Piante Archivi · Acquario.top https://acquario.top/piante-acquario/ La Scienza in Acquario. Mon, 04 Jan 2021 10:03:36 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 Proserpinaca palustris https://acquario.top/proserpinaca-palustris/ https://acquario.top/proserpinaca-palustris/#respond Sun, 03 Jan 2021 23:01:59 +0000 https://acquario.top/?p=4402 In questa scheda vedremo insieme Proserpinaca palustris, una pianta d’acquario dalle caratteristiche molto eterogenee, quali un colore che può passare dal verde al rosso-violaceo e una forma delle foglie estremamente variabile. Descrizione di Proserpinaca palustris Proserpinaca palustris è una pianta della famiglia delle Halerogaceae, a cui appartengono numerose piante acquatiche tra cui i Myriophyllum, probabilmente […]

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In questa scheda vedremo insieme Proserpinaca palustris, una pianta d’acquario dalle caratteristiche molto eterogenee, quali un colore che può passare dal verde al rosso-violaceo e una forma delle foglie estremamente variabile.

Descrizione di Proserpinaca palustris

Proserpinaca palustris è una pianta della famiglia delle Halerogaceae, a cui appartengono numerose piante acquatiche tra cui i Myriophyllum, probabilmente più noti in acquariofilia (e con i quali era inizialmente stata inclusa e scambiata).
Questa famiglia comprende anche alcuni piccoli alberi; le piante appartenenti a questa famiglia sono generalmente perenni anche se alcune specie sono annuali.

Esistono diverse specie e varietà di Proserpinaca, principalmente diffuse nella parte orientale del Nord America, nel Centro America e, in misura inferiore, nel Sud America[1]. La differenza principale fra le specie è nella forma e nelle dimensioni dei frutti.

La più diffusa in acquariofilia europea è una Proserpinaca palustris proveniente da Cuba, apparentemente introdotta nel commercio dall’azienda Tropica; di solito la si può trovare indicata come Proserpinaca palustris ‘Cuba’.

Nel seguito della scheda mi riferirò, per semplicità, genericamente a Proserpinaca palustris.

Habitat di Proserpinaca palustris

La pianta si può rinvenire principalmente in paludi, stagni, lanche e canali secondari, quindi ambienti dove l’acqua è stagnante o a lento scorrimento.

Dare valori univoci delle acque in cui cresce Proserpinaca palustris non è facile, dati gli habitat piuttosto estesi, tuttavia in generale si tratta di acque con durezze di almeno tre/quattro punti e pH superiori al 6.5, raggiungendo anche valori attorno all’8.

Diffusione principale di Proserpinaca palustris
Principali habitat di Proserpinaca palustris [2]

Il nome

Proserpinaca deriva dal verbo latino proserpo (is, ere), che significa “strisciare avanzando” mentre palustris rimanda agli habitat in cui questa pianta cresce abitualmente, ovvero luoghi umidi e palustri.

In inglese, Proserpinaca palustris ha come nome comune marsh mermaidweed o common mermaidweed, mentre in italiano non ha nome comune e viene perciò chiamata con il nome scientifico (o semplicemente “Proserpinaca”).

Descrizione di Proserpinaca palustris

È una pianta acquatica a stelo, il quale è solitamente sottile (circa 3-5 mm di diametro) ma che può irrobustirsi e diventare quasi legnoso nella parte bassa. Lo stelo è glabro e ad ogni nodo possono generarsi nuovi getti o radici.
Le foglie sono decussate, ovvero le foglie di ogni nodo sono ruotate ad angolo retto rispetto alle foglie dei nodi adiacenti, come si può vedere in questa foto che mostra esemplari in crescita emersa:

Proserpinaca
Proserpinaca in forma emersa

La forma delle foglie è estremamente variabile, potendo passare da foglia ellittica serrata a forma altamente segmentata (quasi aghiforme): il fenomeno per cui sulla stessa pianta si hanno foglie di forma diversa si chiama eterofillia.
Questa variabilità è così interessante che abbiamo deciso di dedicarle una sezione dedicata a fine articolo, deviando dalla classica struttura delle schede sulle piante del sito.

Per quanto riguarda invece il colore, può variare dal verde, al giallo, fino al rosso violaceo; questo in generale dipende da fattori quali illuminazione, fertilizzazione e valori dell’acqua.

La crescita è sostanzialmente verticale nella fase sommersa mentre, quando avviene l’emersione, può crescere anche parallelamente al livello dell’acqua, mantenendo sempre la sommità verticale e rialzata. Nel complesso può raggiungere lunghezze anche di due metri e altezze in emersione di quaranta centimetri circa.

Quando emersa, può produrre fiori e frutti, piuttosto piccoli (sotto ai due millimetri di diametro). La produzione di frutti avviene nel periodo estivo, indicativamente tra giugno e ottobre nell’emisfero settentrionale.

Coltivazione di Proserpinaca palustris

Rispetto a qualche anno fa, trovare in commercio Proserpinaca palustris è molto più facile, essendo disponibili anche varie proposte da coltivazione in vitro a prezzo del tutto accessibile. Oltre a questo tipo di offerta, vengono normalmente venduti anche steli da coltivazione emersa e, ovviamente, non mancano le potature scambiate fra acquariofili. Per cui, per procurarsela, non è più necessario fare lunghe e costose cacce alla pianta!

Vediamo quindi come coltivarla.

Crescita e propagazione

Quale che sia la forma in cui ci viene data la pianta, è sufficiente inserire lo stelo nel substrato, eventualmente accorciandolo se è troppo alto (una decina di centimetri totali va bene).

Lo stelo, una volta ambientato, inizierà a crescere, emettendo radici, producendo nuove foglie e, probabilmente, perdendo quelle vecchie.
I tempi di ambientamento possono essere variabili e probabilmente saranno più lunghi per piante da coltivazione emersa e per quelle da coltivazione in vitro.

Una volta che lo stelo si è sufficientemente irrobustito, si può tagliare via la parte vecchia e tenere solo la parte cresciuta nel nostro acquario, semplicemente ripiantandola.
Se si vuole riprodurre la pianta, invece, dopo aver rimosso e ripiantato la parte alta dello stelo, è sufficiente tenere piantata anche la parte bassa: dopo qualche tempo, quest’ultima produrrà uno o più getti laterali, dai quali potremo ottenere ulteriori steli.

Fattori per la crescita

In base all’aspetto che vogliamo far ottenere alla pianta, è necessario regolare il livello di cure da dedicare a essa, ricordando che a una certa fertilizzazione vanno associate anche appropriata illuminazione e valori dell’acqua, come ci ricorda la Legge del Minimo.

Senza particolare fertilizzazione e con luce debole, Proserpinaca sarà molto probabilmente con foglie verdognole o al più giallognole nella parte alta, con una crescita piuttosto lenta e un aspetto che potrebbe lasciare indifferenti, come in questa foto:

Proserpinaca verdeAumentando invece illuminazione e fertilizzazione, si possono invece ottenere steli dal colore arancione-rosso piuttosto vivo:

Proserpinaca rossa

pH e durezze

In generale, essendo una pianta che può emergere, beneficia di erogazione di anidride carbonica: una pianta emersa ha accesso agevole al carbonio presente nell’atmosfera mentre nell’acqua la quantità di carbonio disciolto è minore e limitata. Non è tuttavia una pianta che adora pH bassi, crescendo in natura in ambienti con pH al più poco sotto la neutralità (pH tra 6.5 e 7), quindi occorre regolare l’erogazione di conseguenza.

Per quanto riguarda le durezze, non dovrebbero essere troppo basse: indicativamente mirerei a valori di 4-6 punti per ciascuna durezza. Questi valori aiuteranno anche a contenere il calo di pH dato dall’erogazione di CO2.

Rimane comunque possibile coltivarla senza erogazione artificiale, purché si mantengano gli altri fattori (luce, fertilizzanti) proporzionati.

Fertilizzazione

La fertilizzazione, invece, dovrà essere proporzionata alla quantità di luce e di anidride carbonica erogata o meno.
Una fertilizzazione completa è fondamentale mentre non è necessario esagerare con le quantità di concimi, in particolare per quanto riguarda i macroelementi. Notevoli quantità di azoto o fosforo, ad esempio, non solo sono dannosi per i pesci e le piante ma possono anche risultare controproducenti per lo sviluppo di colorazioni rosse nelle piante.

Paradossalmente, un’assenza di fertilizzazione – dove la pianta è nutrita solo dagli elementi portati dai cambi d’acqua e dagli alimenti dei pesci – potrebbe dare comunque buoni risultati, se unita a una proporzionata illuminazione.

Limitando, infatti, la somministrazione di elementi nutritivi, avremo una crescita più lenta delle piante e questo ci consentirà di seguirne meglio lo sviluppo e correggere i parametri ove necessario.

Posizione

Essendo una pianta a stelo che può raggiungere la superficie con facilità, è consigliabile un posizionamento nella parte posteriore, in modo da non nascondere o ombreggiare altre piante, magari più basse o più lente nella crescita.

È anche una buona pianta per creare un punto focale, grazie a colore a forma molto particolare: penso ad esempio ad un gruppetto di steli con le cime rosse in mezzo a piante di colore verde.

Proserpinaca palustris
Alcuni steli sullo sfondo

Forma delle foglie di Proserpinaca palustris

L’eterofillia è quel fenomeno per cui si hanno, sulla stessa pianta e talvolta sullo stesso stelo, foglie di forma diversa. Proserpinaca palustris è una specie in cui questa varietà nella forma delle foglie può essere molto marcata e ciò ha attratto l’attenzione dei botanici da tempo.

Nel 1902, ad esempio, abbiamo un articolo di William B. McCallum[3], seguito, due anni dopo, da uno di George P. Burns[4]. Seguono poi due articoli degli anni Sessanta, il primo da parte di Graham J. Davis[5] e il secondo da Barbara L. Smith[6], giusto per citare alcuni lavori sull’argomento.

Riassumo brevemente i risultati trovati, che ci consentono di determinare in base a quali fattori cambia la forma delle foglie di questa pianta.

Foglie emerse e foglie sommerse

Proserpinaca palustris può produrre sostanzialmente due tipi di foglie:

  1. foglie con il bordo lanceolato e con margini serrati; queste foglie sono tipiche della crescita emersa;
  2. foglie altamente segmentate, quasi aghiformi; queste foglie sono tipiche della crescita sommersa.

Questi due tipi sono “estremi”, nel senso che possono essere possibili anche forme intermedie.

I fattori che possono influenzare la crescita di un tipo di foglia rispetto all’altro sono risultati essere principalmente i seguenti:

  • ambiente emerso o sommerso
  • fotoperiodo
  • intensità luminosa
  • temperatura

Vediamoli!

Ambiente emerso o sommerso

Come si può intuire, lo sviluppo di foglie dentro o fuori dall’acqua influenza direttamente la crescita di uno o dell’altro tipo di foglia.

È stato osservato che il passaggio completo da forma emersa a sommersa richiede circa due settimane con una produzione da 10 a 20 foglie circa durante la transizione, a seconda della presenza di un fotoperiodo più o meno lungo, rispettivamente.

