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Capacità di scambio dei substrati

Terreno

Molto spesso, nelle discussioni fra acquariofili, nelle schede dei fondi per acquario e in vari altri casi, viene nominata la capacità di scambio dei substrati per acquario.

Cosa significa tutto ciò?
Vediamolo!

Capacità di scambio

I substrati e i terricci contengono al loro interno cariche elettriche nette (ovvero non in equilibrio).
In base al tipo di carica netta risultante – positivo o negativo – avremo differenti capacità di scambio.

Capacità di scambio cationico (CSC – CEC)

I substrati contenenti particelle dette alluminosilicati, ovvero cristalli composti da alluminio (Al) e silicio (Si), oppure materia organica, hanno una carica elettrica preponderante negativa, in grado di attrarre le particelle cariche positivamente, dette anche cationi.
I motivi della presenza di queste cariche negative sono sostanzialmente due:

  1. rottura degli strati esterni dei silicati che li compongono, con esposizione dei “bordi”, solitamente carichi negativamente;
  2. sostituzione, all’interno della struttura dei silicati, da parte di alcuni cationi, come Mg2+, di altri cationi più carichi, come Al3+.

Queste cariche negative, come abbiamo detto poco sopra, riescono ad attrarre ioni carichi positivamente (cationi), come lo ione ammonio NH4+ o ioni di calcio e magnesio (Ca2+ e K+).

I cationi non sono attratti casualmente: sono attratti con forze differenti, in base a valenza e altri parametri (raggio ionico idrato etc) e sono maggiormente attratti quelli presenti in maggiore quantità.
Ad esempio, alcuni fra gli elementi nutrienti si legano in questo ordine:

H+ ≥ Al3+ > Ca2+ > Mg2+ > NH4+ = K+ > Na

H = idrogeno, Al = alluminio, Ca = calcio, Mg = magnesio, NH4+ = ammonio, K = potassio, Na = sodio

… dove a sinistra ci sono gli elementi scambiati più facilmente.
Questa serie è un tipo di serie liotropica.

Analogamente, alcuni metalli di transizione tendono a seguire quest’ordine:

Cu2+ > Ni2+ > Fe2+ > Mn2+

Cu = rame, Ni = nichel, Fe = ferro, Mn = manganese

Come si misura la capacità di scambio?

La quantità totale di carica negativa presente in un substrato è detta capacità di scambio cationico (CSC, in inglese CEC, Cation Exchange Capacity).

La CSC si misura comunemente in milliequivalenti [meq] per unità di peso; un meq equivale a 6·1020 (6 seguito da 20 zeri) cariche negative.

Di seguito alcuni valori tipici per alcuni substrati. Per dare un metro di paragone, in agricoltura un terreno con una CSC superiore a 15-20 meq/100 grammi è considerato con una buona capacità di scambio:

Per fare un esempio a parole, un substrato con una CSC di 10 meq/100 grammi ha 60 seguito da venti zeri cariche negative ogni 100 grammi!

Capacità di scambio anionico (CSA – AEC)

Al contrario di quanto abbiamo visto fino ad ora, differenti tipologie di substrato, contenenti alluminio e silicio in forma amorfa (non cristallizzata) e ossidi di ferro o alluminio, hanno una carica elettrica preponderante positiva, in grado di attrarre le particelle cariche negativamente, dette anche anioni.
Esempi di anioni sono lo ione solfato (SO42-), lo ione nitrato (NO3), lo ione fosfato (PO43-), lo ione cloruro (Cl) o lo ione idrogenocarbonato (HCO3, bicarbonato).

Il comportamento è del tutto analogo a quello dei cationi, cambia solo il segno della carica (negativa, anziché positiva).

Sulla falsariga dell’ordine di affinità dei cationi, l’ordine di legame di alcuni anioni è il seguente:

NO3 < Cl < SO42- < PO43-

Nitrati < Cloruri < Solfati < Fosfati

 

ovvero i nitrati sono debolmente legati, mentre i fosfati sono legati con maggiore forza (e lo scambio è quindi più oneroso).

La capacità di scambio anionico si misura sempre in meq/quantità di substrato o terreno, in maniera del tutto analoga alla CSC.

In realtà, la capacità di scambio anionico è generalmente minore della capacità di scambio cationico, per cui spesso si parla solo di quest’ultima. Tuttavia sono presenti (almeno) entrambe e la capacità di scambio anionico è generalmente sufficiente affinché il substrato riesca a trattenere alcuni anioni, quali solfati o fosfati.

Capacità di scambio e piante in acquario

A cosa serve tutta questa discussione sulle capacità di scambio?

Quando un substrato ha un’elevata capacità di scambio verrebbe intuitivo pensare che questo leghi a sé i nutrienti e non li renda disponibili alle piante.
In realtà, le forze di attrazione fra substrato e nutrienti sono relativamente deboli, consentendo uno scambio fra i nutrienti presenti nell’acqua, i nutrienti presenti sulla superficie delle particelle di substrato e le radici delle piante.

