonimo creando però più confusione di prima.
  • Nel 1998 Kullander è autore di una pubblicazione in cui, probabilmente per un errore di battitura o impaginazione, chiama la specie col nome di Mikrogeophagus sostituendo la “c” con una “k”. Questo refuso tuttavia fa nascere un dibattito che porta incredibilmente all’accettazione di Mikrogeophagus come sinonimo e col tempo a diventare la forma più utilizzata, tant’è che, ad oggi, ufficialmente gli altri nomi (tra cui la forma in origine corretta) non sono più riconosciuti come validi dalla comunità scientifica.

Bibliografia

[1] Kullander SO (2011) Nomenclatural availability of putative scientific generic names applied to the South American cichlid fish Apistogramma ramirezi Myers & Harry, 1948 (Teleostei: Cichlidae). Zootaxa 3131: 35-51. 10.11646/zootaxa.3131.1.2

[2] Myers GS, Harry RR (1948) The Ramirezi dwarf cichlid identified. Aquarium, Philad. 77.

[3] Kullander S.O. 1977. Papiliochromis gen.n., a new genus of South American cichlid fish. Zoologica Scripta, 6: 253-254.

Eschmeyer W.N. ed. 2018 Catalog of fishes. California Academy of sciences

Fisher P.E. 1968. Apistogramma ramirezi ist doch Venzolaner! Das Aquarium u. Terrarium Zeischrift (DATZ), 21 (1): 8-10

Géry J. 1983 Le nom de genre de Apistogramma ramirezi Meyers & Harry. Rev. Fr. Aquariol. 10(3): 71-72

Kraus G. 1982. Wir Suchten Mikrogeophagus  ramirezi. Das Aquarium u. Terrarium Zeischrift (DATZ), 35 (12): 441-443

Linke H. Staeck W. 1984 Ciclidi Americani 1: Ciclidi nani. Tetra, Melle, Germania

Meinken H. 1967. Wiederum platze eine Import-Legende. Das Aquarium u. Terrarium Zeischrift (DATZ), 20 (10): 294-299

Werner U. 1992 Fishfangabenteuer Südamerika. Landbuch, Hannover, Germany.

Crediti

Ringraziamo Giulia Li Rosi per le fotografie che documentano la riproduzione dei suoi esemplari.

Foto M. ramirezi “Electric Blue”: By Laila_, CC0 (Pubblico Dominio)

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Apistogramma bitaeniata https://acquario.top/apistogramma-bitaeniata/ https://acquario.top/apistogramma-bitaeniata/#respond Sun, 10 Nov 2019 20:32:00 +0000 https://acquario.top/?p=4635 Oggi tratteremo l’Apistogramma bitaeniata, una specie fantastica altamente policromatica e con un caratterino da non sottovalutare! Buona lettura e ricordate che per qualsiasi dubbio vi aspettiamo sul forum. Distribuzione in natura di Apistogramma bitaeniata Apistogramma bitaeniata ha una distribuzione molto ampia: lo si trova in Perù, Colombia e Brasile, nei Rio Ucayali, Rio Nanay, Rio […]

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Oggi tratteremo l’Apistogramma bitaeniata, una specie fantastica altamente policromatica e con un caratterino da non sottovalutare!
Buona lettura e ricordate che per qualsiasi dubbio vi aspettiamo sul forum.

Distribuzione in natura di Apistogramma bitaeniata

Apistogramma bitaeniata ha una distribuzione molto ampia: lo si trova in Perù, Colombia e Brasile, nei Rio Ucayali, Rio Nanay, Rio Ampíyacu (Perù), nella regione adiacente a Leticia (Colombia) e nei Rio Madeira, Rio Solimoes e Lago Tefé (Brasile).

Habitat naturale di Apistogramma bitaeniata

Abita corsi d’acqua poco profondi con uno scorrimento molto lento e aventi sul fondo una lettiera di foglie in decomposizione che, rilasciando tannini e acidi umici, donano all’acqua una pesante ambratura e una notevole acidità.
Un’altra caratteristica del suo habitat naturale è il fondo che è costituito solamente di sabbia finissima, infatti questo ciclide (così come tutti gli altri Apistogramma) nel corso del tempo si è adattato a vagliare il substrato in cerca di cibo raccogliendolo con la bocca ed espellendo dalle branchie la parte non commestibile.

Alcune foto fatte da Tom Christoffersen in Perù nel Rio Nanay dove ha anche pescato A. bitaeniata:

Habitat di A.bitaeniata, Rio Nanay
Habitat di A. bitaeniata, Rio Nanay. Foto di Tom Christoffersen.
Habitat A.bitaeniata, Rio Nanay
Habitat A. bitaeniata, Rio Nanay. Foto di Tom Christoffersen.

E nel bacino del Rio Ampiyacu:

Habitat A.bitaeniata, Rio Amiyacu-dreinage
Habitat A. bitaeniata, Rio Amiyacu. Foto di Tom Christoffersen.
Habitat A.bitaeniata, Rio Ampiyacu-dreinage
Habitat A. bitaeniata, Rio Amiyacu. Foto di Tom Christoffersen.

 

Morfologia

Il nome scientifico della specie di questo splendido ciclide deriva dall’latino; bitaeniata deriva dal latino “bi“, ovvero “doppio“, e “taenia“, ovvero “nastro/fettuccia” questo appellativo gli si addice alla perfezione poiché, a differenza di molto altri Apistogramma, A. bitaeniata presenta, appunto, una seconda banda laterale al di sotto della classica banda laterale e separata dalla principale. Essa parte da dietro l’opercolo e termina al di sotto dello spot caudale, che sarà più o meno visibile a seconda dell’umore del pesce; questa seconda bandatura è osservabile sia nei maschi sia nelle femmine.

Foto di maschio e femmina in cui si vedono chiaramente le due bande caratteristiche della specie:

Apistogramma bitaeniata
Apistogramma bitaeniata maschio.
Apistogramma bitaeniata.
Apistogramma bitaeniata femmina.

Un altro tratto caratteristico di questa specie è l’elevato policromatismo, evidente soprattutto nei maschi, che però non è determinante nello studio della provenienza degli esemplari.
Come vedremo meglio dalle foto seguenti, i maschi di A. bitaeniata possono mostrare differenti pattern di colori, evidenti soprattutto nelle pinne ventrali e nella pinna caudale (ma anche nella dorsale).

 

Esemplare dal Rio Nanay. Esemplare dal Rio Tigre. Esemplare dal Rio Ampiyacu.

Dimorfismo sessuale

Come in tutti gli Apistogramma, il maschio è notevolmente più grande della femmina e presenta colori sgargianti con la caudale a forma di lira con un motivo “a scacchi/righe”, di contro la femmina presenta una caudale priva di allungamenti e di motivi ma che, a seconda dell’origine degli esemplari, assume una leggera sfumatura giallo/arancio.

Degno di nota è il fatto che, contrariamente ad altri Apistogramma, la femmina di A. bitaeniata non ha le classiche pinne ventrali che terminano con l’estremità arrotondata ma presenta un accenno di prolungamento di un colore neutro/bianco; nulla di paragonabile però agli allungamenti delle ventrali del maschio che possono tranquillamente raggiungere i due centimetri e che assumono una colorazione che può variare dall’arancio al blu (anche qui dipende dall’elevato policromatismo della specie).

Il maschio inoltre presenta una dorsale con i primi 3/4 raggi nettamente allungati e che assume una colorazione a bande longitudinali alternando una banda di colorazione giallognola (alla base della pinna dorsale) a una banda bluastra (nella parte centrale della pinna) e terminando di nuovo con colori giallo/arancio (per lo più sugli allungamenti dei raggi).
La dorsale della femmina è generalmente di colore neutro e priva di allungamenti, al più assume un tono giallognolo in periodo riproduttivo.

Maschio e femmina a confronto:
Apistogramma bitaeniata maschio e femmina

Comportamenti tipici

Apistogramma bitaeniata, se paragonato ad altri ciclidi nani, risulta molto più aggressivo, motivo per cui, secondo me, non rappresenta la specie ideale per chi si interfaccia per la prima volta con gli Apistogramma.

Riproduzione

Come detto sopra per stimolare la riproduzione di A. bitaeniata è necessario abbassare il pH e, nel caso non sia già sufficientemente bassa, anche la conducibilità, sempre in modo graduale; se si ospitano esemplari catturati in natura i valori dovranno essere ulteriormente più bassi.

Per quella che è la mia esperienza con esemplari di cattura ho ottenuto il corteggiamento e la deposizione con pH 5.0 e conducibilità elettrica attorno ai 70 μS/cm ma, ahimé, la deposizione non è andata a buon fine e le (poche) uova non sono arrivate alla schiusa. Le tre principali cause credo siano la conducibilità troppo alta, il fatto che era la loro prima riproduzione e la femmina alquanto vecchiotta.

Qui possiamo vedere un video del corteggiamento:

Femmina in livrea riproduttiva
Femmina in livrea riproduttiva, foto di Tom Christoffersen.

Per quanto riguarda esemplari non selvatici ci si può attestare a valori di pH intorno al 5.5 con temperatura di 26 °C; in questa situazione Eddy Spriet ha ottenuto una deposizione di una trentina di uova, in gran parte schiuse con successo.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

Come già detto sopra ha un’alta aggressività intraspecifica, ma anche quella extra-specifica non è da sottovalutare; per quella che è la mia esperienza ho visto maschi adulti di A. bitaeniata aggredire Nannostomus beckfordi (non esattamente i Nannostomus più piccoli e timidi) per cibarsi e perfino schierarsi contro P. scalare adulti.

L’acquario per A. bitaeniata

L’acquario per ospitare degli A. bitaeniata dovrà prevedere un fondo di sabbia molto fine (nei negozi la si trova spesso con la dicitura “sugar size“) e molti legni che fungeranno da barriere visive.
Da questo video si può vedere il tipico comportamento di vagliare il fondo che hanno gli Apistogramma:

Come piante consiglio piante galleggianti o ripariali, poiché l’alta presenza di tannini e la luce soffusa non favorirà lo sviluppo vegetale.
Per l’hardscape è anche possibile utilizzare legni e rocce (rigorosamente non calcaree).

Ricordo che questa specie vive in acque definite “black water”, quindi, se la vasca offrirà una buona ambratura i pesci ne gioveranno in colore e tranquillità.

Non potranno mancare delle mezze noci di cocco o comunque delle “tane a grotta” (es: savu pod) che verranno usate dalla coppia come siti di deposizione.

Questa è la mia vasca, esempio da non replicare perché un po’ piccola (60×40 cm di base) dove tengo i seguenti valori: pH: 5,5 durezze nulle, conducibilità: 70 μS/cm.
Reputo questa vasca troppo piccola perché, soprattutto all’inizio, ho fatto parecchio fatica a gestire l’aggressività degli esemplari infatti, come potete vedere dalla foto, sono dovuto ricorrere a tantissime barriere visive con divisioni nette dei territori usando legni e piante a foglia larga (Echinodorus spp.). In più ho dovuto aggiungere anche svariate tane e nascondigli per permettere ai pinnuti di trovare riparo nel caso in cui la situazione degenerasse troppo. Con una vasca con un lato lungo di almeno 80 cm il tutto sarebbe stato sicuramente più gestibile.

Dimensioni dell’acquario

A causa dell’elevata aggressività mi sento di consigliare una vasca con una lunghezza di almeno 80 cm, dove sarà possibile introdurre anche dei dither fish come Copella spp. Nannostomus spp. e, nel caso si abbia una vasca maturata a lungo, Otocinclus spp. e affini.
Sconsiglio grossi caracidi (es: gran parte degli Hyphessobrycon spp.) a causa della loro natura predatoria.

Parametri dell’acqua

Come credo abbiate ormai capito, questa specie non è tra le più facili da gestire. In aggiunta a quanto detto finora ci sono anche i parametri chimico-fisici dell’acqua da tenere in considerazione: A. bitaeniata è un Apistogramma altamente acidofilo che richiede valori di pH compresi tra 4 e 6 con conducibilità bassissima, sempre inferiore ai 90 μS/cm.
In natura vengono riportati valori prossimi allo 0: campionamenti eseguiti da Tom Christoffersen, nella stagione secca, riportano pH 4.71, conducibilità 12 μS/cm e temperatura di 26.6 °C. L’abbassamento del pH favorirà, inoltre, la riproduzione.

Un altro accorgimento per far vivere meglio e più a lungo i nostri pinnuti è adottare una stagionalità simile a quella che avviene effettivamente in natura lungo il bacino dei fiumi di provenienza.

Temperatura

A. bitaeniata proviene da bacini tropicali, quindi, in acquario, è bene mantenere una temperatura compresa tra i 23 °C e i 29 °C.

Alimentazione

Per quella che è la mia esperienza posso dire che esemplari wild, anche dopo un periodo di ambientamento iniziale, continueranno ad essere restii ad accettare mangime secco, preferendo di gran lunga congelato e vivo.

Un’altra raccomandazione è quella di variare il più possibile la dieta integrando anche con vegetale come piselli sbollentati o zucchine questo perché in natura la loro dieta non è prettamente proteica, come evidenziato in diversi studi.

Per quanto riguarda esemplari riprodotti in acquario (aquarium strain), benché difficili da reperire, accetteranno i vari mangimi confezionati – che dovranno comunque essere di buona qualità – sin da subito, somministrando però almeno un paio di volte alla settimana il congelato/vivo per avere una dieta bilanciata e il più varia possibile.