Fotoperiodo

Il fotoperiodo, ovvero la durata della luce giornaliera, influenza principalmente la forma delle foglie emerse.

In particolare, le foglie emerse con un fotoperiodo di 16 ore porta alla produzione di foglie con margini serrati mentre un fotoperiodo di 8 ore porta alla produzione di foglie altamente segmentate.

Scambiando i fotoperiodi, si è osservato che il “cambio di forma” richiede:

  • circa sei settimane e 30 foglie in media per le piante spostate da fotoperiodo corto a lungo;
  • circa quattro settimane e 10 foglie intermedie per le piante spostate da fotoperiodo lungo a corto.

Si è osservato, inoltre, che per le piante completamente sommerse non sono così grandemente influenzate dalla durata del fotoperiodo anche se un fotoperiodo più lungo aiuta ad avere foglie più ampie/meno segmentate.

In entrambi i casi (parti sommerse ed emerse), la durata del fotoperiodo influenza la lunghezza degli internodi e, in particolare, per le piante sommerse un lungo fotoperiodo porta ad avere internodi più corti e una crescita parallela al pelo dell’acqua, quando raggiunto.

Intensità luminosa

Lunghi fotoperiodi uniti a elevata intensità luminosa (circa 97000 lumen/m2 ovvero intensità costante come fosse piena luce del Sole di mezzogiorno) portano allo sviluppo di foglie serrate anche in piante sommerse.

L’intensità luminosa non sembra avere effetti sulla forma delle foglie durante la crescita emersa anche se le foglie tendono a essere più larghe in caso di bassa intensità luminosa.

Temperatura

La crescita sommersa passa da segmentata a serrata se la temperatura dell’acqua supera i 29 °C; oltre a questo, gli internodi si allungano con l’aumento della temperatura.

Altri fattori

Da quanto indagato, non sembrano state trovate chiare dipendenze nella forma delle foglie rispetto ad altri valori dell’acqua, quali pH o sali disciolti. Ad esempio, sono state ripetute prove in parallelo in acqua distillata e in acqua concimata e i risultati sono stati i medesimi.

Meccanismi di cambio della forma delle foglie

In alcuni degli articoli precedentemente citati, dai quali sono stati ricavati i risultati riassunti, e in un altro dedicato all’argomento[7], sono spiegati i meccanismi interni alla pianta che portano al cambio di forma delle foglie in risposta ai fattori esterni.

Si tratta di dettagli che possono non interessare all’acquariofilo, per cui non entro nei particolari. Lascio comunque tutti gli articoli nella Bibliografia a fondo scheda così chi è interessato può andare ad approfondire.

Forma delle foglie in acquario di Proserpinaca palustris

In acquario, da quanto visto, la forma delle foglie può dipendere principalmente da durata del fotoperiodo e intensità luminosa. Pur non potendo raggiungere i livelli della luce del Sole (si tratterebbe, a spanne, di 500 W di LED  ad altissima efficienza concentrati su un acquario di medie dimensioni), l’influenza certamente c’è.

Quindi fotoperiodi lunghi abbinati a buone intensità luminose possono portare allo sviluppo di foglie serrate, mentre fotoperiodi più brevi e minori intensità luminose possono portare a foglie più segmentate.

Per dare un’esempio, nella foto seguente, abbiamo una Proserpinaca cresciuta con fotoperiodo breve (circa 8 ore a piena potenza) e intensità luminosa media (secondo i miei calcoli, sempre a spanne, era sui 25000 lumen/m2, quindi un quarto circa dell’intensità piena del Sole e degli esperimenti citati in precedenza).

ProserpinacaPossiamo vedere che le foglie sono abbastanza segmentate ma non tanto da essere praticamente aghiformi: il che torna con gli esperimenti e gli articoli, poiché il fotoperiodo è breve (=foglie segmentate) ma la luce è mediamente intensa (=foglie serrate).

Ovviamente, se anche voi avete delle Proserpinaca, proviamo a vedere la forma delle foglie per cercare conferme (o eccezioni) a quanto trovato: ne possiamo parlare direttamente nel forum!

Conclusione

Proserpinaca palustris è una pianta per acquario dall’aspetto variabile e, in base a come la coltiviamo, può avere anche colori diversi. Ultimamente risulta abbastanza facile trovarla e la coltivazione risulta relativamente semplice.

La pianta è robusta e dunque si possono fare alcuni tentativi di miglioramento della coltivazione, se necessari, senza rischio di perdere la pianta (ma facendo sempre attenzione alle esigenze degli altri ospiti dell’acquario).

La forma delle foglie è altamente variabile e abbiamo mostrato alcuni studi che hanno individuato i fattori maggiormente influenti, che ci consentono di ignorare fattori che invece hanno poca influenza.

Buona coltivazione!


Bibliografia e Crediti

Foto pianta in fiore: By Robert H. Mohlenbrock. USDA SCS. 1989. Midwest wetland flora: Field office illustrated guide to plant species. Midwest National Technical Center, Lincoln. Courtesy of USDA NRCS Wetland Science Institute. – USDA-NRCS PLANTS Database / USDA SCS. 1989. Midwest wetland flora: Field office illustrated guide to plant species. Midwest National Technical Center, Lincoln., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=21959557

Foto pianta emersa: By Michael Ellis – https://www.inaturalist.org/observations/13315125, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=73145511

[1] Catling, P. (1998). A Synopsis of the Genus Proserpinaca in the Southeastern United States. Castanea, 63(4), 408-414. Retrieved November 13, 2020, from http://www.jstor.org/stable/4033995
[2] Planisfero di pubblico dominio con dati da Chen, L. et al. (2014), Hystorical biogeography of Haloragaceae: An out-of-Australia hypothesis with multiple intercontinental dispersals. doi:10.1016/y.mpev.2014.04.030
[3] McCallum, W. B. (1902). On the nature of the stimulus causing the change of form and structure in Proserpinaca palustris. Botanical Gazette, 34(2), 93-108.
[4] Burns, G. P. (1904). Heterophylly in Proserpinaca palustris, L. Annals of Botany, 18(72), 579-587.
[5] Davis, G. J. (1967). Proserpinaca: photoperiodic and chemical differentiation of leaf development and flowering. Plant physiology, 42(5), 667-668.
[6] Schmidt, B. L., & Millington, W. F. (1968). Regulation of leaf shape in Proserpinaca palustris. Bulletin of the Torrey Botanical Club, 264-286.
[7] Kane, M. E., & Albert, L. S. (1987). Integrative regulation of leaf morphogenesis by gibberellic and abscisic acids in the aquatic angiosperm Proserpinaca palustris L. Aquatic botany, 28(1), 89-96.

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Spiranthes cernua – Spiranthes odorata https://acquario.top/spiranthes-cernua-odorata/ https://acquario.top/spiranthes-cernua-odorata/#respond Fri, 26 Oct 2018 15:30:16 +0000 https://acquario.top/?p=2349 Le piante del genere Spiranthes fanno parte della famiglia delle Orchidaceae, tuttavia sono differenti dalle orchidee comunemente in commercio, tanto che a prima vista non sembrano proprio orchidee. In questa scheda parlerò della mia esperienza di coltivazione in acquario (e in vaso) di una specie di Spiranthes, Spiranthes cernua. Spiranthes cernua è nota anche come […]

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Le piante del genere Spiranthes fanno parte della famiglia delle Orchidaceae, tuttavia sono differenti dalle orchidee comunemente in commercio, tanto che a prima vista non sembrano proprio orchidee.

In questa scheda parlerò della mia esperienza di coltivazione in acquario (e in vaso) di una specie di Spiranthes, Spiranthes cernua.

Fiori della Spiranthes cernua.
Fiori della Spiranthes cernua.

Spiranthes cernua è nota anche come Spiranthes odorata o Spiranthes cernua “Odorata” o Neottia odorata.
Queste diciture sono quindi sinonimi e identificano la stessa pianta.

Descrizione di Spiranthes cernua

Spiranthes cernua è una pianta del genere Spiranthes, facente parte, come abbiamo visto, della stessa famiglia delle orchidee (Orchidaceae).

È una pianta il cui habitat naturale va dal Canada orientale agli Stati Uniti centrali, più o meno nell’area compresa fra Texas e Quebec.

Area di diffusione di Spiranthes cernua in natura.
Area di diffusione di Spiranthes cernua in natura.

È un’orchidea che vive in aree umide, alta circa 15-20 cm, con radici carnose e spesse. Ha una rosetta di 4-6 foglie, molto sottili e lunghe anche fino a 30 centimetri.

Emette un peduncolo alto fino ad 80 cm, con 5-8 foglie, con all’estremità una spada con 20-35 fiori bianchi variamente allineati a spirale o verticalmente.

Etimologia del nome

Il suo nome comune in inglese è Nodding Ladies’ Tresses (Ciocche di dame che annuiscono); in italiano, invece, il genere Spiranthes è chiamato comunemente Viticcino.

L’etimologia del nome è la seguente: Spiranthes da spira (= filo avvolto) + anthos (= fiore), cernua da cernuus (= chino).

La variante del nome Odorata, invece, indica che i fiori della pianta hanno un buon profumo. Purtroppo alcuni esemplari in commercio sono poco o nulla profumati.

Coltivazione di Spiranthes cernua

Spiranthes cernua può essere tenuta permanentemente sommersa oppure fatta crescere con la sola parte radicale in acqua.

Se tenuta completamente sommersa, la pianta formerà poche foglie, per cui se ne possono mettere più d’una per ottenere un gradevole effetto decorativo.

Nel mio caso, invece, ho deciso di tentare di coltivarla emersa, tenendo solo le radici in acqua. In questo caso, ho fissato la pianta al vetro, lasciando le radici visibili e lasciando le foglie emerse.

Se la pianta trova le condizioni giuste, inizia a formare una lunga spada alla cui estremità si sviluppa una serie di bellissimi fiori bianchi disposti a spirale o su linee verticali.

Dettaglio dei fiori di Spiranthes cernua.
Dettaglio dei fiori di Spiranthes cernua.

Per questi motivi, può essere coltivata non solo in acquario ma anche in terrari (purché umidi), paludari, laghetti e vasi con acqua e un po’ di fondo.

Fertilizzazione

Non si tratta di una pianta esigente, tuttavia, se emersa, cresce piuttosto rapidamente, non avendo alcuna limitazione per quanto riguarda il carbonio (da emersa, lo può prelevare dall’atmosfera).

Diciamo che, se si tengono piante non difficilissime, la fertilizzazione per queste sarà sufficiente anche per la Spiranthes.

Per quanto riguarda i valori dell’acqua, non mi sembra particolarmente delicata.
Richiede però luce, anche per stimolare la fioritura, che avviene solitamente dopo l’estate, quando le temperature diminuiscono verso i 22-24 °C (la mia sta fiorendo proprio ora, avendo iniziato a metà settembre circa).

Crescita e propagazione

Per quanto riguarda la crescita, è una pianta abbastanza rapida, se emersa.

Non va assolutamente potata né vanno tagliate le radici, poiché dalle punte o dalle basi delle radici possono svilupparsi delle gemme da cui nascono nuove piantine. Le piantine si formano anche se la pianta non è riuscita a fiorire, dunque mai potare o tagliare nulla!

