Diego Zennaro La Scienza in Acquario. Sat, 19 Nov 2022 15:26:43 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 Petsfestival .top /2 https://acquario.top/petsfestival-top-2021/ Mon, 01 Nov 2021 15:00:09 +0000 https://acquario.top/?p=5206 Dopo una pausa a causa dell’epidemia, il Petsfestival è tornato, quest’anno nella nuova location di Cremona Fiere. Avevamo davvero tantissima voglia di ricominciare dopo questo periodo forzato di inattività e questo articolo vuole fare da piccolo diario per il futuro e da piccolo riassunto per chi non ha potuto incontrarci di persona. Nonostante le limitazioni […]

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Dopo una pausa a causa dell’epidemia, il Petsfestival è tornato, quest’anno nella nuova location di Cremona Fiere.

Acquario.top al Petsfestival

Avevamo davvero tantissima voglia di ricominciare dopo questo periodo forzato di inattività e questo articolo vuole fare da piccolo diario per il futuro e da piccolo riassunto per chi non ha potuto incontrarci di persona.
Nonostante le limitazioni presenti per garantire la sicurezza di tutti i partecipanti, la risposta e l’interesse del pubblico ci hanno dato grandi soddisfazioni, sia per il numero di visitatori che si sono fermati al nostro stand sia per la qualità delle domande e delle chiacchierate che si sono svolte in queste due giornate.

La nostra esposizione

Per questa edizione abbiamo proposto quattro allestimenti, ognuno proveniente da una parte diversa del mondo.

Siamo partiti dalla Papua Nuova Guinea, con specie regina Tateurdina ocellicauda, con una coppia che, proprio durante la fiera, cercava il luogo in cui deporre le uova nel groviglio di alga Chara. Il pancione giallo pieno di uova della femmina non mentiva!
Non mancavano in questo allestimento Pseudomugil luminatus, uno stupendo killifish indonesiano, dagli attraenti occhi azzurri e dal pinnaggio molto sviluppato.

Passiamo poi a una vasca sudamericana dedicata alle Nannacara adoketa, una specie piuttosto aggressiva ma che con il giusto allestimento si può affiancare ad altre specie. Una vasca molto grande (oltre 200 litri) e rassicurante grazie alle numerose barriere visive date foglie e legni e dagli ancora più numerosi “pesci rassicuranti” (dither fish).

Procediamo poi verso il Kalimantan, nell’Isola del Borneo, dal quale abbiamo preso ispirazione per l’allestimento adatto per Parosphromenus linkei.
Come la maggior parte delle specie del genere Paros, anche questa è in pericolo di estinzione a causa della distruzione progressiva dell’habitat di origine. È perciò importante il mantenimento in cattività per conservare la specie: in particolare segnaliamo il The Parosphromenus Project e il gruppo italiano AIB – Gruppo Anabantidi Wild Form che si occupano della loro conservazione.

Chiudiamo infine con un allestimento dedicato a Microctenopoma ansorgii, un anabantide dall’areale del fiume Congo (Africa). Di questa specie potete leggere una scheda approfondita che abbiamo preparato.

Ringraziamenti

La nostra presenza e i risultati ottenuti non sarebbero statia possibili senza il supporto di molte persone. In particolare:

  • Zoominimarket Online ci ha fornito pesci splendidi che hanno rubato gli occhi a moltissime persone;
  • Area Palustre ci ha fornito delle piante meravigliose, che hanno attratto molto interesse, anche da parte di alcuni pesci!
  • Aquaessence ci ha invece fornito le vasche, elemento fondamentale per ogni allestimento;
  • OnlineAquariumSpullen ci ha fornito una parte degli arredi naturali, presenti sia negli allestimenti, sia da far vedere ai visitatori;
  • La Mangrovia, in particolare nella figura di Mario, ci ha permesso fisicamente di avere uno stand alla manifestazione.

Un grande ringraziamento anche alle associazioni, AIB – Associazione Italiana Betta, AIC – Associazione Italiana Ciclidofili, AIK – Associazione Italiana Killifish e ai gruppi AIB – Gruppo Channa e Italian Livebearers Group, con cui abbiamo allestito una grande isola al centro della fiera.

Sempre in questo contesto, è stato organizzato l’Italian Wildform Festival, un’esposizione che dal 2012 favorisce, divulga e sostiene un’acquariofilia naturale incentrata sulle reali necessità delle specie allevate nel pieno rispetto delle loro esigenze.

 

Ultimo ringraziamento (ma non meno importante)

Infine un grazie a voi visitatori e lettori.
A chi si è fermato per una foto, a chi è tornato trenta volte per vedere solamente i caracidi nuotare, a chi ci ha fatto domande e a chi invece ci ha insegnato qualcosa di nuovo. A chi non è potuto esserci fisicamente ma ci è stato con il pensiero.
A tutti voi però chiediamo un piccolo sforzo: se avete apprezzato ciò che abbiamo realizzato fatecelo sapere e fatelo sapere ai vostri amici.
Perché se è vero che le recensioni negative servono per migliorarci, servono anche quelle positive per fare capire che investire per portare didattica alle fiere è fondamentale ed aiuta a mostrare cose che non sempre in negozio è possibile far vedere.

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Il Libro sulle Malattie dei Pesci d’Acquario https://acquario.top/malattie-dei-pesci/ https://acquario.top/malattie-dei-pesci/#respond Wed, 31 Mar 2021 23:04:33 +0000 https://acquario.top/?p=5165 La nuova frontiera nella gestione delle malattie dei pesci d’acquario Acquario.top è orgoglioso di presentare il risultato di oltre trent’anni di esperienza e mesi di lavoro per metterla insieme, per condensare in un unico posto tutto quello che noi acquariofili dobbiamo sapere per poter curare le malattie dei nostri beniamini. Senza ulteriori perdite di tempo, […]

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La nuova frontiera nella gestione delle malattie dei pesci d’acquario

Acquario.top è orgoglioso di presentare il risultato di oltre trent’anni di esperienza e mesi di lavoro per metterla insieme, per condensare in un unico posto tutto quello che noi acquariofili dobbiamo sapere per poter curare le malattie dei nostri beniamini.

Senza ulteriori perdite di tempo, ecco a voi la nostra creazione:

Malattie pesci acquario

Malattie dei pesci d’acquario

Questo è il titolo del nostro primo libro: abbiamo scelto questa forma perché è vero che i siti web sono comodi ma uno sforzo del genere richiede una forma diversa, anche per facilitare la ricerca dei contenuti e risolvere rapidamente ogni problema.

Vediamo l’indice del libro. Come si può vedere, abbiamo suddiviso gli argomenti in modo da rendere estremamente facile la ricerca e la progressione logica dei vari passi per una cura di successo.

Indice del libro

  1. Introduzione
  2. Malattie
    1. Descrizione
    2. Diagnosi
      1. Diagnosi oculare
      2. Diagnosi tattile
      3. Diagnosi olfattiva
      4. Diagnosi sociale
    3. Galleria fotografica
  3. Trattamenti delle malattie dei pesci d’acquario
    1. Generalità
      1. Sale
      2. Antibiotici
      3. Coloranti
      4. Cambi d’acqua
      5. Temperatura
      6. Aglio
      7. Peperoncino
      8. Erbe, spezie e rimedi della nonna
      9. Altri trattamenti
    2. Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) per effettuare i trattamenti
  4. Risoluzione dei problemi
    1. Conversione dosaggio farmaco umano – farmaco pesci
    2. Farmacoresistenza o farmaco annacquato?
    3. Pesce iper-selezionato o pesce malato?
    4. Import sottobanco e pesci con parassiti?
    5. Farmacista reticente nel fornire i farmaci richiesti?
    6. Pelle macchiata da verde malachite, blu di metilene e altro?
    7. Smaltimento delle rimanenze dei farmaci scaduti
  5. Casi di studio
  6. Appendice: come gestire l’ansia e le preoccupazioni degli acquariofili durante la diagnosi e la cura.
  7. Bibliografia commentata e guidata

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Otterrai un volume di oltre 500 pagine a colori che ti consentirà di:

  • diagnosticare ogni malattia nota dei pesci, grazie alle numerose foto di alta qualità;
  • risolvere ogni malattia individuata;
  • rafforzare i tuoi amici con Top.PolyJuice®, integratore brevettato di nostra concezione, di cui ti forniremo ingredienti e ricetta;
  • affrontare i più comuni problemi collaterali durante le malattie dei pesci;
  • evitare di recarti da esperti per la diagnosi e usare prodotti specifici, con notevole risparmio economico.

Specifiche del libro

  • 567 pagine a colori su carta di alta qualità
  • copertina rigida
  • versione ebook scaricabile con codice fornito nell’email di conferma dell’ordine
  • cartoncini staccabili con foto dettagliate dei sintomi per poter affiancare facilmente foto e pesce malato.

Nei primi dieci ordini includeremo un campioncino di Top.PolyJuice® già pronta e sufficiente per cinquanta centimetri di pesci.

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La spedizione è compresa nel prezzo indicato e verrà effettuata con corriere espresso entro il giorno lavorativo successivo al pagamento.

Inoltre, se il libro non dovesse soddisfarti, potrai restituirlo entro trenta giorni dalla consegna (e potrai tenere il campioncino di Top.PolyJuice®).

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Attendiamo feedback e recensioni sul nostro forum!

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Proserpinaca palustris https://acquario.top/proserpinaca-palustris/ https://acquario.top/proserpinaca-palustris/#respond Sun, 03 Jan 2021 23:01:59 +0000 https://acquario.top/?p=4402 In questa scheda vedremo insieme Proserpinaca palustris, una pianta d’acquario dalle caratteristiche molto eterogenee, quali un colore che può passare dal verde al rosso-violaceo e una forma delle foglie estremamente variabile. Descrizione di Proserpinaca palustris Proserpinaca palustris è una pianta della famiglia delle Halerogaceae, a cui appartengono numerose piante acquatiche tra cui i Myriophyllum, probabilmente […]

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In questa scheda vedremo insieme Proserpinaca palustris, una pianta d’acquario dalle caratteristiche molto eterogenee, quali un colore che può passare dal verde al rosso-violaceo e una forma delle foglie estremamente variabile.

Descrizione di Proserpinaca palustris

Proserpinaca palustris è una pianta della famiglia delle Halerogaceae, a cui appartengono numerose piante acquatiche tra cui i Myriophyllum, probabilmente più noti in acquariofilia (e con i quali era inizialmente stata inclusa e scambiata).
Questa famiglia comprende anche alcuni piccoli alberi; le piante appartenenti a questa famiglia sono generalmente perenni anche se alcune specie sono annuali.

Esistono diverse specie e varietà di Proserpinaca, principalmente diffuse nella parte orientale del Nord America, nel Centro America e, in misura inferiore, nel Sud America[1]. La differenza principale fra le specie è nella forma e nelle dimensioni dei frutti.

La più diffusa in acquariofilia europea è una Proserpinaca palustris proveniente da Cuba, apparentemente introdotta nel commercio dall’azienda Tropica; di solito la si può trovare indicata come Proserpinaca palustris ‘Cuba’.

Nel seguito della scheda mi riferirò, per semplicità, genericamente a Proserpinaca palustris.

Habitat di Proserpinaca palustris

La pianta si può rinvenire principalmente in paludi, stagni, lanche e canali secondari, quindi ambienti dove l’acqua è stagnante o a lento scorrimento.