In questo schema, ioni potassio (K) vengono scambiati dalla particella di substrato con ioni idrogeno (H). La radice della pianta può, poi, prelevare con facilità gli ioni potassio scambiandoli nuovamente con uno ione idrogeno, con minima spesa di energia.

Quando le radici delle piante si muovono nel substrato, o incontrano direttamente il nutriente e lo assorbono o devono attendere che in qualche maniera questo nutriente arrivi.
Un substrato con una buona capacità di scambio facilita questo lavoro: il substrato, infatti, ha legati a sé, debolmente, i vari nutrienti, che le piante possono assorbire – scambiandoli – con più facilità, rispetto ad andarli a recuperare dall’acqua.
Prelevare gli ioni degli elementi nutritivi dissolti nell’acqua richiede, invece, molta più energia da parte delle piante ed alcune di esse potrebbero non riuscire proprio a farlo.

Come gestire un fondo con capacità di scambio in acquario?

Molti fondi per acquario vantano capacità di scambio, ne sono esempi i fondi fertili con componente organica o argille o i cosiddetti fondi allofani (dicitura piuttosto impropria, poiché l’allofane può essere un componente di questi fondi ma non è praticamente mai l’unico), quali alcuni fondi ADA, Elos o Prodibio o il comune Akadama (terriccio per bonsai), giusto per citare alcuni esempi.

Il minerale allofane.

Rilasci e assorbimenti iniziali

Questi fondi, appena inseriti in acquario, tendono ad assorbire nutrienti, abbassandone i livelli misurabili nell’acqua. È comune, ad esempio, osservare notevoli abbassamenti della durezza carbonatica (assorbimento di carbonati), dei fosfati o del ferro.
In base alla composizione specifica del fondo, potremmo registrare anche dei rilasci; non rari quelli di ferro e nitrati.
Ad esempio, i fondi ADA tendono a rilasciare ammonio o nitrati, inizialmente; viceversa, alcuni lotti di Akadama rilasciano ferro.

Sta di fatto che il fondo assorbe cationi ed anioni dalla colonna d’acqua, legandoli alle particelle che lo compongono. Se era già presente qualche elemento scambiato, può essere che per ordine di affinità questo venga “scalzato” da altri elementi, per cui abbiamo i rilasci misurati sopra, oltre agli assorbimenti.

Gestione della fertilizzazione

Nel primo periodo dopo l’allestimento la fertilizzazione dovrà essere effettuata con particolare attenzione, sia perché il fondo “attivo” altera i valori attesi in colonna in seguito ai suoi scambi, sia perché l’acquario è appena avviato, le piante appena inserite e i vari equilibri (chimici, biologici etc) devono ancora formarsi.
Sarà quindi necessario tenere dovuto conto di quanto viene inserito e osservare la risposta delle piante, oltre che ai risultati dei test (che in questi casi possono trarre in inganno).

Questo schema – del tutto ipotetico e utile solo per intuire – mostra come una particella di terreno possa scambiare anioni e cationi in base alle cariche esposte lungo il bordo. Solitamente la CSC è molto maggiore della CSA.

Ad esempio, molti fondi tendono ad azzerare i fosfati in acqua: se guardassimo solo ai test, dovremmo reinserirne parecchi e subito. Tuttavia i fosfati sono legati al substrato e le piante possono prelevarli. Talvolta può accadere che il fondo rilasci, quindi se in un acquario registriamo un aumento di fosfati, senza averli inseriti, e in precedenza avevamo misurato un assorbimento, molto probabilmente questi fosfati sono restituiti dal fondo.

È bene ricordare, inoltre, che questi fondi, pur avendo una sorta di capacità di accumulo di nutrienti, non vanno bombardati di nutrienti per saturarli in fretta: il rischio di rilasci improvvisi è alto e rischioso. Conviene procedere con una giusta fertilizzazione nel tempo, osservando le piante e i loro eventuali segni di carenze o problemi.

Infine, per quanto riguarda la durata, con il tempo e il raggiungimento di vari equilibri il fondo apparentemente smetterà di scambiare, quindi non misureremo più forti abbassamenti di carbonati, fosfati o rilasci di ammonio, giusto per nominare qualche fenomeno comune.
Questo non significa, però, che il terreno abbia perso la sua capacità di scambio, anzi: si è raggiunto un buon equilibrio tra elementi scambiati.

Discorso diverso per i cosiddetti fondi fertili che, col tempo, perdono fertilità poiché le piante assorbono i concimi in essi contenuti (ferro, potassio, oligoelementi…). Tuttavia la componente di questi fondi fertili dotata di capacità di scambio – se presente – mantiene le sue proprietà: eventualmente si può reintegrare la parte di concime usando stick, tabs, sfere fertilizzanti.


Crediti

Foto allofane: Di Rob Lavinsky, iRocks.com – CC-BY-SA-3.0, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15277038
Schema scambio cationico: Di Giancarlo Dessì (posted by –gian_d 11:13, 10 August 2007 (UTC)) – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2543621

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