La pianta “principale”, invece, solitamente deperisce o muore dopo la fioritura.

Posizione

Se tenuta sommersa, può essere posizionata più o meno ovunque, tanto non è una pianta che raggiunge notevoli dimensioni (al massimo 5-6 foglie).

Se lasciata emersa, può diventare parecchio alta: la pianta in fiore può raggiungere tranquillamente i 60-80 cm di altezza complessiva.

Se la si vuole coltivare in acquario, lasciandola fiorire, è pressoché obbligatorio avere un acquario aperto (o comunque senza copertura dove c’è la pianta).
Tuttavia, in questo caso, bisogna illuminare bene la pianta, altrimenti lo sviluppo dei fiori rallenta, fino a bloccarsi.

Per questo motivo, non riuscendo a illuminarla bene, essendo i fiori troppo in alto rispetto alla plafoniera, ho dovuto spostare la pianta dall’acquario e posizionarla in un vaso contenente un po’ di ghiaino sul fondo e acqua. Il vaso è poggiato a terra, a fianco dell’acquario (ma non è rilevante).

Per la fertilizzazione in vaso, prelevo ogni tanto dell’acqua dall’acquario, che uso come concime, e la sostituisco a quella nel vaso. Per l’illuminazione, invece, ho usato una lampada a pinza, posizionata sopra la pianta e agganciata al supporto dell’acquario.

Illuminazione Spiranthes
Per illuminare la pianta ho usato una comune lampada a pinza da neanche 10 euro, con 3 watt di LED bianchi. È stata sufficiente per la fioritura, ma la lampada è molto vicina ai fiori. Se la lampada è più lontana, ne serve una più potente.

È quindi più agevole coltivarla in vaso e, sicuramente, in terrari e paludari, rispetto all’acquario (chiuso). Basta garantire che le radici siano sempre o umide o sommerse e che ci sia adeguata luce sopra la pianta.

Per aiutarla a crescere dritta, può essere utile usare un bastoncino come tutore.
Ma si può tranquillamente lasciar crescere come vuole: tenderà a piegarsi verso la luce, per cui se la luce è sufficiente e dall’alto, la pianta cresce abbastanza dritta.

Se tenuta all’esterno, non va esposta in pieno sole (mezz’ombra va bene). È abbastanza tollerante per quanto riguarda le temperature (fino a -20 °C circa, d’altronde viene dal Canada).

Conclusione

Si tratta di una pianta particolare, che quasi nessuno definirebbe un’orchidea. O, quantomeno, è diversa dalle solite orchidee che si trovano quasi ovunque.

Spiranthes vista dall'alto.
Spiranthes vista dall’alto.

Non è di difficile reperibilità, si trova anche online a costi relativamente modesti (più o meno come una comune orchidea).

Spirantes cernua è una pianta piuttosto resistente, non molto esigente. Se lasciata fiorire, è sicuramente qualcosa di particolare e poco visto nell’ambito acquariofilo.

È un’ottima soluzione anche per laghetti, terrari e paludari e – perché no? – per micro-acquari in vaso.

Spiranthes in vaso
In questa foto si vede il vaso-acquario in cui è tenuta, oltre ai mezzi da usare quando sei povero e devi fotografare una pianta.

Come al solito, se avete esperienze di coltivazione di questa o altre varietà di Spiranthes e volete discuterne, ricordiamo che è attivo il nuovo forum. Vi aspettiamo!


Bibliografia

Kasselmann C. Aquarium Plants, Krieger Publishing Company, Malabar, Florida, 2003.

Crediti

Mappa diffusione: ©OpenStreetMap contributors, Open Database License. Tavole sotto licenza CC BY-SA 2.0 rielaborata con dati da USDA, NRCS. 2018. The PLANTS Database (http://plants.usda.gov, 26 October 2018). National Plant Data Team, Greensboro, NC 27401-4901 USA.

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Protocollo Seachem – Guida https://acquario.top/protocollo-seachem-acquario/ https://acquario.top/protocollo-seachem-acquario/#respond Fri, 19 Oct 2018 16:30:59 +0000 https://acquario.top/?p=2246 Il protocollo Seachem è uno dei più conosciuti set di fertilizzanti per acquario. È famoso principalmente per due motivi: è un protocollo ad elementi separati e non usa chelanti forti per i microelementi. Iniziamo subito con la descrizione dei componenti del protocollo, dopo la quale, invece, vedremo un po’ come va usato. Protocollo di fertilizzazione […]

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Il protocollo Seachem è uno dei più conosciuti set di fertilizzanti per acquario.

È famoso principalmente per due motivi: è un protocollo ad elementi separati e non usa chelanti forti per i microelementi.

Iniziamo subito con la descrizione dei componenti del protocollo, dopo la quale, invece, vedremo un po’ come va usato.

Protocollo di fertilizzazione Seachem – Componenti

Il protocollo Seachem prevede una suddivisione degli elementi nutritivi, in maniera da poterli somministrare separatamente, in dosi e in momenti diversi.

Vediamo quindi di quali prodotti si compone il protocollo.

Integratori di macroelementi

Sono previsti tre integratori di macroelementi, uno per ogni macroelemento principale, ovvero: azoto, fosforo e potassio.

Flourish Nitrogen

Il Nitrogen è l’integratore di azoto. Integra azoto per metà come urea e per l’altra metà come nitrato (di potassio).

Flourish Nitrogen

Composizione: 2% K2O (=1.66% potassio), 1.5% Azoto totale (N).

Dosaggio: 1.5 ml in 100 litri aumentano i nitrati di 1 mg/l e il potassio di 0.2 mg/l.

Flourish Phosphorus

Il Phosphorus è l’integratore di fosforo.

Flourish Phosphorus

Composizione: 0.3% P2O5 (=0.13% fosforo), 0.2% K2O (=0.17% potassio).

Dosaggio: 3 ml in 100 litri aumentano i fosfati di poco meno di 0.15 mg/l.

Flourish Potassium

Il Potassium è l’integratore di potassio (sotto forma di solfato).

Flourish Potassium

Composizione: 5% K2O (=4.15% potassio).

Dosaggio: 4 ml in 100 litri aumentano il potassio di 2 mg/l.

Integratori di microelementi

Il protocollo Seachem prevede un prodotto generico per l’introduzione di tutti gli oligoelementi più altri prodotti specifici per alcuni.

Flourish

Il Seachem Flourish è un integratore di oligoelementi; oltre a questi, integra il macroelemento potassio e i mesoelementi calcio e magnesio. Sono presenti anche tracce di azoto e fosforo.

È il prodotto “base” della linea: lo si può vedere anche dal nome, Flourish e basta, senza alcuna specificazione.

Seachem Flourish

Composizione: 1.15% cloro, 0.37% K2O (=0.31% potassio), 0.32% ferro, 0.27% zolfo, 0.14% calcio, 0.13% sodio, 0.11% magnesio, 0.0118% manganese, 0.01% P2O5 (=0.004% fosforo), 0.009% boro, 0.007% azoto, 0.0009% molibdeno, 0.0007% zolfo, 0.0004% cobalto, 0.0001% rame.

Ferro come gluconato ferroso, altri microelementi come sali (solfato, cloruro etc).

Dosaggio: 2 ml ogni 100 litri una o due volte la settimana.

Flourish Iron

Flourish Iron è l’integratore del solo ferro, come ferro gluconato.

Flourish Iron

Composizione: 1% gluconato ferroso. Contiene anche una piccola quantità di glutaraldeide, usata come conservante e per rallentare l’ossidazione del ferro gluconato.

Dosaggio: 2.5 ml in 100 litri inseriscono 0.1 mg/l di ferro.

Flourish Trace

Il Flourish Trace integra microelementi escluso il ferro.

Flourish Trace

Composizione: 0.0169% zinco, 0.0085% manganese, 0.0032% rame, 0.0028% boro, 0.0003% molibdeno, 0.00003% cobalto, 0.000008% rubidio, 0.000003% nickel, 0.000002% vanadio.

I microelementi sono presenti come sali (solfato, cloruro etc).

Dosaggio: 6 ml ogni 100 litri due volte la settimana; se usato insieme a Flourish, dosare in giorni separati.

Altri integratori

Flourish Excel

Flourish Excel è un integratore di carbonio, sotto forma di glutaraldeide.

Flourish Excel

Dosaggio: 2.5 ml ogni 100 litri ogni giorno o a giorni alterni. Dopo un cambio d’acqua consistente, si può usare per una dose 5 volte superiore.

Flourish Advance

Flourish Advance è un integratore di fitormoni (ed elementi nutritivi in tracce) che stimolano la crescita delle piante acquatiche.

Flourish Advance

Composizione: 0.45% K2O (=0.37% potassio), 0.15% acido γ-amminobutirrico, 0.14% mannitolo, 0.14% acido ascorbico, 0.06% alanina, 0.04% P2O5 (=0.02% fosforo), 0.04% calcio, 0.04% magnesio, 0.0003% fitormoni.

Dosaggio: 6 ml ogni 100 litri ogni giorno oppure a necessità.

Flourish Tabs

Le Flourish Tabs sono delle compresse fertilizzanti da inserire nel substrato, per fornire i nutrienti direttamente alle radici.

Flourish Tabs

Composizione: 14.9% calcio, 12.2% zolfo, 2.2% ferro, 0.55% cloro, 0.28% azoto, 0.23% manganese, 0.17% P2O5 (=0.07% fosforo), 0.16% K2O (=0.13% potassio), 0.14% sodio, 0.06% magnesio, 0.029% boro, 0.0024% zinco, 0.001% cobalto, 0.001% rame, 0.0009% molibdeno.

Ferro come gluconato ferroso, altri microelementi come sali (solfato, cloruro etc).

Dosaggio: una compressa copre un raggio di circa 15 cm e va inserita nel substrato a media profondità. Le compresse durano circa 3-4 mesi.

Altri prodotti nel protocollo

Elenchiamo di seguito altri prodotti che non fanno propriamente parte del set di fertilizzanti ma che tuttavia possono inserirsi nel sistema di fertilizzazione.

Sali per remineralizzare l’acqua

Se si usa acqua da osmosi inversa o demineralizzata, è quasi sempre necessario inserire dei sali per aumentarne le durezze e inserire sali nutritivi essenziali per le piante.

Equilibrium

Il Seachem Equilibrium è una miscela di sali che innalza il GH (durezza totale) ma non il KH.
Non contiene sodio ed elevati livelli di cloruri.

Seachem Equilibrium

Composizione: 23% K2O (=19.5% potassio), 8.06% calcio, 2.41% magnesio, 0.11% ferro, 0.06% manganese.

Tutti i sali, compresi ferro e manganese, sono inseriti come solfati.

Dosaggio: 20 grammi di sali ogni 100 litri alzano il GH di 3 punti.

Acid Buffer – Alkaline Buffer

Acid Buffer e Alkaline Buffer sono due miscele di sali che servono, rispettivamente, per abbassare ed aumentare l’alcalinità dell’acqua (KH, in acquariofilia).

Non ne è fornita la composizione; viene solo dichiarato che l’Acid Buffer non è a base di fosfati e che l’Alkaline Buffer è a base di bicarbonato di sodio.