Dare valori univoci delle acque in cui cresce Proserpinaca palustris non è facile, dati gli habitat piuttosto estesi, tuttavia in generale si tratta di acque con durezze di almeno tre/quattro punti e pH superiori al 6.5, raggiungendo anche valori attorno all’8.

Diffusione principale di Proserpinaca palustris
Principali habitat di Proserpinaca palustris [2]

Il nome

Proserpinaca deriva dal verbo latino proserpo (is, ere), che significa “strisciare avanzando” mentre palustris rimanda agli habitat in cui questa pianta cresce abitualmente, ovvero luoghi umidi e palustri.

In inglese, Proserpinaca palustris ha come nome comune marsh mermaidweed o common mermaidweed, mentre in italiano non ha nome comune e viene perciò chiamata con il nome scientifico (o semplicemente “Proserpinaca”).

Descrizione di Proserpinaca palustris

È una pianta acquatica a stelo, il quale è solitamente sottile (circa 3-5 mm di diametro) ma che può irrobustirsi e diventare quasi legnoso nella parte bassa. Lo stelo è glabro e ad ogni nodo possono generarsi nuovi getti o radici.
Le foglie sono decussate, ovvero le foglie di ogni nodo sono ruotate ad angolo retto rispetto alle foglie dei nodi adiacenti, come si può vedere in questa foto che mostra esemplari in crescita emersa:

Proserpinaca
Proserpinaca in forma emersa

La forma delle foglie è estremamente variabile, potendo passare da foglia ellittica serrata a forma altamente segmentata (quasi aghiforme): il fenomeno per cui sulla stessa pianta si hanno foglie di forma diversa si chiama eterofillia.
Questa variabilità è così interessante che abbiamo deciso di dedicarle una sezione dedicata a fine articolo, deviando dalla classica struttura delle schede sulle piante del sito.

Per quanto riguarda invece il colore, può variare dal verde, al giallo, fino al rosso violaceo; questo in generale dipende da fattori quali illuminazione, fertilizzazione e valori dell’acqua.

La crescita è sostanzialmente verticale nella fase sommersa mentre, quando avviene l’emersione, può crescere anche parallelamente al livello dell’acqua, mantenendo sempre la sommità verticale e rialzata. Nel complesso può raggiungere lunghezze anche di due metri e altezze in emersione di quaranta centimetri circa.

Quando emersa, può produrre fiori e frutti, piuttosto piccoli (sotto ai due millimetri di diametro). La produzione di frutti avviene nel periodo estivo, indicativamente tra giugno e ottobre nell’emisfero settentrionale.

Coltivazione di Proserpinaca palustris

Rispetto a qualche anno fa, trovare in commercio Proserpinaca palustris è molto più facile, essendo disponibili anche varie proposte da coltivazione in vitro a prezzo del tutto accessibile. Oltre a questo tipo di offerta, vengono normalmente venduti anche steli da coltivazione emersa e, ovviamente, non mancano le potature scambiate fra acquariofili. Per cui, per procurarsela, non è più necessario fare lunghe e costose cacce alla pianta!

Vediamo quindi come coltivarla.

Crescita e propagazione

Quale che sia la forma in cui ci viene data la pianta, è sufficiente inserire lo stelo nel substrato, eventualmente accorciandolo se è troppo alto (una decina di centimetri totali va bene).

Lo stelo, una volta ambientato, inizierà a crescere, emettendo radici, producendo nuove foglie e, probabilmente, perdendo quelle vecchie.
I tempi di ambientamento possono essere variabili e probabilmente saranno più lunghi per piante da coltivazione emersa e per quelle da coltivazione in vitro.

Una volta che lo stelo si è sufficientemente irrobustito, si può tagliare via la parte vecchia e tenere solo la parte cresciuta nel nostro acquario, semplicemente ripiantandola.
Se si vuole riprodurre la pianta, invece, dopo aver rimosso e ripiantato la parte alta dello stelo, è sufficiente tenere piantata anche la parte bassa: dopo qualche tempo, quest’ultima produrrà uno o più getti laterali, dai quali potremo ottenere ulteriori steli.

Fattori per la crescita

In base all’aspetto che vogliamo far ottenere alla pianta, è necessario regolare il livello di cure da dedicare a essa, ricordando che a una certa fertilizzazione vanno associate anche appropriata illuminazione e valori dell’acqua, come ci ricorda la Legge del Minimo.

Senza particolare fertilizzazione e con luce debole, Proserpinaca sarà molto probabilmente con foglie verdognole o al più giallognole nella parte alta, con una crescita piuttosto lenta e un aspetto che potrebbe lasciare indifferenti, come in questa foto:

Proserpinaca verdeAumentando invece illuminazione e fertilizzazione, si possono invece ottenere steli dal colore arancione-rosso piuttosto vivo:

Proserpinaca rossa

pH e durezze

In generale, essendo una pianta che può emergere, beneficia di erogazione di anidride carbonica: una pianta emersa ha accesso agevole al carbonio presente nell’atmosfera mentre nell’acqua la quantità di carbonio disciolto è minore e limitata. Non è tuttavia una pianta che adora pH bassi, crescendo in natura in ambienti con pH al più poco sotto la neutralità (pH tra 6.5 e 7), quindi occorre regolare l’erogazione di conseguenza.

Per quanto riguarda le durezze, non dovrebbero essere troppo basse: indicativamente mirerei a valori di 4-6 punti per ciascuna durezza. Questi valori aiuteranno anche a contenere il calo di pH dato dall’erogazione di CO2.

Rimane comunque possibile coltivarla senza erogazione artificiale, purché si mantengano gli altri fattori (luce, fertilizzanti) proporzionati.

Fertilizzazione

La fertilizzazione, invece, dovrà essere proporzionata alla quantità di luce e di anidride carbonica erogata o meno.
Una fertilizzazione completa è fondamentale mentre non è necessario esagerare con le quantità di concimi, in particolare per quanto riguarda i macroelementi. Notevoli quantità di azoto o fosforo, ad esempio, non solo sono dannosi per i pesci e le piante ma possono anche risultare controproducenti per lo sviluppo di colorazioni rosse nelle piante.

Paradossalmente, un’assenza di fertilizzazione – dove la pianta è nutrita solo dagli elementi portati dai cambi d’acqua e dagli alimenti dei pesci – potrebbe dare comunque buoni risultati, se unita a una proporzionata illuminazione.

Limitando, infatti, la somministrazione di elementi nutritivi, avremo una crescita più lenta delle piante e questo ci consentirà di seguirne meglio lo sviluppo e correggere i parametri ove necessario.

Posizione

Essendo una pianta a stelo che può raggiungere la superficie con facilità, è consigliabile un posizionamento nella parte posteriore, in modo da non nascondere o ombreggiare altre piante, magari più basse o più lente nella crescita.

È anche una buona pianta per creare un punto focale, grazie a colore a forma molto particolare: penso ad esempio ad un gruppetto di steli con le cime rosse in mezzo a piante di colore verde.

Proserpinaca palustris
Alcuni steli sullo sfondo

Forma delle foglie di Proserpinaca palustris

L’eterofillia è quel fenomeno per cui si hanno, sulla stessa pianta e talvolta sullo stesso stelo, foglie di forma diversa. Proserpinaca palustris è una specie in cui questa varietà nella forma delle foglie può essere molto marcata e ciò ha attratto l’attenzione dei botanici da tempo.

Nel 1902, ad esempio, abbiamo un articolo di William B. McCallum[3], seguito, due anni dopo, da uno di George P. Burns[4]. Seguono poi due articoli degli anni Sessanta, il primo da parte di Graham J. Davis[5] e il secondo da Barbara L. Smith[6], giusto per citare alcuni lavori sull’argomento.

Riassumo brevemente i risultati trovati, che ci consentono di determinare in base a quali fattori cambia la forma delle foglie di questa pianta.

Foglie emerse e foglie sommerse

Proserpinaca palustris può produrre sostanzialmente due tipi di foglie:

  1. foglie con il bordo lanceolato e con margini serrati; queste foglie sono tipiche della crescita emersa;
  2. foglie altamente segmentate, quasi aghiformi; queste foglie sono tipiche della crescita sommersa.

Questi due tipi sono “estremi”, nel senso che possono essere possibili anche forme intermedie.

I fattori che possono influenzare la crescita di un tipo di foglia rispetto all’altro sono risultati essere principalmente i seguenti:

  • ambiente emerso o sommerso
  • fotoperiodo
  • intensità luminosa
  • temperatura

Vediamoli!

Ambiente emerso o sommerso

Come si può intuire, lo sviluppo di foglie dentro o fuori dall’acqua influenza direttamente la crescita di uno o dell’altro tipo di foglia.

È stato osservato che il passaggio completo da forma emersa a sommersa richiede circa due settimane con una produzione da 10 a 20 foglie circa durante la transizione, a seconda della presenza di un fotoperiodo più o meno lungo, rispettivamente.

Fotoperiodo

Il fotoperiodo, ovvero la durata della luce giornaliera, influenza principalmente la forma delle foglie emerse.

In particolare, le foglie emerse con un fotoperiodo di 16 ore porta alla produzione di foglie con margini serrati mentre un fotoperiodo di 8 ore porta alla produzione di foglie altamente segmentate.

Scambiando i fotoperiodi, si è osservato che il “cambio di forma” richiede:

  • circa sei settimane e 30 foglie in media per le piante spostate da fotoperiodo corto a lungo;
  • circa quattro settimane e 10 foglie intermedie per le piante spostate da fotoperiodo lungo a corto.

Si è osservato, inoltre, che per le piante completamente sommerse non sono così grandemente influenzate dalla durata del fotoperiodo anche se un fotoperiodo più lungo aiuta ad avere foglie più ampie/meno segmentate.

In entrambi i casi (parti sommerse ed emerse), la durata del fotoperiodo influenza la lunghezza degli internodi e, in particolare, per le piante sommerse un lungo fotoperiodo porta ad avere internodi più corti e una crescita parallela al pelo dell’acqua, quando raggiunto.

Intensità luminosa

Lunghi fotoperiodi uniti a elevata intensità luminosa (circa 97000 lumen/m2 ovvero intensità costante come fosse piena luce del Sole di mezzogiorno) portano allo sviluppo di foglie serrate anche in piante sommerse.

L’intensità luminosa non sembra avere effetti sulla forma delle foglie durante la crescita emersa anche se le foglie tendono a essere più larghe in caso di bassa intensità luminosa.

Temperatura

La crescita sommersa passa da segmentata a serrata se la temperatura dell’acqua supera i 29 °C; oltre a questo, gli internodi si allungano con l’aumento della temperatura.

Altri fattori

Da quanto indagato, non sembrano state trovate chiare dipendenze nella forma delle foglie rispetto ad altri valori dell’acqua, quali pH o sali disciolti. Ad esempio, sono state ripetute prove in parallelo in acqua distillata e in acqua concimata e i risultati sono stati i medesimi.

Meccanismi di cambio della forma delle foglie

In alcuni degli articoli precedentemente citati, dai quali sono stati ricavati i risultati riassunti, e in un altro dedicato all’argomento[7], sono spiegati i meccanismi interni alla pianta che portano al cambio di forma delle foglie in risposta ai fattori esterni.