Tassonomia

Vista l’ampia diffusione nei corsi d’acqua sud-americani e al policromatismo di questa specie ai diversi ceppi della specie è stato assegnato un codice DATZ (così come abbiamo già visto in Apistogramma trifasciata), ovvero da A211 ad A216; più in particolare A213 corrisponde al A. cf. bitaeniata pescato nel Rio Tefé, A214 ad A. cf. bitaeniata provenienti dal lago Manacapuru e A215 per gli A. cf. bitaeniata provenienti dalle regioni brasiliane.
Studi più recenti (2016) hanno portato però alla scoperta di esemplari di Apistogramma bitaeniata proveniente da due tratti distinti del bacino del  Rio Apaporis che mostrano lo spot caudale separato dalla banda laterale al momento etichettati come Apistogramma sp. “D9” e Apistogramma sp. “D14”.

Bibliografia e Crediti

Römer Uwe, Cichlid Atlas Vol. 1, Mergus Verlag, 2001.

Apistogramma bitaeniata su Seriously Fish

Apistogramma bitaeniata su Fishbase

Eddy Spriet per informazioni sulla riproduzione.

Ringraziamo Tom Christoffersen per averci dato il permesso di utilizzare alcune sue fotografie e come fonte per alcune informazioni. In particolare, le foto provengono dagli articoli Collecting A. bitaeniata in Pebas e Apistogramma (cf.) bitaeniata. Queste foto possono essere riutilizzate solo previo consenso dell’autore, che ne detiene tutti i diritti.

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Stagionalità per i ciclidi nani https://acquario.top/stagionalita-ciclidi-nani/ https://acquario.top/stagionalita-ciclidi-nani/#respond Thu, 23 May 2019 19:44:05 +0000 https://acquario.top/?p=3856 Stagionalità: come può il ciclo delle stagioni influenzare i ritmi della vita dei nostri ciclidi sud americani, con particolare riguardo agli Apistogramma?In questo articolo cercheremo di dare, dopo una rapida introduzione ai cicli delle stagioni nelle zone tropicali sudamericane, alcune indicazioni pratiche per ricreare un minimo di stagionalità in acquario. I dati meteo utilizzati in […]

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Stagionalità: come può il ciclo delle stagioni influenzare i ritmi della vita dei nostri ciclidi sud americani, con particolare riguardo agli Apistogramma?
In questo articolo cercheremo di dare, dopo una rapida introduzione ai cicli delle stagioni nelle zone tropicali sudamericane, alcune indicazioni pratiche per ricreare un minimo di stagionalità in acquario.

I dati meteo utilizzati in questo articolo sono ricavati da medie delle misurazioni in periodi di tempo relativamente lunghi, pertanto può succedere che le misure di un singolo anno o di una singola stagione si discostino dalla media qui riportata.

I corsi d’acqua trattati nell’articolo sono stati appositamente scelti perché di maggior interesse acquariofilo.


Il ciclo delle stagioni in natura

Innanzitutto c’è da sapere che i pesci che siamo soliti allevare in acquario a valori pressoché costanti nel corso dell’anno, in natura vivono in realtà con parametri chimico-fisici dell’acqua tutt’altro che costanti. Sono, infatti, soggetti a continui cambiamenti annuali in relazione al clima e alla posizione geografica.

Vedremo, ad esempio, che mentre in alcune aree, come la zona equatoriale, vi sarà una certa costanza dei valori, in altre, come le zone tropicali, vi saranno picchi di umidità alternati a picchi di siccità.
Il cambiamento di questi parametri influenza il ciclo vitale dei pesci determinando periodi di riproduzione e periodi in cui i pinnuti mirano alla sola sopravvivenza.

Le piene e le secche dei bacini idrografici amazzonici, dovute all’alternarsi della stagione secca a quella delle piogge, alterano i valori e modificano la tipologia e la quantità di cibo disponibile, dettando così i ritmi di vita.
È per questo motivo che potrebbe essere opportuno seguire una simil-stagionalità anche nelle nostre vasche.

Ricreare una sorta di stagionalità in acquario gioverà molto alla salute dei nostri pinnuti. Infatti ricreemo dei periodi di riproduzione, di accrescimento e di pausa in cui i pesci, in particolare i ciclidi, avranno tempo per riprendersi dallo sforzo di una o più riproduzioni.

La conseguenze che ne deriva è che i nostri pinnuti avranno una vita più lunga e più sana.

Studio della stagionalità (equatoriale, intermedia, tropicale)

Di seguito vedremo in modo breve e sintetico come il clima varia allontanandoci man mano dall’equatore.

Fascia equatoriale (Rio Negro)

In prossimità dell’equatore è proprio il caso di dire che non esistano le mezze stagioni.

Infatti qui le precipitazioni e le temperature media sono pressoché costanti e, di conseguenza, lo sono anche i parametri chimico-fisici dei bacini idrografici.
Le precipitazioni sono abbondanti durante tutto il corso dell’anno.

In questa zona vi è un clima costantemente caldo e umido, umidità relativa prossima al 100% e rovesci temporaleschi che si manifestano verso sera per un totale di precipitazioni prossimo ai 3000 mm annui, con un picco di abbondanza tra marzo e giugno (sui 250 mm al mese).

Nella stagione secca le precipitazioni diminuiscono leggermente (superando comunque i 100 mm al mese), così come le temperature.

Andamento precipitazioni Rio Negro

Come evidenziato dal grafico appena visto, in fascia equatoriale la percentuale minima di giorni con piovosità supera la percentuale massima di giorni con piovosità in fascia tropicale, più specificatamente nella zona del Pantanal, come vedremo nel paragrafo successivo.

Un esempio di cosa succede durante la stagione delle piogge – i fiumi esondano e allagano le pianure circostanti sommergendo, in parte, la vegetazione:

Fiume Caño La Pica
Fiume Caño La Pica durante la stagione delle piogge (foto di Ivan Mikolji).

Fascia tropicale (Pantanal)

Analizziamo le varie stagioni che possiamo trovare in questa fascia.

Estate (Ottobre – Marzo)

Le abbondanti precipitazioni faranno aumentare le portate dei corsi d’acqua amazzonici facendoli esondare, in alcuni casi, nelle pianure circostanti, sommergendo così tutto il materiale vegetale organico presente nel terreno.

Un esempio è tutta la zona del Pantanal, che non è altro che una vastissima pianura alluvionale.

Autunno (Aprile – metà Maggio)

Andando avanti con i mesi le piogge andranno a calare, i fiumi diminuiranno la loro portata e rientreranno nei loro argini portando con sé ciò che il materiale vegetale precedentemente sommerso ha rilasciato nel corso della stagione umida.

Inverno (metà Maggio – metà Agosto)

Le precipitazioni in inverno si ridurranno fino a limitarsi a rari e leggeri temporali.
I bacini saranno in secca, con una grande quantità di substrato vegetale in decomposizione sul fondo, e la temperatura media si abbasserà leggermente (sempre nel contento di un clima tropicale!).

Primavera (metà Agosto – fine Settembre)

Le temperature cominciano nuovamente ad aumentare e, verso Settembre, iniziano i primi rovesci dovute alla crescente calura.

Di seguito un grafico che rappresenta la percentuale di giorni in cui si manifestano precipitazioni nel corso di un mese, da notare i massimi e i minimi tipici delle regioni tropicali.

Andamento annuale precipitazioni PantanalUn’immagine satellitare di come varia l’area sommersa nella pianura alluvionale del Pantanal:

Foto satellitare Pantanal
L’immagine A rappresenta il Pantanal nel pieno della stagione umida, l’immagine B lo rappresenta nel pieno della stagione secca. L’area racchiusa dalla linea gialla delimita quelle che vengono denominate ‘wetland’, ovvero le zone che effettivamente si allagano.

Fascia intermedia (Rio Tefé)

Ovviamente la divisione fra fasce climatiche non è così netta come potrebbero farci pensare i grafici sopra – stiamo infatti parlando di fasce climatiche larghe circa duemila kilometri!

La divisione tra fasce è molto più graduale: un esempio ce lo da il grafico seguente, che rappresenta la percentuale di giorni con piovosità in un mese nella zona del Rio Tefé (situata 500 km a sud di Sao Gabriel da Cachoeira, città presa come riferimento per il grafico del Rio Negro):

Precipitazioni annuali Rio Tefé

Come applicare la stagionalità in acquario

Ora che ci siamo annoiati con un po’ di grafici e numeri, come possiamo usare quanto visto in acquario?

Idea per ricreare la stagionalità in acquario

I fiumi in cui vivono i nostri beniamini si trovano, grosso modo, quasi tutti sotto l’equatore, quindi nell’emisfero australe.
Per questo motivo le stagioni sono invertite rispetto alle nostre: la nostra estate corrisponde al loro “inverno”, ovvero alla stagione secca, e viceversa.

Noi acquariofili dovremmo quindi adattarci, cercando un compromesso, facendo corrispondere alla nostra estate la loro estate – che ricordo va da ottobre ad aprile ed è il periodo più caldo e con maggiori precipitazioni.
Questo ci consentirà di evitare, in molti casi, di dover raffreddare le nostre vasche in estate.

La grande quantità d’acqua piovana (pressoché priva di sali disciolti) della stagione delle piogge andrà ad aumentare il volume d’acqua presente nei bacini idrografici. In questo modo si assisterà ad una diluizione dei sali disciolti – in termini acquariofili, “la conducibilità scende”.
Contemporaneamente, avremo un aumento di acidificanti naturali, dovuto al fatto che i fiumi andranno a sommergere elementi che rilasciano acidi naturali (in generale acidi umici e tannini dovuti alla lettiera di foglie e altro materiale vegetale spesso presente).
Entrambi questi fenomeni portano a un calo del pH.

L’esondazione dei fiumi, e quindi l’allagamento di zone normalmente asciutte, comporta anche una variazione della dieta. Infatti i pesci avranno a disposizione più proteine (insetti vari), che andranno ad integrare la dieta sostituendo in parte il detrito vegetale.

Tutti questi elementi – acqua acida con conducibilità bassissima, più spazio di nuoto e alta disponibilità di cibo proteico – favoriscono le riproduzioni.

Come mettere in pratica l’idea

A livello pratico, in primavera, dovremo far scendere gradualmente la conducibilità, facendo cambi parziali con osmosi e, in contemporanea, dovremo inserire acidificanti naturali (pignette di ontano, foglie di catappa, savu pod, estratti ecc) e tannini, i quali ci permetteranno di tenere un pH basso e stabile con pochi sali che fanno da tampone
Inoltre, dovremo fornire anche un mangime più proteico (vivo o congelato che sia).

Con l’arrivo dei primi caldi (in linea di massima primavera/estate) – e quindi con il naturale aumento delle temperature dovremmo essere prossimi ai valori idonei per stimolare la riproduzione della nostra specie.
Nel caso abitiate in regioni fredde un termoriscaldatore potrà aiutarvi, se le temperature non si alzano a sufficienza.

Avanzando verso l’autunno, con i nostri avannotti di ormai qualche centimetro, e con le temperature che torneranno ad abbassarsi dopo le calure estive, i genitori saranno pronti per una nuova deposizione.

Infine, con l’arrivo dei primi freddi, siamo pronti a far variare i valori chimico-fisici del nostro acquario verso la stagione secca sud americana.
Dovremo quindi ridurre gradualmente l’osmosi (tenendo comunque la conducibilità a valori consoni alla specie allevata) utilizzata e contemporaneamente ridurre temperatura e acidificanti naturali presenti.

In questo periodo (stagione secca sud americana, nostro inverno) gli adulti avranno una pausa per riprendersi dalle riproduzioni. Gli avannotti, invece, avranno tempo per crescere con una minore possibilità che gli adulti li vedano come intrusi nel loro territorio.
Inoltre, la temperatura più bassa rallenterà anche il metabolismo dei nostri pesci, cosa che, a lungo andare, ne allungherà la vita.

Nota importante sulla variazione dei parametri

Qualsiasi tipo di intervento riguardante i parametri chimico-fisici della vasca (inserimento di acidificanti, cambi con osmosi etc) dovrà essere fatto con molta gradualità: ne va della salute dei nostri beniamini.

Ora che sapete come stimolare (o sedare) una riproduzione vi aspettiamo sul forum o sul gruppo Facebook Ciclidi Nani Italia per raccontarci le vostre esperienze!


Bibliografia

https://gmao.gsfc.nasa.gov/reanalysis/MERRA-2/

http://www.fao.org/land-water/land/land-governance/land-resources-planning-toolbox/category/details/en/c/1036355/

https://www.ncdc.noaa.gov/isd

https://askgeo.com/

Crediti

Foto Pantanal: CC BY (an open-access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License): http://www.scielo.br/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S2317-48892015000300475

Foto Fiume Caño La Pica : © Ivan Mikolji

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Neolamprologus brichardi, la principessa del Burundi https://acquario.top/neolamprologus-brichardi-la-principessa-del-burundi/ https://acquario.top/neolamprologus-brichardi-la-principessa-del-burundi/#respond Sat, 13 Apr 2019 12:00:53 +0000 https://acquario.top/?p=3837 Neolamprologus brichardi è stato descritto da Max Fernand Leon Poll nel 1974. Precedentemente era conosciuto anche come Lamprologus brichardi, quindi, se nelle ricerche su di esso trovate fonti che fanno riferimento a questo nominativo, probabilmente riguardano la stessa specie. Il nome è attribuito in onore di Pierre Brichard, esploratore e ittiologo belga. Viene conosciuto anche […]

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Neolamprologus brichardi
Esemplare adulto di Neolamprologus brichardi.