Dosaggio: 4.1 grammi di Acid Buffer in 100 litri abbassano il KH di circa 1 dKH mentre 12.5 grammi di Alkaline Buffer alzano il KH di circa 1 punto.

Se dosati insieme, opportunamente, si può puntare ad un pH target dell’acqua del cambio. A tal proposito, sul sito Seachem sono presenti dei calcolatori.

Substrati

Esistono vari substrati per allestire gli acquari. Sebbene il protocollo di fertilizzazione si possa usare con altri fondi di diverse marche e tipologie, elenchiamo lo stesso i prodotti Seachem.

Flourite, il fondo più noto della Seachem.
Flourite, il fondo più noto della Seachem.

Tutti i substrati hanno composizione dichiarata; tali elementi sono però legati alle particelle di fondo o facenti parte delle stesse. Non sono quindi immediatamente disponibili alle piante.

Mettiamo una tabella comparativa delle composizioni (limitandoci agli elementi nutritivi per le piante):

Composizione fondi Seachem

Ca = calcio, Co = cobalto, Cu = rame, Fe = ferro, K = potassio, Mg = magnesio, Mn = manganese, Na = sodio, Ni = nickel, V = vanadio, Zn = zinco

Nessuno dei substrati – con eccezione della Onyx Sand – altera pH o durezze in maniera rilevante.

Flourite

La Flourite è argilla naturale non trattata o ricoperta. Esiste in quattro colori: la Flourite classica (marrocino), la Flourite Black (nera), la Flourite Dark (via di mezzo delle due precedenti) e la Fluorite Red (marrone chiaro).

Flourite Sand

La Flourite Sand è argilla naturale, sempre non trattata o ricoperta, ridotta in polvere più fine. Esiste in due varianti, una marroncina (Flourite Sand) e una nerastra (Flourite Black Sand).

Onyx Sand

La Onyx Sand è una sabbia naturale grigiastra con la peculiarità di essere ricca di carbonati. Pertanto è apprezzata dalle piante in grado di utilizzarli mediante un processo detto decalcificazione biogena.
Giusto per nominarne qualcuna, le piante dei generi Egeria, Ceratophyllum, Potamogeton o Vallisneria sono in grado di utilizzare tranquillamente i carbonati presenti nell’acqua come fonte di carbonio.

Essendo ricca di carbonati, l’Onyx Sand alza il KH e rende più difficoltoso l’abbassamento del pH.

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Ludwigia sp. “White” https://acquario.top/ludwigia-sp-white-pink-white-edge/ https://acquario.top/ludwigia-sp-white-pink-white-edge/#respond Thu, 11 Oct 2018 16:30:06 +0000 https://acquario.top/?p=2265 Ludwigia sp. “White” è una varietà di Ludwigia in circolazione da non molto tempo e un po’ difficile da reperire in commercio. Iniziamo subito con la descrizione: è una pianta molto particolare. Descrizione di Ludwigia sp. “White” La “White” è una varietà di Ludwigia di aspetto analogo ad altre piante della stessa famiglia – penso […]

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Ludwigia sp. “White” è una varietà di Ludwigia in circolazione da non molto tempo e un po’ difficile da reperire in commercio.

Iniziamo subito con la descrizione: è una pianta molto particolare.

Descrizione di Ludwigia sp. “White”

La “White” è una varietà di Ludwigia di aspetto analogo ad altre piante della stessa famiglia – penso ad esempio alla Ludwigia inclinata var. verticillata “Cuba”.

La sua peculiarità, come suggerisce il nome, è quella di avere, se ben tenuta, le foglie di colore bianco, con alcune sfumature rosa nella parte alta: non ci sono molte piante d’acquario di questo colore!

Ludwigia sp. "White"
Ludwigia sp. “White”

Sempre per questa particolarità, talvolta la si trova chiamata Ludwigia “Pink” o Ludwigia “White Edge”.

Non si conosce molto sull’origine o sulla provenienza di questa pianta, se sia una selezione artificiale o una variazione naturale, poi riprodotta da qualche coltivatore.

Quel che è ragionevole, è che si tratta di una varietà di pianta con un basso contenuto di clorofilla – di colore verde – e che dunque va gestita di conseguenza, per tenerla al meglio.
Le clorofille, infatti, sono i principali pigmenti fotosintetici delle piante e una loro carenza o diversa distribuzione rende più difficoltoso, per la pianta, procurarsi l’energia necessaria.

Coltivazione di Ludwigia “White”

Fertilizzazione

La “White” è una pianta piuttosto esigente poiché, come abbiamo visto, ha difficoltà maggiori di crescita rispetto alla corrispondente Ludwigia non bianca.

Il ritmo di crescita della “White” non è velocissimo, se confrontato con le altre Ludwigia, per cui non conta moltissimo la quantità di elementi nutritivi presenti.

Basta dunque fertilizzare con tutti gli elementi necessari: non è fra le piante più capricciose che si possano trovare.

È molto importante anche l’erogazione di CO2. Ho provato a spostarne uno stelo in un acquario senza erogazione artificiale ed è deperito. Suppongo che, date le difficoltà di crescita, non limitare questo nutriente essenziale sia quasi fondamentale.

Per quanto riguarda l’acqua, la sto coltivando con discreto successo in acqua tenera, con durezze basse ed elementi nutritivi non abbondanti, ma tutti presenti. La conducibilità è inferiore ai 200 μS/cm dopo la fertilizzazione.

Per quanto riguarda il fondo, la pianta ha un discreto apparato radicale, come le colleghe della stessa famiglia già nominate in precedenza.
Nel mio acquario ho un fondo tipo soil quindi con buona capacità di scambio e ambiente acidulo nella zona delle radici. Non ho fatto controprove con un fondo inerte, ma credo si possa tenere anche così. Quasi sicuramente, però, un fondo che scambia è di aiuto.

Ultimo fattore, ma probabilmente il più importante, è la luce. Senza una buona quantità di luce di qualità, la pianta avrà un aspetto verdognolo non troppo attraente.

Nella foto sottostante, ad esempio, stava crescendo coperta leggermente coperta da un’altra pianta, in posizione laterale.

Ludwigia sp. "White" sotto scarsa luce.
Ludwigia sp. “White” sotto scarsa luce.

Attualmente la tengo nel solito acquario con una plafoniera a LED, autocostruita, con LED bianchi e a colore singolo, con una potenza effettiva e misurata di 60 watt circa su 90 litri di acquario.

Crescita e propagazione

Ludwigia sp. “White” è una pianta a stelo, con la crescita tipica.
Può raggiungere dimensioni medie, indicativamente con un diametro di 5-6 cm.
Può produrre getti laterali, tagliando i quali si possono ottenere nuove piantine.

Getto laterale Ludwigia "White"
Sono partito a coltivarla da uno stelo mezzo morto spedito dalla Germania. Si vedono bene i getti laterali sviluppati nel mio acquario.

La riproduzione può anche avvenire tagliando lo stelo e ripiantando la cima. Lo parte vecchia di stelo può produrre nuovi getti laterali, dando vita a nuovi steli.

Talvolta accade che lo stelo inizi a piegarsi, crescendo orizzontalmente. Non ho perfettamente chiara la causa, tuttavia luce ed erogazione di CO2 liberali limitano questo difetto.

Di tanto in tanto, qualche getto laterale può risultare più verdognolo degli altri: questo può essere dovuto al fatto che la variazione che dona il colore bianco alla pianta è debole e, dunque, con il tempo tende a perdersi. Un po’ quello che succede con l’attorcigliamento della “Curly“.

Posizione

Data la forma e le esigenze di luce, ne consiglio il posizionamento nella parte centrale-posteriore dell’acquario.
Idealmente, gli steli dovrebbero ricevere quanta più luce possibile e non dovrebbero essere coperti od ombreggiati da altre piante.

Data la colorazione particolare, si può pensare di usarla come punto focale del layout: il colore bianco contrasta abbastanza bene con gli altri colori generalmente presenti nei plantacquari (verde, rosso etc).

Conclusione

La pianta non è di facile reperibilità.
Ogni tanto si può trovare in negozi specializzati italiani, ma la disponibilità è attualmente estremamente bassa.

Si può trovare più facilmente acquistando dall’estero (con tutti i rischi dovuti al trasporto – è stato il mio caso, avendola presa da un acquariofilo tedesco) o acquistandone potature o steli da appassionati che sono riusciti a recuperarla.

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Ferro in acquario https://acquario.top/ferro-piante-acquario/ https://acquario.top/ferro-piante-acquario/#respond Wed, 26 Sep 2018 09:00:40 +0000 https://acquario.top/?p=1264 Il ferro in acquario ha un ruolo molto importante specialmente per le piante acquatiche, per le quali il ferro è un nutriente essenziale. In questa scheda vedremo, in maniera sintetica, i principali punti riguardanti la fertilizzazione, in acquario, con ferro. A cosa serve il ferro per le piante? Il ferro è uno dei diciassette elementi […]

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Il ferro in acquario ha un ruolo molto importante specialmente per le piante acquatiche, per le quali il ferro è un nutriente essenziale.

In questa scheda vedremo, in maniera sintetica, i principali punti riguardanti la fertilizzazione, in acquario, con ferro.

A cosa serve il ferro per le piante?

Il ferro è uno dei diciassette elementi nutritivi essenziali per le piante.
Il suo ruolo è quindi fondamentale per la crescita delle piante e, senza ferro, la pianta non può crescere.

Il ferro è necessario, per le piante, per la produzione delle clorofille.
In particolare, il ferro viene usato in vari enzimi e sostanze necessarie per la sintesi delle clorofille.

Ad esempio, il ferro viene usato nel sito attivo dell’enzima glutammil-tRNA reduttasi, necessario per la formazione di sostanze indispensabili (precursori) per la produzione delle clorofille, come l’acido 5-amminolevulinico.

Il ferro, inoltre, è un componente dei citocromi (proteine che consentono di utilizzare l’ossigeno all’interno delle cellule), che trasportano elettroni da un livello di energia alto a uno basso.

Citocromo C.
Citocromo C.

Il ferro, infatti, ha la proprietà di cambiare facilmente stato di ossidazione, passando da Fe2+ a Fe3+ e viceversa, cosa molto utile quando si tratta di trasportare elettroni (e quindi energia).

Dinamica del ferro

Il ferro ha comunemente due stati di ossidazione, Fe2+ e Fe3+, come abbiamo appena visto. Ne esistono anche altri (Fe4+, Fe6+ etc), ma per i nostri scopi ci interessano i primi due.

Nel dettaglio, abbiamo (usando la nomenclatura comune, anche se obsoleta):

  • ferro ferroso, ovvero ione con due cariche positive, indicato con Fe2+ o Fe(II), relativamente raro poiché ossida facilmente a Fe3+;
    • detto anche ferro solubile, ferro ridotto, ferro bivalente o ferro bianco.
  • ferro ferrico, ovvero ione con tre cariche positive, indicato con Fe3+ o Fe(III), molto comune (ad esempio, la normalissima ruggine è ossido ferrico, Fe2O3);
    • detto anche ferro insolubile, ferro ossidato, ferro trivalente o ferro nero.