Si tratta di dettagli che possono non interessare all’acquariofilo, per cui non entro nei particolari. Lascio comunque tutti gli articoli nella Bibliografia a fondo scheda così chi è interessato può andare ad approfondire.

Forma delle foglie in acquario di Proserpinaca palustris

In acquario, da quanto visto, la forma delle foglie può dipendere principalmente da durata del fotoperiodo e intensità luminosa. Pur non potendo raggiungere i livelli della luce del Sole (si tratterebbe, a spanne, di 500 W di LED  ad altissima efficienza concentrati su un acquario di medie dimensioni), l’influenza certamente c’è.

Quindi fotoperiodi lunghi abbinati a buone intensità luminose possono portare allo sviluppo di foglie serrate, mentre fotoperiodi più brevi e minori intensità luminose possono portare a foglie più segmentate.

Per dare un’esempio, nella foto seguente, abbiamo una Proserpinaca cresciuta con fotoperiodo breve (circa 8 ore a piena potenza) e intensità luminosa media (secondo i miei calcoli, sempre a spanne, era sui 25000 lumen/m2, quindi un quarto circa dell’intensità piena del Sole e degli esperimenti citati in precedenza).

ProserpinacaPossiamo vedere che le foglie sono abbastanza segmentate ma non tanto da essere praticamente aghiformi: il che torna con gli esperimenti e gli articoli, poiché il fotoperiodo è breve (=foglie segmentate) ma la luce è mediamente intensa (=foglie serrate).

Ovviamente, se anche voi avete delle Proserpinaca, proviamo a vedere la forma delle foglie per cercare conferme (o eccezioni) a quanto trovato: ne possiamo parlare direttamente nel forum!

Conclusione

Proserpinaca palustris è una pianta per acquario dall’aspetto variabile e, in base a come la coltiviamo, può avere anche colori diversi. Ultimamente risulta abbastanza facile trovarla e la coltivazione risulta relativamente semplice.

La pianta è robusta e dunque si possono fare alcuni tentativi di miglioramento della coltivazione, se necessari, senza rischio di perdere la pianta (ma facendo sempre attenzione alle esigenze degli altri ospiti dell’acquario).

La forma delle foglie è altamente variabile e abbiamo mostrato alcuni studi che hanno individuato i fattori maggiormente influenti, che ci consentono di ignorare fattori che invece hanno poca influenza.

Buona coltivazione!


Bibliografia e Crediti

Foto pianta in fiore: By Robert H. Mohlenbrock. USDA SCS. 1989. Midwest wetland flora: Field office illustrated guide to plant species. Midwest National Technical Center, Lincoln. Courtesy of USDA NRCS Wetland Science Institute. – USDA-NRCS PLANTS Database / USDA SCS. 1989. Midwest wetland flora: Field office illustrated guide to plant species. Midwest National Technical Center, Lincoln., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=21959557

Foto pianta emersa: By Michael Ellis – https://www.inaturalist.org/observations/13315125, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=73145511

[1] Catling, P. (1998). A Synopsis of the Genus Proserpinaca in the Southeastern United States. Castanea, 63(4), 408-414. Retrieved November 13, 2020, from http://www.jstor.org/stable/4033995
[2] Planisfero di pubblico dominio con dati da Chen, L. et al. (2014), Hystorical biogeography of Haloragaceae: An out-of-Australia hypothesis with multiple intercontinental dispersals. doi:10.1016/y.mpev.2014.04.030
[3] McCallum, W. B. (1902). On the nature of the stimulus causing the change of form and structure in Proserpinaca palustris. Botanical Gazette, 34(2), 93-108.
[4] Burns, G. P. (1904). Heterophylly in Proserpinaca palustris, L. Annals of Botany, 18(72), 579-587.
[5] Davis, G. J. (1967). Proserpinaca: photoperiodic and chemical differentiation of leaf development and flowering. Plant physiology, 42(5), 667-668.
[6] Schmidt, B. L., & Millington, W. F. (1968). Regulation of leaf shape in Proserpinaca palustris. Bulletin of the Torrey Botanical Club, 264-286.
[7] Kane, M. E., & Albert, L. S. (1987). Integrative regulation of leaf morphogenesis by gibberellic and abscisic acids in the aquatic angiosperm Proserpinaca palustris L. Aquatic botany, 28(1), 89-96.

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Esclusivo: scoperta nuova specie! https://acquario.top/scoperta-nuova-specie-koi/ https://acquario.top/scoperta-nuova-specie-koi/#comments Tue, 31 Mar 2020 23:04:43 +0000 https://acquario.top/?p=4900 In questa scheda vogliamo condividere i risultati di uno studio che presenta al mondo una nuovissima specie, mai vista prima. Per prima cosa vedremo come si è giunti alla scoperta della specie, dopodiché produrremo una breve scheda riassumendo i risultati ottenuti. Alla scoperta di una nuova specie La scoperta è riassunta in uno studio pubblicato […]

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In questa scheda vogliamo condividere i risultati di uno studio che presenta al mondo una nuovissima specie, mai vista prima.

Per prima cosa vedremo come si è giunti alla scoperta della specie, dopodiché produrremo una breve scheda riassumendo i risultati ottenuti.

Alla scoperta di una nuova specie

La scoperta è riassunta in uno studio pubblicato dall’equipe della dottoressa Thysa Lye, dell’Indipendente Università del Sol Levante di Yokohomo.
Questo studio sarà pubblicato su una prestigiosa rivista del settore, tuttavia, in attesa di risultati definitivi, il team sta postponendo la pubblicazione ufficiale.

Vi proponiamo, quindi i risultati finora ottenuti, con i dati raccolti e le esperienze maturate.

I dati sono stati riportati nell’ordine in cui sono stati mano a mano pubblicati.

Habitat di rinvenimento

La spedizione è partita dalla foresta di bambù di Arashigano e Sayama, un’area naturale protetta circa a due terzi del Giappone.

Gli habitat sono piccoli corsi d’acqua…

Tadasu no mori

… che si uniscono e diventano corsi più consistenti

Togetsukyo Bridge

… fino a sfociare nel mare.

Il clima è sereno e mite, le temperature piacevoli. La brutta stagione è passata. L’aria è frizzante.
Le acque sono CCS (clear-cool-soft), secondo la classificazione Stonark. Questo equivale ad acque povere di tannini, con temperature comprese tra i +5 e i +20°C e durezze basse.

Le località di rinvenimento sono registrate in maniera accurata, grazie all’unione dei sistemi di posizionamento e al tracciamento delle reti 5G.

Nel dettaglio, la specie è stata ritrovata in un habitat, localizzato precisamente con uno scarto inferiore a 1000 里 dalle coordinate 4P16E [43.14159265359, 162.71828182846].

Sono stati raccolti alcuni esemplari per effettuarne la descrizione. Gli esemplari sono stati successivamente allevati in acquario, in quanto si tratta di una specie molto particolare e di aspetto peculiare.

Nella prossima pagina abbiamo riassunto sotto forma di scheda le esperienze ottenute.

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Petsfestival… .top https://acquario.top/petsfestival-top/ https://acquario.top/petsfestival-top/#respond Sun, 01 Dec 2019 10:06:00 +0000 https://acquario.top/?p=4723 Che siate riusciti a passare o meno al Petsfestival di quest’anno, abbiamo pensato potesse essere utile fare un piccolo resoconto di quello che abbiamo fatto, così da tenere traccia dell’esposizione e consentire di rivedere gli allestimenti proposti. Petsfestival 2019 Prima di cominciare, facciamo una piccola riflessione riguardo l’edizione 2019 della manifestazione. Ci ha fatto molto […]

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Che siate riusciti a passare o meno al Petsfestival di quest’anno, abbiamo pensato potesse essere utile fare un piccolo resoconto di quello che abbiamo fatto, così da tenere traccia dell’esposizione e consentire di rivedere gli allestimenti proposti.

Petsfestival 2019

Prima di cominciare, facciamo una piccola riflessione riguardo l’edizione 2019 della manifestazione.

Acquario.top al Petsfestival 2019

Ci ha fatto molto piacere poter essere presenti ed esporre al pubblico la nostra idea di acquariofilia. Ancor più piacere e soddisfazione ci ha dato la curiosità delle molte persone, anche non addette ai lavori, che si sono fermate a chiedere informazioni o solo per soddisfare qualche piccola curiosità.

Nascendo come sito divulgativo, spiegare quello che facciamo, quello che vogliamo ottenere e quello che abbiamo ottenuto è davvero il fine ultimo dei nostri sforzi, che possiamo dire essere stati ben ripagati durante i due giorni di fiera.
Far vedere allestimenti ispirati agli ambienti naturali e studiati in base alle conoscenze sulle specie ha attirato più attenzione di quanta sinceramente ci aspettavamo.

Divulgazione Acquario.top

Crediamo, come gruppo, che dare occasioni di apprendimento e accrescimento culturale, in forma semplice ma scientificamente corretta, sia molto importante anche in fiere aperte a tutti. Così facendo si aumentano consapevolezza e conoscenza, riuscendo a elevare culturalmente l’hobby dell’acquariofilia che tanto apprezziamo.

È stata quindi una bellissima avventura e speriamo sia la prima di una lunga serie di esperienze simili!

Ringraziamenti

Senza il fondamentale supporto di queste persone non sarebbe stato possibile organizzare quello che abbiamo fatto:

  • Mario Bertocco, che ci ha permesso di avere lo spazio espositivo;
  • Lorenzo Tarocchi, che ci ha preparato gli acquari e l’illuminazione, con Auryfish che ci ha donato alcuni dei pesci esposti;
  • Roberto Pellegrini con Area Palustre – Vivaio & Collezione Piante Acquatiche, che ci ha fornito le piante emerse per l’allestimento dei Betta coccina;
  • i “vicini di stand” di Associazione Italiana Betta e di Associazione Italiana Killifish che, oltre ad aver fatto fronte comune con le tematiche affrontate, sono stati disponibilissimi ad aiutarci sia dal lato organizzativo sia dal lato umano in questa nostra prima esperienza.

Ringraziamo inoltre altri espositori che sono venuti a fare quattro chiacchiere, come Davide Landolfo il quale, dopo aver montato lo stand di Zoominimarket, si è messo ad aiutarci con i cambi d’acqua e i dosaggi o come i ragazzi dell’Associazione Italiana Ciclidofili che ci mandavano in continuazione appassionati!

Ci hanno dato moltissima soddisfazione e ci hanno rincuorato l’apprezzamento, i consigli e gli spunti per migliorare di Heiko Bleher (non occorrono presentazioni) e di Michael Salter, membro della giuria del Biotope Aquarium Design Contest.

Infine, ma non meno importante, un enorme ringraziamento a tutti quelli che sono passati e si sono anche solo fermati a guardare. Vedere l’interesse, dare un volto a certe persone viste solo online o nei social, confrontare le opinioni e condividere le conoscenze o i trucchi del mestiere sono tutti motivi che ci spingono a fare di più e a cercare di riproporre l’esposizione, più in grande e in meglio!