Neolamprologus brichardi è stato descritto da Max Fernand Leon Poll nel 1974. Precedentemente era conosciuto anche come Lamprologus brichardi, quindi, se nelle ricerche su di esso trovate fonti che fanno riferimento a questo nominativo, probabilmente riguardano la stessa specie. Il nome è attribuito in onore di Pierre Brichard, esploratore e ittiologo belga.

Viene conosciuto anche come la “principessa del Burundi” per via della sua notevole eleganza e in inglese viene spesso chiamato “Fairy cichlid” (letteralmente “ciclide fata”).

Le sue esigenze sono più semplici da soddisfare rispetto ad altre specie endemiche dello stesso lago. È la specie perfetta per chi vuole iniziare ad osservare i comportamenti dei pesci del Tanganica. Infatti, come vedremo, con poca difficoltà si riescono a ottenere risultati stupefacenti.

Il lago Tanganica

Neolamprologus brichardi è una specie endemica del lago Tanganica. Tale lago è uno dei più grandi dell’Africa orientale. Esso si trova tra gli stati della Tanzania, Repubblica Democratica del Congo, Burundi e Zambia. È molto profondo, nella zona del bacino di Kipili, tocca la profondità di 1410 metri! [2]

Foto dallo spazio del lago Tanganica
Foto dallo spazio del lago Tanganica.

I suoi affluenti principali sono il fiume Ruzizi, che si immette nel lago attraverso due corsi d’acqua e un ampio delta, e il fiume Malagarasi, che sfocia nel lago nella zona a sud di Kigoma. [2] Il suo effluente principale è il fiume Lukuga. Nelle zone vicino gli immissari sono spesso presenti piante acquatiche.

Il lago è molto ricco di ossigeno, in superficie tocchiamo addirittura i 7.44 mg/L disciolti. La concentrazione scende lentamente a 4.7 mg/L attorno i 44 metri di profondità. Invece al di sotto dei 150 metri, il lago è anossico (da qui iniziano i fenomeni di denitrificazione [7]). I pesci che consideriamo abitano zone profonde più di 10 metri, fino ai 30 metri massimo.

La temperatura del lago scende a 23 °C andando molto in profondità (1400 m), dove rimane uniforme [2]. Mentre in superficie si rilevano temperature comprese tra i 23 °C e i 28 °C.

La sua particolare morfologia e le sue condizioni rendono la chimica dell’acqua parecchio complessa. Esso nelle zone poco profonde ha i valori dei nutrienti (quali fosfati e nitrati) bassissimi, mentre andando nella zona anossica (sotto i 150 metri), essi salgono. Le misurazioni degli ioni di ammoniaca riportano 0 moli fino a 156 metri, per poi iniziare a crescere. Lo stesso fenomeno accompagna altri nutrienti. Solo i nitrati sono più alti attorno i 70 metri, dove si registrano 0.6 mg/L come picco massimo. Tuttavia i valori medi alle profondità che ci interessano (10-30 m) non superano i 0.006 mg/L.

La sua diversa situazione chimico fisica delle acque, fa capire che il lago è “stratificato” termicamente. Mette inoltre in evidenza che le condizioni rimangono costanti sia durante l’anno, che durante anni diversi. Di nostro interesse c’è la variazione di temperatura: essa varia tra i 23 °C e i 28 °C durante l’anno. La parte del lago profonda non viene influenzata, ma quella più superficiale e di nostro interesse sì.

Habitat naturale di Neolamprologus brichardi

Neolamprologus brichardi occupa le zone poco profonde del lago, si trovano esemplari sia a nord sia a sud.

Le rocciate sommerse nel lago sono l’habitat ideale di questo ciclide. Le conformazioni rocciose offrono i ripari necessari alla specie, che vive e si nutre tra queste.

Descrizione di Neolamprologus brichardi

Il suo corpo è allungato, elegante, con le pinne appuntite. La pinna caudale è a lira. Le pinne pettorali hanno un leggero prolungamento, così come la dorsale. Ha gli occhi di colore blu, e un bordino interno giallo, con dietro una macchia marroncina, proprio prima dell’opercolo branchiale. Presenta dei riflessi blu e gialli, sempre sull’opercolo. Essi vengono anche usati per riconoscersi ma non hanno alcuna funzionalità nella scelta dei partner sessuali.

I disegni cambiano motivo in base alla zona di provenienza [1], tuttavia in ogni esemplare differiscono per qualcosa. Durante le sfide, aprono gli opercoli e raddrizzano le pinne, in quel momento la dorsale mostra tutta la sua imponenza. Anche in questo caso le sfumature gialle e blu non si fanno più intense. Le pinne terminano con scaglie molto bianche, mentre il corpo è colore avorio, tendente al bruno.
Le condizioni di luce in acquario potrebbero portare a notare eleganti riflessi sui bordi delle pinne, in quanto essendo bianchi, brillano anche sotto luce tenue. Essendo il loro corpo colore avorio, tendente al grigio, potrebbe mostrare colori irreali, a causa della luce. Per esempio sotto luci molto fredde, sembrerà blu o violaceo. Invece sotto luci a temperatura più calda, il colore sembrerà vicino al marroncino tenue.

Neolamprologus brichardi

Ogni scaglia finisce con una tonalità più scura. Le pinne hanno una riga di scaglie gialle, prima di terminare con delle scaglie completamente bianche, come menzionato sopra.

Squame Neolamprologus brichardi
Ritaglio e zoom di una foto di un esemplare adulto, in cui possiamo notare i colori delle squame.

Gli esemplari hanno dei denti inferiori visibili. La bocca è leggermente più scura del resto del corpo.

Denti Neolamprologus brichardi
Nella foto si notano i denti inferiori dell’esemplare.

È interessante notare come il colore del corpo sia caratteristico di ogni esemplare, infatti ci sono pesci più scuri, e altri molto chiari, quasi bianchi.

Gli esemplari adulti raggiungono circa i 13 cm. Spesso arrivano anche a 15 (pinne comprese).
La loro crescita è lenta e vivono una decina d’anni, spesso anche di più se tenuti adeguatamente.
All’acquisto saranno probabilmente lunghi 3 cm, i riflessi citati sopra li formano col tempo, da giovani hanno quasi esclusivamente la sola macchia gialla visibile. Il pattern blu-giallo, sopra le branchie, compare verso l’anno di vita. A circa 2 anni raggiungono le forme adulte, tuttavia sono già sessualmente maturi a circa 9 mesi. Queste tempistiche dipendono un po’ anche dalla temperatura a cui vengono tenuti.

Dimorfismo sessuale

È difficile attribuire un sesso agli esemplari. Purtroppo in questa specie il dimorfismo non è così evidente. Possiamo però aiutarci con qualche indizio:

  • pinne, nel maschio le pinne pettorali sono leggermente più allungate, così come la caudale;
  • testa, la sua forma nel maschio mostra una piccola gibbosità, tuttavia l’esemplare deve essere adulto;
  • dimensioni, il maschio è leggermente più grosso.

Non ci sono altri segni evidenti, e i genitali non sono visibili mentre sono in acqua. Inoltre i punti precedenti sono solo indicativi e non è detto che si riescano a riconoscere grazie a questi ultimi.

Probabile femmina di Neolamprologus brichardi
Presunto esemplare femmina.

Comportamenti tipici

Riproduzione

Neolamprologus brichardi forma coppie fisse. In un acquario di solito c’è spazio per una sola coppia dominante. Depongono in anfratti, tra le rocce, nelle parti verticali nascoste e al riparo dai pericoli. Un esemplare può arrivare a deporre quasi un centinaio di uova, talvolta di più. Dopo la deposizione, passa qualche giorno prima che le uova si schiudano. La femmina sorveglia le larve prima e gli avannotti poi, tutto il tempo. Il maschio scaccia eventuali intrusi nella zona di riproduzione.

Avannotto di pochi giorni
Avannotto di pochi giorni.

Gli avannotti hanno una crescita molto lenta rispetto altre specie. L’acquariofilo può alimentarli semplicemente col cibo che usa anche per gli adulti. Non è necessario alimentare con naupli di artemia o altro vivo di piccole dimensioni.
La coppia di N. brichardi diventerà esperta nel crescere gli avannotti, e anche alimentando pochissimo riuscirà a portare all’età adulta diversi piccoli. Si possono osservare comportamenti del tutto particolari in questo periodo, molto caratteristici della specie ed enormemente studiati in campo scientifico.

Neolamprologus brichardi
Un aiutante sorveglia gli avannotti.

I nuovi nati entreranno a far parte delle dinamiche coloniali, osservabili anche in acquario. A circa 6 mesi avranno una dimensione tale da renderli appetibili come candidati per aiutare i genitori alla cura delle nuove nidiate.

Neolamprologus brichardi
Questo esemplare ha circa 2 mesi, i genitori potranno ora pensare a una nuova deposizione, tuttavia gli ex-avannotti rimarranno sorvegliati.

Gli adulti sceglieranno i piccoli che considerano utili alla difesa della prole e scacceranno gli altri. Gli esclusi saranno costretti a lasciare la colonia. Il numero di cacciati è veramente esiguo, tuttavia si riconoscono subito, perché presentano evidenti segni di morsi.

Neolamprologus brichardi
Quando crescono si allontanano dal luogo della deposizione, soprattutto per cercare cibo.

In un acquario con una colonia sarà solo la coppia dominante a riprodursi, e lo farà spesso, in casi estremi anche ogni 14 giorni. Non avendo stagionalità come altre specie, ogni tanto si fermano qualche mese, per una “pausa dalla riproduzione”. Solitamente invece, si riproducono circa ogni 2 mesi, cioè appena la nidiata precedente ha una dimensione tale da essere considerata quasi indipendente. Quest’ultima rimarrà comunque nei pressi della nidiata precedente, per poi occupare la propria posizione in colonia qualche mese più tardi.

Neolamprologus brichardi di 9 mesi
Esemplare di circa 9 mesi. Nonostante non sia già in età riproduttiva, in questo momento viene considerato adulto, e avrà un ruolo all’interno della colonia.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

Le dinamiche coloniali di questa specie sono di rimarcabile interesse. Essi riconoscono gli “aiutanti”, i “difensori” della colonia ma anche eventuali intrusi. E non dipende solo dalla specie o dall’aspetto generale, ma è stato dimostrato che riescono a riconoscersi anche singolarmente [11].

Neolamprologus brichardi che si sfidano
Due esemplari si stanno sfidando, estendendo le branchie. Se uno dei due non mostrerà sottomissione, ci sarà una lite per determinare l’esemplare dominante.

Gli esemplari non dominanti hanno convenienza ad aiutare la colonia a difendersi e a crescere, infatti essi verrebbero puniti nel caso non si comportassero correttamente nei confronti degli altri esemplari [12]. Dall’altra parte, la coppia dominante ha interesse ad avere aiutanti sia nella difesa del territorio, sia nella crescita e cura delle nidiate. Gli aiutanti crescono più lentamente rispetto i dominanti [10].

Neolamprologus brichardi aiutante
Un aiutante, si può osservare che nonostante l’età più che adulta, sia leggermente più piccolo rispetto i genitori. A sinistra, leggermente sfocato, un fratello ancora più piccolo ma anch’esso componente attiva della colonia.

N. brichardi è una specie molto aggressiva e inadatta ad abbinamenti con altre specie. Se il territorio della colonia è l’intera vasca, essi scacceranno tutti quelli che provano a nuotarci vicino.
In natura formano colonie molto, molto grandi (dall’ordine delle centinaia di esemplari, a salire) e la loro spiccata socialità permette loro di difendersi molto bene da eventuali invasori. In acquario possiamo osservare una miniatura di questa colonia e non passerà molto tempo prima che la vasca sia piena di principesse.

Colonia di Neolamprologus brichardi
Foto ritratta dal lato corto della vasca, con la colonia di N. brichardi che nuota tranquillamente per la vasca.

Possiamo sicuramente osservare che ogni tanto qualche esemplare viene preso di mira. Ce ne accorgiamo perché da un giorno all’altro presenterà delle ferite, soprattutto attorno la bocca. Probabilmente avrà anche tutte le pinne sfrangiate.

Neolamprologus brichardi che si sfidano
Due esemplari si stanno sfidando; notare gli opercoli branchiali aperti.

Esse rientreranno da sole nel giro di qualche giorno; nel caso non dovesse succedere e l’esemplare venisse ripetutamente preso di mira, significa che è un escluso e non c’è spazio per lui.
Esemplari ridotti come nella foto seguente andrebbero rimossi il prima possibile. Personalmente mi è capitato una sola volta di arrivare a dover togliere l’esemplare ma non escludo che in futuro mi possa capitare ancora.

Esemplare scacciato
Esemplare scacciato dalla colonia, se arrivano a ridurre un esemplare così, esso dovrà essere rimosso.

All’inserimento in vasca, solitamente si parte con più esemplari, tra questi si potrebbero formare più coppie, soprattutto se la vasca è sufficientemente grande. Esse potrebbero riprodursi, non è un problema, dopo un po’ troveranno un equilibrio e, se gli spazi lo permettono, la colonia dominante accetterà gli altri e non li escluderà. Se invece dovesse attaccarli ripetutamente, sarebbe opportuno rimuoverli e tenere solo la coppia formata.

Neolamprologus brichardi
Un aiutante sempre attento agli avannotti. Degli studi hanno mostrato come questi esemplari potrebbero mangiare qualche avannotto. Tuttavia i genitori valutano il rapporto “salvati/mangiati” capire la convenienza a tenere un aiutante in colonia.

Consiglio di partire con circa 7 esemplari, per avere una buona probabilità di avere maschi e femmine. Attendere il formarsi della coppia, e rimuovere gli altri se la vasca non ha sufficiente spazio, oppure se vengono rifiutati come detto sopra.