Le piante possono utilizzare entrambi i tipi di ferro; tuttavia devono spendere maggiore energia per assorbire il ferro nello stato Fe3+.

Una volta assorbito il ferro, la pianta lo trasporta all’interno dei suoi tessuti, tenendolo sempre “isolato” a causa della sua reattività.
Ad esempio, la proteina ferritina tiene isolati gli atomi di ferro: 24 subunità di ferritina formano una sfera cava al cui interno ci possono stare, in sicurezza, fino a 4500 atomi di ferro [2].

Le piante possono,  quindi, accumulare buone quantità di ferro, nello stelo e negli altri tessuti, potendo essere la disponibilità di ferro incostante, in natura.

Carenza di ferro

La carenza di ferro si manifesta solitamente come clorosi.
La clorosi è, sostanzialmente, la mancanza di sufficiente clorofilla nelle foglie, cosa che provoca un ingiallimento o un colore verde molto chiaro delle stesse. Talvolta possono essere presenti sfumature violacee che poi sbiancano.
Le venature, invece, rimangono verde scuro (non sbiancano, a meno di gravi carenze protratte nel tempo).

Clorosi
Clorosi molto evidente, su una pianta terricola.

Se la clorosi è avanzata, le foglie possono crescere di dimensioni più piccole e, addirittura, cadere, se la carenza di ferro è grave e protratta nel tempo.

Purtroppo esistono varie cause della clorosi, per cui non è sempre detto che la colpa sia della carenza del ferro.

Ad esempio, una clorosi può essere causata anche da:

  • eccesso di fosforo, calcio, manganese, rame
  • carenza di azoto o magnesio
  • carenza di manganese o zinco

Per identificare la carenza di ferro, si può innanzitutto osservare quali foglie sono diventate clorotiche per prime.
La clorosi ferrica, infatti, inizia dalle foglie più giovani e si propaga mano a mano alle foglie più vecchie e interne.
Questo accade perché il ferro è un elemento poco mobile all’interno della pianta.

Se lo si ha a disposizione, si può, in acquario, effettuare un test del ferro. Se abbiamo sintomi di clorosi ferrica e misuriamo valori di ferro nulli, molto probabilmente manca il ferro.

Esempio di test del ferro.
Esempio di test del ferro.

Attenzione che non tutti i test rilevano tutti i tipi di ferro: verificare sulla confezione!

Un ultimo controllo, infine, riguarda il pH: a pH basici (sopra il 7), l’assorbimento del ferro diviene sempre più difficoltoso, specialmente se l’acqua è ricca di carbonati.
Pertanto, anche se presente, in queste situazioni il ferro è difficilmente assorbito.

Eccesso di ferro

L’eccesso di ferro può risultare tossico per la pianta. Infatti, la pianta deve tenere isolato il ferro, poiché altamente reattivo (abbiamo visto, ad esempio, la ferritina).

Il ferro, infatti, può generare radicali idrossili (OH), che possono danneggiare le proteine, i lipidi e il DNA.

L’eccesso di ferro può verificarsi tanto più facilmente quanto più basso è il pH, poiché un pH basso (sotto al 6, circa) facilita enormemente l’assorbimento di ferro.

Tra i sintomi di eccesso di ferro abbiamo:

  • piccoli punti marroni nelle foglie basse che iniziano dalla punta e si propagano verso la base della foglia
  • foglie arancio-marroni che muoiono
  • radici ricoperte di sostanza nera, con varie radici morte
  • carenza di manganese, poiché l’eccesso di ferro può inibire l’assorbimento del manganese.

In particolare, la carenza di manganese porta ad una clorosi su tutta la pianta, mentre la carenza di ferro comincia dalle parti alte e nuove. Questo può suggerire che, quando somministriamo molto ferro ma la carenza non si risolve, probabilmente non è il ferro a mancare, anzi: potremmo averne messo troppo!

Infine, vale la pena evidenziare che il ferro, in particolare quello chelato debolmente (gluconato, citrato etc) può risultare tossico, in alta concentrazione, per pesci e, soprattutto, invertebrati. È quindi bene fare attenzione con i dosaggi – non bisogna esagerare!

Come integrare il ferro in acquario?

L’integrazione del ferro in acquario può avvenire in vari modi.

Quasi tutti i fertilizzanti con oligoelementi per acquario contengono ferro, il quale può essere in varie forme (chelato, debolmente chelato etc).
Oltre a questi, esistono vari integratori specifici di solo ferro, sia per acquariofilia, sia generici per orto, giardino o piante da vaso.

Le forme più comuni con cui viene introdotto il ferro sono:

  • ferro chelato fortemente (ferro EDTA, ferro DTPA, ferro EDDHA…)
  • ferro chelato debolmente (ferro gluconato, ligninsolfonati)
  • ferro ossidato (stick o fondo con argille, laterite, pezzetti di ferro arruginito etc)

Non è invece consigliabile usare sali di ferro quali solfato ferroso che, oltre ad essere poco stabili in acquario, apportano una grande quantità di elementi che non è bene far accumulare (come lo zolfo, per il solfato).

Per un dettaglio sulle varie forme chelate, abbiamo un articolo che tratta estensivamente la questione: Chelanti in acquario.

Le varie forme di ferro sono tutte utilizzabili dalle piante, cambia solo lo sforzo ad esse richiesto per poter assimilare l’elemento nutritivo. Alla fine dell’articolo sui chelanti, poco fa citato, c’è proprio un confronto fra i vari tipi di forme con cui il ferro può essere somministrato.

Dosaggi del ferro

Non esiste una quantità ideale di ferro in acquario, poiché ogni forma di ferro richiede concentrazioni diverse e, soprattutto, non è detto sia rilevabile dai test.

Ad esempio, il ferro gluconato è rilevabile solo per pochi minuti dopo l’inserimento, poiché viene assorbito o precipita rapidamente.
Al contrario, i chelati più forti (DTPA, EDDHA) richiedono dosaggi più consistenti e notevoli potenze luminose per essere assorbiti.

Indicativamente, volendo un numero, anche se da prendere con le molle, direi che 0.1-0.5 mg/l di ferro siano più che sufficienti per le piante.

Alcune leggende metropolitane sul ferro

Purtroppo da vario tempo circolano alcune dicerie sul ferro come fertilizzante per le piante d’acquario.

Ne elenchiamo alcune, giusto per interromperne un po’ la circolazione.

Fertilizzare l’acquario con solo ferro

Spesso si dice che basti fertilizzare solo con ferro.
Questo nasce dal fatto che spesso il ferro è l’elemento di cui pare ci sia più carenza, vedendo la clorosi.
La clorosi, in effetti, capita dove non si fertilizza e spesso la clorosi viene automaticamente associata al ferro (anche se dovuta ad altro, come al magnesio).

La Legge del Minimo (o, impropriamente, di Liebig) ci spiega che fertilizzare con un solo elemento raramente è la soluzione. Quindi, salvo casi particolarissimissimi, una fertilizzazione di solo ferro è sostanzialmente errata.

Le piante possono assorbire solo il ferro bivalente (Fe2+).

No, le piante possono assorbire il ferro trivalente (Fe3+), anche rendendolo bivalente per mezzo di vari meccanismi (acidificazione del substrato, fitosiderofori etc).

Perciò, eventuale ferro trivalente, come quello presente nel fondo, è utilizzabile dalle piante.

Il ferro serve per avere le piante rosse

Il ferro serve alle piante di tutti i colori, essendo un componente fondamentale, tra l’altro, per la formazione delle clorofille.

Tuttavia non è il solo ferro quello che fa diventare le piante rosse.
Lo dimostra il fatto che uno può immettere tutto il ferro che vuole, ma può ritrovarsi con le foglie verdi. Viceversa, possiamo avere piante rosse e ferro non misurabile o quasi.

Infatti, il colore rosso delle piante non è dovuto al ferro in sé quanto piuttosto ai pigmenti presenti nelle foglie. La produzione di pigmenti non dipende solo dalla fertilizzazione ma dipende anche dalla luce e dall’acquario in generale.

Pertanto, se non abbiamo le piante rosse, il ferro non è detto sia il colpevole.


Bibliografia e Crediti

[1] Antisense HEMA1 RNA Expression Inhibits Heme and Chlorophyll Biosynthesis in Arabidopsis A. Madan Kumar, Dieter Söll, Plant Physiology Jan 2000, 122 (1) 49-56; DOI: 10.1104/pp.122.1.49

[2] Iron stress in plants, Erin L. Connolly, Mary L. Guerinot, Genome Biol. 2002, 3(8)

http://extension.illinois.edu/focus/index.cfm?problem=chlorosis

Clorosi su pianta terricola: Di Frank Vincentz – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3649106
Ferro (copertina): By Alchemist-hp (talk) (www.pse-mendelejew.de) – Own work, FAL, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10115787

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Impianto CO2 in acquario https://acquario.top/impianto-co2-anidride-carbonica-acquario/ https://acquario.top/impianto-co2-anidride-carbonica-acquario/#respond Sat, 08 Sep 2018 18:00:55 +0000 https://acquario.top/?p=1989 L’impianto CO2 in acquario è spesso argomento dibattuto, tra chi ne propugna l’uso assoluto ed obbligatorio e chi grida “vade retro“. Chi ha ragione? Scopriamolo insieme, comprendendo quello che l’impianto fa! A cosa serve l’impianto CO2 in acquario? L’impianto CO2 serve per immettere anidride carbonica (CO2) in acquario. Gli scopi principali di questa immissione sono […]

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L’impianto CO2 in acquario è spesso argomento dibattuto, tra chi ne propugna l’uso assoluto ed obbligatorio e chi grida “vade retro“.

Chi ha ragione?
Scopriamolo insieme, comprendendo quello che l’impianto fa!

A cosa serve l’impianto CO2 in acquario?

L’impianto CO2 serve per immettere anidride carbonica (CO2) in acquario.

Gli scopi principali di questa immissione sono due:

  1. immettere carbonio in acqua, affinché possa essere usato dalle piante;
  2. acidificare l’acqua, ovvero abbassarne il pH.

Vediamo nel dettaglio.

1. Immissione di carbonio in acqua

Il carbonio è uno degli elementi nutritivi più richiesti dalle piante e, quasi sempre, negli acquari è il fattore limitante.
Il fattore limitante è quell’elemento che, secondo la Legge del Minimo, limita (da cui il nome) lo sviluppo della pianta.

Immettendo anidride carbonica, inseriamo carbonio e quindi andiamo a fornire proprio quell’elemento che nella maggior parte dei casi manca per un vigoroso sviluppo della flora.

2. Acidificazione dell’acqua

Inserendo anidride carbonica in acqua si ha un abbassamento del pH dell’acqua.

Tale acidificazione è spesso gradita, sia per chi tiene le piante (che generalmente apprezzano un pH sub-acido) sia per chi tiene alcune specie di pesci che richiedono un pH minore.

Ma serve l’impianto per la CO2 nell’acquario?

L’unica risposta sensata a questa domanda è: dipende.
Diffidare da chi dice diversamente, poiché probabilmente non ha capito bene a cosa serva l’impianto e dunque lo ritiene o sempre necessario o sempre inutile.