Stand al Petsfestival

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Incontri Ravvicinati con il genere Cichla https://acquario.top/incontri-ravvicinati-genere-cichla/ https://acquario.top/incontri-ravvicinati-genere-cichla/#respond Wed, 18 Sep 2019 19:25:11 +0000 https://acquario.top/?p=4476 Con i pesci del genere Cichla bisogna pensare in GRANDE, ci dice Ivan Mikolji. Andiamo alla scoperta dell’ambiente naturale di questo magnifico genere di pesci e vediamo da quanto osservato come si può progettare un acquario adeguato per loro. Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio! Incontri ravvicinati con il […]

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Con i pesci del genere Cichla bisogna pensare in GRANDE, ci dice Ivan Mikolji.
Andiamo alla scoperta dell’ambiente naturale di questo magnifico genere di pesci e vediamo da quanto osservato come si può progettare un acquario adeguato per loro.

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio!


Incontri ravvicinati con il genere Cichla

Se potessimo trasformarci in un pesce, quale sceglieremmo?
Il primo che mi è venuto in mente è un altum, perché è il mio pesce preferito, ma mi sono subito fermato e mi sono preso qualche momento per analizzare meglio la questione. Gli altum sono fortemente minacciati nel loro ambiente naturale, dunque non è una buona scelta.
Sebbene adori i cardinale, certamente non vorrei essere uno di quei pesciolini che vengono mangiati dalla maggior parte degli altri: pretendo di stare alla cima della catena alimentare!
Quindi ho cominciato a pensare alle piragna, ma no!, spesso mangiano carogne, che danno pesantezza allo stomaco. Poi sono passato ai pesci lupo [NdT: Anarhichas lupus]… troppo aggressivi.
E che dire delle anguille elettriche? Troppo pizzicose!
Infine, ho pensato ai Cichla: hmmmm… niente di negativo, solo vantaggi.

Fiume Orinoco
Fiume Orinoco, Venezuela.
Fiume Cinaruco
Fiume Cinaruco, Venezuela.
Palme moriche
Palme moriche (Mauritia flexuosa).

Quello dei Cichla è un genere di pesci che sono comunemente chiamati, in inglese, Peacock bass e, lasciatemelo dire, sono fra quei pesci che è sempre un piacere osservare in natura.
Nuotano in maniera maestosa, alla giusta velocità – né troppo piano, né troppo veloci. Fanno sempre le loro attività da Cichla e le fanno perfettamente. Quando nuotano, nuotano con un piano: sanno dove stanno andando. La forma del corpo, i colori meravigliosi e le livree sono una delizia da osservare.

Se confrontati con la maggior parte degli altri pesci, i Cichla sono piuttosto timidi. Solo pochi Cichla più navigati ti si avvicinano e ti guardano fisso: ti analizzano. Questi sono gli Incontri Ravvicinati con il genere Cichla.
Non appena si annoiano, nuotano via, riprendendo i loro affari quotidiani.

Ci sono attualmente circa 15 specie descritte, tutte limitate al Sud America. In Venezuela ne abbiamo cinque e quella più diffusa e numerosa è Cichla orinocensis.

Quindi, sono questi i pesci da sogno per l’acquario? Sì, lo sono, e puoi tenerli, se hai un acquario molto grande, lungo almeno due metri e mezzo e largo almeno 90 centimetri. Qui le dimensioni contano: tanto maggiori, tanto meglio!

I Cichla sembra abbiano un territorio, un po’ come i leoni o altri predatori terrestri, e sembra lo conoscano a memoria. Sebbene, crescendo, tendano a muoversi in habitat diversi, mantengono sempre un territorio specifico in questi habitat. Ho avuto modo di fotografare esemplari con tratti caratteristici anno dopo anno, sempre nella stessa posizione.

I Cichla nascono in grandi spazi acquei come i fiumi principali e i laghi. Quando raggiungono i 15 cm circa di lunghezza, una parte migra nei corpi d’acqua minori, come tributari o affluenti dei fiumi maggiori e dei laghi. Lì spendono una parte della loro vita nutrendosi e crescendo. Una volta raggiunti i 35-40 cm, abbandonano definitivamente questi piccoli corsi d’acqua e tornano nei corsi principali.

I Cichla sono pesci pelagici che trascorrono la loro vita nuotando nelle acque aperte e non in prossimità del fondo. Anche se tendono a nuotare vicino alle rive dei fiumi, non vivono nella zona litorale: si limitano a nutrirsi.
Nelle acque aperte e profonde non c’è un menu tanto lungo da cui scegliere. Lì i pesci o sono troppo grandi o hanno ottimi meccanismi di difesa.
Le mie osservazioni concludono che i Cichla vivono nell’area di transizione fra le rive e le acque aperte. Quindi, se volessi imitare in acquario il loro habitat, dovrebbe essere presente solo acqua? Per certi versi questo è corretto, sebbene un biotopo per Cichla debba essere adattato alle dimensioni e all’età del pesce, se si vuole mirare alle riproduzioni. Un acquario di biotopo per un Cichla adulto non è lo stesso per un giovanile, come spiegherò nel seguito dell’articolo.

Ho tenuto numerose specie diverse del genere Cichla e, in generale, un acquario di biotopo per loro deve prevedere ampie zone libere con poche decorazioni, se non nessuna. L’arredo di questo acquario di biotopo sarà maggiormente diretto a far felici i pesci che vivranno con i Cichla, più che i Cichla stessi.

Le specie che possono convivere con i Cichla sono piuttosto limitate. Le poche opzioni includono alcuni grandi pesci gatto e razze di fiume. In natura, i Cichla si possono osservare nuotare a fianco di Semaprochilodus kneri, grandi ciclidi come Heros severus, grandi appartenenti al genere Geophagus, grandi Satanoperca o Crenicichla.

Quando dico grandi, intendo grandi almeno quanto i Cichla stessi.
Non tenere piccoli Corydoras o pesci come Otocinclus assieme a loro: a volte vengono ingeriti con conseguenze tragiche per i Cichla. Un buon coperchio è altresì neccessario, poiché un pesce in fuga potrebbe saltare fuori dall’acquario.

Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.
Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.
Cichla orinocensis
Cichla orinocensis, Rio Apure, Venezuela.

I Cichla sembrano ben vivere in tutti i tipi di acque o di ecosistema acquatico dove riescono a trovare grandi quantità di cibo. Li ho osservati in quasi tutti i corsi d’acqua che ho visitato nel bacino dell’Orinoco. Sembrano ben sviluppati anche nei bacini e nei corsi artificiali dove sono stati introdotti; esempi di queste introduzioni sono le Everglades negli Stati Uniti o il Lago di Maracaibo nel Venezuela.
I parametri dell’acqua più frequenti sono un pH fra 5.5 e 6.5 e una temperatura fra i 25 e i 27 °C.

In Venezuela sono gli unici pesci d’acqua dolce protetti dalla legge. È consentito tenerne solo due esemplari quando si pesca. Questa forma di tutela li ha salvaguardati  dal venire pescati eccessivamente e possono quindi essere visti frequentemente in natura. A volte, però, mi chiedo perché siano l’unica specie protetta. Penso si riesca a vederli troppo spesso proprio perché sono gli unici protetti. Però, la tutela e le limitazioni hanno senso e funzionano.
Gli individui più grandi di solito si vedono da soli o in coppia, mentre gli adolescenti spesso sono in gruppetti fino a venti esemplari o poco più. Più le acque sono chiare e più tendono a fare gruppi.

Ho visto grandi femmine prendersi cura dei loro piccoli. Credo sia una delle scene più impressionanti che abbia visto sott’acqua. Centinaia di “bambini” da 5-6 cm seguono la loro mamma, che va in giro a nutrirsi. Lei quindi si avvicina alle rive del fiume poco profonde e ricche di vegetazione e quindi ci nuota in mezzo. Questo disturba e spaventa centinaia di piccoli pesci e gamberetti, che si nascondono o vivono fra la vegetazione, e che ora scappano nelle acque aperte, dove diventano cibo per pesci e facili prede per i piccoli Cichla.
Questa è un po’ come l’istruzione domestica, con un continuo insegnamento. Crescendo, i Cichla perfezionano le loro abilità di caccia: imparano anche a fare gli agguati, molto affascinanti da osservare.

Si può vedere un bell’esempio di queste abilità nella The Fish Guys Expedition 2 part 17, a partire dai 33:59.

Quando ho filmato questo agguato di un giovane Cichla orinocensis contro un testarossa Hemigrammus rhodostomus, sono rimasto colpito.
Qui è dove centinaia di ore di osservazioni subacquee vengono in aiuto e ti consentono di catturare il momento. Quel che ha attratto la mia attenzione è stato il nuoto troppo lento e troppo vicino al fondo del Cichla. Questo mi ha fatto immediatamente fermare e concentrare l’attenzione su di esso. Come ho detto prima, i Cichla nuotano sempre in maniera perfetta e se non lo fanno, o c’è qualcosa che non va o sta succedendo qualcosa di interessante.

Tornando a noi, il Cichla nuotava lentamente e molto vicino al fondo verso una grosso legno mezzo sprofondata nella sabbia. Avvicinatosi al legno, ha cambiato completamente colore e livrea, passando da una graziosa varietà di colori a un marrone scuro uniforme, molto simile a quello del pezzo di albero.
Quindi ha ispezionato il legno e trovato un’apertura cava, simile a una grotta, dove è entrato, scomparendo. Dopo un paio di secondi, è uscito appena con la testa, giusto il necessario per osservare i pesci che passavano nelle vicinanze. Poiché la “grotta” gli consentiva di vedere in una sola direzione, dove non c’erano pesci in vista, ha deciso di uscire e aspettare nei pressi del legno, in una posizione dalla quale poteva vedere in tutte le direzioni. Lì si è fermato, rimanendo immobile. Non appena ha ritenuto il testarossa entro il suo raggio d’azione, ha colpito alla velocità della luce.

Riguardando il filmato al rallentatore, osserviamo che i Cichla hanno un’ottima distanza di scatto, confermando che un acquario di grandi dimensioni è essenziale.
Avevo già osservato in precedenza dei Cichla nascondersi dietro a piante acquatiche ma mai nascondersi dietro ai legni per fare agguati alle prede.

Cichla Peacock Bass Cichla Peacock Bass

Cichla orinocensis nel loro ambiente naturale.

Quando si progetta per tenere i Cichla bisogna pensare in GRANDE. Richiedono GRANDI quantità di cibo e un GRANDE acquario perché quando crescono diventano GRANDI.
Ho visto troppi acquari con Cichla scheletrici, affamati da un’alimentazione “a giorni alterni”. I Cichla richiedono uno o due grossi pasti al giorno per mantenere il peso ideale.

Ricordo di aver visitato un acquario pubblico e di aver visto un Cichla rachitico in uno degli acquari. Dopo averlo fatto notare a un “manager” che mi stava facendo la visita guidata, mi ha risposto: “lo chiamiamo mazza da baseball”. Non appena si è accorto che la battuta non mi faceva ridere, ha detto imbarazzato: “cominceremo a nutrirlo di più”.
Quel pesce probabilmente non si è più ripreso. Una volta che un Cichla diventa troppo magro è molto difficile recuperarlo.

I Cichla sono ben conosciuti nella comunità dei pescatori come ottimi pesci per la pesca sportiva.
Localmente sono considerati dalle popolazioni indigene come un’eccellente fonte di cibo.

Oh, credo di aver appena pensato a un lato negativo: se vieni pescato nell’ambiente naturale da qualcuno del luogo, sicuramente ti mangerà!
Anche se la gente dice che i Cichla siano i migliori pesci d’acqua dolce da mangiare, personalmente li trovo un po’ secchi – i Geophagus sono molto meglio.