Neolamprologus brichardi
La situazione in vasca dopo qualche tempo sarà più o meno questa: esemplari di età diverse che sorvegliano i nuovi nati.

L’acquario per Neolamprologus brichardi

Dimensioni dell’acquario

La vasca ideale per questi ciclidi è lunga almeno 100 cm, e larga almeno 50. La sua altezza non deve essere indifferente, anche se già 50 cm sono sufficienti. Se si ha la possibilità di avere vasche di dimensioni maggiori, l’allevamento si semplifica di molto.
Le dimensioni della vasca dipendono dalla grandezza della colonia: una vasca troppo piccola costringe l’acquariofilo a pescare e cedere esemplari molto più spesso. Una vasca grande elude questo problema, che si potrebbe presentare ma in modo molto più diradato. Per esempio, se si disponesse di una vasca da 150 cm almeno: sarebbe da preferire quest’ultima.

Il suo allevamento in vasche di dimensione minore a quelle indicate è possibile ma fortemente sconsigliato! Costringe l’acquariofilo a periodici sfoltimenti degli esemplari. Infatti una vasca troppo piccola potrebbe non dar abbastanza vie di fuga a un eventuale “cacciato” dalla colonia. Inoltre la crescita della colonia potrebbe essere troppo veloce rispetto le capacità della vasca e l’acquariofilo potrebbe aver problemi a mantenere una qualità dell’acqua alta a causa del sovraffollamento.

Ricordo che una colonia è formata da molti esemplari, non due adulti e qualche sub adulto di pochi mesi.

Spesso si consigliano anche in vasche molto più piccole, questo forse non inficia nella loro crescita o benessere, ma vi costringerà a tenere un numero esiguo di esemplari. Sfoltire la colonia per tenere solo la coppia adulta, più qualche sub adulto di massimo 9 mesi, non vi farà godere di tutti i comportamenti coloniali della specie.

Allestimento per Neolamprologus brichardi

L’habitat dei Neolamprologus brichardi è caratterizzato da ampie zone rocciose, ricche di anfratti. Vivono a una profondità tale per cui la luce ha una prevalenza della componente blu, probabilmente si sono anche adattati a vedere con questo tipo di luce, come evidenziato da alcuni studi su specie in condizioni simili [5].

Il nostro acquario dovrà quindi disporre di un po’ di rocce per ricreare un habitat simile. Suggerisco l’utilizzo di polistirene come protezione del fondo in vetro dell’acquario, prima di rocce e sabbia. Assicuriamoci inoltre che il peso dell’allestimento completo non sia un problema per il mobile e anche per il pavimento.

Le rocce vanno scelte di varie misure, prendendone poche di grosse, ma con una lunghezza attorno ai 30 cm (quindi abbastanza grandi). Poi ne serviranno altre di dimensioni più piccole. Se volete dare un effetto naturale alla rocciata, bisognerebbe di inserire rocce sempre più piccole. Per esempio partiamo da delle rocce molto grosse, che faranno da protagoniste e da base per la nostra disposizione, poi ne prendiamo altre grandi la metà, e altre ancora grandi la metà di queste ultime, via così fino ad arrivare alle dimensioni di piccoli sassi da pochi centimetri.
Non ci deve preoccupare il fatto che possano essere calcaree. Bisogna comunque assicurarsi che non abbiano venature metalliche. La rocciata dovrà essere di dimensioni tali da lasciare sufficiente spazio libero, infatti, nonostante i Neolamprologus brichardi stiano spesso tra le rocce, si nascondano tra esse e depongano tra vari anfratti, molto tempo lo passano anche a nuotare nei loro paraggi.

Neolamprologus brichardi avannotti
Appena nati, gli avannotti stanno nei pressi della tana, qui li vediamo nuotare vicino un accumulo di rocce. Poco dietro si trova il luogo della deposizione delle uova.

Il fondo dovrà essere sabbioso e la granulometria della sabbia deve essere molto fine. Il colore va bene quello che preferiamo ma consiglio di cercare una sabbia di un colore diverso dal bianco acceso. I ciclidi che ospiteremo scavano, quindi assicuriamoci di mettere sabbia a sufficienza. Io ne ho usati 25 kg per un acquario di 120×60 cm di base. La sabbia va messa dopo le rocce.
Se tra le sabbie da acquari non ne trovate di vostro gradimento, spesso i centri di vendita che dispongono di materiali edilizi vendono la sabbia edile. Questa esiste anche di granulometria molto fine e il costo è irrisorio. Insisto nel suggerirvi di lavarla molto molto bene, è più sporca delle corrispettive da acquario.

Nelle zone frequentate dai brichardi è raro trovare piante acquatiche, sia per la poca disponibilità di nutrienti, sia per le profondità. Tuttavia nel Lago esistono diverse piante, e se vogliamo aggiungerne qualcuna nel nostro acquario possiamo farlo. Esse ci aiuteranno a mantenere sotto controllo gli inquinanti, oltre che a far sentire un po’ più sicuri i pesci ospitati. Consiglio piante resistenti, come la Vallisneria spiralis. Vanno bene anche altri tipi di Vallisneria, tuttavia la spiralis si trova anche nel lago!

Le piante possono comunque essere un riparo alternativo per i nuovi nati, ma anche per i sub adulti.

Ci sono altre piante presenti in esso, la maggior parte non sono trovabili facilmente in commercio: quindi conviene provare con specie che si adattano alle condizioni particolari dell’acqua, come Egeria sp., Ceratophyllum spo Anubias sp..
In ogni caso nel nostro layout le piante dovranno essere solo un contorno o un dettaglio e non le protagoniste della scena.

La Vallisneria, per esempio, offre un buon riparo, è inoltre endemica del lago, e resistente ai valori dell’acqua del Tanganica.

Volendo imitare l’ambiente naturale della specie, dovremo scegliere delle luci molto fredde. Questo può essere ottenuto abbinando LED a luce bianca fredda (6000 K o oltre), con LED blu.
La luce deve essere sufficiente alla crescita delle alghe e delle piante, esse ci aiuteranno a tenere sotto controllo gli inquinanti, daranno un effetto naturale all’allestimento, e ospiteranno della micro-fauna che farà da integrazione alla dieta degli ospiti.
Consiglio dei LED con una buona resa cromatica, per poter godere al meglio dei riflessi dei pesci.

Neolamprologus che ha trovato cibo tra le alghe.

Una raccomandazione inusuale nelle schede dei pesci ma che sento utile in questo tipo di allestimento, è quello di utilizzare una centralina per effetti di alba e tramonto. Non per dare un tocco pacchiano all’acquario ma per accendere gradualmente i LED.
Oramai a poche decine di euro possiamo trovare centraline e LED dimmerabili (per esempio le strisce LED 12 V o 24 V). Accendere gradualmente l’impianto luci non spaventerà i pesci come un’accensione improvvisa.

Le alghe ospitano molta micro-fauna.

Se il filtro non genera una corrente abbastanza consistente, consiglio l’aggiunta di una pompa di movimento. Magari puntata verso la superficie per favorire lo scambio d’ossigeno. Il lago Tanganica non ha forti correnti, tuttavia ha delle dimensioni tali da avere un vero e proprio moto ondoso. Una pompa di movimento da circa 1000 L/h (dipende poi dalle dimensioni della vasca) aiuterà a creare quella corrente in più necessaria. Noterete che gli avannotti non avranno problemi a contrastarla e che già dalle prime settimane avranno pinne ben formate.

Questo è il mio acquario dove ospito la colonia di N. brichardi.

Parametri dell’acqua

L’acqua per Neolamprologus brichardi dovrà essere sufficientemente dura, povera di inquinanti. Non arriveremo mai a valori di nitrati e fosfati come quelli del lago, tuttavia cercheremo di tenerli più bassi possibile, meglio se non rilevabili dai test da acquario.

Nel lago i valori di calcio e magnesio si attestano attorno rispettivamente 17 mg/L e 43 mg/L [6]. Questo corrisponde a un valore di circa 13 dGH. L’alcalinità invece è abbastanza alta (17 dKH). Essa dovrà riuscire a mantenere un pH attorno al 9.0. La conducibilità si aggira attorno a 600 µS/cm, con un residuo fisso attorno ai 460 mg/L.

Spesso i N. brichardi vengono tenuti in acqua di rubinetto, senza particolari altre preoccupazioni. Nonostante sia una specie particolarmente resistente, non è consigliabile ignorare così i parametri dell’acqua. Infatti se tenuti a durezze troppo basse e pH non idonei, tenderanno ad avere pinne più corte, cresceranno anche leggermente meno. Se l’acqua di rubinetto non ha problemi e può essere utilizzata per il mantenimento di specie acquatiche, allora basterà aggiungere i sali necessari a raggiungere i valori indicati al paragrafo precedente. Sarebbe tuttavia utile discutere caso per caso e, se vi andrà di farlo, vi invito ad aprire un topic sul forum per vagliare le varie soluzioni!

Il mantenimento prevede piccoli cambi settimanali. A differenza di altre specie, N. brichardi mal sopporta cambi consistenti: consiglio di cambiare circa il 10% d’acqua a settimana. Tuttavia non è obbligatorio: se viene saltato qualche cambio basterà sostituire leggermente più acqua nel successivo.
Si noti che questi cambi non sono atti a ridurre nitrati e fosfati, che dovranno rimanere comunque molto bassi, serviranno piuttosto a mantenere costanti i valori di sali assimilati dai pesci tramite processi di osmoregolazione.

Dopo un cambio probabilmente si formeranno delle bolle di ossigeno. Un buon momento per fare qualche foto un po’ diversa dal solito.

Temperatura

Viste le premesse del paragrafo che tratta della descrizione del lago, la temperatura minima consigliata è 23 °C. Un riscaldatore impostato a 24 °C ci garantirà di non scendere troppo. Inoltre con il variare delle stagioni la temperatura si alzerà naturalmente senza spreco di energia. Dobbiamo fare attenzione a non superare i 30 °C per lunghi periodi, poiché non salutare per i nostri ospiti.

Alimentazione

Neolamprologus brichardi è una specie prevalentemente carnivora [9]. Essi si nutrono di crostacei e altri organismi che trovano cercando tra le rocce, ma anche zooplankton e altri organismi in acque più libere.
Durante le ricerche capita che mangino anche del detrito vegetale, tuttavia non è una loro fonte di nutrizione. Naupli, copepodi, ostracodi, zooplankton invece contribuiscono alla loro dieta nel lago [9].

Cibo congelato di vario tipo, krill, mysis, dafnie…

Sono allevati da molti anni in cattività e non avranno problemi ad accettare cibi secchi. Consiglio tuttavia di somministrare anche cibi congelati, per esempio krill, mysis e dafnie. Anche i chironomus o altri insetti (o larve) vengono accettati.
Il cibo secco deve essere di buona qualità. Io ho provato il Tropical soft line Africa carnivore e mi sono trovato molto bene. Ha una forma sufficientemente piccola ma non troppo. È facilmente sbriciolabile nel caso ci siano avannotti. Viene accettato volentieri dai miei esemplari. Ho provato inoltre il Dennerle Cichlid Carny, che ha una consistenza dura e secca, non è facilmente sbriciolabile, ma viene accettato. Una volta in acqua diventa morbido, e i pesci non hanno problemi a mangiarlo. Il Northfin Krill Gold è anch’esso molto gradito, tuttavia fatica ad affondare; ho notato che bagnandolo prima in un bicchiere affonda più facilmente.

Raramente vedrete un brichardi mangiare dalla superficie, tuttavia se qualcosa galleggia sicuramente prima o poi lo mangiano. Ve ne accorgerete dal piccolo tuffo che fanno. Infatti, a differenza di altri pesci, essi non sono affatto abituati a mangiare dalla superficie e li “spaventa” avvicinarsene. Sarebbe bene evitare i cibi galleggianti.

Se si dispone di cibo vivo, anch’esso è ben accetto. Fornire saltuariamente lombrichi, per esempio, non è una cattiva idea. Se si hanno lumache in vasca, esse verranno ogni tanto predate.

Scatti simili non sono per niente rari, Neolamprologus preferisce mangiare ciò che trova nella colonna d’acqua. Non disdegna però nemmeno ciò che si appoggia sul fondo.

Conclusioni

Neolamprologus brichardi è una specie che mi ha affascinato moltissimo. Viene etichettato come “semplice”, ma questo non significa poco interessante, anzi! Credo che abbia il rapporto comportamenti/impegno più alto tra le specie di pesci.
L’impegno per mantenerlo si limita a pochi accorgimenti, quali un’acqua pulita, dei valori consoni e un’alimentazione adeguata. I comportamenti con cui ci ringrazia invece sono fantastici, secondi a pochissimi altri pesci. Sicuramente staremo incantati davanti un acquario con N. brichardi, e a ragion veduta! È inoltre possibile creare degli allestimenti gradevoli alla vista, rendendo l’acquario molto bello, che attira l’occhio e sicuramente lascerà acquariofili e ospiti incantati.

Neolamprologus brichardi

Tassonomia

Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Actinopterygii
Ordine Perciformes
Famiglia Cichlidae
Genere Neolamprologus
Specie brichardi

Fonti e Crediti

La foto del lago dallo spazio: By NASA – http://eol.jsc.nasa.gov/sseop/EFS/photoinfo.pl?PHOTO=STS51G-34-12, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26671324

Le altre fotografie sono di proprietà dell’autore dell’articolo e possono essere condivise solo previo suo esplicito consenso scritto.

Bibliografia

[1] Duftner, Nina & Sefc, Kristina & Koblmüller, Stephan & Salzburger, Walter & Taborsky, Michael & Sturmbauer, Christian. (2007). Parallel evolution of facial stripe patterns in the Neolamprologus brichardi/pulcher species complex endemic to Lake Tanganyika. Molecular phylogenetics and evolution.