Abbiamo visto che gli scopi dell’impianto sono principalmente due, ovvero fornire carbonio alle piante e acidificare. Vediamo quindi di spiegare meglio il dipende.

Fornire carbonio alle piante

Negli acquari è sempre presente del carbonio, anche dove non c’è erogazione artificiale.

Questo carbonio proviene dalla decomposizione della sostanza organica (mineralizzazione), prima nella forma di POC e poi di DOC.
Il POC è il particolato ad inizio decomposizione (i residui che vediamo nel fondo o nei materiali filtranti) mentre il DOC, Carbonio Organico Dissolto, può essere visto come lieve ingiallimento dell’acqua.

La decomposizione batterica della sostanza organica, passando nelle forme prima di POC e poi di DOC, rilascia CO2 (quindi carbonio) come prodotto di scarto.

Altro carbonio proviene, inoltre, dal discioglimento in acqua dell’anidride carbonica presente in atmosfera (nel 2018, circa 410 ppm, in aumento), che avviene per ragioni di equilibri gassosi.

Composizione dell'atmosfera terrestre.
Composizione dell’atmosfera terrestre.

Altro carbonio ancora, infine, è presente nei carbonati e nei bicarbonati presenti nell’acqua usata per riempire l’acquario oppure provenienti da pietre e altri materiali calcarei.

Per dare qualche numero, tra CO2 presente in equilibrio e CO2 data dalla decomposizione, è possibile arrivare ad avere circa 5-8 mg/l di CO2 disciolta in acqua, più o meno il triplo di concentrazione rispetto a quella che ci sarebbe solo per l’equilibrio con la CO2 atmosferica.

Viceversa, con un impianto di erogazione artificiale, si possono arrivare a decine di milligrammi/litro di anidride carbonica disciolta (in media 20-40 mg/l).

Le piante hanno quindi sempre bisogno di erogazione artificiale di CO2?

Come si può intuire, la risposta è no, non sempre ne hanno bisogno.

Senza erogazione di CO2, il carbonio presente sarà certamente minore di quello che avremmo con impianto presente. Le piante, quindi, cresceranno più lentamente, adeguando il loro ritmo di crescita al fattore limitante (di solito, proprio il carbonio).

Cabomba cresciuta senza erogazione di anidride carbonica.
Cabomba cresciuta senza erogazione di anidride carbonica.

Erogando CO2 artificialmente, invece, acceleriamo la crescita delle piante e consentiamo ad alcune piante una crescita molto più agevole in acquario.
Questo è particolarmente vero per le piante che solitamente vivono in forma emersa o comunque in prossimità della superficie.
Ad esempio, varietà di Alternanthera, Cabomba, Myriophyllum o Limnophila in natura vivono emerse o comunque sulla superficie, dove è massima la concentrazione di CO2 proveniente dall’atmosfera.

Viceversa, le piante più lente (solitamente le piante sciafile, ovvero amanti dell’ombra, come le Anubias) o le galleggianti non beneficiano più di tanto dell’erogazione di CO2.

Le piante lente, infatti, hanno un metabolismo… lento, per cui, generalmente, in acquario, non hanno necessità di maggiori quantità di anidride carbonica rispetto a quella naturalmente presente.
Le piante galleggianti, invece, prelevano il carbonio direttamente dalla CO2 atmosferica (“vantaggio aereo”), dunque a loro non interessa la concentrazione di CO2 in acqua.

Quando può tornare utile l’impianto?

Se si hanno piante a crescita rapida e che in natura crescono emerse o nei pressi della superficie, l’erogazione di CO2 può essere senz’altro utile.

In particolare, se l’acquario ha molte piante, come un plantacquario o un acquario olandese o danese, l’erogazione di CO2 è praticamente fondamentale, specialmente se sono presenti specie particolari.

Syngonanthus macrocaulon
Il Syngonanthus macrocaulon è una pianta che ha estrema difficoltà a crescere senza erogazione liberale di anidride carbonica.

Viceversa, in un acquario mediamente piantumato, con piante a crescita media, l’impianto CO2 può anche essere superfluo. Ci si dovrà “accontentare” di una crescita media delle piante, ma alla fine credo che lo scopo dell’acquariofilo sia quello di avere piante belle e in salute, non potare secchi di piante…

Acidificare l’acqua

Il secondo scopo degli impianti CO2 è quello di acidificare, ovvero abbassare il pH.

L’acidificazione per mezzo della CO2 dipende da vari fattori e quindi il risultato non è sempre quello sperato. Ad esempio, tra i fattori che influenzano questo effetto abbiamo: movimento della superficie dell’acqua, sostanze tampone presenti ed efficienza del mezzo di diffusione.

Quindi ho sempre bisogno di erogazione artificiale di CO2 per acidificare?

No, l’acidificazione si può fare per mezzo tanti altri mezzi.
Ad esempio:

  • cambi d’acqua per abbassare la durezza temporanea, il KH, che rende più difficoltose le variazioni del pH;
  • inacidimento naturale dato dall’attività batterica (nitrificazione);
  • inserimento di acidificanti inorganici (acido cloridrico, solforico etc; ad esempio i vari pH-minus che si trovano in commercio);
  • inserimento di acidificanti organici (legni, foglie, pigne, torba; quindi tannini, acidi umici, fulvici etc).

Quando può tornare utile l’impianto?

Se lo scopo è solo (o principalmente) quello di acidificare, l’impianto CO2 non è la scelta migliore. Questo perché c’è il rischio di dover inserire troppa CO2 per ottenere l’acidificazione desiderata. Troppa CO2 può dar fastidio ai pesci e alle piante, oltre a non fornire alcun beneficio aggiuntivo, oltre all’acidificazione.

Se serve abbassare il pH, le soluzioni migliori sono quelle di fare cambi d’acqua per abbassare le durezze ed eventualmente poi aggiungere sostanze acidificanti.

Tra le sostanze acidificanti, foglie e legni sono probabilmente i più graditi ai pesci poiché non solo acidificano ma rilasciano anche sostanze utili e benefiche (chelanti naturali, blandi antibatterici, sostanze lenitive etc) e, se aggiunte in abbondanza, possono dare gradevoli tonalità ambrate all’acqua.
Se non si vuole l’acqua ambrata, esistono estratti decolorati, che mantengono le proprietà benefiche di legni, foglie etc ma senza ambrare.

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Ludwigia inclinata var. verticillata “Cuba” https://acquario.top/ludwigia-inclinata-var-verticillata-cuba/ https://acquario.top/ludwigia-inclinata-var-verticillata-cuba/#respond Wed, 05 Sep 2018 10:00:33 +0000 https://acquario.top/?p=1251 In questa scheda vedremo Ludwigia inclinata var. verticillata “Cuba”, una pianta a stelo di aspetto molto bello e particolare, che richiede però alcune attenzioni per uno sviluppo ottimale. Descrizione della Ludwigia “Cuba” La “Cuba”, come spesso viene denominata fra gli acquariofili, è una varietà verticillata della Ludwigia inclinata, della famiglia delle Onagraceae (la stessa delle […]

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In questa scheda vedremo Ludwigia inclinata var. verticillata “Cuba”, una pianta a stelo di aspetto molto bello e particolare, che richiede però alcune attenzioni per uno sviluppo ottimale.

Gruppo di steli di Ludwigia "Cuba".
Gruppo di steli di Ludwigia “Cuba”.

Descrizione della Ludwigia “Cuba”

La “Cuba”, come spesso viene denominata fra gli acquariofili, è una varietà verticillata della Ludwigia inclinata, della famiglia delle Onagraceae (la stessa delle Fuchsia).

Ludwigia inclinata è una pianta diffusa nel Centro e Sud America, diffusa nei fiumi, sia a lento movimento sia con corrente.
Normalmente vive sommersa, ma se le condizioni sono favorevoli (alte temperature e umidità) può emergere, producendo numerosi getti laterali e anche dei fiori con quattro petali gialli.

Fiore di Ludwigia
Fiore di Ludwigia.

L’etimologia del nome è la seguente: Ludwigia in onore di Christian Gottlieb Ludwig, botanico vissuto nel XVIII secolo, a cui Carl Linnaeus (Linneo) dedicò questo genere di piante; inclinata poiché la pianta si inclina molto facilmente verso la luce o per seguire la corrente.

Christian Gottlieb Ludwig.
Christian Gottlieb Ludwig.

Fra le Ludwigia inclinata esistono forme con verticilli, ovvero con tre o più foglie ed eventuali getti laterali sullo stesso asse e sullo stesso piano.
Questo spiega il nome verticillata.

Verticillo.
Schema di un verticillo.

In acquariofilia, di queste varietà dotate di verticilli, ne sono diffuse principalmente due: la “Cuba”, che stiamo per vedere, e la “Pantanal”, di aspetto simile ma con alcune caratteristiche diverse (altezza inferiore, colore più rosso).

Esistono altre varietà, meno diffuse, come la “Curly” (selezione artificiale), la “Araguaia”, oltre ad una nuova varietà dalle origini un po’ misteriose, la “White” o “Pink”.

Coltivazione della Ludwigia “Cuba”

Fertilizzazione

La Ludwigia “Cuba” è una pianta piuttosto esigente, per quanto riguarda la fertilizzazione, se si vuole averla di colore acceso e forma delle foglie perfetta o quasi.

In particolare, se la pianta ha abbondanti nutrienti aumenta rapidamente il ritmo di crescita, a discapito dell’aspetto. Perciò, almeno per quanto deriva dalla mia esperienza, per tenerla bene consiglio di non eccedere con le fertilizzazioni di macroelementi.
Non sono molto convinto della teoria per cui per far uscire i rossi servano carenze di macroelementi, quindi è necessario garantire, comunque, il giusto apporto di questi importanti nutrienti. La pianta deve rimanere in buona salute!

Per quanto riguarda gli altri elementi, fertilizzanti appositi per acquariofilia sono sufficienti, purché ben bilanciati e completi degli oligoelementi necessari.
Due carenze che ho visto spesso sono quelle di manganese e rame, la seconda particolarmente evidente da un attorcigliamento innaturale delle foglie, come si può vedere nella foto sotto.

Carenze (in particolare rame) su Ludwigia "Cuba".
Carenze (in particolare rame) su Ludwigia “Cuba”.

Oltre ai fertilizzanti, è molto importante la somministrazione di CO2 che, se insufficiente, ho osservato provocare, oltre ad un deperimento della pianta, la produzione di vari getti laterali, di aspetto non gradevole. Questo è particolarmente vero se la pianta sta raggiungendo la prossimità della superficie.
La somministrazione di abbondante CO2 porta anche ad avere un pH acidulo, che è apprezzato dalla pianta (è quello che ritrova negli ambienti naturali).

L’acqua dovrebbe invece essere tenera (durezze basse) e non piena di fertilizzanti. Per dare qualche numero, la conducibilità dell’acquario dove le tengo è sotto i 200 μS/cm dopo la fertilizzazione.

Per quanto riguarda il fondo, la pianta ha un buon apparato radicale. Se si usa un substrato con capacità di scambio (vari soil, Akadama, fondo fertile) potrebbe essere sufficiente la sola fertilizzazione in colonna. La pianta tuttavia non disdegna nutrienti inseriti direttamente nel substrato.