Peacock bass


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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Lo Spaventacory – Corydoras aeneus in natura https://acquario.top/corydoras-aeneus-in-natura/ https://acquario.top/corydoras-aeneus-in-natura/#respond Wed, 08 May 2019 08:53:22 +0000 https://acquario.top/?p=4228 Com’è l’ambiente naturale di Corydoras aeneus? In questo articolo, Ivan Mikolji ci accompagna in un loro habitat naturale, facendoci vedere come vivono questi pesci e quali siano i loro comportamenti e le loro abitudini (e no, non includono stracci o aspirapolvere). Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio! Lo Spaventacory […]

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Com’è l’ambiente naturale di Corydoras aeneus?

In questo articolo, Ivan Mikolji ci accompagna in un loro habitat naturale, facendoci vedere come vivono questi pesci e quali siano i loro comportamenti e le loro abitudini (e no, non includono stracci o aspirapolvere).

Ringraziamo Ivan Mikolji per averci permesso di condividere anche questo suo viaggio!


Lo Spaventacory – Corydoras aeneus in natura

Ivan Mikolji al lavoro in un corso d'acqua

Sono in piedi, fermo, in mezzo al corso d’acqua. Il cielo è azzurro e senza nuvole, il Sole risplende. Una brezza tropicale molto delicata fa ondeggiare il fogliame che a occhio è venti metri più in alto. Ragazzi, qui gli alberi sono proprio alti!

Albizia saman
Fotografia di Ivan Mikolji di un albero della pioggia, Albizia saman, nel suo ambiente naturale.

Adoro la brezza poiché dà sollievo dal caldo rovente e disturba alcuni insetti ematofagi. L’altro lato della medaglia è che la stessa brezza che tiene lontani gli insetti ti riempie di quelli che io chiamo “insetti kamikaze”. Questi insetti, che vivono fra i rami più alti degli alberi, sono buttati giù dal vento in grandi numeri.
Credetemi, è difficile stare fermi quando hai un paio di insetti sconosciuti che ti camminano sul collo o, ancora peggio, cercano di avventurarsi nel tuo orecchio. Scaccio gli insetti e ritorno nella mia posizione immobile, come una guardia reale, ma in muta umida.

Termometro
Fotografia di come monitoriamo la temperatura in un corso d’acqua.

Ci sono due colori dominanti: verde e marrone. La superficie dell’acqua riflette il verde di tutta la vegetazione e, poiché l’acqua è limpida, si riescono a vedere i sedimenti marroncini sul fondo, aggiungendo ancora gli stessi colori ad un mondo bicromatico incredibilmente meraviglioso.
L’acqua è attorno ai 28 °C, con una debole corrente che scorre su rocce di tutte le misure.

Questo, amici, è un tipico corso d’acqua della Cordigliera della Costa.
La Cordigliera della Costa è il gruppo di montagne che corre lungo la costa centro-orientale del Venezuela.

Cordigliera della Costa
Fotografia della Cordigliera della Costa, monte Zapatero, Guaquira, Yaracuy, Venezuela.
Panoramica di un biotopo naturale
Panoramica di un biotopo naturale (Yaracuy, Venezuela).

Tornando a noi, sono ancora in piedi, fermo, al centro del corso d’acqua. Come al solito, sto indossando il mio vecchio e fedele cappello di paglia.
Scommetto tutto sul fatto che se rimango a lungo, abbastanza a lungo, non sembrerò una minaccia per i Corydoras bronzei – Corydoras aeneus – che vivono in questa sezione di fiume.

Corydoras aeneus è una specie relativamente piccola, bentica, di pesci siluriformi [NdT: Callichthyidae], piuttosto comune nell’hobby acquariofilo.
Corydoras aeneus ha la capacità di respirare aria attraverso l’intestino quindi è possibile vederli nuotare in superficie a prendere una boccata d’aria per poi tornare immediatamente sul fondo; è probabile che l’aria sia di aiuto anche per la digestione.

Corydoras aeneus selvatico
Corydoras aeneus selvatico nel suo ambiente naturale.

So, per esperienza, che i pesci si abituano piuttosto velocemente alla mia presenza, solitamente in un’ora o due.
Ho alcuni rituali che potrebbero apparire strani ad un passante ma che per me portano numerosi benefici.
Stando in piedi, decifro l’ecosistema che mi circonda e apprendo il comportamento degli animali attorno a me.

Lasciatemi raccontare quello che sto assorbendo.
Sopra di me, fra tutti gli alberi, quelli che trovo più maestosi sono gli alberi della pioggia Albizia saman, i cui rami si espandono come un gigantesco ombrello e sono piedi di piante epifite.
Sotto di me, i tetra Astyanax metae sono a caccia di insetti kamikaze che cadono in acqua. Sono così rapidi che un quarto del loro corpo esce dall’acqua quando si fiondano per mangiare un insetto, prima che qualcun’altro glielo porti via. Quando colpiscono il loro bersaglio, producono uno schiocco che sembra troppo intenso per essere fatto da un pesce così minuto.
Quando la brezza cessa, la superficie dell’acqua diventa silenziosa e tranquilla e i tetra attendono tranquilli. Quando il vento riprende e gli insetti cominciano di nuovo a cadere, la superficie dell’acqua ricomincia a ribollire e a risuonare in modo imprevedibile.

Gli insetti terrestri devono essere la fonte principale di cibo per così tanti pesci selvatici!

Astyanax metae
Astyanax metae nel suo ambiente naturale.

Il corso d’acqua stesso può essere diviso in pozze, punti piani e rapide. Sto in un’area piana, lunga circa 100 metri, larga 7 e profonda 40 cm ai bordi e 20 verso il centro – sì, è più profonda vicino alle rive.
Un’area piana di un fiume può essere descritta come una piscina poco profonda con la superficie calma e un fondo pressoché uniforme.
Il pH è di 7.5 e il KH attorno a 40 mg/l [NdT: circa 2.2 dKH].
La corrente è piuttosto lenta e l’acqua pulita poiché non piove da giorni.

Corydoras aeneus
Corydoras aeneus nel suo ambiente naturale.

OK, e ora arriva un banco di Corydoras aeneus, qui è dove vivono.

Si trovano solo nei punti piani del corso d’acqua; non vivono nelle pozze o nei punti dove la corrente è forte.
Sono pressoché al centro del fiume, rivolto verso la riva destra, che è illuminata meglio dalla luce del sole a quest’ora del giorno.
Cerco di stare il più immobile possibile e di tenere traccia mentale di quel che vedo.

I Corydoras nuotano controcorrente e inizio a contarli ma perdo il conto a 8: si muovono troppo in fretta e sono troppi! Ce ne saranno più o meno 150 che nuotano a zig-zag senza mai fermarsi.
Zig-zagando nell’acqua, di fronte ai miei piedi, la mia bocca si apre per lo stupore: il nuoto a zig-zag è assolutamente intenzionale. Si muovono fra le ombre create dalle fronde 20 metri più in alto.

Stando in piedi lì, le prime cose che mi viene in mente per analogia guardando questi pesci muoversi in gruppo attraverso percorsi intricati sono il sangue che scorre attraverso le vene o automobili che sfrecciano in una superstrada dal progetto folle.

È incredibile osservare come si impegnino a non uscire di strada, sebbene le ombre siano molto deboli.
Li guardo, la lunga linea di esemplari si muove vicino a me, paraurti contro paraurti, passando davanti ai miei piedi.

Due metri più in avanti, sulla mia sinistra, c’è un’area sabbiosa e priva di rocce, all’ombra. Alcuni dei Corydoras rallentano e iniziano a nuotare attorno, formando un cerchio. Questo comportamento mi fa venire in mente le diligenze attaccate dagli Indiani nei vecchi film sul Far West.

Corydoras aeneus, in gruppo
Fotografia a mezz’acqua di Corydoras aeneus, in gruppo, nel loro habitat naturale.

All’improvviso si fermano e si riposano per uno o due minuti, quindi riaccendono i motori e ricominciano a nuotare contro corrente nelle loro autostrade ombrose.
Decido di stare fermo e attendere l’arrivo di un altro gruppo. Non molto più tardi, si avvicina un banco più piccolo, sempre seguendo le stesse regole del precedente ma, avvicinandosi, attraversano rapidamente il corso d’acqua. Non nuotano mai nella parte centrale del fiume, ma quando lo attraversano, lo fanno il più velocemente possibile.
Mi giro attorno lentamente e li osservo scendere il corso d’acqua, vicino all’altra riva, sulla sinistra, che è più rocciosa e meno illuminata. È il percorso di ritorno dei Cory!
Fra le rocce si prendono il tempo per nutrirsi del perifiton [NdT: la microflora che si sviluppa nei substrati, comprendente alghe, batteri, detriti etc] incastrato sulla superficie delle rocce.

Corydoras aenenus nell'habitat naturale
Foto subacquea di Corydoras aeneus, in gruppo, nel loro habitat naturale.

Nelle fessure fra le rocce più grandi le foglie e i ramoscelli si depositano su un fondo di argilla sporca. L’argilla è ricoperta di materiale organico in decomposizione e i Corydoras si tuffano in quella porcheria come se si stessero sotterrando, creando piccole nuvole di detriti. Assomigliano a dei porcellini che si divertono nella melma, scavando alla ricerca del successivo pasto. Quindi questo è il loro posto per alimentarsi.

Il centro e la sposta destra, sabbiose, sembrano troppo pulite o sterili. I Corydoras, in questo corso d’acqua, usano la sabbia pulita sulla destra per risalire e poi mangiano sulla sponda sinistra, rocciosa, scendendo. Mi domando: perché non vanno su e giù solo sul lato sinistro?

Decido di fermarmi ancora, in piedi, a guardare nel verso della corrente, così da poter osservare entrambe le sponde contemporaneamente; qualcosa mi morde sul collo e spiaccico quella che sembra una formica rossa. Vedo i Corydoras scappare, spaventati dal mio brusco movimento.
Sorrido e rido; stando fermo con il mio cappello di paglia sono uno spaventapasseri per i pesci o, meglio ancora, uno spaventacory.

Ivan Mikolji
Ivan Mikolji al lavoro in un fiume. Foto di Orlando Escalante.
Ivan Mikolji
Ivan Mikolji. Foto di Orlando Escalante.
Ivan Mikolji
Ivan Mikolji. Foto di Orlando Escalante.

Dopo aver appreso il comportamento dei Corydoras, il movimento delle acque e l’illuminazione del biotopo, inizio a progettare come digitalizzarli. Comincio a pensare ad un piano per immortalare ogni comportamento.

Poiché io sono chi sono e non riesco a fare le cose se non alla maniera di Mikolji, provo a complicarmi il lavoro e a renderlo il più complesso possibile, portando le tecniche di fotografia al limite e facendo sudare un po’ di più le generazioni successive per potermi superare.

Lancio il cappello sul fogliame a bordo fiume e entro nell’acqua. Striscio verso la riva destra, sopra alla sabbia fine, e cerco un punto ombreggiato dove l’obiettivo della mia fotocamera possa stare metà in acqua e metà fuori.
Mi assicuro di trovare un punto dove ci sia ombra sia vicino all’obiettivo sia lontano, cosicché i Corydoras non appaiano in fila o in un gruppo troppo denso.