[2] EDMOND, J. M., et al. Nutrient chemistry of the water column of Lake Tanganyika. Limnology and Oceanography, 1993, 38.4: 725-738.

[3] Lake Tanganyika, Wikipedia

[4] Neolamprologus brichardi, Wikipedia

[5] Carleton, K.L., Dalton, B.E., Escobar-Camacho, D., & Nandamuri, S.P. (2016). Proximate and ultimate causes of variable visual sensitivities: Insights from cichlid fish radiations. Genesis, 54 6, 299-325.

[6] Drs. J. F. Talling, Ida B. Talling. The Chemical Composition of African Lake Waters.

[7] Carsten J. Schubert, Edith Durisch‐Kaiser, Bernhard Wehrli, Bo Thamdrup, Phyllis Lam, Marcel M. M. Kuypers. Anaerobic ammonium oxidation in a tropical freshwater system (Lake Tanganyika).

[8] (per alcune descrizioni del lago e di alcuni valori) Lake Tanganyika. Sandy sedimentary bottom area in Ndole Bay. Zambia, Walter Vazquez 

[9] Mukwaya GASHAGAZA, Masta. (1988). Feeding Activity of a Tanganyikan Cichlid Fish Lamprologus brichardi. African Study Monographs. 9.

[10] Taborsky, Michael. (1984). Broodcare helpers in the cichlid fish Lamprologus brichardi: Their costs and benefits. Animal Behaviour. 32. 1236-1252. 

[11] HERT, Eva. Individual recognition of helpers by the breeders in the cichlid fish Lamprologus brichardi (Poll, 1974). Zeitschrift für Tierpsychologie, 1985, 68.4: 313-325.

[12] BERGMÜLLER, Ralph; TABORSKY, Michael. Experimental manipulation of helping in a cooperative breeder: helpers ‘pay to stay’by pre-emptive appeasement. Animal Behaviour, 2005, 69.1: 19-28.

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L’intento di questa breve guida è quello di aiutarvi a togliere i dubbi sul sesso dei vostri Apistogramma, soprattutto in fase giovanile, in modo da andare in negozio senza doversi fidare ciecamente del pescivendolo di turno.

Buona lettura e per qualsiasi dubbio vi aspettiamo sul forum!

Disclaimer: le foto utilizzate sono spesso di esemplari stressati e/o molto giovani; questa scelta è stata fatta per aiutarvi ulteriormente, poiché molto probabilmente così saranno i pesci quando andremo ad acquistarli.
Inoltre, ho scelto di trattare solo alcuni caratteri per semplicità: la conta dei pori facciali o l’analisi del DNA mi sembravano poco sensati da trattare in un articolo amatoriale e pratico.

Sessaggio nel genere Apistogramma

Prima di tutto è bene ricordare che più i pesci in questione sono vicini allo stato adulto e più sono a loro agio, più sarà facile giungere a una conclusione certa.

Ovviamente, a maturità sessuale, le femmine sono generalmente più piccole, presentano colori meno accesi e forme più smussate; di contro gli esemplari maschi saranno più grossi (fino al doppio delle dimensioni) con colori più accesi con una presenza maggiore di iridescenze e con vari allungamenti al pinnaggio.

Nell’immagine seguente abbiamo un esempio in cui si vedono a confronto un maschio e due femmine di Apistogramma baenschi a maturità sessuale raggiunta:

Apistogramma baenschi
In questi casi evidenti, raramente ci dovremmo porre la domanda “ma è una coppia?” quindi ora vedremo come comportarsi e cosa osservare quando siamo chiamati a rispondere alla domanda fatidica e la risposta non è così evidente.

Discriminanti maggiori nel dimorfismo degli Apistogramma

Pinnaggio

L’osservazione della forma e del colore delle varie pinne sono senza alcun dubbio uno dei fattori chiave per capire il sesso dei nostri Apistogramma.
Presentano infatti differenze notevoli tra i due sessi e ricordo di nuovo che più i pesci saranno tranquilli e tenuti in condizioni idonee più queste differenze saranno visibili.

Di seguito un’immagine per ricordare i nomi delle pinne:

Foto di Gianluigi Paravisi, A. trifasciata.

Pinna dorsale

In alcune specie sarà facile notare i maschi adulti poiché presenteranno allungamenti dei primi 3/4 raggi della dorsale (es: cacatuoides, trifasciata, bitaeniata, baenschi, …) e/o un prolungamento appuntito alla fine della dorsale (es: agassizii).
Nelle specie che presentano una morfologia simile le femmine avranno i raggi notevolmente più corti e tondeggianti.

Un fattore comune a molte specie invece è la terminazione della dorsale, già ben visibile in fase giovanile, che nei maschi sarà ad angolo acuto mentre nelle femmine sarà visibilmente arrotondata.

Ecco alcuni esempi per spiegarmi meglio.

Maschio e femmina di Apistogramma cacatuoides in cui si nota la diversa forma e lunghezza della pinna dorsale e della pinna caudale, il maschio presenta sempre angoli molto acuti e raggi allungati, la femmina angoli smussati e raggi più corti:

Apistogramma cacatuoides maschio

Apistogramma cacatuoides femminaMaschio e femmina di A165 dove si nota il sesso osservando la terminazione della dorsale:

A165 maschio

A165 femmina

Altro esempio in cui è possibile capire il sesso degli Apistogramma osservando la terminazione della dorsale, Apistogramma sp. “Tefé”:

Apistogramma sp Tefé maschioApistogramma sp Tefé femminaE, infine, con Apistogramma uaupesi ancora insacchettati:

Apistogramma uaupesi

Pinne ventrali

In gran parte delle specie la femmina presenterà la parte iniziale delle ventrali nera (sopratutto in riproduzione) e queste pinne resteranno prevalentemente più corte, difficilmente raggiungendo il penducolo caudale.
Al contrario, nei maschi le ventrali possono tranquillamente arrivare a superare la metà della caudale.
Altra discriminante è che in molte specie le ventrali delle femmine terminano con l’estremità tondeggiante.

Vediamo alcuni esempi con immagini.

Esemplari di Apistogramma cacatuoides in cui si nota la differenza di sesso dalle ventrali, la femmina le presenta nere e senza allungamenti a differenza del maschio:

Apistogramma cacatuoides maschio

Apistogramma cacatuoides femmina

Sessaggio di Apistogramma bitaeniata osservando gli allungamenti delle pinne ventrali:

Apistogramma bitaeniata maschio

Apistogramma bitaeniata femmina


Pinna anale

Con le pinne anali valgono le stesse osservazioni fatte precedentemente per la terminazione della pinna dorsale, ovvero: nel maschio si hanno pinne che terminano con angoli acuti e con possibili allungamenti, nella femmina si avrà una pinna anale più corta e tozza con l’estremità arrotondata.

Ecco un esempio con maschio e femmina di Apistogramma uaupesi:

Apistogramma uaupesi

Pinna caudale

La pinna caudale è un ottimo punto di riferimento per sessare gli Apistogramma.
A parer mio è uno dei migliori, anche con pesci giovani; inoltre spesso osservare la caudale aiuta molto anche nelle identificazioni delle specie.

Anche qui le femmine presenteranno forme molto più curvilinee; nei maschi di determinate specie (es: cacatuoides, bitaeniata, …) la caudale assume diverse forme (a lira, lanceolata, monolobata, bilobata) e presenterà degli spot.
In altre specie, la caudale avrà una forma arrotondata (tronca) in entrambi i sessi ma presenterà una diversa colorazione tra maschio e femmina.

Esempio di coda con forma simile ma diversa livrea in Apistogramma baenschi dove il maschio presenta una bordatura rossa assente invece nella femmina:

Apistogramma baenschi maschio

Apistogramma baenschi femmina

Esempio di forma diversa della caudale tra i due sessi con presenza, nel maschio, di spot in Apistogramma bitaeniata:

Apistogramma bitaeniata maschio

Apistogramma bitaeniata femmina

Altro esempio di forma diversa della caudale tra i due sessi questa volta con presenza di colore nel maschio, Apistogramma uaupesi:

Apistogramma uaupesi

Livrea

Come ultima caratteristica c’è la livrea.
Nel caso in cui stiamo cercando di sessare pesci giovani e stressati, l’osservazione della livrea difficilmente ci porterà a capirne il sesso.  Per questo motivo è bene non fare troppo affidamento su questa osservazione (si può eventualmente usare come prova aggiuntiva).

Nel caso in cui, invece, stiamo osservando pesci giovani ma adattati nelle nostre vasche, la colorazione dell’individuo in questione potrà aiutarci.
Ad esempio, nella foto sottostante c’è un giovane maschio di Apistogramma bitaeniata in cui si vedono chiaramente diversi colori sulla dorsale, assenti invece nelle femmine.

Apistogramma bitaeniata

Ora che sapete identificare più facilmente i ciclidi nani avete un motivo in più per sceglierli come ospiti della vostra prossima vasca!


Bibliografia

Römer Uwe, Cichlid Atlas Vol. 1, Mergus Verlag, 2001.

Römer Uwe, Cichlid Atlas Vol. 2, Mergus Verlag, 2006.

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Nuotando con i ciclidi https://acquario.top/nuotando-con-i-ciclidi/ https://acquario.top/nuotando-con-i-ciclidi/#respond Tue, 19 Feb 2019 19:57:35 +0000 https://acquario.top/?p=3613 I ciclidi in acquario sono tra le specie più ricercate per le loro complessità comportamentali: chiunque li allevi ha potuto notare le loro gerarchie, le cure parentali e un carattere pieno di sfaccettature. In questo articolo andiamo ad immergerci insieme a loro e ad osservare questi atteggiamenti in natura. Ringraziamo Ivan Mikolji per averci portato […]

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I ciclidi in acquario sono tra le specie più ricercate per le loro complessità comportamentali: chiunque li allevi ha potuto notare le loro gerarchie, le cure parentali e un carattere pieno di sfaccettature. In questo articolo andiamo ad immergerci insieme a loro e ad osservare questi atteggiamenti in natura.

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci portato a nuotare assieme a loro!


Nuotando con i Ciclidi

Molti, dopo avermi conosciuto, mi chiedono quanti acquari abbia. La mia risposta, istantanea, è: “Non ne ho nessuno, li ho buttati via tutti”. Poiché di solito rimangono interdetti dopo questa risposta, aggiungo: “I corsi d’acqua sono i miei nuovi acquari”.

Avere la possibilità o trovare il tempo di nuotare a fianco dei pesci d’acqua dolce nei loro habitat naturali è estremamente affascinante. Crea dipendenza, per certi aspetti.
Ogni volta che torno nella mia routine civilizzata, dopo una spedizione, inizio a pensare ai momenti sereni trascorsi nella natura e sento come l’urgenza di andare a esplorare qualche nuovo posto.

Ci sono dei punti nei fiumi che sono così belli sott’acqua che potrei continuare a tornare sempre lì, senza annoiarmi. Andare in questi biotopi acquatici e dimenticare la routine quotidiana mi porta ad un livello in cui cerco di osservare molto più in profondità come funzionino le cose in natura.
Nell’istante in cui ti immergi in un fiume limpido e inizi a fare snorkeling, puoi capire davvero come i ciclidi si siano evoluti nella loro routine nell’ecosistema.

Puoi vedere Pike Cichlid [NdT: Crenicichla lepidota] seguire i loro piccoli, facendoli nuotare nel loro territorio, proteggendoli senza sosta, col maschio sempre in prima linea che controlla i confini con colori molto vividi e la femmina vicina al fondo e ai piccoli, come un soldato nelle retrovie.
Un Apistogramma va in parata davanti a un altro maschio, che si era avvicinato troppo alla femmina.
Dei giovani Heros severus si afferrano per la bocca per determinare quale dei due sia di rango più alto.

Heros severus
Heros severus che combattono, nel loro ambiente naturale. Quersta è stata la terza volta in cui ho visto dei severus combattere, non solo nel corso d’acqua dove è stata scattata la foto ma anche in altri fiumi del Venezuela. I combattimenti possono durare anche dieci minuti.

I Geophagus e i Satanoperca stanno sempre in gruppo, inghiottendo sabbia e vagliandola nelle loro bocche, cercando di separare la materia organica (che è il loro specialissimo alimento naturale), eliminando la sabbia attraverso la parte posteriore degli opercoli.

I Peacock Bass (Cichla sp.) stanno sempre fermi a mezz’acqua, in attesa di fiondarsi alla velocità della luce su qualche pesce che ha abbassato la guardia.

Sembra che i ciclidi conoscano molto bene i loro territori e i migliori posti dove osservare ciò sono gli habitat della Moricha Necoima [NdT: regione idrica tra Venezuela e Bolivia, circa 110 metri sopra il livello del mare].
Il nome deriva dalla moriche [NdT: Mauritia flexuosa], una palma che può vivere bene solo dove le sue radici sono sommerse. Sono ottimi posti dove cercare i ciclidi tutto l’anno, questo perché non si prosciugano durante la stagione secca e ospitano rare specie, come Apistogramma guttata e Satanoperca mapiritensis.

In questi ambienti, le rive dei fiumi sono ricoperte da milioni di radici di palma, dal diametro fra circa mezzo centimetro e un centimetro, le quali formano migliaia di tunnel e caverne.
I ciclidi amano entrare ed uscire da questi spazi, che sembrano conoscere a memoria. Cercano di scappare in una direzione nell’intrico delle radici e ne escono da tutt’altra parte: ti guardano un po’ incuriositi e si nascondono di nuovo.