Anche la luce è estremamente importante, per avere la pianta di colore rosso vivo. In generale, sembra apprezzare di più la luce delle lampade fluorescenti rispetto a quella dei LED. È possibile tenerla bene anche coi LED ma è più difficile (o quantomeno, con le fluorescenti, se il resto va bene, non ci sono problemi).

Ludwigia inclinata "Cuba" coltivata con LED.
Ludwigia inclinata “Cuba” coltivata con LED.

Crescita e propagazione

Ludwigia inclinata var. verticillata “Cuba” è una pianta a stelo, con una crescita tipica. Può raggiungere dimensioni consistenti (una decina di centimetri di diametro e uno stelo di 5-6 mm).
Se la pianta è ben fertilizzata e c’è abbondante somministrazione di CO2, non dovrebbe produrre getti laterali.

Quando la pianta si avvicina alla superficie, si piega crescendo parallelamenente all’acqua. Se le condizioni sono giuste, può emergere. Quando è in prossimità della superficie, può essere che inizi a produrre vari getti laterali.

Ludwigia Cuba nei pressi della superficie.
Ludwigia Cuba nei pressi della superficie.

La propagazione della pianta è semplice, basta potare la cima dello stelo per ottenere una nuova pianta. In alternativa è possibile tagliare i getti laterali, dove presenti, per ottenere nuovi steli.
Lo stelo “vecchio”, privato della cima, solitamente inizia ad emettere altri getti laterali – non cresce di nuovo dritto.

Se si vuole rimuovere il vecchio stelo, consiglio di non sradicarlo, poiché la pianta, come abbiamo visto, ha un buon apparato radicale. Si rischia di stravolgere il fondo.
Il consiglio è quello di tagliare lo stelo rasoterra, lasciando le radici nel fondo, se possibile.

Posizione

Data la forma della pianta e le sue dimensioni, ne consiglio un posizionamento nella parte posteriore dell’acquario, come sfondo, o un posizionamento centrale.

È molto importante che la pianta sia esposta alla massima quantità di luce possibile: quanta più luce riceve, tanto migliori saranno i colori.

Di conseguenza, non sono in genere consigliabili posizionamenti laterali o nella parte posteriore (se non illuminata).
Bisogna ricordare, infatti, che la pianta può piegarsi facilmente (si chiama inclinata non per nulla), quindi si rischia di avere steli piegati per raggiungere la luce, anche quella ambientale.

Conclusione

Ultimamente la pianta è relativamente più diffusa, grazie anche alle riproduzioni in vitro.

Ludwigia "Cuba" in vitro.
Ludwigia “Cuba” in vitro da cui sono partito.

Le piante in vitro richiedono qualche tempo per adattarsi alla vita sommersa, perciò se trovate piante di coltivazione sommersa l’adattamento dovrebbe essere molto più facile e veloce.

Ad ogni modo, se volete provare una pianta particolare, dall’aspetto molto bello, con un po’ di sfida, fateci un pensiero!
Mi raccomando di preparare luci, CO2 e fertilizzanti, se la volete bellissima 😉
E se avete difficoltà o volete mostrarci la vostra, c’è il nuovo forum a disposizione!


Crediti

Immagine di C. G. Ludwig: Pubblico dominio
Schema verticillo: Di Fidipat di Wikipedia in francese – Trasferito da fr.wikipedia su Commons., CC BY-SA 2.0 fr, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7195221
Fiore Ludwigia (cropped): By Jim Conrad, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4030559

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Conversione dei valori dell’acquario https://acquario.top/calcolatore-convertitore-valori-acquario/ https://acquario.top/calcolatore-convertitore-valori-acquario/#respond Tue, 04 Sep 2018 14:00:46 +0000 https://acquario.top/?p=1912 Spesso, per vari motivi, è necessario effettuare delle conversioni di alcuni valori dei parametri chimici e fisici, soprattutto dell’acqua, poiché, purtroppo, vengono ancora usate varie unità di misura. Lo scopo di questo articolo è quello di fornire una serie di convertitori automatici per effettuare (quasi) tutte le conversioni più comuni che possono capitare all’acquariofilo. Come […]

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Spesso, per vari motivi, è necessario effettuare delle conversioni di alcuni valori dei parametri chimici e fisici, soprattutto dell’acqua, poiché, purtroppo, vengono ancora usate varie unità di misura.

Lo scopo di questo articolo è quello di fornire una serie di convertitori automatici per effettuare (quasi) tutte le conversioni più comuni che possono capitare all’acquariofilo.

Come al solito, prima di ogni convertitore, ci sarà una brevissima spiegazione per capire cosa stia facendo il calcolatore.

Cominciamo!

Durezze: da mg/l a gradi tedeschi

Potremmo essere interessati a convertire le misure in mg/l in gradi tedeschi.
Ad esempio, se usiamo acqua di rete o acqua in bottiglia, potremmo voler convertire alcuni valori in etichetta, riportati solitamente in mg/l, nelle unità di misura usuali per l’acquariofilo.

Etichetta di un'acqua in bottiglia
Etichetta di un’acqua in bottiglia.
Grado francese
Esempio di durezza in gradi francesi.

Durezze: da gradi tedeschi a mg/l

I test delle durezze (totale e temporanea), ovvero i test di GH e KH, danno i risultati in gradi tedeschi (dGH e dKH, rispettivamente). Potrebbe però essere utile convertire questi valori in mg/l.

Avvertenze

  1. Poiché il GH misura la somma di calcio e magnesio, non è possibile risalire alle singole concentrazioni di questi due elementi, conoscendo il solo GH.
    Il calcolatore darà, tuttavia, due stime, supponendo che il GH sia composto o da solo calcio o da solo magnesio. Questo ci darà un limite massimo della concentrazione di questi due elementi, che è comunque un dato utile, talvolta.
  2. Poiché i comuni test per acquariofilia non misurano la vera durezza temporanea ma l’alcalinità (opposizione all’acidificazione), la conversione KH → bicarbonati non è precisa. È comunque indicativa e in generale sufficiente per le esigenze degli acquariofili.

Calcolo di calcio e magnesio conoscendo il GH

Come abbiamo visto nel calcolatore precedente, il test del GH non discrimina fra calcio e magnesio, anche perché il grado tedesco (dGH) rappresenta un equivalente rispetto al carbonato di calcio – in altre parole, il test tratta calcio e magnesio come se fossero entrambi calcio.

Non è quindi possibile risalire ai contenuti rispettivi di calcio e magnesio conoscendo il solo valore del GH.
Tuttavia, se per qualche motivo conosciamo o riusciamo a misurare il valore o del calcio o del magnesio, è possibile ricavare la concentrazione dell’altro elemento, se sappiamo anche il GH.

 

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Fertilizzazione: conversione dei titoli dei concimi

Secondo le leggi attualmente in vigore, per i concimi il contenuto di alcuni elementi va titolato come equivalente ad un altro elemento. Pertanto, in etichetta, troviamo indicati elementi che in realtà non ci sono.

Titoli di un concime
Titoli di un concime

È tuttavia facilmente possibile passare dalle percentuali di questi elementi titolati alle percentuali degli elementi effettivamente presenti nei concimi.

Conducibilità: EC vs. TDS

La conducibilità dell’acqua – EC – si misura con uno strumento detto conduttivimetro.
Il conduttivimetro misura la resistenza elettrica dell’acqua e la converte, conoscendo la distanza fra i suoi due elettrodi e la temperatura – se capace di compensare, in una conducibilità misurata, solitamente, in microsiemens/cm (simbolo μS/cm, talvolta indicato erroneamente come “uS/cm” o anche solo “uS”).
Alcuni strumenti danno una misura in mS/cm, dove 1 ms/cm equivale a 1000 μS/cm.

Diversi strumenti misurano, invece, i cosiddetti TDS (Sali Totali Disciolti), effettuando una conversione tra conducibilità (EC) in μS/cm in sali totali (TDS) in ppm.
Purtroppo per effettuare la conversione esistono diversi fattori, solitamente dipendenti dal luogo di fabbricazione/progettazione dello strumento. I parametri più comuni sono un fattore 2 e un fattore 1.56 – il calcolatore sottostante li prevede entrambi.

Come nota a parte, la conducibilità (EC) è direttamente misurata, mentre i TDS sono calcolati a partire dalla conducibilità. Pertanto, se abbiamo uno strumento che le visualizza entrambe, conviene guardare l’EC.

Da Sistema Consuetudinario a Sistema Internazionale

Come noto, in molti paesi, quali gli Stati Uniti, sono ancora diffuse unità di misura non appartenenti al Sistema Metrico Internazionale (SI).

Di seguito mettiamo alcuni convertitori per convertire dal Sistema Consuetudinario, per le principali misure effettuate dagli acquariofili – utili, ad esempio, se leggiamo un libro o un forum in Inglese.

Convertitore da “misure scientifiche”

I test per acquariofilia solitamente misurano nitrati, nitriti, fosfati e così via e, di conseguenza, nel gergo acquariofilo si fa quasi sempre riferimento a queste misure.

Tuttavia, negli articoli scientifici, spesso si fa uso di unità di misura leggermente diverse, specialmente quando si comparano forme diverse dello stesso elemento (ad esempio, azoto come nitriti, nitrati o ammonio).

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Guida ai fertilizzanti AF – Aquaforest Freshwater https://acquario.top/guida-ai-fertilizzanti-af-aquaforest/ https://acquario.top/guida-ai-fertilizzanti-af-aquaforest/#respond Thu, 09 Aug 2018 09:30:02 +0000 https://acquario.top/?p=1854 In questa breve guida vedremo i fertilizzanti AF – Aquaforest Freshwter, un protocollo di fertilizzazione componibile secondo le esigenze degli acquari, essendo potenzialmente ad elementi separati. Infatti, il protocollo non è composto da un unico prodotto il quale, con la sua composizione, è chiamato a soddisfare le esigenze di qualsiasi combinazione di piante. È invece […]

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In questa breve guida vedremo i fertilizzanti AF – Aquaforest Freshwter, un protocollo di fertilizzazione componibile secondo le esigenze degli acquari, essendo potenzialmente ad elementi separati.

AF Carbo Macro
Due delle componenti del protocollo.

Infatti, il protocollo non è composto da un unico prodotto il quale, con la sua composizione, è chiamato a soddisfare le esigenze di qualsiasi combinazione di piante.
È invece composto da vari prodotti, che vanno combinati o usati secondo le esigenze di ogni singolo acquario.

Vediamoli prima in dettaglio e poi vi fornirò alcune considerazioni personali in seguito alla loro prova, che ho fatto personalmente nel mio plantacquario (pagando i flaconi di tasca mia, per trasparenza 😉 ).

Giusto per dare un po’ di contesto, Aquaforest è un’azienda polacca, con sede a Brzesko, nata nel 1995 come produttrice di substrati e fertilizzanti per zoo e aziende coltivatrici di piante. Dal 2011 ha iniziato a vendere prodotti per acquariofilia al dettaglio.