Corydoras aeneus nel suo habitat naturale
Corydoras aeneus nel suo habitat naturale (Yaracuy, Venezuela).

Voglio che stiano sparsi, seguendo le ombre vicino alla riva. Sistemo le impostazioni della fotocamera e aspetto immobile; come previsto, passano meravigliosamente davanti alla fotocamera e fanno quel che sanno fare meglio, essere dei cory.

Faccio le stesse cose nello spazio aperto e, di nuovo, mi circondano: sono i modelli migliori con cui lavorare.

Mi rialzo e faccio la riva sinistra, che è più complicata a causa del pulviscolo che alzano quando nuotano o mangiano. Ore di pazienza, tuttavia, ripagano.

Corydoras aeneus nel suo habitat naturale
Corydoras aeneus nel suo habitat naturale.

Finito il lavoro, faccio il mio ultimo rituale, che consiste nel mettere via la fotocamera e stare fermo sott’acqua, fingendo di essere un pesce, e sperare che il tempo si fermi.

Questo articolo è stato pubblicato su:
– Practical Fishkeeping Magazine – Febbraio 2017


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

 

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Come divulgare forte! https://acquario.top/come-divulgare-forte/ https://acquario.top/come-divulgare-forte/#respond Sun, 31 Mar 2019 23:04:04 +0000 https://acquario.top/?p=3947 Così vorresti fare anche tu un sito di acquariofilia, dove puoi parlare dei tuoi pesciolini e di quanto sia bello avere acquari? Non andare oltre: in 5 semplici mosse, ti faremo vedere come non costruire un eccezionale sito di acquariofilia! Alberto Angela GIF from Albertoangela GIFs Step 1 – La Linea Editoriale Come sarà il […]

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Così vorresti fare anche tu un sito di acquariofilia, dove puoi parlare dei tuoi pesciolini e di quanto sia bello avere acquari?
Non andare oltre: in 5 semplici mosse, ti faremo vedere come non costruire un eccezionale sito di acquariofilia!

Step 1 – La Linea Editoriale

Come sarà il tuo sito? Che linea seguirà?

Se vuoi mirare a un grosso giro, il consiglio da seguire è quello di puntare alla pancia dei lettori, quindi scrivere quello che i lettori vogliono sentirsi dire. Tutti amiamo sentirci dire quello che pensiamo, no?
Chiameremo questa cosa Linea Editoriale, per darle un nome altisonante.

Per esempio, per il tuo sito di acquari potresti:

  • parlare male di tutti i commercianti (tranne i tuoi sponsor), il cui scopo è solo quello di venderci costosi e inutili prodotti e pesci morenti non quarantenati;
  • parlare male di tutte le aziende del settore (tranne quelle sponsor), che pensano solo a bruciare le foreste e oliare gli ingranaggi del capitalismo;

  • parlare delle selezioni dei pesci più spinte: sono più colorati e attirano l’occhio (e quindi le visite al sito e le visualizzazioni sui social) – chissene se poi sono più deboli, incapaci di avere i comportamenti naturali o riprodursi;
  • abbassare il livello medio di qualità, così da non farti sembrare un professorone altezzoso lontano dal lettore – bisogna mirare alla pancia, non al cervello;
    • bonus per l’autostima: accontentandoti di far raggiungere risultati mediocri ti consente anche di poterti sentire superiore rispetto a chi legge.

Step 2 – Gli articoli

Per un sito come quello che vogliamo fare servono gli articoli, cioè i materiali che la gente vedrà quando cercherà su Google.

Dobbiamo quindi scrivere questi articoli. Come li scriviamo?

Ecco alcuni consigli che ti dò (non possiamo di certo dirteli tutti, altrimenti qua dobbiamo chiudere baracca, se gli allievi diventano più bravi dei maestri; poi ne risente la nostra autostima).

  • Wikipedia. Tanta Wikipedia.
  • Altri siti, “prendine ispirazione”.

Ho scritto “prendere ispirazione”, se hai capito “copiare”, la malizia è tua…

  • Possono sempre tornarti utili per polarizzare il lettore:
    1. Informazioni parziali
    2. Informazioni vere ma astratte dal contesto
    3. Ipotesi inventate
    4. Drammatizzazione (da fatti veri inventare conseguenze fantasiose)
    5. Dietrologia
  • Abusa del Cherry picking. Gli scienziati definiscono con questa dicitura la fallacia che descrive il fatto di scegliere fra un grande numero di dati o di eventi solo quelli che supportano la tesi. È un caso particolare del bias di conferma. Ovviamente devi dire solo quello che è a tuo favore, altrimenti sembri incerto e poco convincente.
  • Allarmismo. Alla gente fa sempre paura l’allarmismo, specie se mescolato con del sano complottismo. Ergo, attrai lettori. Più traffico per te. E, comunque, a pensare male, a volte si fa centro.
    Inventati qualcosa: chelanti e metalli pesanti nei vaccini e nei concimi, cianobatteri alieni, l’uomo non è mai andato nel Rio delle Amazzoni (è tutto un film), batteri competitori, horror vacui nelle vasche, Big Aquaristik, raggi LED distruttori.

  • Lavora direttamente da casa, dalla tua scrivania: non è necessario avere i pesci per parlarne, né tantomeno averli riprodotti o comunque tenuti con successo.

Step 3 – Immagini e altri dati

Per accompagnare lo scritto, sono utili immagini e altri elementi (video, tabelle, schemi). Se non puoi fare le foto ai pesci di cui stai parlando, magari perché non li hai o ti sono morti prima di riuscire a finire di scrivere l’articolo (succede, capisco benissimo), ti insegno un paio di trucchi per ovviare alla mancanza.

  1. Torna su Wikipedia e prendi le foto da lì. Tanto nessuno su Wikipedia si prenderà la briga di controllare se hai usato la loro immagine. Wikipedia rilascia generalmente con licenza Creative Commons che prevede la citazione dettagliata della fonte. Tutti lo fanno, quindi a Wikipedia andrà bene di certo.

Se Wikipedia non ha la foto che ti serve, non seguire questa sotto-guida:

  1. Vai su Google Immagini;
  2. Cerca l’immagine che ti serve;
  3. Taglia i watermark, ruota di qualche grado, cambia contrasto/saturazione dell’immagine;
  4. Pubblicala come tua e prenditi i meriti!

Step 4 – Collaboratori

Mandare avanti un sito da soli è un po’ pesante, quindi dovresti cercare altri sch… autori che ti aiutino a stendere materiali.

Fa’ scrivere loro gli articoli e, importantissimo, prima di pubblicarli cambia dove necessario in maniera da rispettare la Linea Editoriale (se non ricordi cos’è, torna allo Step 1).
Usa quanto detto allo Step 2 per avere un articolo interessante e che non complichi la tua vita di novello editore.

Nel caso particolare di una traduzione, ricorda sempre che vale la legge “traduttore=traditore”, quindi modifica senza tanti pensieri dove necessario, sempre per ottenere quanto ti ho spiegato agli Step 1 & 2.

Fondamentale: infila nei tuoi Termini di Servizio qualche codicillo che ti pari da qualsiasi pretesa da parte dei tuoi autori. Questa gente che pretende che i suoi articoli rimangano suoi e non vengano modificati… Inaccettabile.

Nel caso che qualche collaboratore si mettesse troppo a pensare, facendoti notare che inventare le cose non va troppo bene per un portale scientifico, ribadiscigli che ti riservi sempre il diritto di avere opinioni, anche sbagliate, pur di preservare la Linea Editoriale.
Se questo continua a rompere, bannalo e diffamalo senza diritto di replica. Tanto non si metterà mai a farti denuncia per una cosa così.

Step 5 – Pubblica

Bisogna rendere ora pubblici i tuoi materiali e comunicare al mondo la tua idea di acquariofilia!

Ti serve un nome per il sito; per il dominio basta che scegli un nome figo e facile da ricordare, tipo acquar.io.
Scherzone! acquar.io è già preso e indovina da chi.

Puoi allora ripiegare su un bel nome evocativo, come acquariofiliacomplottisvelati.it. In alternativa, c’è sempre l’inglese (che fa sempre figo, specialmente agli orecchi di un italiano), come easypeasylemonsqueezyaquarium.blog.

Quindi sgancia il malloppo all’hosting per il nome dominio e lo spazio web, installa qualcosa come WordPress (raccomando il tema TagDiv Newspaper, lo usano tutti ultimamente, LOL).
Inizia a creare gli articoli e spammali ovunque, specialmente nei gruppi dove è vietato mettere link a siti terzi.

Piazza annunci, specialmente quelli video a popup a schermo intero che non si possono chiudere. Profit.

Bonus Step – Aftermath

Dopo il lancio del tuo nuovo sito, ci saranno tipicamente due schieramenti rispetto al sito stesso.

Primo Schieramento

Il primo sarà di quelli che apprezzano i tuoi sforzi e ti difenderanno a prescindere.

Complimenti, hai fondato una nuova setta acquariofila!

Secondo Schieramento

D’altro canto, ci saranno sicuramente gli haters, ovvero quelli che odieranno serialmente il tuo sito a prescindere e, se tutto va bene, si limiteranno a parlar male di te in qualche gruppo privato o area staff.

Quello che ti consiglio è di fregartene:

Se però questo approccio zen (che personalmente amo molto) non funziona, ricorda che c’è sempre il ban hammer, qualora venisse qualcuno a romperti direttamente i cabbasisi.

 

To sum it up (che fighi gli anglicismi)

Che aspetti? Hai tutto per creare il tuo sito di successo!!!

Ci farebbe molto piacere se, dopo aver creato il tuo nuovo e figherrimo sito venissi a mostrarcelo nel forum, dove potremmo festeggiare il tuo successo grazie ai nostri suggerimenti.

Nel forum ti verrà comunicato come farci avere la mazzet… donazione per consentirci di proseguire nelle nostre guide serissime e altamente professionali.

Ci vediamo l’anno prossimo, stesso giorno e sempre all’una e quattro minuti.


Confessioni

Le GIF, come questa,

sono state rubbate a Tenor.com.

Ringrazio Veronica per i suggerimenti in memologia applicata.


Disclaimer:  Il presente articolo viene fornito così com’è e non come adeguato a uno scopo specifico.
Non si rispondono di eventuali problemi, spese, denunziequerele, cali di autostima o infrangimenti di effetti Dunning-Kruger in seguito all’applicazione di quanto spiegato nell’articolo stesso.

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Dai torrenti di montagna alle paludi di mangrovie https://acquario.top/biotopi-acquatici-ghati-occidentali/ https://acquario.top/biotopi-acquatici-ghati-occidentali/#respond Wed, 20 Mar 2019 10:34:54 +0000 https://acquario.top/?p=3874 In questo articolo, Chris Englezou ci mostra alcuni biotopi indiani, molto diversi fra loro; in particolare vedremo alcuni corsi d’acqua nella catena montuosa dei Ghati e la zona circostante il lago Vembanad, il più grande lago dell’India. Ringraziamo Chris Englezou per averci consentito di tradurre il suo articolo e, senza perdere ulteriore tempo, andiamo a […]

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In questo articolo, Chris Englezou ci mostra alcuni biotopi indiani, molto diversi fra loro; in particolare vedremo alcuni corsi d’acqua nella catena montuosa dei Ghati e la zona circostante il lago Vembanad, il più grande lago dell’India.