Apistogramma megaptera
Apistogramma sp. “Breitbinden” non è stato ancora descritto. L’esemplare più grande che abbia mai visto misurava circa 8 cm. Li ho visti solamente durante la stagione delle piogge (giugno).

Sebbene ora possa ricreare questo ambiente in acquario, mi mancherà sempre lo stato di rilassamento in cui mi ritrovo dovo aver galleggiato nel loro ambiente, osservandoli.
Ammirare un acquario, a casa, non ha l’effetto di immersione che zanzare, gnat, tafani e indumenti inzuppati possono dare!

I ciclidi sono presenti in quasi tutti i fiumi del Venezuela; la loro distribuzione può variare (come per la maggior parte dei pesci e degli animali) a seconda della specie o del biotopo osservato.
Le misure che ho effettuato spaziano da acqua dura e salmastra con pH 8.4 in cui possiamo trovare Caquetaia kraussii fino ad acque molto tenere e acide, con un pH attorno a 5.6, abitate da Apistogramma guttata.
Per quanto riguarda le temperature, gli estremi potrebbero essere i 24 °C per Aequidens pulcher fino ai 31 °C per Apistogramma hoignei.
Alcune specie sono più diffuse di altre che hanno habitat molto specifici, spesso limitati da barriere naturali (ma è un discorso troppo complesso da trattare ora).
La maggior parte dei ciclidi sono pesci che si muovono poco e non migrano se non obbligati. Cercano di delimitare o conquistarsi un territorio e viverci – formano coppie, depongono uova e seguono gli avannotti sempre nello stesso punto, per tutta la vita.

Quando sono tornato in un fiume dopo un anno dalla mia ultima visita, ho trovato una coppia di ciclidi con un segno distintivo sul corpo, nello stesso punto con un nuovo gruppo di avannotti.
Anche quando un corso d’acqua si prosciuga durante la stagione secca, i ciclidi sono fra gli ultimi a spostarsi e talvolta rimangono bloccati nel fango, vittime del loro stesso istinto di non abbandonare il territorio.
I ciclidi migrano da un’area all’altra solo in condizioni straordinarie, come prosciugamento del fiume, arrivo di un nuovo maschio forte, mancanza di cibo o assenza di maschi o femmine.

Laetacara fulvipinnis
Laetacara fulvipinnis è stato descritto nel 2007. Il colore arancio vivo delle punte della pinna dorsale, il corpo giallognolo e la testa azzurrognola lo rendono un pesce da sogno.

Un bravissimo riproduttore di ciclidi venezuelano una volta mi ha detto: “Adoro i ciclidi: sono pesci intelligenti”.
Per certi aspetti quest’affermazione è assolutamente vera ed è uno dei tanti piccoli dettagli che rendono i ciclidi così affascinanti.

Questo articolo è stato pubblicato inizialmente su: Tropical Fish Hobbyist Magazine – Luglio 2008.


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Apistogramma trifasciata https://acquario.top/apistogramma-trifasciata/ https://acquario.top/apistogramma-trifasciata/#respond Sat, 09 Feb 2019 13:44:34 +0000 https://acquario.top/?p=3696 Oggi vi parleremo dell’Apistogramma trifasciata, uno degli Apistogramma più tranquilli ma allo stesso tempo più belli. Insomma, la specie ideale per i neofiti del genere. Studieremo la loro distribuzione in natura e il loro habitat per poi capire come allevarli al meglio nelle nostre vasche. Buona lettura. Distribuzione in natura di Apistogramma trifasciata Apistogramma trifasciata ha […]

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Oggi vi parleremo dell’Apistogramma trifasciatauno degli Apistogramma più tranquilli ma allo stesso tempo più belli. Insomma, la specie ideale per i neofiti del genere.

Studieremo la loro distribuzione in natura e il loro habitat per poi capire come allevarli al meglio nelle nostre vasche. Buona lettura.

Distribuzione in natura di Apistogramma trifasciata

Apistogramma trifasciata ha una distribuzione relativamente ampia, fra Brasile, Paraguay e Argentina. Nel dettaglio, si estende dal Rio Guaporé (Brasile, Bolivia) fino al Rio Paraguay, lungo tutta l’estensione di questo fiume.

In natura sono presenti diverse popolazioni con diverse morfologie.
Per distinguere queste forme si è adottato il codice alfanumerico DATZ (assegnatoli dall’omonima rivista tedesca).
I codici assegnati sono:

  • A204 per le popolazioni provenienti dalla zona nord del Pantanal, particolarmente dal tratto brasiliano del Rio Paraguay,
  • A205 per le popolazioni argentine del Rio Paraguay,
  • A206 per il cf. trifasciata provenienti dal Rio Guaporé, Bolivia e Brasile.

In aggiunta a questi, c’è l’A. trifasciata “Maciliensis”, non ancora classificato in DATZ, proveniente dai laghi del Rio Guaporé nel tratto brasiliano-boliviano.

Area di distribuzione di A204 e A205.
Areale di distribuzione di A204 (rosso) e A205 (verde).

Area di distribuzione di A206.
Area di distribuzione di A206.

Habitat naturale di Apistogramma trifasciata

Apistogramma trifasciata (come gran parte dei ciclidi nani sud-americani) abita i corsi d’acqua minori e le anse calme dei corsi principali, dove la visibilità è scarsa (si parla di acque chiare e raramente anche di acque bianche).

Un’altra caratteristica del suo habitat naturale è il fondo che è costituito solamente di sabbia finissima, infatti questo ciclide nel corso del tempo si è adattato a vagliare il substrato in cerca di cibo raccogliendolo con la bocca ed espellendo dalle branchie la parte non commestibile.

Dimorfismo sessuale

Come in tutti gli Apistogramma, il maschio è notevolmente più grande della femmina e presenta colori sgargianti.

In particolare, in periodo non riproduttivo, le estremità della dorsale del maschio vireranno sul rosso, con una livrea caratterizzata da iridescenze blu metallico; la femmina avrà invece una livrea abbastanza neutra.
In periodo riproduttivo, invece, la femmina assumerà una colorazione prettamente gialla, interrotta solamente dal nero intenso della banda laterale.

Un’altra evidente differenza sono gli allungamenti dei primi 3-4 raggi della dorsale (anche per quasi 20 mm) e delle pinne anali fino all’attacco della caudale nel maschio.
Quest’ultima differenza a volte può essere fraintesa: infatti anche le femmine possono presentare allungamenti delle ventrali che si limitano però all’attacco anteriore della pinna anale.

Comportamenti tipici

Apistogramma trifasciata, se paragonato ad altri ciclidi nani, risulta molto più tranquillo, motivo per cui rappresenta la specie ideale per chi è alla prima esperienza con gli Apistogramma.

Riproduzione di Apistogramma trifasciata

Per stimolare la riproduzione sarà sufficiente ridurre con gradualità i valori chimico-fisici dell’acqua aumentando, sempre gradualmente e contemporaneamente, la temperatura.
Molto influente è anche la conducibilità elettrica (che influisce anche sulla percentuale di schiusa), un valore tra i 120 e i 130 μS/cm andrà più che bene.

Quando la femmina sarà pronta assumerà una colorazione giallo intenso e si mostrerà al maschio inarcandosi di fronte a lui; in risposta, il maschio si esibirà con delle parate vibrando davanti a lei.
Quindi la femmina inviterà il maschio nel luogo di deposizione, usualmente un anfratto e, se ne avranno la possibilità, quasi certamente la femmina sceglierà una mezza noce di cocco (appositamente inserita e, volendo, camuffata con muschio o piante epifite), dove verranno deposte e fecondate tra le 20 e le 50/60 uova.

Una volta che i nuovi nati avranno raggiungo il nuoto libero, ovvero dopo che avranno esaurito il sacco vitellino, sarà quasi esclusivamente la femmina a prendersi cura della prole effettuando delle cure parentali, a mio avviso spettacolari.
La si potrà osservare mentre sposterà gli avannotti in varie zone della vasca difendendoli sempre, costantemente con una certa aggressività, come si potrà notare nel video che segue.

Il ruolo del maschio qui è secondario, infatti si limiterà a pattugliare le zone limitrofe del territorio accertandosi che non vi siano intrusioni da parte di caracidi o altri pesci in generale.

Per alimentare gli avannotti i primi tempi è bene preparare delle cisti di artemia da schiudere; potrebbe anche essere utile avere in vasca delle foglie in decomposizione che apportino microfauna.
Nel caso in cui non si riesca ad avere disponibilità di naupli si potranno utilizzare mangimi secchi, purché di taglia molto ridotta, come delle cisti decapsulate.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

Come già detto sopra tra i ciclidi nani è una delle specie più tranquille ma pur sempre di ciclidi si tratta. Per quanto riguarda i comportamenti tra conspecifici c’è da dire che i maschi tollerano a stento altri esemplari dello stesso sesso nel loro territorio, così come le femmine tollerano gran poco altre femmine nel loro.

I compagni di vasca ideali per gli Apistogramma in generale sono i così chiamati “dither fish“, ovvero i “pesci rassicuranti“, che essendo di taglia ridotta non predano gli avannotti.
Alcuni esempi: Copella spp., Nannostomus spp., Carnegiella spp. e affini, piccoli Hyphessobrycon.

Sono invece da evitare gli inquilini che popolano lo stesso livello di nuoto come Corydoras (anche qui con l’esclusione delle specie più piccole come i C. pygmaeus) e loricaridi in generale.

L’acquario per Apistogramma trifasciata

L’acquario per ospitare degli A. trifasciata dovrà prevedere un fondo di sabbia molto fine (nei negozi la si trova spesso con la dicitura “sugar sizee molte piante a foglia larga, come specie di Echinodorus, che fungeranno da barriere visive e delimiteranno i territori.
Per l’hardscape è anche possibile utilizzare legni e rocce (rigorosamente non calcaree).

Ricordo che questa specie non vive in acque definite “black water”, quindi un’eccessiva ambratura non è richiesta.

Non potranno mancare delle mezze noci di cocco che verranno usate dalla coppia come siti di deposizione.

Allestimento per Apistogramma trifasciata.
Vasca di Gianluigi Paravisi.

Dimensioni dell’acquario

Se tenuta una coppia in monospecifico, una vasca con una base di almeno 60×30 centimetri sarà sufficiente. Nel caso in cui si vogliano inserire altri coinquilini la vasca dovrà avere dimensioni maggiori.

La colonna d’acqua è secondaria poiché noterete che raramente si alzeranno più di 20/30 cm dal fondo.

Allestimento per Apistogramma trifasciata

Per creare un set-up ideale totalmente dedicato ad una coppia è bene dividere l’acquario in due territori offrendo molti ripari e barriere visive grazie all’utilizzo di legni e piante.
Questo offrirà alla femmina una zona tranquilla dove rifugiarsi nel caso in cui il maschio dimostri un’eccessiva aggressività.

Acquario in cui ho allevato e riprodotto A. trifasciata 'Guaporé'
Acquario in cui ho allevato e riprodotto A. trifasciata “Guaporé”.

L’utilizzo di piante galleggianti o piante tenute in semi-emersione è consigliato per creare zone d’ombra e mitigare la luce.

Parametri dell’acqua

Gli Apistogramma trifasciata abitano corsi d’acqua relativamente poco acidi, infatti per il mantenimento di esemplari selvatici un pH tra il 6,5 e il 7 con un KH attorno ai 4 dKH andranno più che bene.
L’abbassamento dei valori sopra citati favorirà la riproduzione.

Un altro accorgimento per far vivere meglio e di più i nostri pinnuti è adottare una stagionalità simile a quella che avviene effettivamente in natura lungo il bacino dei fiumi di provenienza.

Temperatura

Questi ciclidi, provenendo da fiumi relativamente meridionali, non sopportano molto bene alte temperature: tenerli sopra i 28/29 °C per periodi troppo lunghi non è salutare per loro. Ovviamente dovremo comunque assicurarci che la temperatura non scenda mai sotto i 20/21 °C.

Alimentazione

Per quella che è la mia esperienza posso dire che esemplari wild, anche dopo un periodo di ambientamento iniziale, continueranno ad essere restii ad accettare mangime secco, preferendo di gran lunga congelato e vivo.

Un’altra raccomandazione è quella di variare il più possibile la dieta integrando anche con vegetale come piselli sbollentati o zucchine questo perché in natura la loro dieta non è prettamente proteica come evidenziato in diversi studi [1].

Per quanto riguarda esemplari aquarium strain accetteranno i vari mangimi confezionati sin da subito (che dovranno comunque essere di buona qualità) somministrando però almeno un paio di volte alla settimana il congelato per avere una dieta bilanciata e il più varia possibile.

Tassonomia

Secondo l’ultima divisione in lineage/sublineage/group, fatta da Mike Wise con l’assistenza di Frank Hättich e Tom Christoffersen nel Novembre 2018, il gruppo dei trifasciata comprende due diverse specie.

All’interno del gruppo vi sono le seguenti specie:

  1. A. trifasciata, divisi a seconda della morfologia ovvero: A204, A205, A206, A. trifasciata “Maciliensis” (sprovvisto di codice DATZ);
  2. Apistogramma erythrura o A207 (ex sp. “Mamoré”) [2].

Ci sono tuttavia ancora dubbi, infatti sembrerebbe che l’A. trifasciata “Maciliensis” non sia altro che una diversa forma morfologica dell’Apistogramma trifasciata (e quindi che non esista un A. “Maciliensis”) e che l’A207 sia una specie a sé stante.