Integratori di macroelementi

Come sappiamo, i nutrienti essenziali per le piante possono essere divisi in varie categorie, non tanto per la loro importanza (sono tutti essenziali), quanto piuttosto per le quantità richieste dalle piante.

Per approfondire, abbiamo un articolo dedicato con tutti i dettagli: Elementi nutritivi per le piante d’acquario.

Il protocollo Aquaforest prevede i seguenti prodotti per l’integrazione dei macroelementi.

AF Carbon Boost

AF Carbon Boost è un integratore di carbonio organico.

Composizione: 2.5-5% glutaraldeide.

Dosaggio consigliato: da 1 a 4 ml ogni 100 litri, ogni giorno.

AF Macro

AF Macro è un fertilizzante contenente i principali macroelementi più due mesoelementi, come si può vedere dalla composizione.

Composizione: 7% azoto, 7% potassio, 0.9% magnesio, 0.3% fosforo, 0.2% calcio.

Dosaggio consigliato: 5 ml ogni 100 litri due volte la settimana.

AF N Boost

AF N Boost è l’integratore specifico di solo azoto, uno dei macroelementi più richiesti dalle piante.

Composizione: 9.5% di azoto come nitrati.

Dosaggio consigliato: 10 ml in 100 litri apportano 9.5 mg/l di azoto equivalente a nitrati. Mantenere una concentrazione di nitrati di 10-20 mg/l circa.

AF PO4 Boost

AF PO4 Boost è il prodotto per integrare principalmente i fosfati. Oltre ai fosfati, aggiunge anche potassio e magnesio.

Composizione:  0.9% magnesio, 0.72% potassio, 0.4% fosforo come fosfati.

Dosaggio consigliato: 10 ml in 100 litri apportano 0.4 mg/l di fosfati (e 0.72 mg/l di potassio e 0.9 mg/l di magnesio). Mantenere una concentrazione di fosfati di 0.5-1.5 mg/l.

AF K Boost

AF K Boost è l’integratore per il potassio.

Composizione:  3.8% potassio

Dosaggio consigliato: 10 ml in 100 litri apportano 3.8 mg/l di potassio. Mirare ad una concentrazione di 10-20 mg/l.
In alternativa, in caso di carenza visibile (morte delle foglie basse, ingiallimento dei bordi delle foglie alte), dosare finché la carenza non rientra.

Integratori di microelementi

I microelementi sono invece integrati dai seguenti componenti.

AF Micro

AF Micro è l’integratore di microelementi. Contiene anche il macroelemento potassio e i mesoelementi calcio e magnesio.

Composizione:  8.16% potassio, 1.2% magnesio, 0.45% calcio, 0.38% ferro, 0.25% manganese, 0.037% zinco, 0.021% boro, 0.02% stronzio, 0.005% rame, 0.004% bromo, 0.00345% titanio, 0.0012% molibdeno, 0.0003% cobalto, 0.00021% nickel.

Dosaggio consigliato: 8 gocce (~0.7 ml) al giorno oppure 4 ml ogni settimana in 100 litri.

AF Iron Boost

Come suggerisce il nome, AF Iron Boost è l’integratore per il solo ferro.

Composizione:  0.38% ferro (Fe++)

Dosaggio consigliato: 10 ml in 100 litri apportano 0.38 mg/l di ferro. Mirare ad una concentrazione di ferro compresa tra 0.1-1 mg/l.

AF Red Boost

AF Red Boost è un prodotto contenente microelementi per incrementare la colorazione rossa delle piante.

Composizione:  0.38% ferro, 0.28% magnesio, 0.24% manganese, 0.000006% molibdeno, fitormoni.

Dosaggio consigliato: 4-8 gocce (~0.3-0.7 ml) al giorno, ogni 100 litri.

Altri componenti del protocollo

Aquaforest prevede altri prodotti, non fertilizzanti, per l’allestimento dell’acquario piantumato. Li elenco brevemente di seguito:

  • AF Lava Soil: fondo di origine vulcanica, arrichito con microelementi. Sono dichiarate buone proprietà di scambio ionico. Da usare come fondo unico.
  • AF Natural Substrate: substrato fertile, sempre con buone capacità di scambio, con torba e argille. Va ricoperto con materiale possibilmente inerte (sabbia, ghiaia etc).
  • AF Mineral Salt: sali per remineralizzare l’acqua di osmosi. Aumentano GH e KH con rapporto 3:2; calcio e magnesio con rapporto Ca:Mg pari a 1.6:1. Non contengono sodio.

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Syngonanthus macrocaulon (Tonina sp. “Belém”) https://acquario.top/syngonanthus-macrocaulon-tonina-belem/ https://acquario.top/syngonanthus-macrocaulon-tonina-belem/#respond Tue, 17 Jul 2018 16:00:22 +0000 https://acquario.top/?p=1484 Syngonanthus macrocaulon è una pianta dall’aspetto piuttosto peculiare, che può avere un notevole impatto visivo in un acquario con piante. In questa scheda ne vedremo una breve descrizione e proverò a dare alcune indicazioni per riuscire a coltivarla discretamente. Syngonanthus macrocaulon è una pianta introdotta, in acquariofilia, con il nome Tonina sp. “Belém”, molto probabilmente […]

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Syngonanthus macrocaulon è una pianta dall’aspetto piuttosto peculiare, che può avere un notevole impatto visivo in un acquario con piante.
In questa scheda ne vedremo una breve descrizione e proverò a dare alcune indicazioni per riuscire a coltivarla discretamente.

Syngonanthus macrocaulon.
Syngonanthus macrocaulon.

Syngonanthus macrocaulon è una pianta introdotta, in acquariofilia, con il nome Tonina sp. “Belém”, molto probabilmente dal luogo di ritrovamento.

Posizione della città di Belém.
Posizione della città di Belém, in Brasile.

In seguito, tuttavia, si è scoperto che questa pianta non fa parte del genere Tonina ma del genere Syngonanthus, per cui la si può trovare anche con i nomi provvisori Syngonanthus sp. “Belém” e Syngonanthus anomalus (una delle prime specie proposte).
La nomenclatura è stata sistemata – sebbene ancora non definitivamente – da Christel Kasselmann nel 2010.

Fa inoltre parte della famiglia delle Eriocaulaceae, la stessa, come si può capire dal nome, degli Eriocaulon, piante con una discreta diffusione in acquariofilia, e della Tonina fluviatilis (l’unica, attualmente nota, “vera” Tonina).

Aspetto del Syngonanthus macrocaulon

È una pianta a stelo, che però produce numerosi getti laterali che poi crescono comunque verticalmente, paralleli allo stelo principale.

L’apparato radicale non è molto esteso, in proporzione alla grandezza degli steli.

Le foglie sono molto dense e sottili, di colore verde intenso, lunghe circa 3 centimetri, e leggermente arcuate. Una particolarità della pianta è che la parte nuova dello stelo non ha le foglie verso l’alto (come la maggior parte delle piante a stelo) ma orizzontali, come una sorta di corona o ombrello.
Può produrre fiori, che sono piccoli e si formano all’apice dello stelo, come tipico degli Eriocaulon.

Syngonanthus macrocaulon di fronte.
Syngonanthus macrocaulon di fronte.

Coltivazione di Syngonanthus macrocaulon

Fertilizzazione

Questa pianta ha la fama di essere abbastanza esigente per quanto riguarda le condizioni dell’acqua.
In parte ciò è vero: preferisce acqua piuttosto tenera, con conducibilità bassa, pH basso e un terreno acido – proprio quello che ritrova negli ambienti naturali in cui è stata trovata, ovvero in corsi d’acqua molto scura (blackwater) e molto tenera, quasi distillata.

Traducendo in acquariofilo, dovrebbe essere un buon punto di partenza un acquario con acqua con conducibilità bassa, buona potenza luminosa, abbondante erogazione di CO2 e un substrato acidulo (i vari soil, Akadama, substrato fertile ricco in sostanze umiche etc).
Una buona fertilizzazione completa il quadro.

Personalmente la sto coltivando in un acquario con un soil come fondo, maturo ma non troppo vecchio, CO2 abbondante (la pianta è posizionata in prossimità del diffusore, quindi riceve ancora più CO2 della media), pH attorno al 6-6.2, durezza totale inferiore ai 4-5 punti e KH circa a 1 dKH, illuminazione a LED (bianchi, full spectrum e singoli colori).

Per quanto riguarda la fertilizzazione, ho provato a tenerla con vari fertilizzanti liquidi e, purché completi, non ho mai avuto problemi particolari.
Consiglio tuttavia di fare particolare attenzione al ferro, specialmente se si nota che la cima della pianta è verde chiaro (inizio di clorosi ferrica): è meglio reintegrare prima che sia troppo tardi.

Syngonanthus macrocaulon
Syngonanthus macrocaulon che probabilmente sta iniziando a lamentare una carenza di ferro (la foto non rende molto bene, ma le foglie nuove erano biancastre in realtà).

A mio avviso, più che i fertilizzanti e la loro marca (posto che tutti gli elementi nutritivi siano forniti correttamente), per questa pianta sono importanti le condizioni di tenerezza e acidità dell’acqua e la concentrazione di anidride carbonica.

Crescita e propagazione

Come abbiamo già visto in precedenza, Syngonanthus è una pianta a stelo che produce molti getti laterali, che crescono poi paralleli fra loro, sovrapponendosi in parte.
La crescita della pianta, quindi, non è solo verticale ma anche orizzontale, grazie ai nuovi getti laterali che continuano a formarsi.

Una volta che la pianta ha raggiunto una certa altezza (indicativamente 25-30 cm), la parte bassa inizia ad abbruttirsi, non ricevendo luce, essendo coperta dalle fitte foglie soprastanti, e ad emettere radici.
Volendo, si può nascondere questa parte non bellissima con altre piante più basse oppure si possono tagliare gli steli, eliminare la parte bassa, e ripiantare la parte alta – già 4-5 cm sono sufficienti.

Tagliando alcuni getti laterali e ripiantandoli, invece, si possono ottenere nuove piantine.

Posizione

Dato l’aspetto particolare, Syngonanthus andrebbe posizionato in un punto focale dell’acquario, a livello centrale o posteriore. Data l’altezza, non è ideale per un posizionamento frontale, a meno di non potarlo molto spesso, ripiantando le cime, per tenerlo basso.
La posizione deve garantire una buona illuminazione, quindi sono da evitare, a meno che non siano ben illuminate, le zone più laterali.

Conclusione

Syngonanthus macrocaulon è una pianta dall’aspetto molto particolare ma che richiede alcune attenzioni per essere coltivato bene, come abbiamo visto sopra.

Non è diffusissimo nel commercio acquariofilo, tuttavia non è impossibile da trovare  – basta ricordare che spesso lo si trova ancora con il vecchio nome Tonina sp. “Belém”.

Nel caso in cui riusciate a trovare Syngonanthus macrocaulon e abbiate un acquario con un allestimento adeguato (pH acido, buona illuminazione e somministrazione di CO2, soprattutto), questa pianta può sicuramente saltare all’occhio, specialmente se posizionata in un punto focale dell’allestimento.


CREDITI

Mappa geografica: ©OpenStreetMap contributors, Open Database License. Tavole sotto licenza CC BY-SA 2.0.

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