Ringraziamo Chris Englezou per averci consentito di tradurre il suo articolo e, senza perdere ulteriore tempo, andiamo a scoprire questi luoghi di cui non si parla molto nell’acquariofilia generale.

Ghati Occidentali
I Ghati Occidentali si estendono negli Stati indiani Maharashtra, Goa, Karnataka, Tamil Nadu e Kerala.

Esplorando i biotopi acquatici nei Ghati Occidentali | Dai torrenti di montagna alle paludi di mangrovie

Siamo nel pieno della stagione secca, nei Ghati Occidentali. Sono qui, nel mezzo delle montagne dell’India meridionale, a 900 metri di altitudine, al confine fra due Stati, Tamil Nadu e Kerala, circondato da una fitta giungla.

La temperatura durante il giorno non è ancora rovente ma raggiunge in alcuni punti i 34 °C; le fronde mi tengono abbastanza all’ombra. Di notte la temperatura scende di oltre 20 °C e c’è rischio di subire shock termici.

Le zone attorno a me sono secche ma mi ricordano abbastanza i viaggi in Amazzonia, a esclusione dei giaguari, puma, anaconda e dei bushmaster [NdT: Lachesis spp.], qui sostituiti da tigri, pantere, pitoni e cobra. Ma nulla può replicare l’enorme maestosità del re della giungla, Elephas maximus indicus, l’elefante asiatico.

Mentre cammino lungo una traccia larga non più di mezzo metro, una polvere rossastra che impregna i rami degli alberi a livello degli occhi e alcuni mucchi di letame mi suggeriscono che le buche in cui ogni tanto inciampo sono le impronte degli elefanti: sto camminando dove sono passati i giganti.

Giungla indiana
Camminare tra le impronte degli elefanti selvatici lungo questo stretto sentiero nella giungla ti fa apprezzare l’abilità di questi enormi mammiferi nel muoversi nella giungla così delicatamente.

Continuo a seguire la mia mappa che, se ho studiato correttamente, dovrebbe portarmi ad un piccolo corso d’acqua poco prima di alcune ripide cascate. Si tratta di un tributario del fiume Maruthapuzha, nel bacido nel fiume Chaliyar; voglio studiare la zona prima delle cascate.

La giungla è stranamente silenziosa, eccetto per alcuni cinguettii di alcuni uccelli. Sebbene possa essere un’esperienza molto rilassante, c’è sempre l’amara incertezza di non sapere mai cosa ci sia davanti (o dietro) di te.
L’idea è quella di procedere speditamente, controllando l’ambiente ed emettendo quel senso di sinonimia con la giungla da ogni cellula del tuo corpo. La giungla non comprende altre lingue se non quella del corpo e la paura quindi diventa o potenza positiva o fallimento.

Corso acqua India

Mentre mi faccio strada lungo una discesa franata e scivolosa, vedo lo scorrere poco profondo e indisturbato di questo rivolo che serpeggia attraverso la giungla. Man mano che lo seguo, le cascate diventano sempre più visibili.

Sotto l’ombra di un enorme Artocarpus [NdT: Albero del pane], il corso d’acqua si allarga e forma una specie di piscina piena di rocce, al cui centro c’è un grumo lungo e intrecciato di alghe filamentose.
Ci sono dei punti in cui l’acqua si muove molto più lentamente, in particolare nelle zone sotto agli alberi e ai cespugli della zona ripariale.

Con un denso letto di foglie, acqua ricca di ossigeno e numerose radici a formare rifugi, questo punto ha tutti i requisiti per ospitare pesci e un piccolo riflesso iridescente mi suggerisce che sono proprio nel posto giusto.

Cascata
La cascata, piuttosto ripida, probabilmente funge da barriera ecologica fra alcune specie.

Mi fermo un momento per preparare il mio equipaggiamento e stringere i lacci delle scarpe: non c’è niente di peggio che perdere una scarpa in un metro di fango.
Procedo quindi lentamente nel corso d’acqua poco profondo e, non inaspettatamente, sprofondo fino al ginocchio nel limo e nelle foglie.
La mia posizione è comunque buona e, dopo il polverone innalzato all’inizio, la mia presenza inizia ad attrarre alcuni pesci iridescenti.

A prima vista sembrano essere qualche specie di Danio ma mi rendo subito conto che in realtà sono dei giovani Devario cf. malabaricus. Più in profondità e fra le rocce, con un retino catturo un meraviglioso esemplare adulto, che fotografo e rilascio immediatamente.

Corso d'acqua nella giungla indiana.
Qui il Sole è riuscito a penetrare il fogliame, consentendo alle alghe filamentose di crescere nel corso d’acqua. Haludaria e Devario si nascondevano fra le alghe.
Fondo ricoperto di foglie
Il fondo del corso d’acqua, in questo punto, è ricoperto da strati su strati di foglie dell’albero del pane, molto importanti per la sicurezza dei pesci adulti e giovani.

A fianco dei Devario vedo nuotare dei giovani barbi a strisce, che sospetto essere in particolare dei barbi melone (Haludaria fasciata); tuttavia i segni non sono molto corrispondenti a quelli che avevo visto in precedenza, oltre a mancare la striscia nera sul peduncolo caudale. H. fasciata è una specie piuttosto variabile, con numerose forme in base alla posizione, quindi suppongo di aver indovinato la specie.

Devario cf. malabaricus
In questo corso d’acqua Devario cf. malabaricus era presente in grande numero e tutti gli esemplari erano in ottime condizioni.
Haludaria fasciata
Giovanile di Haludaria fasciata dai confini montani fra Tamil Nadu e Kerala. Esemplare con solo tre strisce nere sul corpo.

Raccolgo un piccolo esemplare a strisce da un gruppo di circa cinquanta pesci, ma subito vedo un piccolo flash rosso con una punta di verde poco sotto una roccia. È un gruppo di 8-10 giovani maschi che nuota assieme in piena livrea riproduttiva.
Riesco a catturarne uno e a fotografarlo prima di lasciarlo ritornare ai suoi importantissimi affari.
Si tratta di una forma anomala, per questo posto, di H. fasciata, ma è davvero eccezionale. Purtroppo il colore rosso sbiadisce moltissimo togliendoli dall’acqua, quindi la foto non rende giustizia a questa meravigliosa creatura.

Haludaria fasciata
Questa forma interessante e anomala di Haludaria fasciata si può trovare ogni tanto nell’hobby acquariofilo.

Continuo a osservare e dopo un po’, con gli ultimi movimenti del retino, riesco a trovare un predatore del luogo, un carinissimo Snakehead (Channa cf. striata) nascosto in mezzo alle foglie. Stranamente mi lascia il tempo di fargli qualche foto e quindi, non appena rilasciato, torna rapidamente nel suo substrato.

Channa

Raccolgo le mie cose e mi preparo per un viaggio verso sud di circa 200 km, per raggiungere il lago Vembanad, un ampio bacino d’acqua salmastra lungo quasi 100 km (è il più lungo lago dell’India), tra Azheekkode e Alappuzha.

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Hemigrammus sp. aff. stictus https://acquario.top/hemigrammus-sp-aff-stictus/ https://acquario.top/hemigrammus-sp-aff-stictus/#respond Fri, 01 Mar 2019 08:40:06 +0000 https://acquario.top/?p=3853 Come si determina se un pesce appartiene a una nuova specie? La domanda è semplice ma la risposta non è così scontata. In questo articolo Ivan Mikolji ci mostra l’esempio di Hemigrammus sp. aff. stictus, un caracide che l’esploratore ha trovato più volte in Venezuela. Ringraziamo quindi Ivan Mikolji per averci fatto vedere cosa sia […]

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Come si determina se un pesce appartiene a una nuova specie?

La domanda è semplice ma la risposta non è così scontata.
In questo articolo Ivan Mikolji ci mostra l’esempio di Hemigrammus sp. aff. stictus, un caracide che l’esploratore ha trovato più volte in Venezuela.
Ringraziamo quindi Ivan Mikolji per averci fatto vedere cosa sia necessario fare per determinare in maniera scientifica come possa nascere una nuova specie.

[NdT: Hemigrammus stictus è una specie già identificata. Nella nomenclatura scientifica, sp. significa “una specie appartenente al genere non ancora identificata”, mentre aff. (dal latino affinis) significa “di aspetto simile”.
Perciò Hemigrammus sp. aff. stictus va interpretato come “una specie di Hemigrammus non ancora identificata simile alla specie stictus, già identificata”].


Hemigrammus sp. aff. stictus

Quando vi sedete di fronte a un acquario, a casa, vi siete mai chiesti come tutte queste piante, questi pesci o invertebrati siano entrati nel nostro hobby, per il nostro piacere?
Se avete un acquario d’acqua dolce o salata, la maggior parte degli organismi in esso presenti hanno seguito un certo percorso per poterci arrivare.

La maggior parte degli organismi che ci divertiamo osservare nelle nostre case è stata trovata da ricercatori, botanici, biologi, esploratori e così via. Persone che hanno l’opportunità di raccogliere esemplari in natura. Alcuni pesci vengono spediti in tutto il mondo “per sbaglio”, mescolati ad altri pesci.
Una volta giunti a destinazione, alcuni vengono individuati o acquistati dagli importatori e inviati ai biologi per l’identificazione.

Alcuni di questi sono stati “scoperti” molto tempo fa, come Panaque nigrolineatus, spesso conosciuto come Pleco Reale, descritto nel 1877. Altri, invece, sono relativamente nuovi nell’hobby acquariofilo, come Pseudolithoxus tigris, conosciuto come Pleco L257 e descritto nel 2000.
Altri ancora sono anziani nell’hobby ma non sono ancora stati descritti, come Hemiancistrus sp. L128 mentre altri, infine, sono piuttosto rari e non sono stati descritti ancora – è il caso di Apistogramma sp. “Caura River”.

Ad ogni modo, poiché i “nuovi e mai descritti” mammiferi sono sempre più rari, sono pesci e insetti le attuali “nuove specie” per la scienza.

Per me non è difficile trovare nuove specie di pesci. Alcuni mesi fa, Carlos DoNascimiento, un mio amico biologo, ha trovato una nuova specie di Trichomycterus in un fiume nel mezzo della città di Valencia, Venezuela, alcuni kilometri da casa mia!
Questa città ha più di tre milioni di abitanti e, quindi, il mio amico non è dovuto andare nel mezzo della giungla profonda a cercare una nuova specie di pesce.
In diverse occasioni in natura ho incontrato esemplari che potrebbero essere stati appartenenti a una nuova specie.

 La Pica River
Panorama di Caño La Pica River, Venezuela.

Spesso, quando mi immergo in un fiume, mi capita di osservare un pesce e dire: “WOW! Questo non l’ho mai visto prima!”.
Dopo aver cercato in letteratura o portato l’esemplare da uno specialista, scopro che alcuni sono di specie comuni che non avevo mai visto prima o di cui ignoravo l’esitenza.