Le perplessità all’interno del gruppo sono causate dal fatto che A. trifasciata e A. “Maciliensis” abitino corsi d’acqua separati durante la stagione secca, ma che si uniscono quando i bacini esondano portando, quindi, le due specie ad incontrarsi.
Si è perciò ipotizzato che la discriminante morfologica, ovvero una banda laterale obliqua che parte dall’angolo dell’opercolo e raggiunge l’inizio della pinna anale, sia dovuta all’ambiente in cui questi pesci vivono.

Ordine: Perciformes
Famiglia: Cichlidae
Sottofamiglia: Geophaginae


Bibliografia

The Homepage of Martin and TomC

Apistogramma trifasciata su Fishbase

The Cichlidroom companion


[1] López-Fernández H, Winemiller KO, Montaña C, Honeycutt RL. (2012). Diet-Morphology Correlations in the Radiation of South American Geophagine Cichlids (Perciformes: Cichlidae: Cichlinae). PLoS ONE 7(4): e33997. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0033997

[2] Staeck, Wolfgang & Schindler, Ingo. (2008). Apistogramma erythrura sp. n. – a new geophagine dwarf cichlid (Teleostei: Perciformes: Cichlidae) from the río Mamoré drainage in Bolivia. Vertebrate Zoology. 58

Römer, U. (2001). Cichlid Atlas: Natural History of South American Dwarf Cichlids

Crediti

Alcune foto sono Gianluigi Paravisi, che ringraziamo per averci consentito di usarle; queste foto non possono essere riutilizzate senza il permesso dell’autore.

Mappa Rio de la Plata [modificata]: By Kmusser – Own work, Elevation data from SRTM, drainage basin from GTOPO [1], all other features from Vector Map., CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11713483

Mappa Rio delle Amazzoni [modificata]: By Kmusser – Own work using Digital Chart of the World and GTOPO data., CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4753209

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Apistogramma lineata | Biotopo e prime foto dal vivo! https://acquario.top/apistogramma-lineata-biotopo-prime-foto/ https://acquario.top/apistogramma-lineata-biotopo-prime-foto/#respond Thu, 07 Feb 2019 14:31:17 +0000 https://acquario.top/?p=3788 In questo breve report di Chris Englezou osserviamo un biotopo di Apistogramma lineata, una specie di ciclide nano scoperta e descritta poco meno di dieci anni fa. Ringraziamo Chris Englezou per questo suo lavoro e per averci consentito di tradurlo per il pubblico italiano! Apistogramma lineata | Biotopo e prime foto dal vivo! Siamo nel […]

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In questo breve report di Chris Englezou osserviamo un biotopo di Apistogramma lineata, una specie di ciclide nano scoperta e descritta poco meno di dieci anni fa.

Ringraziamo Chris Englezou per questo suo lavoro e per averci consentito di tradurlo per il pubblico italiano!


Apistogramma lineata | Biotopo e prime foto dal vivo!

Siamo nel medio-basso Rio Atabapo, in Colombia, di ritorno da alcuni giorni di viaggio ed esplorazione della parte alta del fiume Atacavi, in Venezuela.

Ci fermiamo per preparare il pranzo nei pressi della comunità Piroa nativa a Guallovan Vitina. In questo villaggio troviamo i soli nativi Piroa mentre, nel resto del corso del fiume, i nativi sono conosciuti come Kuripaco.

Vista sulle foreste inondate con le montagne all'orizzonte.
Vista dall’isola sulle foreste inondate con le montagne all’orizzonte.

Mentre gli altri si accomodano per mangiare, mi arrampico sull’isola di origine vulcanica dove abbiamo ancorato la barca e passo un po’ di tempo alla ricerca di movimenti nell’acqua.

Decido di proseguire e dare un’occhiata da vicino e finisco per passare quasi due ore immergendomi nelle acque basse. Il substrato di sabbia è nascosto vari metri più in basso, dove l’acqua è più profonda, mentre il fondo nell’acqua bassa dove mi sono spostato è composto da rocce granitiche con qualche piccolo deposito di foglie in decomposizione.

Dove l’acqua è più profonda possiamo vedere emergere le cime degli alberi e la superficie rocciosa dell’isola è ricca di grotte e insenature sparse sia sopra sia sotto il livello dell’acqua.

Isola Apistogramma lineataIn una di queste cavità, a meno di un metro di profondità e nascosto dietro a una foglia, ho trovato, inaspettatamente, un esemplare di Apistogramma lineata.
Il giovane Apistogramma all’inizio si era nascosto da me ma, dopo aver spostato delicatamente la foglia che forniva lui protezione, ha iniziato a guardarmi direttamente, quasi sorpreso del fatto che non avessi intenzioni predatorie, mostrandosi interessato.
È stato un momento speciale per me.

Il senso di fiducia e affetto espresso al pesce mi ha consentito di spingere l’esemplare dall’eccezionale colorazione rossa nel mio retino e scattare, quindi, quelle che sono le prime fotografie dal vivo di questa specie che siano mai state pubblicate.
Come ringraziamento per la sua fiducia, mi sono ripromesso di riposizionare il pesce esattamente nello stesso punto in cui l’ho trovato, prima di lasciare definitivamente il posto.

I parametri dell’acqua sono i seguenti: temperatura 29.5 °C, pH 4.29 e conducibilità elettrica 12 μS/cm.
Specie simpatriche [NdT: che vivono nella stessa zona] osservate includono Mesonauta egregius in piccoli gruppi da 3-7 esemplari, osservati in acque leggermente più profonde.

Apistogramma lineataQuesta è una nuova locazione per Apistogramma lineata in questo fiume e A. lineata è una specie descritta solo recentemente, nel 2011, da Mesa e Lasso [1].
Hanno descritto Apistogramma lineata dall’olotipo [NdT: l’esemplare specifico su cui si basa la descrizione] e da paratipo [NdT: un esemplare della serie tipo, escluso l’olotipo] provenienti da Gaza e Chaquita, approssimativamente a 12 km di distanza: ora possiamo aggiungere questa locazione alla lista.

Biotopo Apistogramma lineata
Biotopo di Apistogramma lineata nel basso fiume Atabapo a Gualloval Vitina.

Mesonauta egregius
Mesonauta egregius si può trovare nei stessi luoghi.


Articolo ed immagini: © Chris Englezou – cefishessentials.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Chris Englezou.

[1] NdT: Mesa S., L. M. y C. A. Lasso. 2011. III. Revisión del género Apistogramma Regan, 1913 (Perciformes, Cichlidae) en la cuenca del río Orinoco. Serie Editorial Recursos Hidrobiológicos y Pesqueros Continentales de Colombia. Instituto de Investigación de Recursos Biológicos Alexander von Humboldt. Bogotá, D. C., Colombia, 192 pp.

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Mikrogeophagus altispinosus https://acquario.top/mikrogeophagus-altispinosus/ https://acquario.top/mikrogeophagus-altispinosus/#respond Sat, 22 Dec 2018 10:22:32 +0000 https://acquario.top/?p=3046 Mikrogeophagus altispinosus è un ciclide nano diffuso principalmente nella parte boliviana del bacino del Rio delle Amazzoni. In passato, era stato identificato con Crenicara altispinosa e Papiliochromis altispinosus. Per quanto riguarda l’etimologia del nome, Mikro viene dal greco mikros, che significa piccolo mentre geophagus deriva dalle parole greche gea+phagein a significare che si nutre di […]

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Mikrogeophagus altispinosus è un ciclide nano diffuso principalmente nella parte boliviana del bacino del Rio delle Amazzoni.

In passato, era stato identificato con Crenicara altispinosa e Papiliochromis altispinosus.

Per quanto riguarda l’etimologia del nome, Mikro viene dal greco mikros, che significa piccolo mentre geophagus deriva dalle parole greche gea+phagein a significare che si nutre di terra.
Altispinosus, invece, deriva dal latino altus+spinosus, ovvero alto+appuntito, con riferimento alla caratteristica pinna dorsale.

Distribuzione in natura

Mikrogeophagus altispinosus è una specie endemica del bacino amazzonico.
Viene chiamato anche “ram boliviano” (in inglese ha anche altri nomi come “bolivian ram”, “Bolivian butterfly” o “ruby crown cichlid” [2]).
Si trova nell’area attorno al confine settentrionale della Bolivia, vicino al Brasile. In particolare, diversi esemplari sono stati trovati vicino all’immissione del Rio Mamoré sul Rio Madeira.

Area di maggior diffusione di Mikrogeophagus altispinosus.
Area di maggior diffusione di Mikrogeophagus altispinosus.

Habitat naturale

L’habitat preferito dai piccoli boliviani pare essere tra i ruscelli affluenti, le zone di esondazione e piccoli laghi che si formano attorno ai due fiumi citati sopra.

Il fondale è caratterizzato da substrati di sabbia e fango, dove il Mikrogeophagus passa la maggior parte del tempo.

Il colore dell’acqua è chiaro, a differenza di altri fiumi che meglio caratterizzano la fama del bacino amazzonico.
Diverse analisi di questi corsi d’acqua evidenziano una bassa concentrazione di tannini e, infatti, Rio Mamoré e Rio Madeira vengono classificati tra i fiumi di acqua chiara, o bianca, del complesso idrologico del Rio delle Amazzoni.
Per esempio, la visibilità del Madeira infatti non supera i 60 cm: per questo viene classificato come “bianco”. [1]

La conducibilità varia tra i 40 e i 140 μS/cm e il loro pH è quasi vicino al neutro.

Durante l’anno sono evidenziabili due stagioni: in una, durante i nostri mesi invernali, il livello dell’acqua è molto basso, e la conducibilità tende all’estremo superiore. Al contrario, nei mesi per noi estivi, il livello dell’acqua si alza, abbassando la conducibilità verso l’estremo basso[1].
I parametri dell’acqua durante l’anno cambiano abbastanza, almeno nei due fiumi principali. Gli effetti delle piene portano considerevole detrito, che andrà a formare il fondale caratteristico delle zone abitate dai bolivian ram.
Il DOC (Carbonio Organico Dissolto) si avvicina a una media di circa 270 mg/l, ma con varianza abbastanza elevata [3].

Descrizione di Mikrogeophagus altispinosus

Sono caratterizzati da colori meno sgargianti dei cugini dell’Orinoco (Mikrogeophagus ramirezi), tratto probabilmente derivante dalle acque più chiare che abitano.

Mikrogeophagus altispinosus.
Mikrogeophagus altispinosus.

Hanno una pinna caudale con le estremità leggermente allungate, la parte inferiore e superiore di essa è di un rimarcato colore rosa/fucsia.
Le pinne laterali sono leggermente inclinate verso l’alto, probabilmente per facilitare il nuoto vicino al substrato.
La dorsale è ben sviluppata, con circa 22 raggi, le prime tre punte sono caratterizzate da un colore nero verso la fine, mentre le altre terminano con un tocco di rosa.
La pinna anale e le pettorali sono rosa intenso, ma in base all’umore del pesce potrebbero cambiare.

Nel periodo riproduttivo sono uno sfoggio di colori e, in generale, se in condizioni idonee non hanno nulla da invidiare ai cugini più famosi.

Mikrogeophagus altispinosus
Mikrogeophagus altispinosus maschio in parata.

Mikrogeophagus altispinosus femmina
Mikrogeophagus altispinosus femmina.

Tuttavia, se tenuti male, non offriranno altro che colori spenti vicino al giallino, una riga nera poco rimarcata ed evidenti segni di stress.

Mikrogeophagus altispinosus.
Se tenuto nelle condizioni corrette, i colori possono essere fantastici.

Il corpo ricorda quello del ramirezi, ma è leggermente più tozzo, e l’aspetto complessivo appare più voluminoso.
Infatti raggiungono circa i 7 cm da adulti, col maschio leggermente più grande della femmina.

L’occhio è caratterizzato da una banda nera verticale, che prosegue sotto di esso, tipo tatuaggio bellico.
Sul muso presentano quattro recettori abbastanza visibili, poco sopra la bocca, che è rivolta verso il basso per facilitare il razzolamento del fondale.
Hanno una grossa macchia arancione poco sotto la bocca e che copre la parte inferiore delle branchie e l’attacco delle pinne pettorali, essa acquisisce un tono particolarmente intenso durante la riproduzione e la cura degli avannotti.

Dimorfismo sessuale

Durante il periodo non riproduttivo il sesso degli esemplari potrebbe essere difficile da contraddistinguere. Tuttavia, negli esemplari adulti, il maschio è leggermente più grande della femmina.
Le pinne del maschio sono solitamente più allungate, soprattutto la dorsale e la caudale.
Le pinne pettorali della femmina sono simili a dei triangoli con un angolo retto. Mentre quelle del maschio hanno l’angolo, opposto all’attaccatura, quasi ottuso.

Tutte le caratteristiche appena descritte potrebbero dipendere dall’esemplare in questione.
È quindi consigliabile sessarli durante il periodo riproduttivo, infatti la femmina mostrerà l’ovodepositore, che ha una caratteristica forma cilindrica tozza, mentre il maschio mostrerà una specie di cono.

Mikrogeophagus altispinosus maschio
Mikrogeophagus altispinosus maschio (notare il “cono”).

Comportamenti tipici

M. altispinosus è uno tra i pochi ciclidi nani ad essere gregario anche da adulto.
Osservare i ram boliviani significa vederli spesso sul fondo, essi infatti prendono un po’ di sabbia, la muovono setacciandola, e la risputano, in parte dalle branchie, in parte dalla bocca.

Quando non sono in periodo riproduttivo tendono a sopportare bene altri esemplari, è infatti interessante poter osservare lo stabilirsi di gerarchie all’interno del gruppo.
Ignorano pesci che vivono in zone diverse della colonna d’acqua, purché questi a loro volta ignorino i nostri piccoli bentofagi.

Riproduzione

Dopo una fase di corteggiamento, che potrebbe durare anche poche ore, la coppia trova un’area a essa gradita.
Questa è spesso caratterizzata da una buona circolazione dell’acqua, una zone difendibile da altri ospiti, nonché un riparo verso le acque aperte (per esempio all’ombra di un legno o vicino un gruppo di piante).
Cercano un sasso, un pezzo di legno o una superficie abbastanza piatta e isolata dal fondale circostante. Per qualche ora puliscono l’area di deposizione.
I miei esemplari hanno deposto sia sopra sassi piatti, sia sopra delle noci di cocco. Nel video seguente, si può vedere una loro deposizione.

Dalle uova, passano circa tre giorni fino alla schiusa. Dopodiché spostano le larve in delle buche appositamente scavate nella sabbia, fino a quando esse non termineranno le riserve del sacco vitellino, e saranno in grado di nuotare.

Avannotti di Mikrogeophagus altispinosus.
Avannotti di Mikrogeophagus altispinosus (foto di Riccardo).

A questo punto gli ormai avannotti inizieranno a muoversi attorno i genitori. In questo momento l’acquariofilo può iniziare ad alimentarli, consiglio di usare cibo di piccole dimensioni, quali naupli di artemia salina o microworms. Sembrano accettati anche cibi congelati, quali i cyclops o altri di piccole dimensioni.
La somministrazione del cibo deve essere piuttosto frequente, gli avannotti devono avere la pancia piena, del colore del nutrimento somministrato.

Mikrogeophagus altispinosus con avannotti.
Mikrogeophagus altispinosus con avannotti.

In circa un mese arrivano a una forma quasi completa, questo periodo dipende fortemente dalla temperatura e dalle condizioni chimiche dell’acqua; potrebbe quindi allungarsi di parecchio. Passato questo tempo i genitori solitamente interrompono le cure parentali, non più necessarie, e spesso si preparano per una nuova deposizione.

Avannotti di Mikrogeophagus altispinosus.
Avannotto di Mikrogeophagus altispinosus di circa un mese (foto di Riccardo).

Nel caso la riproduzione fallisca, in condizioni ideali non perderanno tempo, riprovandoci già dopo pochi giorni.

Comportamenti verso conspecifici e altri inquilini

Sono tra i ciclidi più tranquilli, tuttavia non vanno abbinati con pesci che occupano la stessa zona. Il fondo è l’unica porzione di acquario in cui stanno abitualmente.

Da evitare abbinamenti con altri ciclidi nani, a meno di vasche veramente grandi. Sono da evitare anche locaridi o Corydoras, in quanto occupano le stesse zone di nuoto, infastidendo i piccoli boliviani.
Io li tenevo con dei P. scalare e non c’erano grossi problemi, ma la vasca era troppo piccola per tenerli entrambi, non era infatti un abbinamento ideale: nelle riproduzioni lo stress era troppo elevato, impedendo alle stesse di essere portate a termine.

L’acquario per Mikrogeophagus altispinosus

Dimensioni dell’acquario

Consiglio di partire da una vasca con una base di 100×40 cm come limite inferiore. Essa potrà ospitare un piccolo gruppo di circa sei esemplari di Mikrogeophagus altispinosus.

Le misure invece minime per la sola coppia si aggirano attorno ai 60 cm per il lato lungo.
Sconsiglio però l’allevamento in vasche di così ridotte dimensioni, in quanto questi pesci tendono a razzolare molto sul fondo, e un’area più ampia non può che giovare loro, oltre al fatto che queste dimensioni precludono qualsiasi abbinamento e limitano l’allevamento alla sola coppia in monospecifico.
Potrei concepire una vasca di così piccole dimensioni solo per allevare una coppia di esemplari wild, in modo da avere maggiore sicurezza di successo riproduttivo.

Allestimento per Mikrogeophagus altispinosus

Il fondo deve essere di sabbia molto molto fine.
Fondi di ghiaino, anche di ridotte dimensioni, possono dare problemi all’alimentazione durante i giorni di ambientamento.

Se la vasca scelta è sufficientemente grande, è possibile giocare con il layout.
Consiglio quindi qualche legno, preferibilmente usando legni con punte fini e belli intrecciati, in modo da non occupare troppo lo spazio di fondo. Ad essi abbinerei delle rocce piatte e tonde, non di grosse dimensioni. Non so quanto i sassi siano diffusi nei fiumi abitati dagli altispinosa, ma sicuramente li troveranno una buona soluzione per deporre.

Mikrogeophagus altispinosus
Mikrogeophagus altispinosus nell’allestimento di Riccardo. Notare la sabbia sul fondo e le radici.

Nel caso si vogliano evitare le pietre, è possibile mettere qualche mezza noce di cocco. Non serve bucarla come si fa solitamente con altre specie di nani, in quanto deporranno sopra di essa e non dentro.

Consiglio il posizionamento di diverse noci o sassi, per lasciare libera scelta agli esemplari sul migliore spot di riproduzione.

Mi limiterei quindi a mettere sole piante galleggianti, magari con radici lunghe, quali Limnobium laevigatum o Pistia stratiotes. Esse aiuteranno la gestione dell’acquario, senza togliere spazio sul fondo.

Un effetto più da “zona di esondazione” invece si potrebbe ottenere da un fondo sempre sabbioso (lo richiede la specie ospitante), e delle piante emerse nel lato posteriore dell’acquario.
Qualche piantina immersa tra i legni, i soliti sassi o noci, e ampio spazio per lasciar ai nostri amati mangia-fondo la libertà di comportarsi naturalmente.

Nel caso si opti per un acquario aperto consiglio di lasciare un buon bordo senz’acqua.
Tutti i pesci potrebbero saltare, e ospitando un gruppo di ciclidi, non vorrei mai che una lite costringesse il sottomesso a cercare una fuga disperata.

Non hanno paura di una buona illuminazione, purché il fondo abbia sufficienti zone d’ombra. Nel caso in cui la luce sia forte, consiglio comunque di utilizzare una centralina per l’alba e tramonto, in quanto l’accensione istantanea dell’impianto potrebbe spaventare eccessivamente i pesci.

Coinquilini per Mikrogeophagus altispinosus

Possiamo abbinare un piccolo gruppo di Carnegiella strigata oppure di Nannostomus trifasciatus, che non dovrebbero predare gli avannotti.

Forse è possibile la convivenza con qualche grande ciclide: immagino che in una vasca di sufficienti dimensioni (sopra il metro e mezzo di lato lungo e con una colonna sufficiente), sia possibile tenere anche un gruppo di P. scalare. Sconsiglio invece discus e affini, in quanto necessitano di temperature più alte dei M. altispinosus.

Ad ogni modo, essendo una specie un po’ particolare, che si presta molto bene ad essere allevata in allestimenti diversi dal “classico monospecifico per singola coppia”, tipico degli Apistogramma, gli eventuali coinquilini andrebbero discussi caso per caso.
A tale proposito si consiglia un salto nel forum dove io e gli altri utenti (con esperienza diretta con questa specie) saremo ben contenti di dare una mano.

Parametri dell’acqua

L’acqua ideale per i ram boliviani deve essere molto tenera, con durezze dell’ordine delle poche unità (consiglierei di stare attorno a KH 1 dKH e GH 2 o 3 dGH).

La conducibilità rimarrà bassa, attorno al centinaio di microsiemens/centimetro.
Non hanno grossi problemi nel caso questa si aggiri attorno ai 200 μS/cm, tuttavia non supererei questo valore.

Il pH per loro deve aggirarsi attorno al 6, ci si può avvicinare al 6.5, ma per fini di riproduzione non andrei oltre. Non è necessario portare il pH più in basso di 6, nemmeno nel periodo riproduttivo, infatti come evidenziato sopra, anche in natura il pH in cui vivono è vicino al neutro.

Possiamo affermare, che per esemplari non wild, se assicuriamo una conducibilità bassa, delle durezze basse, e un buon ricambio d’acqua, il pH può non dare problemi, infatti esso stesso tenderà col tempo a stabilizzarsi poco sotto il neutro.

Come tutti i ciclidi nani sono sensibili agli inquinanti, i nitrati ad esempio non dovrebbero mai superare i 10 mg/l per periodi prolungati. Sarebbe preferibile quindi evitare fertilizzazioni troppo spinte.
Vanno inoltre cadenzati bene i cambi d’acqua, sia per aiutare a mantenere nitrati e fosfati bassi, sia per assicurare il ricambio costante d’acqua che hanno anche in natura.
Per stimolare la riproduzione è possibile fare qualche cambio di piccola entità con sola acqua d’osmosi, così da simulare le piogge.

La bassa sopportazione ad inquinanti, e la necessità di spazio sul fondo, li rende esemplari poco adatti per essere inseriti in acquari olandesi, o acquari dove le piante hanno priorità.
Esse infatti, nell’acquario dei ciclidi, devono essere un aiuto di gestione, e non parametro di decisione. Sconsiglio quindi qualsiasi tipo di fertilizzazione.

Temperatura

La temperatura dell’acqua varia durante l’anno.
Sotto i 22 °C iniziano a soffrire, e diventano apatici. Consiglio di configurare il riscaldatore a 23 °C, sarà la temperatura stessa ad alzarsi naturalmente durante il periodo estivo.
Essa però non dovrebbe mai superare i 30 °C per periodi prolungati, infatti i nostri boliviani stanno a temperature leggermente più basse dei loro cugini, senza mai incontrare più di 28 °C nei loro fiumi.
Dall’esperienza di altri membri del forum, mi viene anche segnalato che superati i 30 °C tendono ad interrompere le riproduzioni.

Sempre da esperienze di altri utenti, riporto che esemplari commerciali hanno superato indenni la torrida estate 2017 (sopportando temperature superiori ai 30 °C per alcune settimane).
Non si tratta certo di una situazione ideale ma lascia intendere che su buona parte del territorio nazionale è possibile allevarli senza l’ausilio di ventole o refrigeratori.
Non mi sento di assicurarlo per gli esemplari wild, che potrebbero dimostrarsi più delicati in questo senso.

Ambientamento

Vorrei spendere un paragrafo sull’ambientamento.
Esso infatti è parte delicata dell’allevamento dei ciclidi nani. Infatti i nostri pesci preferiti vivono spesso a valori di durezze bassi in natura.

Il corretto allevamento ci suggerisce quindi di cercare di imitare quei valori. Però nei negozi vengono spesso tenuti in acqua di rubinetto con valori non meglio specificati.
Consiglio quindi l’allestimento di una piccola vasca di quarantena, in cui i valori siano meno estremi, e vicini ai valori del “sacchetto”. In questa vasca monitoreremo la salute dei pesci per qualche giorno, poi facendo cambi settimanali, abbasseremo i valori fino a portarli a quelli desiderati.

Mikrogeophagus altispinosus
Mikrogeophagus altispinosus (femmina).

Una volta arrivati a dei valori simili a quelli dell’acquario che li ospiterà, potremo pescarli e metterli delicatamente in uno o più sacchetti con l’acqua della quarantena. Possiamo benissimo conservare i sacchetti dati dal negozio al momento dell’acquisto per riutilizzarli in casi come questo.

Procediamo quindi ad ambientarli: io per esempio uso un tubicino da aeratore con un nodo, che per qualche ora verserà l’acqua dell’acquario nel sacchetto goccia dopo goccia (il nodo serve a regolare la velocità delle gocce).
Quando il sacchetto si riempie troppo, svuoto un po’ di acqua senza rimetterla in acquario (green tip: date l’acqua scartata alle piante da appartamento, spesso gradiscono l’acqua morbida).
In inverno, per tenere la temperatura dei sacchetti costante, uso un secchiello pieno d’acqua, con un riscaldatore all’interno, quest’acqua avrà la temperatura dell’acquario, e scalderà i sacchetti che verranno fissati al bordo del secchiello.

Alimentazione

Superato il periodo di ambientamento, gli esemplari non wild accettano anche cibo secco. Consiglio di fornire loro cibo congelato almeno una volta a settimana.
Gli altri giorni possiamo alternare cibi secchi di alta qualità, per esempio io mi trovo bene con i Tropical della linea Soft Line, oppure con i NorthFin.

La loro dieta in natura non è prettamente proteica, consiglio infatti di alternare del cibo ricco di vegetali, per esempio delle pastiglie per pesci da fondo vegetariani.

Tassonomia

Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Actinopterygii
Ordine Perciformes
Famiglia Cichlidae
Genere Mikrogeophagus
Specie altispinosus

 

Mikrogeophagus altispinosus
Piccolo Mikrogeophagus altispinosus che vi saluta e vi ricorda di portare le vostre esperienze o le vostre domande nel forum 🙂

Desidero, infine, ringraziare Riccardo Trevisanato per i consigli e i suggerimenti per la stesura di questa scheda, grazie anche alla sua esperienza diretta di allevamento della specie.


Bibliografia

[1] E. A. Ríos-Villamizar1, M. T. F. Piedade, J. G. Da Costa, J. M. Adeney & W. J. Junk. (2014). Chemistry of different Amazonian water types for river classification: a preliminary review

[2] Wikipedia, Mikrogeophagus altispinosus

[3] Leite, Nei & V. Krusche, Alex & Ballester, M.V.R & Victoria, Reynaldo & E. Richey, Jeffrey & M. Gomes, Beatriz. (2011). Intra and interannual variability in the Madeira River water chemistry and sediment load. Biogeochemistry. 105. 37-51. 10.1007/s10533-010-9568-5

[4] SeriouslyFish, Mikrogeophagus altispinosus

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