La classificazione è materia insidiosa se non sei un vero esperto di una data famiglia di pesci. Ad esempio, dopo aver scattato foto a Farlowella in svariati fiumi del Venezuela, ho preso un atlante e ho detto immediatamente “è Farlowella acus“, guardando l’immagine nel libro più somigliante alle foto che ho fatto. Eppure, dopo aver mostrato le mie foto a un esperto, mi ha detto: “portami il pesce in laboratorio, non si può fare identificazione da una fotografia; dobbiamo contare i raggi e le scaglie perché in Venezuela ci sono un sacco di specie di Farlowella tutte simili a prima vista: Farlowella acus, Farlowella curtirostra, Farlowella mariaelenae, Farlowella martini, Farlowella odontotumulus, Farlowella oxyrryncha, Farlowella venezuelensis, Farlowella taphorni e Farlowella vittata“.
È fondamentale conoscere l’esatta posizione in cui il pesce è stato fotografato o raccolto e, per essere davvero sicuri, uno specialista deve osservare le caratteristiche morfologiche.
Tuttavia, con alcuni pesci questi test e queste ricerche non hanno successo, neppure mostrandoli a esperti, e quindi rimango senza informazioni.

Uno di questi casi infelici riguarda quello che chiamo Hemigrammus “mezzo rosso”. Questo Hemigrammus ricorda (o è quello che assomiglia di più a) Hemigrammus stictus. Ho osservato questi esemplari mezzi rossi in varie spedizioni nel Parco Nazionale del Fiume Capanaparo, nello Stato di Apure in Venezuela.

Capanaparo
Panorama all’alba sul fiume Capanaparo (Venezuela).

La prima volta in cui li ho visti è stato il 20 marzo 2007, in una spedizione con George Fear di Shark Aquarium.
Non avendoli mai visti in precedenza, ho sempre pensato si trattasse di una nuova specie o di una popolazione isolata di stictus con un pattern caratteristico.

Non avendo sufficienti conoscenze su come una nuova specie prenda vita nel mondo della scienza e su come fare per sapere se sia davvero una nuova specie, ho deciso di chiedere a uno specialista.

Sono andato alla Central University del Venezuela e ho avuto la possibilità di intervistare il professor Francisco Provenzano, che è il Curatore della collezione di pesci dell’Università. Ha descritto e mi ha aiutato a descrivere molte specie di pesci d’acqua dolce, come Acestridium dichromum, Pseudolithoxus anthrax e Pseudolithoxus tigris, giusto per nominarne qualcuno.
La sua specialità è l’ordine dei Siluriformes (pesci gatto) e ha alcune specie a lui dedicate, come Creagrutus provenzanoi, Lebiasina provenzanoi o Phenacorhamdia provenzanoi.

Il professor Provenzano è stato così gentile da dedicarmi del tempo per rispondere alle mie domande.
La mia prima domanda era sulla difficoltà nel determinare l’appartenenza di un pesce a una nuova specie; ho portato l’esempio degli H. stictus. Mentre cercavo di dirgli perché la ritenevo una nuova specie mi ha interrotto e mi ha detto: “è più facile se affronti la questione dal punto di vista opposto; prova a dire perché pensi non sia uno stictus“.

Il mio primo compito, quindi, era determinare cosa rendesse uno stictus uno sticus, per poter confrontare il mio Hemigrammus mezzo rosso.
Poiché non ho trovato che vaghe informazioni su Internet, ho scritto un’email al professor Donald Taphorn e ho chiesto la descrizione scientifica di stictus. Il professor Taphorn è un fantastico ittiologo americano che ha lavorato per molti anni con i pesci venezuelani – potrei dire che sia un guru dei pesci del Venezuela.
In non più di mezzora, mi ha mandato le informazioni e questo è un estratto:

Hemigrammus stictus è stato descritto da Durbin nel 1909. Durbin lo ha descritto come un pesce con una macchia rossa nel peduncolo caudale (tra la pinna caudale e il corpo), fino al livello della pinna adiposa frontale.
Gli esemplari sono stati raccolti in Guyana, nel fiume Essequibo, e crescono fino ad una lunghezza di 4 centimetri.

La conoscenza dei dati scientifici su stictus mi ha permesso di evidenziare alcune differenze.
Hemigrammus “mezzo rosso” è diverso da stictus perché la macchia rossa si estende oltre la pinna adiposa fino a metè della pinna dorsale. In effetti è rosso per metà.
Un altro tratto distintivo è il fatto che non ho mai visto esemplari più lunghi di 3.5 cm, con una lunghezza media di 2.5 cm. Avendo frequentato l’area estensivamente e per oltre due anni, sia durante la stagione secca sia durante quella delle piogge, escludo di aver visto solo esemplari sub-adulti.
Un’altra differenza è la posizione: lo stato di Apure, in Venezuela, è a oltre 1500 km di distanza dalla Guyana e dal bacino del fiume Essequibo. Sembra abbastanza distante, se devi spostarti a nuoto e se sei lungo solo 2-3.5 centimetri!

La seconda fase suggerita dal professor Francisco Provenzano è stata quella di raccogliere campioni in maniera rigorosa per consentire uno studio scientifico.
Il primo passo è quello di prendere nota di alcune informazioni basilari, inclusa una descrizione dell’habitat. Tra queste, dove possibile: posizione esatta, nome del fiume, temperatura, pH, conducibilità, tipo di substrato (argilla, sabbia, rocce…), specie di piante presenti, velocità della corrente, anche approssimativa.
Mi ha anche chiesto di catturare degli esemplari e posizionarne immediatamente alcuni in contenitori riempiti con una soluzione di formaldeide al 10% e altri in contenitori riempiti con etanolo al 100%, per gli studi sul DNA.
Si è raccomandato che i contenitori avrebbero dovuto essere sufficientemente grandi e alti da ospitare gli esemplari dritti, senza che venissero schiacciati dagli altri esemplari o dal contenitore stesso.
Sono necessarie due soluzioni di conservazione diverse, poiché sebbene la formaldeide sia il miglior conservante, non c’è modo di effettuare analisi del DNA su un campione conservato in essa.
Infine, avrei dovuto annotare la data, il metodo di raccolta (retino, amo e lenza…) e il nome della persona che ha effettuato il campionamento.

Sono quindi partito per raccogliere i campioni. Come al solito, ho iniziato il viaggio alle 4:30 del mattino, da Valencia. Il viaggio è durato 9 ore, fermandomi solo per fare rifornimento o comprare una gassosa. All’una e mezza stavo già scaricando i retini, i contenitori, le soluzioni di conservazione e l’apparecchiatura fotografica.
Ho cominciato facendo subito delle foto all’ambiente acquatico, prima di alzare polverone con il retino. Contemporaneamente ho anche misurato alcuni parametri dell’acqua e iniziato ad annotare tutti i dati richiesti.

Dopo aver scritto tutto, ho fatto alcuni video (più facili delle foto): la fotocamera vuole sempre mettere a fuoco le piante sullo sfondo e mai quei due centimetri di pesce! Anche se messa in modalità macro, è raro che la fotocamera ti capisca e metta a fuoco il piccolo pesce. Messa a fuoco manuale su un piccolo pesce che sfreccia controcorrente è praticamente impossibile.
La mia soluzione è andare di quantità e contare sulla fortuna. Più foto faccio, più alta è la probabilità di beccare un pesce a fuoco!
Quindi, dopo aver scattato oltre 90 foto, sono riuscito ad ottenerne circa quattro di buone.

Durante una seconda spedizione con George Fear e Oliver Lucanus ne abbiamo catturati alcuni e fotografati in piccoli acquari posizionati tra le radici degli alberi. Poiché i pesci si erano impauriti, avevano perso intensità dei colori, ma non completamente: il rosso era ancora visibile.

Dopo la sessione video-fotografica, ho raccolto alcuni esemplari con un retino. Poiché erano molto piccoli, ho deciso di fissarli in provette: ne ho posizionati quattro in una provetta riempita di soluzione al 10% di formaldeide e altri quattro in una con 100% di etanolo.
Questa è la parte che più mi rattrista, quella in cui gli animali vengono sacrificati in nome della scienza.
Il giorno successivo, dopo nove ore di guida, ero di nuovo a casa.

Il foglio che avevo scritto vicino al fiume conteneva i seguenti dati:

Data: 11 aprile 2008

Località: Venezuela, Stato di Apuro, Parco Nazionale Cinaruco Capanaparo, Caño La Pica, Tributario del fiume Capanaparo.

Temperatura: 28.3 °C

pH: 5.2

Contenuto di ferro: meno di 1 ppm

Substrato: sabbia giallognola, meno di 2 mm di diametro, con basso contenuto di limo

Piante acquatiche: Ludwigia inclinata (varietà: verticillata), Ludwigia sedoides

Metodo di cattura: due retini per acquari di medie dimensioni

Nome di chi ha effettuato la raccolta: Ivan Mikolji

Alcuni mesi dopo, ho consegnato gli esemplari raccolti a Carlos DoNascimiento, professore al Dipartimento di Biologia dell’Università di Carabobo ed ex-studente del professor Francisco Provenzano, chiedendogli di analizzare gli esemplari.
Molto gentilmente, mi ha inviato i seguenti dati per confrontare le due specie:

Hemigrammus “mezzo rosso” Hemigrammus stictus
Raggi dorsali 11 11
Raggi anali 25 26-31
Scaglie laterali 33 33-35
Scaglie linea laterale 9 15
Scaglie trasverse sopra linea laterale 6 6
Scaglie trasverse sotto linea laterale 4 4
Scaglie predorsali 10 9-11
Denti premascellari interni 5 5
Denti premascellari esterni 2 2-3
Denti mascellari 2 2

 

Con questi rislutati è possibile fare qualche ipotesi molto più accurata. Carlos DoNascimiento mi ha detto che se fosse stato possibile raccogliere un numero maggiore di esemplari e tutti questi avessero avuto uno numero di scaglie della linea laterale sempre inferiore e sempre il colore rosso fino a metà della pinna dorsale, sarebbe possibile avere sufficienti caratteristiche per avere una nuova specie, diversa da stictus, ma molto vicina.
Mi ha anche detto che per essere ancora più sicuri di avere una nuova specie sarebbe utile una comparazione con altre forme di stictus, da tutti i tributari del bacino dall’Apure all’Essequibo.
Alla fine di una tale indagine, si potrebbe arrivare ad avere varie specie di Hemigrammus simili da differenti aree.

Concludendo, ho compreso che identificare correttamente un pesce non è facile e determinare una nuova specie è molto complesso.
Il tempo e lo sforzo che tutte queste persone hanno impiegato nelle ricerche scientifiche in tutto il mondo è enorme ma poco conosciuto nell’hobby acquariofilo.
Uso frequentemente materiali scientifici per trovare specie rare in natura; poiché questi materiali contengono informazioni precise e accurate, sono come una sorta di “mappa del tesoro” che mostrano la “X” per tutte le specie descritte che ospitiamo nei nostri acquari.

Tutte queste pubblicazioni consentono alla gente di prendere i pesci che poi osservano a casa.
Sono sicuro che dopo la pubblicazione di questo articolo qualcuno lo leggerà e andrà a raccogliere Hemigrammus “mezzo rosso” e lo renderà disponibile nel commercio acquariofilo.

Questo articolo è stato pubblicato su:
– Tropical Fish Hobbyist Magazine – Marzo 2010


Articolo ed immagini: © Ivan Mikolji www.mikolji.com
Tutti i diritti sono riservati. L’articolo non può essere riprodotto, copiato, distribuito o usato senza l’esplicita autorizzazione scritta di Ivan Mikolji.

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